Sentenza n. 237 del 1983

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SENTENZA N. 237

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 3, 6 commi quinto, ottavo e nono, 15 e 16 della legge 2 maggio 1976, n. 183 (Disciplina dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976-1980), degli artt. 9 e 28 del d.P.R. 9 novembre 1976, n. 902 (Disciplina del credito agevolato al settore industriale) e dell'art. 48 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, promossi con ricorsi delle Regioni:

1) Sicilia, notificato il 5 giugno 1976, depositato in cancelleria l'11 successivo ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 1976 (G. U. n. 164 del 1976);

2) Friuli-Venezia Giulia, notificato il 5 giugno 1976, depositato in cancelleria il 14 successivo ed iscritto al n. 22 del registro ricorsi 1976 (G. U. n. 164 del 1976);

3) Sardegna, notificato il 7 giugno 1976, depositato in cancelleria il 16 successivo ed iscritto al n. 23 del registro ricorsi 1976 (G. U. n. 30 del 1976);

4) Sicilia, notificato il 5 febbraio 1977, depositato in cancelleria il 9 successivo ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 1977 (G. U. 51 del 1977);

5) Friuli-Venezia Giulia, notificato il 5 febbraio 1977, depositato in cancelleria il 15 successivo ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 1977 (G. U. n. 51 del 1977);

6) Sicilia, notificato il 27 giugno 1978, depositato in cancelleria il 3 successivo ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 1978 (G. U. n. 194 del 1978).

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1982 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

uditi gli avvocati Salvatore Villari, per la regione Sicilia, Gaspare Pacia, per la Regione Friuli-Venezia Giulia, e Giuseppe Guarino, per la Regione Sardegna;

udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Le Regioni Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna, in persona dei loro presidenti, rappresentate e difese rispettivamente dall'avv. Gaspare Pacia, dall'avv. Prof. Salvatore Villari e dall'avv. Giuseppe Guarino, con atti notificati il 5 e il 7 giugno 1976, hanno impugnato la l. 2 maggio 1976, n. 183, recante la disciplina dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976-1980 (ric. nn. 21, 22 e 23/1976). Assumono le regioni ricorrenti che le loro competenze costituzionalmente garantite siano violate dalle seguenti disposizioni della legge impugnata:

- Art.3, che prevede la istituzione di un comitato composto da rappresentanti delle Regioni meridionali e ad esso demanda di esprimere pareri anche "su tutte le questioni concernenti il coordinamento dell'intervento straordinario con gli interventi dei Ministeri e delle Regioni".

Tale norma viene denunciata solo dalla Regione Friuli-Venezia Giulia.

- Art. 6, commi 8 e 9, che prevedono il trasferimento alle regioni del personale periferico della Cassa per il Mezzogiorno, con decreto del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, sentite le regioni interessate. La disposizione sarebbe in contrasto con l'art. 14, lett. p) e q) e con l'art. 43 dello Statuto siciliano nonché con gli artt. 3 (lett. a), 6 e 56 dello Statuto Sardo, per i quali il passaggio del personale dello Stato a quelle regioni può avvenire solo attraverso la procedura stabilita dagli artt. 43 e 56 dei due statuti, mentre l'inquadramento, lo stato giuridico ed il trattamento economico rientrano nella competenza esclusiva delle due regioni. Secondo la regione siciliana, inoltre, l'art. 6 della legge impugnata viola anche gli artt. 3 e 36 Cost., in quanto da un lato determina palesi disparità di trattamento all'interno dei ruoli del personale tra soggetti che non possono essere differenziati tra loro e dall'altro pone a carico della regione un onere finanziario senza ristoro, violando con ciò anche l'autonomia finanziaria. Per la regione sarda l'incostituzionalità si estenderebbe anche al quinto comma dell'art. 6, se e nei limiti in cui il trasferimento di beni previsto da detta disposizione si intende condizionato al passaggio del personale.

- Art. 15, che delega il Governo della Repubblica a coordinare gli incentivi industriali in vigore per altri territori con quelli previsti per le iniziative industriali nel Mezzogiorno anche modificando, a tale fine, le norme vigenti. La norma violerebbe le potestà primarie riservate alla regione Friuli-Venezia Giulia dall'art. 4, n. 6, dello statuto speciale di autonomia in materia di industria e commercio.

- Art. 16, primo comma, che fa obbligo alle regioni, a statuto autonomo o speciale, di coordinare le loro leggi, nelle materie di propria competenza, con i principi e le norme fondamentali in materia di incentivi alle attività industriali. La disposizione sarebbe in contrasto con gli artt. 14 dello statuto siciliano, 4 di quello del Friuli-Venezia Giulia e 3 dello statuto sardo laddove qualifica - autenticamente ma inesattamente - la legge n. 183 del 1976 come attinente ad una riforma economico-sociale e, comunque, quando impone alle regioni ricorrenti di adeguarsi, nell'esercizio della propria competenza normativa primaria, non solo alle norme fondamentali della legge medesima, ma anche ai suoi principi.

- Art. 16, secondo comma, il quale vieta a tutte le regioni di disporre con proprie leggi agevolazioni di tipo diverso da quelle previste dalla legge n. 183, nonché di superare i massimi delle agevolazioni statali. Anche questa norma imporrebbe al potere normativo primario delle tre regioni ricorrenti un limite in contrasto con le prime citate disposizioni statutarie.

- Art. 16, terzo comma, che richiamando il disposto dell'art. 10 della l. 10 febbraio 1953, n. 62, prevede l'abrogazione delle leggi regionali in contrasto con i principi fondamentali determinati nella legge impugnata. Anche questa disposizione, se applicabile alle regioni a statuto speciale, violerebbe la sfera di competenza normativa primaria garantita alle regioni ricorrenti dalle richiamate norme statutarie.

2. - Nei tre giudizi come sopra promossi si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri con atto 24 giugno 1976, osservando:

Quanto all'art. 6, ottavo comma (trasferimento del personale), esso non é immediatamente operante, ma ha bisogno di un successivo provvedimento amministrativo che dia attuazione al dettato legislativo trasferendo alle regioni il personale della Cassa. Su questo punto il ricorso sarebbe, perciò, inammissibile per difetto di un interesse attuale.

La censura comunque, secondo l'Avvocatura, sarebbe infondata. Infatti le norme statutarie che si assumono violate (43 St. siciliano e 56 St. sardo) avrebbero natura transitoria e poiché la legge n. 183 non é una legge di attuazione di statuti regionali, ma disciplina piuttosto l'intervento straordinario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976-1980, si deve escludere che siano applicabili i citati artt. 43 e 56.

Quanto alla censura mossa all'art. 15 dalla regione Friuli-Venezia Giulia, essa sarebbe inammissibile dal momento che la norma impugnata contiene una delega legislativa al Governo di procedere al coordinamento della legislazione statale sul credito industriale con quella specificatamente attinente ai territori meridionali, cosicché la violazione delle competenze normative primarie della regione ricorrente può derivare non già dalla delegazione, ma dalle singole leggi da coordinare. Nel merito, secondo l'Avvocatura, si deve comunque escludere che un'attività volta al coordinamento di leggi statali possa comunque violare competenze regionali.

Altrettanto infondate sarebbero le censure all'art. 16 della legge n. 183/1976, essendo la legge impugnata attinente alla programmazione economica. Spetta, infatti, allo Stato emanare leggi aventi per contenuto la formulazione di programmi di riforma e di piani riguardanti l'intero territorio nazionale e relativi all'intera politica economica del Paese, né può la legge statale essere limitata nella sua efficacia dai confini delle regioni a statuto ordinario o speciale.

3. - Utilizzando la delega contenuta nell'art. 15 della citata legge n. 183 del 1976 (impugnata con i precedenti ricorsi), il Governo ha emanato il d.P.R. 9 novembre 1976, n. 902, diretto a riunificare e riordinare la disciplina vigente in materia di credito agevolato per il settore industriale.

Anche tale decreto é stato impugnato con atti notificati il 5 febbraio 1977 dalle regioni Friuli-Venezia Giulia e Sicilia, in persona dei loro presidenti, rappresentate e difese rispettivamente dall'avv. Gaspare Pacia e dall'avv. prof. Salvatore Villari (ricorsi nn. 2 e 3/1977).

Le censure riguardano in particolare:

- l'art. 9, che regola il procedimento per ottenere il credito agevolato, impugnato dalla regione Friuli-Venezia Giulia per la sostanziale esclusione dal procedimento delle regioni, chiamate soltanto ad esprimere un parere motivato, in violazione della competenza primaria della regione ricorrente in materia industriale, commerciale ed urbanistica (art. 4, nn. 6 e 12, St. speciale);

- l'art. 28 nel suo complesso, impugnato dalla regione siciliana per eccesso di delega e conseguentemente per violazione dell'art. 76 Cost., in quanto la norma impugnata non si limita a unificare e riordinare la disciplina statale vigente in materia di credito agevolato per il settore industriale, ma ha esteso la sfera della normazione ai contenuti dell'art. 16 della legge 183, la cui incostituzionalità é stata già denunciata;

- l'art. 28, secondo comma, il quale dispone che le agevolazioni creditizie previste dalle leggi regionali possano concorrere con quelle previste dal decreto n. 902 a condizione che non vengano superati i limiti stabiliti nel decreto stesso. Tale disposizione violerebbe la sfera di competenza esclusiva delle regioni in materia di industria (art. 14 St. siciliano e art. 4 St. Friuli- Venezia Giulia).

4. - Si é costituito nei due giudizi di cui al precedente paragrafo il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con atto 24 febbraio 1977, assumendo l'infondatezza delle questioni proposte, in quanto la normativa impugnata reca disposizioni in materia di credito, che non può farsi rientrare in quella dell'industria prevista dall'art. 14, lett. d) dello Statuto siciliano e dall'art. 4, n. 6, dello Statuto Friuli-Venezia Giulia. Richiamando la giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 142/1972), l'Avvocatura aggiunge che gli statuti speciali quando attribuiscono alle regioni competenze riguardanti il credito le differenziano da quelle dell'agricoltura e dell'industria. Gli stessi lavori preparatori della Costituzione avrebbero escluso ogni competenza primaria regionale in materia di credito nella considerazione che la relativa disciplina non può essere determinata che a livello nazionale, per la stretta correlazione con l'intera politica economica e monetaria.

Comunque la censura di violazione dell'art. 76 Cost., sollevata dalla regione siciliana, sarebbe anche inammissibile, perché con essa non viene denunciata, ai sensi dell 'art. 32 legge n. 87 del 1953, alcuna invasione di sfera di competenza regionale.

5. - Il Governo della Repubblica, nell'esercizio della delega conferitagli dall'art. 21 della stessa legge 2 maggio 1976, n. 183 (che lo autorizzava ad aggiornare il T. U. 30 giugno 1947, n. 1523, in materia di interventi straordinari per il Mezzogiorno) e nel termine prorogato con la legge 8 agosto 1977, n. 664, emanava il d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218.

Con atto notificato il 27 giugno 1978 la regione siciliana ha impugnato l'art. 48 del predetto decreto, che riproduce letteralmente il testo dell'art. 16 della legge n. 183 del 1976, ad eccezione delle parole "presente legge" contenute nei commi primo e secondo, che sono state sostituite con le parole "presente capo", che raccoglie infatti le norme relative agli interventi per l'industrializzazione. La regione ricorrente, ripetendo le considerazioni già svolte nel precedente ricorso (iscritto al n. 21/1976; ved. sopra sub 3), lamenta la pretesa violazione delle competenze, ad essa costituzionalmente garantite, ad opera dell'articolo impugnato, che imporrebbe alla competenza legislativa esclusiva della regione nel settore industriale gli stessi limiti imposti alla competenza normativa delle regioni a statuto ordinario. Aggiunge inoltre che con la sopra rilevata sostituzione di due parole del testo dell'art. 16 della legge n. 183/1976 sarebbe stata apportata alla norma originaria una modifica sostanziale, in contrasto con i poteri di mero coordinamento attribuiti al Governo dall'art. 21 della legge stessa e, quindi, in violazione dell'art. 76 Cost. Con l'espressione "ai sensi del presente capo" la norma non avrebbe più la funzione di dare soltanto una indicazione di principi alla competenza legislativa regionale, ma tenderebbe a specificare la normativa che si vuole applicata nel territorio della regione (ric. n. 15/1978).

6. - Anche in questo giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con atto 14 luglio 1978, sostenendo l'infondatezza del ricorso. La normativa riguardante gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, tra i quali quelli diretti a favorirne l'industrializzazione (consistenti nell'ammissione al credito agevolato ed a contributo in conto capitale) trova, infatti, il suo fondamento costituzionale nell'ultimo comma dell'art. 41 e nel terzo comma dell'art. 119 Cost., che riservano alla legge dello Stato la formulazione di programmi e piani riguardanti l'intero territorio nazionale.

Quanto alla censura relativa all'eccesso di delega, essa, prima che infondata, é inammissibile, non avendo ad oggetto un'invasione di sfera di competenza regionale, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 87 del 1953.

Considerato in diritto

1. - I sei ricorsi vanno riuniti e congiuntamente decisi.

2. - Va presa innanzitutto in esame la prima questione sollevata dalle Regioni Sicilia e Sardegna (ricorsi nn. 21 e 23/1976): se contrasti o meno con gli artt. 14, lett. p) e q) e 43 dello Statuto Siciliano nonché con gli artt. 3, lett. a), 6 e 56 dello Statuto Sardo e gli artt. 3 e 36 della Costituzione l'art. 6, commi quinto, ottavo e nono della legge 2 maggio 1976, n. 183, là dove prevede che il personale periferico della Cassa per il Mezzogiorno venga trasferito alle regioni con decreto del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, sentite le regioni interessate. Assumono le due regioni ricorrenti che tali disposizioni violano la loro sfera di competenza legislativa esclusiva, nella quale rientrano l'inquadramento, lo stato giuridico ed il trattamento economico del personale, mentre il trasferimento di quest'ultimo dallo Stato alle regioni deve avvenire mediante norme proposte da apposita commissione paritetica ed emanate con decreto legislativo.

Dubitano inoltre le due regioni che le norme impugnate determinino irrazionali disparità di trattamento all'interno dei ruoli del personale regionale e pongano a carico delle regioni un onere finanziario senza ristoro, incidendo così sulla loro autonomia finanziaria.

Va innanzitutto disattesa l'eccezione dell'Avvocatura dello Stato relativa all'inammissibilità del ricorso per mancanza di un interesse attuale al suo accoglimento, non essendo ancora intervenuto - assume la difesa dello Stato - il decreto del Ministro che disponga in concreto il trasferimento alle regioni del personale della Cassa. Basta rilevare in proposito come la denunciata violazione della sfera di competenza legislativa regionale si verifichi al momento dell'emanazione dell'atto normativo da parte dello Stato e non al momento della sua attuazione in via amministrativa.

Nel merito la questione é fondata.

Sia l'art. 43 dello Statuto siciliano che l'art. 56 dello Statuto sardo stabiliscono che il passaggio degli uffici e del personale dallo Stato alla regione sarà disciplinato, da norme transitorie, proposte da una Commissione paritetica.

Questa Corte ha già affermato, accogliendo l'avviso della dottrina dominante, che i decreti legislativi di attuazione statutaria, preceduti dalle proposte o dai pareri delle ricordate commissioni paritetiche, siano espressione di una competenza separata e riservata rispetto a quella esercitabile con leggi statali ordinarie ai sensi dell'ottava disp. trans. Cost. Tale competenza é stata riconosciuta, alla luce della legislazione emanata anche di recente, non solo in occasione del primo passaggio di funzioni, uffici e personale dallo Stato alle Regioni ricorrenti, ma anche successivamente ogni qual volta vi sia trasferimento di funzioni, uffici e personale da enti pubblici nazionali alle regioni stesse (sent. n. 180/1980).

Nella specie la procedura di trasferimento prevista dagli artt. 43 dello Statuto siciliano e 56 dello Statuto sardo non é stata osservata, non potendo ritenersi certo soddisfatti la lettera e lo spirito delle due norme con la semplice previa audizione delle regioni da parte del ministro.

Va conseguentemente dichiarata l'illegittimità costituzionale dei commi quinto, ottavo e nono dell'art. 6 della legge n. 183/1976, risultando così superfluo l'esame degli ulteriori profili d'incostituzionalità prospettati nei ricorsi.

3. - Altre tre questioni che la Corte é chiamata a decidere riguardano gli artt. 3, 15 e 16 della stessa legge n. 183 del 1976.

Con la prima questione la Regione Friuli-Venezia Giulia si limita a denunciare l'art. 3 della legge senza alcuna specifica argomentazione e indicazione della norma parametro riportandosi alla motivazione svolta a proposito della impugnazione del successivo art. 15.

Con la seconda questione si chiede se contrasti o meno con l'art. 4, n. 6, dello Statuto Friuli-Venezia Giulia il predetto art. 15 che delega il Governo della Repubblica a coordinare gli incentivi creditizi nel settore industriale in vigore per altri territori con quelli previsti per le iniziative industriali nel Mezzogiorno; per il dubbio che tale disposizione violi la sfera di competenza legislativa primaria della regione in materia di industria e commercio (ric. n. 22/1976).

La terza questione riguarda invece il denunciato contrasto con gli artt. 14 dello Statuto siciliano, 4 di quello del Friuli-Venezia Giulia e 3 dello Statuto sardo, dell'art. 16, primo, secondo e terzo comma, della legge n. 183 del 1976, che: a) impone alle regioni di coordinare le loro leggi con i principi e le norme fondamentali in materia di incentivi alle attività industriali; b) vieta a tutte le regioni di disporre con proprie leggi agevolazioni di tipo diverso da quelle previste dalla legge n. 183, nonché di superare i massimi delle agevolazioni statali; c) prevede l'abrogazione delle leggi regionali in contrasto con i principi fondamentali determinati con la legge impugnata; per il dubbio che tali disposizioni violino la sfera di competenza normativa primaria garantita alle regioni ricorrenti (ricorsi nn. 21, 22 e 23/1976).

La soluzione delle questioni discende dalla risposta ad un quesito fondamentale: se il legislatore statale possa dettare norme dirette a coordinare gli incentivi creditizi per l'espansione delle attività produttive e in particolare delle attività industriali e commerciali, senza con ciò invadere la sfera di autonomia legislativa primaria delle regioni in dette materie.

La risposta non può essere che positiva. In numerose pronunce questa Corte, chiamata a definire le rispettive sfere di competenza legislativa dello Stato e delle Regioni, ha affermato il principio che, con riguardo alla incentivazione dello sviluppo economico, gli interessi particolari, di cui sono portatrici le singole Regioni, si devono condizionare e conciliare con il preminente interesse generale del Paese, del quale é portatore lo Stato. Così se ad esse sono state attribuite ampie competenze legislative nei diversi settori produttivi, allo scopo di far aderire gli strumenti di incentivazione alle esigenze concrete delle varie zone del territorio nazionale, al tempo stesso, al fine di evitare che l'esercizio di tali competenze nell'ambito regionale determini conflitti tra le esigenze delle varie regioni e tra queste e gli interessi generali del Paese, si rende necessario il coordinamento dei vari interventi regionali tra loro e con l'intervento statale.

E tale coordinamento non può essere esercitato da altri se non dallo Stato, in modo che siano le sue scelte generali a limitare e condizionare la politica di incentivazione svolta dalle singole Regioni (cfr. in particolare le sentenze nn. 4/1964 e 221/1975).

E vale anche in tal senso la disposizione dell'art. 119, terzo comma, Cost. Sarebbe irrazionale, infatti, attribuire allo Stato la facoltà di assegnare contributi speciali alle Regioni per la valorizzazione del Mezzogiorno e delle Isole, se non si prevedessero nello stesso momento strumenti idonei a coordinare ed armonizzare tali contributi, con gli incentivi che possono concedere le singole Regioni, nella stessa area meridionale e insulare, e nel rimanente territorio nazionale.

Le questioni come sopra proposte dalle tre regioni ricorrenti sono, pertanto, infondate.

4. - Infondata é anche la questione sollevata dal Friuli- Venezia Giulia con il ricorso n. 3 del 1977, che denuncia l'art. 9 d.P.R. 9 novembre 1976, n. 902, per contrasto con l'art. 4, nn. 6 e 12, dello Statuto speciale della regione ricorrente.

Si dubita, in particolare, che tale disposizione - la quale esclude le regioni dal procedimento per ottenere il credito agevolato nel settore industriale, limitandosi a richiedere un parere motivato - violi la competenza primaria della regione in materia industriale, commerciale ed urbanistica.

Ma nessuna invasione della sfera di competenza primaria regionale si può ravvisare nell'esercizio da parte del Governo in sede di delega di quel potere di coordinamento conferitogli dall'art. 15 della legge n. 183/1976, la cui costituzionalità é stata più sopra affermata (cfr. sopra n. 3), e di cui la norma impugnata costituisce una logica estrinsecazione.

5. - Alla stessa conclusione si deve pervenire - alla stregua di quanto premesso - per le ulteriori questioni sollevate dalla stessa Regione Friuli-Venezia Giulia con il ricorso n. 3/1977 e dalla Regione Sicilia con il ricorso n. 2/1977, in ordine all'art. 28 del medesimo d.P.R. 9 novembre 1976, n. 902.

Le due Regioni impugnano il citato art. 28, secondo comma, in riferimento agli artt. 14 St. siciliano e 4 St. Friuli-Venezia Giulia, nella parte in cui consente il concorso delle agevolazioni creditizie da esso previste con quelle disposte da leggi regionali, a condizione che non siano superati i limiti stabiliti nel decreto stesso, per il dubbio che tale norma violi la sfera di competenza esclusiva delle regioni in materia di industria.

La disposizione così impugnata, infatti, rappresenta legittima applicazione da parte del legislatore delegato di quella facoltà di coordinamento degli incentivi creditizi affermata dagli artt. 15 e 16 della legge di delega. Una volta assicurata la legittimità costituzionale di tali norme fondamentali, ne discende logicamente la conformità alla Costituzione e agli Statuti speciali della disposizione impugnata.

La Regione Sicilia impugna inoltre lo stesso art. 28 anche in riferimento all'art. 76 della Costituzione, nella parte in cui non si limita ad unificare e riordinare la disciplina statale vigente in materia di credito agevolato per l'industria, ma estende la sfera della normativa ai contenuti dell'art. 16 della legge n. 183/1976; per il dubbio che tale disposizione ecceda i limiti della delega al Governo contenuta nell'art. 15 della legge citata.

La censura é però inammissibile - come rettamente osserva la difesa dello Stato - in quanto con essa non viene denunciata una invasione della sfera di competenza regionale, come richiesto per tale tipo di impugnativa dall'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

6. - Infondata é infine l'ultima questione sollevata dalla Regione siciliana, la quale denuncia l'art. 48 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (aggiornamento del Testo Unico 30 giugno 1967, n. 1523 sugli interventi nel Mezzogiorno), per contrasto con gli artt. 14 dello Statuto siciliano e 76 della Costituzione. La Regione lamenta che la norma impugnata imponga alla sua competenza legislativa esclusiva nel settore industriale gli stessi limiti imposti alle regioni a Statuto ordinario e, anziché fissare tale competenza un mero limite di principi, specifichi dettagliatamente la normativa da applicare nella regione. La disposizione verrebbe così a violare la sfera di competenza esclusiva della regione stessa ed eccederebbe i limiti della delega conferita al Governo con l'art. 21 della legge n. 183/1976 (ricorso n. 15/1978).

La necessità del coordinamento tra leggi statali e regionali in materia di credito agevolato per l'industria non può che riguardare tanto le regioni a Statuto ordinario che quelle a Statuto speciale, a pena di vanificare l'obiettivo stesso del coordinamento voluto, alla luce dei principi sopra esposti (cfr. n. 3), dallo stesso Costituente.

Quanto alla presunta violazione dell'art. 76 della Costituzione, anche tale censura - come quella analoga di cui al precedente n. 5 - prima che infondata é inammissibile, non avendo ad oggetto specifico un'invasione della sfera di competenza regionale, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 87 del 1953.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 6, commi quinto, ottavo e nono, della legge 2 maggio 1976, n. 183, nella parte in cui prevede il trasferimento alle Regioni Sicilia e Sardegna del personale periferico della Cassa per il Mezzogiorno con decreto del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno.

Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 15 e 16, commi primo, secondo e terzo, della stessa legge n. 183/1976; degli artt. 9 e 28 d.P.R. 9 novembre 1976, n. 902 e 48 d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, sollevate dalle Regioni Sicilia, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia con i ricorsi indicati in epigrafe, per violazione degli artt. 14 dello statuto Siciliano, 3 dello statuto Sardo e 4 dello statuto del Friuli-Venezia Giulia.

Dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, in relazione all'art. 76 della Costituzione, degli stessi artt. 28 d.P.R. n. 902/1976 e 48 d.PR. n. 218/1978, sollevate dalla Regione Sicilia con i ricorsi nn. 2/1977 e 15/1978.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO  -  Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 15 luglio 1983.