Sentenza n. 113 del 1986

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SENTENZA N. 113

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente 

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell' art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), e degli artt. 37, primo comma, e 263 del codice penale militare di pace, promossi con ordinanze emesse il 19 gennaio 1979 dal Tribunale Supremo Militare (due ordinanze), il 3 maggio 1979 dal Tribunale militare territoriale di Padova, il 23 ottobre 1979 dal Tribunale militare territoriale di La Spezia, il 19 giugno 1980 dal Tribunale militare territoriale di Torino, il 16 agosto 1984 dal Giudice istruttore del Tribunale militare di Bari, l'11 luglio 1984 dal Tribunale militare di Verona, il 12 dicembre 1984 dal Tribunale militare di La Spezia, il 14 novembre 1984 dal Tribunale militare di Cagliari, il 12 novembre 1984 dal Giudice istruttore del Tribunale militare di Verona e il 26 marzo 1985 dal Tribunale militare di Verona, iscritte rispettivamente ai nn. 373, 374 e 617 del registro ordinanze 1979, ai nn. 97 e 649 del registro ordinanze 1980, ai nn. 1148 e 1184 del registro ordinanze 1984, ai nn. 138, 164, 233 e 348 del registro ordinanze 1985 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 182 (le prime due) e 304 del 1979, nn. 105 e 304 del 1980, nn. 56-bis, 59-bis, 143-bis, 161-bis, 179-bis e 238-bis del 1985.

Visti gli atti di costituzione di Santi Lorenzo, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 febbraio 1986 il Giudice relatore Giovanni Conso;

uditi gli avvocati Giuseppe Ramadori e Mauro Mellini per Santi Lorenzo e l'Avvocato dello Stato Franco Chiarotti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Santi Lorenzo, condannato dal Tribunale militare territoriale di La Spezia ad un anno di reclusione militare per il reato di cui all'art. 8, primo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772, perché ammesso al servizio sostitutivo civile, rifiutava di prestarlo, proponeva ricorso al Tribunale Supremo Militare, deducendo, fra l'altro, l'illegittimità costituzionale di alcune norme dell'ordinamento giudiziario militare e del codice penale militare di pace, nonché dell'art. 11 legge 15 dicembre 1972, n. 772.

Un altro ricorso il Santi proponeva avanti la stessa autorità giurisdizionale avverso la sentenza emessa il 27 gennaio 1978 dal Tribunale militare territoriale di Roma che lo aveva condannato alla pena di due anni di reclusione militare per il reato di insubordinazione verso superiore ufficiale aggravata, commesso nel carcere militare ove era detenuto per il reato previsto dall'art. 8, primo comma, della legge n. 772 del 1972, in ordine al quale era stato condannato dal Tribunale militare territoriale di La Spezia.

Il Tribunale Supremo Militare, con due ordinanze di contenuto parzialmente identico, entrambe emesse il 19 gennaio 1979 (r.o. n. 373 del 1979 e n. 374 del 1979), ha sollevato questione di legittimità in riferimento agli artt. 103, terzo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, "nella parte in cui stabilisce che gli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile siano sottoposti alla giurisdizione militare".

Premesso che la genericità della locuzione "ogni effetto penale" contenuta nella norma impugnata e l'unitarietà di trattamento stabilita fra gli ammessi al servizio sostitutivo civile e coloro che prestano servizio militare non armato inducono a ritenere che il legislatore abbia inteso assoggettare alla giurisdizione militare anche le persone appartenenti alla prima categoria nell'ipotesi di commissione di reati militari, il giudice a quo pone in dubbio che tale equiparazione sia sufficiente a realizzare in capo agli ammessi al servizio sostitutivo civile la qualità di "appartenenti alle Forze armate", necessaria, ai sensi dell'art. 103, terzo comma, della Costituzione, per assoggettare l'autore di un reato militare alla giurisdizione militare. Se una categoria di persone viene dalla legge "equiparata" ai cittadini che prestano il normale servizio militare, ciò sta a dimostrare "che quella categoria é stata vista dal legislatore come estranea alla compagine di coloro che quel servizio prestano". Quindi, il legislatore, pur riconoscendo che la qualità di appartenente alle Forze armate non sussiste nei confronti di chi presti il servizio sostitutivo civile, per ragioni di politica criminale ne ha disposto la parificazione, sul piano delle conseguenze giuridiche, a chi presti il servizio militare nelle Forze armate. Tale parificazione, che, sotto ogni altro aspetto, può ritenersi ammissibile, non lo é sul terreno della giurisdizione, giacché "se gli obiettori in servizio civile non appartengono alle Forze armate, come il legislatore indirettamente riconosce, e come per la verità parrebbe doversi ammettere in base alla interpretazione letterale dell'espressione "servizio civile" che la legge n. 772 adopera, nonché tenendo presente che tale servizio non costituisce una forma, ancorché diversa da quella "normale", di servizio militare, bensì un modo di soddisfare l'obbligo di tale servizio (art. 1, primo comma, della legge e art. 52, secondo comma, della Costituzione) mediante altra prestazione personale (art. 23 della Costituzione) di quel servizio sostitutiva, appare evidente che, assoggettando la categoria in questione alla giurisdizione militare, il legislatore ordinario potrebbe essersi posto in contrasto", oltre che con l'art. 103, terzo comma, anche con l'art. 25, primo comma, della Costituzione, per avere distolto gli ammessi al servizio sostitutivo civile dal giudice naturale precostituito per legge, vale a dire dall'autorità giudiziaria ordinaria.

Le ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 4 luglio 1979.

In entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Deduce l'Avvocatura che la natura militare del reato previsto dall'art. 8, primo comma, della legge n. 772 del 1972 appare correlata all'interesse penalmente protetto di assicurare la prestazione di un servizio, differenziato nelle modalità, ma sempre riconducibile all'obbligo di prestazione del servizio di leva.

Nessun rilievo avrebbe la specie della pena prevista per tale reato (reclusione, anziché reclusione militare), giacché il codice militare di pace contempla casi (art. 22, secondo comma) nei quali per i reati militari si applica la pena della reclusione. D'altro canto, se é vero che per la nozione di reato militare non sembra ci si possa discostare da un criterio meramente formale (art. 37 del codice penale militare di pace), é anche vero che la valutazione discrezionale del legislatore non deve superare i limiti propri del canone della ragionevolezza, travalicando i valori, afferenti alle esigenze militari, esplicitamente o implicitamente garantiti dalla stessa Costituzione.

Rilevato che la Costituzione non fornisce la nozione di "appartenente alla Forze armate", "sì che entrambe le nozioni devono essere desunte dal restante diritto positivo", deduce l'Avvocatura non essere dimostrato che la Costituzione abbia inteso delineare una nozione di "appartenente alle Forze armate" diversa da quella configurata dalla legislazione vigente e dal codice penale militare in specie. Dati sintomatici in senso contrario emergerebbero, invece, dai lavori preparatori della Costituzione, dall'art. 90 della Costituzione stessa, dall'art. 292-bis, secondo comma, del codice penale (introdotto con la legge 23 marzo 1956, n. 167), nonché dal fatto che la prevalente dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere compresi nella nozione di appartenenti alle Forze armate, ai fini dell'assoggettamento alla giurisdizione militare, non solo i militari in servizio alle armi, ma anche quelli in congedo che siano considerati in servizio alle armi a norma di legge, così come prevede l'art. 5, n. 6, del codice penale militare di pace.

Conseguentemente, la legge n. 772 del 1972, con l'equiparazione introdotta dall'art. 11, "non innova affatto rispetto alla sottoposizione alla giurisdizione degli obiettori ammessi al servizio civile; al massimo può ritenersi che, trattandosi di militari in congedo, li annoveri tra i militari considerati in servizio alle armi (art.5, n. 6, c.p.m.p.), facendo implicitamente perno sul vincolo che incorre tra tali soggetti e l'istituzione militare, anche in relazione a quanto previsto dall'art. 10 della legge, relativamente al tempo di guerra".

Quanto alla violazione dell'art. 25, primo comma, della Costituzione, "l'infondatezza della medesima traspare dalla inesatta nozione che del Giudice naturale precostituito per legge dimostra di avere il Giudice a quo".

In entrambi i procedimenti si é pure costituito il Santi, rappresentato e difeso nel primo giudizio dall'avv. Giuseppe Ramadori e nel secondo giudizio dall'avv. Mauro Mellini, mediante comparse di costituzione adesive all'ordinanza di rimessione.

2. - Nel corso del procedimento penale a carico dell'obiettore di coscienza Capuzzo Silverio, imputato del reato di cui all'art. 8, primo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772, come sostituito dall'art. 2 della legge 24 dicembre 1974, n. 695, perché, ammesso a prestare servizio civile sostitutivo di quello militare, sospendeva la prestazione del servizio, comunicando di considerarsi libero da ogni ulteriore impegno, per avere già prestato servizio nei diciotto mesi previsti per il servizio di ferma in marina, il Tribunale militare territoriale di Padova, con ordinanza del 3 maggio 1979 (r.o. 617 del 1979), ha denunciato, in riferimento all'art. 103, terzo comma, della Costituzione, l'illegittimità dell'art. 37 del codice penale militare di pace, e, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 103, terzo comma, della Costituzione, l'illegittimità degli artt. 263 dello stesso codice e 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772.

Secondo il giudice a quo, anche se l'equiparazione ad ogni effetto penale degli obiettori di coscienza ammessi al servizio sostitutivo civile stabilita dall'art. 11 della legge n. 772 del 1972 dovesse intendersi limitata agli aspetti sostanziali, la loro sottoposizione alla giurisdizione militare deriverebbe dagli artt. 37 e 263 del codice penale militare di pace, donde l'illegittimità di questi ultimi.

L'art. 37, primo comma, del codice penale militare di pace, affermando il principio della piena sovranità del legislatore, "vale a dire la tautologia, per cui il reato militare é quello come tale definito o definibile, alla stregua di meri elementi formali, posti dallo stesso legislatore", contrasterebbe con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione, il quale, sottintendendo una nozione di reato militare di carattere contenutistico, desumibile dalla stessa Costituzione, pone dei limiti alla sovranità del legislatore nel definire la militarità di un reato.

A sua volta, l'art. 263 del codice penale militare di pace, devolvendo al giudice militare la cognizione di ogni reato militare, abbia o no l'autore del reato la qualità di appartenente alle Forze armate, purché ad esso sia applicabile la legge penale militare, contrasterebbe sia con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione, perché comporta la devoluzione al giudice militare dei reati militari commessi non solo dai militari in servizio, ma anche dai militari in congedo illimitato e persino da persone del tutto estranee alle Forze armate, sia con l'art. 25, primo comma, della Costituzione, perché amplia illegittimamente la giurisdizione del giudice militare.

Se, invece, l'equiparazione stabilita dall'art. 11 della legge n. 772 del 1972 dovesse intendersi riferita anche agli effetti processuali, questo precetto, equiparando ai militari in servizio armato gli obiettori di coscienza che svolgono servizio civile o servizio non armato, ricompresi dalla normativa vigente tra le persone a cui é applicabile la legge penale militare in genere (art. 1, primo comma, del codice penale militare di pace) ed assoggettabili, come tali, alla giurisdizione dei tribunali militari, sarebbe in contrasto con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione, in base al quale la sfera di competenza dei tribunali militari non può derivare da indiscriminate "militarizzazioni", oltre che di reati, di categorie di cittadini estranei ad un'Arma o ad un Corpo armato dello Stato. Sarebbe anche violato l'art. 25, primo comma, della Costituzione, per l'illegittimo ampliamento della sfera di giurisdizione del giudice militare.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 7 novembre 1979.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale, riprodotte le deduzioni sub 1, ha chiesto che le questioni vengano dichiarate non fondate.

3. - Nel corso del procedimento penale a carico di Puviani Luciano, imputato del reato di rifiuto del servizio sostitutivo civile, il Tribunale militare territoriale di La Spezia, con ordinanza del 23 ottobre 1979 (r.o. 97 del 1980), ha sollevato, su eccezione di parte, questione di legittimità, in riferimento agli artt. 103, terzo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, "nella parte in cui si stabilisce che gli obiettori di coscienza, ammessi a prestare servizio sostitutivo civile, siano sottoposti alla giurisdizione militare".

Dopo essersi richiamato alla questione sollevata dal Tribunale Supremo Militare, il giudice a quo deduce che la stessa terminologia adottata dalla legge n. 772 del 1972 spesso sembra "deliberatamente estranea al linguaggio tecnico-giuridico proprio dei testi giuridici militari fondamentali... quasi a sottolineare che si é voluto evitare ogni possibile riferimento ad uno status militare degli ammessi al servizio sostitutivo".

Inoltre, il trattamento riservato agli ammessi al servizio sostitutivo civile da detta legge fornirebbe un'ulteriore prova della loro non appartenenza alle Forze armate.

Da un lato, l'art. 5, primo comma, lett. a, della legge n. 772 del 1972 - stabilendo che l'omessa presentazione, senza giusto motivo, nel termine fissato per assumere servizio "integra un illecito represso con tipica sanzione amministrativa, la decadenza dal beneficio" - adotta un trattamento assolutamente diverso da quello previsto nell'art. 151, primo comma, del codice penale militare di pace che reprime penalmente l'analogo fatto di mancanza alla chiamata commesso dal militare in congedo illimitato provvisorio, dall'altro, l'art. 5, ultimo comma, della stessa legge, prescrivendo che gli ammessi al servizio sostitutivo civile devono essere "distaccati" presso enti, organizzazioni o corpi di assistenza, ecc., usa una formula che sembra voler evidenziare la collocazione del soggetto - confermata dalla impossibilità di applicare talune delle fattispecie ipotizzate dalla legge penale militare in materia di violazione di doveri inerenti al servizio e alla disciplina militare - in un ambito del tutto estraneo alla compagine militare. Poiché, poi, la qualità di "appartenenti alle Forze armate" di cui all'art. 103, terzo comma, della Costituzione deriva direttamente dal perfezionarsi dell'atto di arruolamento (art. 61 lettere e ed f, della legge sulla leva), avente il ruolo di presupposto per la proposizione della domanda di ammissione al servizio sostitutivo (art. 2 della legge n. 772 del 1972, così come modificato dall'art. 1 della legge n. 695 del 1974), ne consegue che l'ammesso al servizio sostitutivo civile deve aver acquisito, con l'arruolamento, lo status di "appartenente alle Forze armate", status che nessuna norma della legge n. 772 del 1972 fa venir meno: prova ne sia che l'equiparazione di cui all'art. 5 della legge n. 772 del 1972 é circoscritta all'effetto che "il militare in servizio illimitato provvisorio il quale é stato ammesso al servizio sostitutivo civile, pur non prestando materialmente il servizio militare armato, non viene beneficiato anche di un trattamento diverso, sul piano penale, da quello dei cittadini coetanei che prestino regolare servizio di leva".

Sussistendo, quindi, un sufficiente margine di dubbio circa l'appartenenza alle Forze armate degli ammessi al servizio sostitutivo civile, appare altrettanto dubbia, secondo il giudice a quo, la conformità all'art. 103, terzo comma, della Costituzione, dell'equiparazione disposta dall'art. 11 della legge n. 772 del 1972, equiparazione che comporta l'esercizio della giurisdizione militare in ordine ad eventuali reati militari commessi dagli ammessi al servizio civile, laddove l'esercizio della giurisdizione dei tribunali militari é limitato ai reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate. "Implicita sarebbe la contestuale lesione dell'art. 25 della Carta costituzionale, derivando per gli ammessi al servizio sostitutivo civile, dal soprariferito assoggettamento alla giurisdizione dei Tribunali militari, che essi verrebbero distolti dal giudice naturale, precostituito per legge, che é l'Autorità giudiziaria ordinaria".

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 105 del 16 aprile 1980.

La parte privata non si é costituita, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

4. - Il Tribunale militare territoriale di Torino, con ordinanza del 19 giugno 1980 (r.o. 649 del 1980) emessa nel procedimento penale a carico di Mura Massimo, imputato del reato di cui all'art. 8, primo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (sostituito dall'art. 2 della legge 24 dicembre 1974, n. 695), premesso che l'equiparazione - stabilita dall'art. 11 della stessa legge - dei giovani ammessi a valersi delle disposizioni della legge n. 772 del 1972 ai cittadini che prestano il servizio militare di leva, vale sia agli effetti sostanziali sia agli effetti processuali, ha denunciato, in riferimento agli artt. 25, primo comma, 52, primo e secondo comma, e 103, terzo comma, della Costituzione, l'illegittimità dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772.

Riprese, sia pur sommariamente, le argomentazioni svolte dalle precedenti ordinanze per quanto attiene alla dedotta violazione del primo e del terzo dei parametri invocati, il giudice a quo, con riferimento all'art. 52, primo e secondo comma, della Costituzione, asserisce che "la qualità di appartenente alle Forze armate non può essere liberamente determinata dal legislatore ordinario che non può rendere "militari" coloro che per la Costituzione non sono istituzionalmente preposti alla difesa della Patria".

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 5 novembre 1980.

La parte privata non si é costituita, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

5. - Nel corso del procedimento penale a carico di Terzi Roberto, imputato del reato di cui all'art. 8, primo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772, sostituito dall'art. 2 della legge 24 dicembre 1974, n. 695, il Tribunale militare di Verona, con ordinanza dell'11 luglio 1984 (r.o. 1184 del 1984), ha sollevato, su eccezione della difesa dell'imputato, questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge n.772 del 1972, "per avere, in contrasto con l'art. 103, terzo comma, Cost., attribuito alla giurisdizione militare la cognizione di reati commessi da persone non appartenenti alle Forze armate dello Stato", e, in contrasto con l'art. 25, primo comma, della Costituzione, "conseguentemente distolto tali persone dal loro giudice naturale precostituito per legge, e cioé l'autorità giudiziaria ordinaria".

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 59-bis del 9 marzo 1985.

La parte privata non si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Un'identica questione lo stesso Tribunale militare di Verona ha sollevato con ordinanza del 26 marzo 1985 (r.o. 348 del 1985) emessa nel corso del procedimento penale a carico di Bugatti Fiorenzo, anch'egli imputato del reato di rifiuto del servizio sostitutivo civile.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 238 - bis del 9 ottobre 1985.

La parte privata non si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

6. - Nel corso dell'istruttoria formale a carico di Paolantonio Giovanni, imputato del reato di cui all'art. 8, primo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772, sostituito dall'art. 2, primo comma, della legge 24 dicembre 1974, n. 695, "perché ammesso a prestare il servizio sostitutivo civile di quello militare e, destinato alla sede di Bari del Fondo Mondiale per la natura, che doveva raggiungere il 29 agosto 1983, come da cartolina precetto ritualmente notificata presso il suo domicilio, non si presentava ed espatriava in Francia, in tal modo rifiutando di compiere il servizio stesso", il Giudice istruttore del Tribunale militare di Bari, con ordinanza del 16 agosto 1984 (r.o. 1148 del 1984), ha denunciato - su eccezione del pubblico ministero - l'illegittimità, in riferimento agli artt. 103, terzo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, dell'art. 11 della legge n. 772 del 1972, "nella parte in cui stabilisce che gli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile siano sottoposti alla giurisdizione militare"

Rileva il giudice a quo che, ai sensi dell'art. 103, terzo comma, della Costituzione, l'ambito della giurisdizione dei tribunali militari é segnato da un limite oggettivo (l'essere stato commesso un reato militare) e da un limite soggettivo (lo status di appartenente alle Forze armate del soggetto attivo del reato). La qualità di reato militare può riconoscersi al delitto di cui all'art. 8 della legge n. 772 del 1972, lo status di appartenente alle Forze armate deve invece negarsi all'obiettore ammesso al servizio sostitutivo civile.

Alla stregua della legge penale militare, cui occorrerebbe far riferimento, l'assoggettamento degli obiettori ammessi al servizio civile potrebbe derivare soltanto dall'art. 5, n. 6, del codice penale militare di pace, laddove si dice che é considerato in servizio alle armi ogni altro militare in congedo che la legge o i regolamenti militari tale considerino: questa "legge" potrebbe essere rappresentata dalla norma impugnata, la quale stabilisce la piena equiparazione di coloro che prestano il servizio sostitutivo civile a coloro che sono in servizio alle armi.

Ma una tale ipotesi, benché "autorevolmente" sostenuta, non si rivela decisiva.

Richiamate le ordinanze con le quali il disciolto Tribunale Supremo Militare "ha sollevato questione di legittimità costituzionale identica a quella che ora si intende proporre", il giudice a quo deduce in primo luogo che la norma impugnata, con lo stabilire l'equiparazione "ad ogni effetto civile, penale, amministrativo" degli ammessi al servizio sostitutivo ai cittadini che prestano il normale servizio militare, ha implicitamente mantenuto la distinzione tra le due categorie di soggetti, riconoscendone la differenza di stato, "sicché gli ammessi al servizio civile, restando estranei alla categoria dei primi, non ne possono condividere la qualità d'appartenenti alle Forze armate", qualità che, peraltro, né direttamente né mediante il richiamo agli artt. 5 e 7 del codice penale militare di pace, risulta loro conferita dal legislatore nel quadro normativo che disciplina l'obiezione di coscienza. Perciò la disposta equiparazione, se rientra nei poteri del legislatore sostanziale, "non sembra poter avere legittimi riflessi sulla giurisdizione militare, ancorata per disposto costituzionale al duplice limite" stabilito dall'art. 103, terzo comma, della Costituzione.

In conclusione, la norma impugnata sembra porsi in contrasto: con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione, "poiché sottopone alla cognizione del Tribunale militare reati militari commessi da persone estranee alle Forze armate"; con l'art. 25, primo comma, della Costituzione, "perché in tal modo, distoglie tali persone dal giudice naturale precostituito per legge, e cioé dall'autorità giudiziaria ordinaria".

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 56-bis del 6 marzo 1985.

La parte privata non si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

7. - Nel corso dell'istruttoria formale a carico di Passerini Giuseppe ed altro, imputati di "concorso in omessa presentazione in servizio", il Giudice istruttore del Tribunale militare di Verona, con ordinanza del 12 novembre 1984 (r.o. 233 del 1985), ha sollevato, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 103, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, laddove stabilisce che "i giovani ammessi ad avvalersi delle disposizioni della citata legge sono equiparati ai cittadini che prestano il servizio militare di leva ad ogni effetto penale", sia sostanziale sia processuale.

Ad avviso del giudice a quo, la norma impugnata, determinando "un assoggettamento alla giurisdizione militare di coloro che sono stati dallo Stato stesso riconosciuti obiettori ed ammessi a prestare un servizio sostitutivo civile", mentre, da un lato, in violazione dell'art. 103, terzo comma, della Costituzione, estende l'ambito della cognizione dei tribunali militari sino a ricomprendere reati commessi da soggetti non appartenenti alle Forze armate in quanto non "istituzionalmente preposti alla difesa della Patria (art. 52, co. I cost.)", dall'altro, (e "di conseguenza"), sottrae costoro al giudice naturale precostituito per legge, che é l'autorità giudiziaria ordinaria.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 179-bis del 31 luglio 1985.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale, sostanzialmente riproducendo le deduzioni sub 1, ha chiesto che "le questioni" siano dichiarate "infondate".

8. - Con ordinanza del 14 novembre 1984 (r.o. 164 del 1985), emessa nel corso del procedimento penale a carico di Pusceddu Mariano, imputato di rifiuto di servizio sostitutivo civile, il Tribunale militare di Cagliari ha denunciato, in riferimento agli artt. 103, terzo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, l'illegittimità dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, "nella parte in cui stabilisce che gli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile siano sottoposti alla giurisdizione militare". Richiamate le precedenti ordinanze del Tribunale Supremo Militare e dei Tribunali militari di La Spezia e di Torino, deduce il giudice a quo che la norma impugnata "spezza i limiti posti dalla normativa costituzionale, la quale restringe la giurisdizione specializzata alla cognizione dei reati militari commessi dagli appartenenti alle Forze armate".

Pur sussistendo "una incompatibilità di ordine giuridico intrinseco" fra status di militare e status di obiettore chiamato ad assolvere il servizio sostitutivo civile (l'ammesso a tale servizio, benché arruolato, é stato dispensato dal servizio militare ed é stato distaccato presso enti ed organismi del tutto al di fuori della organizzazione militare), il legislatore ha equiparato le due relative categorie assoggettandole entrambe alla giurisdizione militare. Se, poi, come indirettamente si riconosce, il servizio sostitutivo civile rappresenta solo una modalità di adempimento dell'obbligo personale stabilito dall'art. 52, secondo comma, della Costituzione, l'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, equiparando il civile al militare ed assoggettandolo alla medesima giurisdizione penale, contrasterebbe con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione, "per avere attribuito all'Autorità Giudiziaria Militare la cognizione di reati commessi da estranei alle Forze Armate", e con l'art. 25, primo comma, della Costituzione, "per l'individuata sottrazione del cittadino al suo giudice naturale".

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 161-bis del 10 luglio 1985.

Nel giudizio non vi é stato né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri né costituzione della parte privata.

9. - Nel corso del procedimento penale a carico di Rossi Learco, imputato di "allontanamento illecito" e di "diserzione", il Tribunale militare di La Spezia, con ordinanza del 12 dicembre 1984 (r.o. 138 del 1985), richiamata la sua precedente ordinanza del 23 ottobre 1979, ha sollevato, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 103, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, nella parte in cui assoggetta gli obbligati alla leva ammessi al servizio sostitutivo civile alla giurisdizione militare.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 143-bis del 19 giugno 1985.

Anche in tale giudizio non vi é stato intervento del Presidente del Consiglio dei ministri né costituzione della parte privata.

Considerato in diritto

1. - Le undici ordinanze di rimessione, pronunciate tutte da giudici militari, sollevano questioni di legittimità costituzionale per lo più coincidenti e nel resto strettamente connesse: i relativi giudizi vengono, pertanto, riuniti al fine di essere decisi con un'unica sentenza.

2. - Comune oggetto di censura é l'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), nella parte in cui, attraverso l'equiparazione "ad ogni effetto penale" degli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile ai cittadini che prestano il normale servizio militare, stabilisce che gli obiettori stessi siano sottoposti alla giurisdizione militare. Due i parametri costantemente invocati, dato il riferimento di tutte le ordinanze agli artt. 103, terzo comma, secondo periodo, e 25, primo comma, della Costituzione. Ad essi l'ordinanza del Tribunale militare territoriale di Torino (r.o. 649 del 1980) affianca pure l'art. 52, primo e secondo comma, della Costituzione.

A sua volta, l'ordinanza del Tribunale militare territoriale di Padova (r.o. 617 del 1979) si caratterizza rispetto alle altre in quanto sospetta di illegittimità costituzionale anche le più generali prescrizioni degli artt. 37 e 263 del codice penale militare di pace, l'uno in relazione all'art. 103, terzo comma, l'altro in relazione agli artt. 25, primo comma, e 103, terzo comma, della Costituzione, e ciò per l'assoggettamento degli obiettori di coscienza alla giurisdizione dei tribunali militari, anziché dei giudici ordinari, al quale condurrebbero gli artt. 37 e 263 del codice penale militare di pace se l'equiparazione ad ogni effetto penale disposta dall'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, dovesse intendersi limitata agli aspetti sostanziali, con conseguente esclusione di quelli processuali o, comunque, relativi alla giurisdizione.

3. - Le ragioni anzidette inducono a prendere le mosse dalle questioni concernenti l'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, non senza subito osservare che - pur non mancando di adesioni la tesi propensa ad intendere l'espressione "ogni effetto penale" in senso restrittivo, limitatamente cioé ai soli effetti di diritto sostanziale - il notevole numero e, più ancora, il largo fronte di provenienza delle ordinanze di rimessione testimoniano di una così diffusa linea interpretativa da non consentire che la si possa disattendere nella presente sede. La Corte é, quindi, tenuta a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della norma in forza della quale gli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile vengono equiparati ai cittadini che prestano il normale servizio militare anche per quanto riguarda l'assoggettamento alla giurisdizione dei tribunali militari.

In realtà, l'equiparazione ad ogni effetto penale, come pure agli altri effetti, operata dall'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, é letteralmente formulata con generale, indiscriminato, riguardo ai "giovani ammessi ad avvalersi delle disposizioni della presente legge" e, quindi, sia ai giovani ammessi a prestare servizio militare non armato sia ai giovani ammessi a prestare servizio sostitutivo civile, ma la norma impugnata dalle ordinanze di rimessione si presenta, se non altro per ragioni di rilevanza, rigorosamente circoscritta agli obiettori di coscienza di questa seconda categoria, ad essa appartenendo tutti gli imputati dei procedimenti a quibus.

4. - Dei tre parametri costituzionali complessivamente addotti, il primo a richiamare l'attenzione, anche perché quasi sempre indicato anteriormente agli altri nella motivazione ed alcune volte pure nel dispositivo delle ordinanze di rimessione, é l'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione. La sua violazione discenderebbe dal rilievo che gli obiettori di coscienza ammessi al servizio sostitutivo civile non potrebbero essere considerati alla stregua di "appartenenti alle Forze armate", così rendendosi irrealizzabile in capo ad essi l'indefettibile condizione soggettiva cui l'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione subordina la sottoponibilità alla giurisdizione dei tribunali militari in tempo di pace.

La questione é fondata.

5. - L'argomentazione su cui più insistono le ordinanze di rimessione fa leva sul "dato incontrovertibile che, se una categoria di persone viene dal legislatore equiparata " ai cittadini che prestano il normale servizio militare", resta con ciò stesso dimostrato che quella categoria é stata vista dal legislatore come estranea alla compagine di coloro che quel servizio prestano", con il che lo stesso "legislatore riconosce che la qualità di appartenente alle Forze armate... non sussiste nei confronti di coloro che prestano servizio sostitutivo civile" (r.o. 373 del 1979,374 del 1979). In altri termini, ricorrendo ad una "operazione di equiparazione" (r.o. 164 del 1985) tra coloro che prestano normale servizio militare e gli ammessi al servizio sostitutivo civile, "la norma... implicitamente ha mantenuto la distinzione tra le due categorie, riconoscendone la differenza di stato. Sicché gli ammessi al servizio civile, restando estranei alla categoria dei primi, non ne possono condividere la qualità di appartenenti alle Forze armate", donde il contrasto con la Costituzione del loro assoggettamento alla giurisdizione militare (r.o. 1148 del 1984; v. anche r.o. 97 del 1980, 348 del 1985).

Un'argomentazione così congegnata, non potendo non valere anche per gli ammessi al servizio militare non armato, pure essi fatti oggetto di equiparazione ai cittadini in normale servizio militare dall'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, urta, però, con l'avviso di quei giudici a quibus (r.o. 617 del 1979, 1148 del 1984, 164 del 1985; solo in un caso - r.o. 348 del 1985 - si parla degli obiettori di coscienza in generale) che ritengono fuori discussione l'appartenenza alle Forze armate degli ammessi al servizio militare non armato e, quindi, non contrastante con l'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione la loro sottoposizione alla giurisdizione dei tribunali militari.

6. - La ragione determinante dell'illegittimità é un'altra. Anche di essa non mancano tracce nelle ordinanze di rimessione. Ciò soprattutto là dove si afferma che "tra lo status di militare e quello di obiettore riconosciuto esiste una incompatibilità di ordine giuridico intrinseco, rilevandosi che il soggetto ammesso a compiere il servizio sostitutivo civile, sebbene arruolato, é stato dispensato dall'assumere il servizio militare e distaccato presso Enti ed Organismi che sono del tutto fuori dell'Organizzazione militare" (r.o. 164 del 1985); o, più semplicemente, che "per la stessa specifica natura della prestazione richiestagli (servizio sostitutivo civile)" (r.o. 97 del 1980) e, quindi, "a causa della natura non militare dei compiti affidati" (r.o. 138 del 1985), chi é stato ammesso al servizio sostitutivo civile "deve del tutto ritenersi estraneo allo status di appartenente alle forze armate".

In realtà, gli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile non possono considerarsi appartenenti alle Forze armate, perché l'avvenuto accoglimento della domanda a tal fine proposta, facendo loro perdere lo status di militare, li rende estranei ad esse.

7. - D'altronde, a fronte di una posizione soggettiva specifica, quale la posizione di obiettore di coscienza riconosciuto, non contemplata (anche se non esclusa: cfr. sentenza n. 164 del 1985) dalla Costituzione, vana si rivelerebbe la pretesa di cogliere, all'interno dell'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione, indicazioni utili a chiarire i rapporti tra "appartenenti alle Forze armate" e obiettori di coscienza, se si eccettua quella, più generale, che presenta la giurisdizione dei tribunali militari in tempo di pace come una giurisdizione eccezionale, circoscritta entro limiti rigorosi (v. le sentenze n. 81 del 1980, n. 48 del 1959, n. 29 del 1958).

Ancor più impensabile sarebbe una ricerca volta a rintracciare, nella legislazione preesistente alla Costituzione e in quella immediatamente successiva, elementi in grado di chiarire tali rapporti, dato che soltanto con la legge 15 dicembre 1972, n. 772, contenente il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, il problema ha avuto modo di porsi.

Piuttosto, i riferimenti all'ordinamento militare nei suoi aspetti di più persistente tradizione valgono a meglio puntualizzare, attraverso il raffronto con le normali vicende dell'appartenenza alle Forze armate, la condizione giuridica dell'obiettore di coscienza ammesso a prestare servizio sostitutivo civile nei momenti salienti dell'insorgere e dell'ulteriore estrinsecarsi di essa.

8. - La puntualizzazione deve prendere le mosse dal momento in cui per l'obbligato alla leva diventa concretamente possibile presentare la domanda di ammissione al servizio sostitutivo civile. Il testo dell'art. 2, primo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772, é estremamente chiaro in proposito: l'obbligato alla leva "deve presentare domanda motivata ai competenti organi di leva entro 60 giorni dall'arruolamento", Ciò significa che, all'atto della presentazione della domanda, il giovane il quale si professa obiettore, in quanto arruolato o, più precisamente, in quanto abile e arruolato (v. art. 2, secondo comma, della stessa legge), riveste lo status di militare, trovandosi, come tutti gli arruolati in attesa di chiamata alle armi, collocato in congedo illimitato provvisorio (sentenza n. 112 del 1986).

Durante l'intero periodo che va dalla presentazione della domanda alla conclusiva decisione la suddetta situazione rimane immutata: resta sospesa la chiamata alle armi (art. 3, terzo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772), ma continua l'appartenenza alle Forze armate e, quindi, l'assoggettamento alla giurisdizione dei tribunali militari. Lo stesso é a dirsi, ovviamente, per il caso in cui la domanda venga disattesa.

Se, invece, la domanda é accolta, l'ammesso al servizio sostitutivo civile perde lo status di militare acquisito in forza dell'arruolamento, con conseguente cessazione della sua appartenenza alle Forze armate e della sua assoggettabilità alla giurisdizione militare.

In seguito al riconoscimento dell'obiezione di coscienza nella forma della prestazione del servizio sostitutivo civile, una nuova ipotesi di cessazione dall'appartenenza alle Forze armate dello Stato agli effetti della legge penale militare si é così venuta ad aggiungere alle ipotesi previste dall'art. 8 del codice penale militare di pace: un'ipotesi che differisce, però, da queste ultime per le condizioni risolutive cui la sottopongono gli artt. 6 e 9 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, comminando la decadenza dal beneficio dell'ammissione al servizio sostitutivo civile nei confronti, rispettivamente, di chi "omette, senza giusto motivo, di presentarsi entro quindici giorni da quello stabilito, all'ente, organizzazione o corpo cui appartiene" o "commette gravi mancanze disciplinari o tiene condotta incompatibile con le finalità dell'ente, organizzazione o corpo cui appartiene" e di chi trasgredisce ai permanenti divieti di "detenere ed usare le armi e munizioni, indicate rispettivamente negli articoli 28 e 30 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché fabbricare e commerciare, anche a mezzo di rappresentante, le armi e le munizioni predette".

In ciascuna di tali evenienze verrà a ripristinarsi in capo all'obiettore di coscienza decaduto dal beneficio in esame lo status di militare e con esso l'appartenenza alle Forze armate: nei casi dell'art. 6 si sarà in presenza di un chiamato alle armi e nei casi dell'art. 9 di un chiamato alle armi o di un militare in congedo illimitato, a seconda del momento nel quale la decadenza si sarà verificata.

Ciò dimostra l'inaccettabilità della tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato negli atti di intervento per il Presidente del Consiglio dei ministri, tutti imperniati sull'asserzione che "L'art. 11 della legge n. 772/1972, mediante l'esposto principio dell'equiparazione, non innova affatto rispetto alla sottoposizione alla giurisdizione militare degli obiettori ammessi al servizio civile sostitutivo; al massimo può ritenersi che, trattandosi di militari in congedo, li annoveri tra i militari considerati in servizio alle armi (art. 5, n. 6, c.p.m.p.)". A parte ogni altro rilievo, l'annoverare tra i "militari in congedo" gli obiettori di coscienza durante il periodo nel quale prestano servizio sostitutivo civile svuoterebbe di ogni significato la nozione tecnica di "congedo", decisamente contrapposta per definizione all'idea di servizio in atto.

Del resto, lo stesso uso, sia pur non rigorosamente tecnico, della nozione di "distacco" (art. 5, terzo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772) dal Ministero della Difesa "presso enti, organizzazioni o corpi di assistenza, di istruzione, di protezione civile e di tutela e incremento del patrimonio forestale" - situazione transitoria "nell'attesa dell'istituzione del Servizio civile nazionale", che, per omogeneità di impostazione ed organicità di strutture, ancor meglio realizzerebbe la "separazione" - conferma come gli ammessi a prestare servizio sostitutivo civile vengano inquadrati al di fuori delle Forze armate. Proprio l'inserimento nell'ente, organizzazione o corpo presso cui ha luogo il distacco dimostra il sostanziale accostamento ai civili che abitualmente vi operano. Il tutto in piena coerenza con gli imprescindibili motivi di coscienza (art. 1, primo comma, della stessa legge) che, debitamente accertati, conducono gli obiettori di coscienza ammessi al servizio Sostitutivo civile a non riconoscere né gradi né divise aventi le stellette, donde il loro esonero da qualsiasi forma di addestramento militare.

Le ragioni che impediscono di considerare "militari in servizio" gli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile escludono, altresì, che nel servizio sostitutivo civile in atto si possa ravvisare un particolare modo di esplicazione del servizio militare di leva. Nell'ottica dei "modi" si dovrebbe, caso mai, parlare di un diverso modo - dai contenuti non militari - di adempiere l'obbligo del servizio militare. Ma, più che all'ottica dei "modi", é all'ottica dei "limiti" del servizio militare obbligatorio, del pari fatti oggetto di riserva di legge dall'art. 52, secondo comma, della Costituzione, che deve ricondursi il discorso sull'ammissione al servizio sostitutivo civile. Ed in quanto limite all'adempimento dell'obbligo del servizio militare, essa non può non tradursi in un'alternativa di natura profondamente diversa.

L'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n.772, nello stabilire che gli obiettori di coscienza ammessi al servizio sostitutivo civile siano sottoposti alla giurisdizione dei tribunali militari, oltrepassa sicuramente il limite soggettivo posto dall'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione alla giurisdizione dei tribunali militari in tempo di pace, donde l'illegittimità costituzionale della norma in questione.

Tale conclusione dispensa dall'esaminare gli altri motivi di illegittimità prospettati dai giudici a quibus nei confronti della stessa norma in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 52, primo e secondo comma, della Costituzione.

9. - Una volta specificamente escluso, con la declaratoria di illegittimità parziale dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, che gli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile siano sottoponibili alla giurisdizione dei tribunali militari anziché dei giudici ordinari, restano prive di concreta rilevanza le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 37 e 263 del codice penale militare di pace, sollevate in via più generale, ma sempre in vista del medesimo risultato, dal Tribunale militare territoriale di Padova (r.o. 617 del 1979). Tali questioni vanno, pertanto, dichiarate inammissibili.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), nella parte in cui stabilisce che gli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile siano sottoposti alla giurisdizione dei tribunali militari;

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 37 e 263 del codice penale militare di pace, sollevate, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e l03, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale militare territoriale di Padova con ordinanza del 3 maggio l979 (r.o. 617 del l979).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1986.

 

Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE

 

Depositata in cancelleria il 24 aprile 1986.