Ordinanza n.342 del 1985

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ORDINANZA N. 342

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. FRANCESCO GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5, lett. c, l. 13 aprile 1977 n. 114 e 10, lett. c, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) promossi con ordinanze emesse rispettivamente il 6 giugno 1980 dalla Commissione tributaria di primo grado di Napoli, il 16 dicembre 1981 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Enna e dalle Commissioni tributarie di primo grado di Como il 13 agosto 1983, di Genova il 13 luglio 1984, di Velletri il 18 novembre e il 16 settembre 1981 e di Genova il 22 febbraio 1985, iscritte al n. 619 del registro ordinanze 1982, ai nn. 752, 855 del registro ordinanze 1983 e ai nn. 1344, 1376 e 1377 del registro ordinanze 1984 e al n. 349 del registro ordinanze 1985, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 1983, nn. 11 e 67 del 1984, nn. 113 bis, 65 bis e 244 bis dell'anno 1985.

Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1985 il Giudice relatore Francesco Saja.

Ritenuto che nel corso di un giudizio iniziato da De Simone Michele, ed avente ad oggetto la deducibilità dal reddito percepito nel 1976 (e dichiarato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche - irpef) degli interessi su un mutuo garantito da ipoteca su immobili, la Commissione tributaria di primo grado di Napoli con ordinanza del 6 giugno 1980 (reg. ord. n. 619 del 1982) sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, lett. c, l. 13 aprile 1977 n. 114, il quale limitava la detta deducibilità a tre milioni di lire, nonché dell'art. 23 st. l., che disponeva l'applicabilità del detto limite anche ai redditi percepiti nel 1976;

che la Commissione riteneva che le citate norme imponessero senza giustificazione ai contribuenti un carico tributario imprevisto, così ledendo i principi di eguaglianza (art. 3 Cost.) e di capacità contributiva (art. 53 Cost.);

che l'art. 5 l. cit. veniva impugnato, per gli stessi motivi, anche dalla Commissione tributaria di secondo grado di Enna con ordinanza del 16 dicembre 1981 (reg. ord. n. 752 del 1983);

che nel corso di due giudizi iniziati rispettivamente da Galliani Giuseppe e da Mercenaro Maria Luisa, la Commissione tributaria di primo grado di Genova con ordinanze del 13 luglio 1984 e del 22 febbraio 1985 (reg. ord. n. 1344 del 1984 e 349 del 1985) sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 lett. c d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 modificato dall'art. 5 l. cit., il quale consentiva la suddetta deducibilità soltanto nel caso in cui gli interessi fossero stati pagati per effetto di un contratto di mutuo e non anche, come nella specie, per effetto di un contratto di apertura di credito;

che la distinzione tra diversi tipi di contratto sembrava alla Commissione ligure contrastante con l'art. 3 Cost. per manifesta illogicità;

che l'art. 10 lett. c d.P.R. cit., modif. dall'art. 5 l. cit., veniva impugnato anche dalla Commissione tributaria di Velletri con ordinanze del 18 novembre 1981, di eguale contenuto (reg. ord. nn. 1376 e 1377 del 1984), in quanto permetteva la suddetta deducibilità se gli interessi fossero stati pagati per effetto del mutuo garantito da ipoteca, e non anche se, come nella specie, detta garanzia non fosse stata prestata;

che la Commissione indicava anch'essa, quali norme di riferimento, gli artt. 3 e 53 Cost.;

che la Commissione tributaria di primo grado di Como con ordinanza del 13 agosto 1983 (reg. ord. n. 855 del 1983) impugnava l'art. 10 lett. c d.P.R. cit., che limitava la deducibilità suddetta (l'importo era stato portato a quattro milioni di lire con la l. n. 146 del 1980) anche se, nella specie considerata, il mutuo era stato contratto per pagare un riscatto necessario a liberare una persona sequestrata;

che la Commissione, in considerazione della particolare fattispecie sottopostale, dubitava che la norma impugnata fosse in contrasto, oltreché con gli artt. 3 e 53 Cost., anche con gli artt. 2, 13 e 32 Cost. in quanto poteva pregiudicare la tutela della salute, della libertà e della vita dei cittadini;

che la Presidenza del Consiglio dei ministri interveniva in tutte le cause, chiedendo che fosse dichiarata la manifesta infondatezza di tutte le questioni, in quanto già decise con sentenza n. 143 del 1982.

Considerato che i giudizi debbono essere riuniti per la loro identità o connessione;

che le questioni sollevate dalle Commissioni di Napoli, di Enna, di Genova e di Velletri debbono essere dichiarate manifestamente infondate in quanto già decise da questa Corte con la sentenza n. 143 del 1982;

che con essa é stato escluso ogni contrasto tra la norma impugnata e gli artt. 3 e 53 Cost., essendo la limitazione della deducibilità degli interessi ai soli mutui ipotecari giustificata dall'esigenza dell'Amministrazione finanziaria di controllare l'effettiva sussistenza del negozio ad effetti obbligatori da cui nascono gli interessi stessi, attraverso la sua realità (non basterebbe quindi la natura consensuale del contratto di apertura di credito) e la pubblicità della garanzia ipotecaria;

che la Corte ha altresì escluso che la retroattività della norma impugnata leda alcun principio costituzionale e in particolare quello della capacità contributiva, il quale si riferisce ad indici concretamente rivelatori di ricchezza, che devono permanere nel momento dell'imposizione, e non ad uno stato soggettivo di affidamento del contribuente;

che dette questioni sono state anche dichiarate manifestamente infondate con l'ordinanza n. 365 del 1983;

che manifestamente infondata é altresì la questione sollevata dalla Commissione tributaria di Como, poiché la scelta dei modi di tutela dei beni fondamentali della vita, della salute e della libertà dei cittadini é riservata alla discrezionalità del legislatore.

Visti gli artt. 26 legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, lett. c, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, modificato dall'art. 5 l. 13 aprile 1977 n. 114, sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe dalle Commissioni tributarie di primo grado di Napoli, Genova e Velletri, e dalla Commissione tributaria di secondo grado di Enna, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., in quanto già decise con la sentenza n. 143 del 1982;

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 lett. c d.P.R. cit., sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe dalla Commissione tributaria di primo grado di Como in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 32 e 53 Cost.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1985.

Livio PALADIN - Francesco SAJA

Depositata in cancelleria il 13 dicembre 1985.