Sentenza n.94 del 1981
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SENTENZA N. 94

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 31 e 36 della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio), promosso con ricorso della Regione Veneto, notificato il 21 settembre 1978, depositato in cancelleria il 29 successivo ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 1978.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nell'udienza pubblica del 18 febbraio 1981 il Giudice relatore Virgilio Andrioli.

Uditi l'avv. Guido Viola, per la Regione Veneto e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso, notificato il 21 settembre 1978 e depositato il successivo 29, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 4 ottobre 1978 e iscritto al n. 26 registro ricorsi 1978, la Regione del Veneto, in persona del Presidente della Giunta, rappresentato e difeso, in virtù di procura in margine, dagli avv. Giorgio Berti e Guido Viola e autorizzato con deliberazione 13 settembre 1978, n. 4360 della Giunta, ha sollevato la questione di costituzionalità degli artt. 31 (giacenze di tesoreria delle regioni) e 36 (disponibilità presso aziende di credito) della legge 5 agosto 1978, n. 468 (riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio) per violazione degli artt. 115, 119 e 123 Cost. anche in relazione agli artt. 8 e 9 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a statuto ordinario), modificata dalla legge 30 maggio 1976, n. 356 (nuove disposizioni per la finanza regionale), e alla legge 19 maggio 1976, n. 335 (principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni). Conclusioni ribadite, nella memoria depositata il 4 febbraio 1981, di contro alle deduzioni, svolte dall'Avvocatura generale dello Stato nell'atto d'intervento 6 ottobre 1978 del Presidente del Consiglio dei ministri, depositato il successivo 9, comune ai ricorsi 22 a 25/1978, a sostegno della richiesta d'infondatezza della proposta questione.

2. - L'art. 31, che è la prima disposizione del titolo V della legge 5 agosto 1978, n. 468, dedicato alla tesoreria degli enti pubblici, dispone al primo comma che "le regioni a statuto ordinario e speciale, allo scadere delle convenzioni di tesoreria in vigore al 31 gennaio 1978, hanno obbligo di tenere le disponibilità liquide, limitatamente alle assegnazioni, contributi e quanto altro proveniente dal bilancio dello Stato, in conti correnti non vincolati con il Tesoro", al secondo comma che "il Ministro del tesoro, sulla base di un preventivo semestrale di cassa adottato dalla giunta regionale, in armonia con le valutazioni di cassa comunicate dalla regione stessa, dispone, nei quindici giorni precedenti il trimestre interessato, l'accreditamento dei fondi presso la competente tesoreria regionale", e al terzo comma che "le regioni sono tenute a produrre al Ministero del tesoro, ogni trimestre, una dichiarazione sottoscritta dal presidente della giunta regionale dalla quale risulti l'ammontare delle disponibilità depositate presso la tesoreria regionale".

L'art. 36, che fa parte del titolo VI della legge 468/1978, dedicato alle disposizioni finali e transitorie, prescrive che "per un periodo non superiore a sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge gli enti di cui ai precedenti articoli 31 e 32 possono mantenere disponibilità presso aziende di credito per una consistenza pari a quella posta in essere alla data del 30 giugno 1978".

Osserva la Regione che le disposizioni impugnate, "istituendo un nuovo circuito di accentramento sull'asse contabilità - cassa - tesoreria", tolgono "disponibilità e capacità di determinazione alla Regione strozzandone le potenzialità allo sbocco terminale di ogni iniziativa o attività valutabile in termini di spesa", e ciò "in nome non della tradizionale unità amministrativa dello Stato, ma di una nuova unità finanziaria, contabile e monetaria, assai più minacciosa e incontrollabile, in quanto imposta via via in nome di ripetute emergenze e attraverso procedimenti inconsueti, di fronte ai quali le regioni e chiunque trovansi impreparati e indifesi".

Formulate tali considerazioni di carattere generale, la Regione, nel primo motivo del ricorso, assume a parametri gli artt. 5, 115, 117, 118, 119 e 123 Cost., in relazione agli artt. 57, commi primo e terzo, dello Statuto regionale, nonché agli artt. 8, 9, 18 e 19 della legge 16 maggio 1970, n. 281, modificata dalla legge 10 maggio 1976, n. 356, ai relativi d.P.R. 14 gennaio 1972 nn. 1 a 6 e 15 gennaio 1972, nn. 7 a 11, di trasferimento delle funzioni dallo Stato alle regioni, alla legge 22 luglio 1975, n. 382, agli artt. 1, 126,128, 129 e 130 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, alla legge 19 maggio 1976, n. 335, e, infine, alla legge 2 marzo 1972, n. 8 della Regione Veneto. A sostegno della complessa censura osserva la ricorrente che l'art. 31, da collegarsi al successivo art. 32, con derivare dalla legge 629/1966, ha sottratto il servizio cassa alle regioni e l'ha assoggettato alla gestione dello Stato in violazione all'art. 119 della Costituzione, il cui concetto di "coordinamento" presuppone "la separazione delle gestioni finanziarie, di contabilità e di cassa, e non la loro confusione".

Nello sviluppare il secondo motivo del ricorso incentrato sulla violazione, prospettata, sotto altri profili, delle norme, che hanno formato oggetto di denuncia nel primo motivo, assume che il sistema della legge finanziaria, ricollegato all'art. 119 e ribadito, tra l'altro, nell'art. 63 dello Statuto regionale del Veneto, era congegnato in guisa che il versamento dei fondi alla Regione avvenisse in modo immediato e diretto mediante prelievo dai fondi comuni e speciali, senza che alla gestione della cassa prendesse parte in qualche guisa lo Stato, laddove alla legge impugnata seguirebbe l'effetto, mediante la sottrazione del servizio regionale di tesoreria, di "ricondurre tutta la finanza locale, mediante la strozzatura finale, alla finanza statale".

L'art. 36, poi, completerebbe, sempre ad avviso della Regione, lo stravolgimento, privando della possibilità di tenere disponibilità liquide presso aziende di credito le regioni, le quali non potrebbero liberamente amministrare il denaro proveniente da flussi finanziari estranei al bilancio dello Stato, quali i tributi direttamente gestiti. Il quale rilievo induce la Regione a lamentare la violazione anche dell'art. 97 della Costituzione.

Infine, la Regione sull'art. 31 sottolinea l'attentato che alla titolarità delle somme riviene dalla mancata previsione della fruttuosità del conto.

3. - Dal suo canto, il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo aver identificato nelle tesorerie regionali un fenomeno, che è dannoso alla finanza pubblica unitariamente considerata, come quello che provocherebbe massicce giacenze di cassa, cui non corrisponderebbe incremento della spesa pubblica, pone in rilievo che l'art. 31 mira a garantire la corrispondenza dell'indebitamento del Tesoro dello Stato con l'effettiva spesa pubblica, senza violare l'autonomia finanziaria delle regioni, in quanto, pur imponendo a queste di tenere in conti correnti presso la tesoreria dello Stato le disponibilità derivanti da assegnazioni e contribuzioni a carico dello Stato, assicurerebbe alle regioni medesime il potere di attingere a tali conti correnti in relazione alle rispettive necessità di cassa.

Non manca, infine, l'Avvocatura dello Stato di precisare che il servizio di tesoreria deve intendersi "nel senso proprio e ristretto di servizio di cassa volto alla esecuzione delle operazioni di entrata e di spese previste ed autorizzate dal bilancio regionale", che restano a tale nozione estranee altre funzioni, "che attengono al governo della liquidità, alla trasformazione e creazione dei mezzi di pagamento, alla politica economica monetaria", che devono restare riservate al Tesoro dello Stato per l'espressa disposizione dell'art. 119, secondo la quale l'autonomia finanziaria della Regione deve essere coordinata da leggi statali alla finanza degli altri enti pubblici. Situazione che, sempre ad avviso dell'Avvocatura, troverebbe conferma nel fatto che normalmente le regioni, così come i comuni e le province, sono solite conferire la gestione dei servizi di tesoreria ad istituti di credito distinti dagli enti pubblici medesimi.

Per quel che attiene all'art. 36, che l'Avvocatura dello Stato assume a torto impugnato soltanto dalle regioni Friuli-Venezia Giulia e Sicilia, lo interpreta il Presidente del Consiglio dei ministri nel senso che si limiti a consentire alle regioni, in attuazione dei procedimenti previsti dall'art. 31, l'acquisizione di mezzi finanziari in misura tale da mantenere le disponibilità esistenti alla data del 30 giugno 1978, al fine di evitare rallentamenti nell'andamento di erogazioni della spesa conseguenti alla applicazione del nuovo sistema e, sottolinea, quindi, il carattere transitorio della disposizione che porrebbe in forse l'interesse della Regione alla impugnazione.

4. - Nella memoria 4 febbraio 1981 la Regione contesta la validità della nozione di servizio di tesoreria prospettata dall'Avvocatura dello Stato, richiama la sent. 155/1977 della Corte e conclude che la legge, di cui sono impugnati, in una con l'art. 31, altri articoli, immuterebbe l'immagine costituzionale della Regione.

5. - Alla pubblica udienza del 18 febbraio 1981, in cui il giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. Viola per la Regione Veneto e l'avvocato dello Stato Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri hanno illustrato argomentazioni svolte e conclusioni formulate negli scritti.

Considerato in diritto

1. - L'obbligo di tenere la disponibilità liquida in conti correnti vincolati con il tesoro è limitato ad assegnazioni, contributi e quanto altro proveniente dal bilancio dello Stato, e non tocca in alcun modo fondi di altra provenienza: tale è il disposto del primo comma dell'art. 31, il quale non soffre interpretazione estensiva prospettata in qualche passo delle difese scritte della Regione.

2. - Il meccanismo di cui all'art. 31, secondo comma, non comporta violazione dell'art. 119 Cost. (né, meno ancora, degli altri parametri richiamati nel ricorso): da un lato, infatti, i tributi propri e le quote di tributi erariali, attribuiti alle Regioni dall'art. 119, secondo comma, e che transitano nella maggior parte per il bilancio dello Stato, sono espressamente correlati "ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali"; d'altro lato, le ulteriori entrate regionali, provenienti dal bilancio dello Stato, sono finalizzate - in modo più o meno specifico, secondo le diverse ipotesi - al finanziamento di programmi regionali di sviluppo od all'effettuazione di particolari interventi, previsti da apposite disposizioni legislative statali. In entrambi i casi, dunque, l'art. 119 Cost., pur affermando l'autonomia finanziaria regionale, non impone affatto che le somme spettanti alle Regioni e defluenti dal bilancio dello Stato debbano essere integralmente ed immediatamente accreditate alle competenti tesorerie regionali, pur quando le Regioni stesse non dimostrino di doversene servire per l'esercizio delle loro attribuzioni. Essenziale è soltanto - come la Corte ha già chiarito nella sentenza n. 155 del 1977 - che i conti correnti istituiti presso la tesoreria centrale non si trasformino "in un anomalo strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale". Ma tale non è il caso dell'art. 31 della legge n. 468 del 1978, che non riguarda le entrate acquisite direttamente dalle Regioni, e non ha di mira le singole misure regionali di spesa, limitandosi a regolare i ritmi di accreditamento dei fondi innanzi detti dalla tesoreria dello Stato alle tesorerie delle Regioni: per di più precisando che ciò deve svolgersi sulla base ed in conformità alle previste esigenze ed alle accertate disponibilità di cassa delle Regioni, quali desunte appunto dai periodici documenti, indicati nel secondo e terzo comma, provenienti dagli organi responsabili delle Regioni medesime.

Pertanto, deve concludersi per l'infondatezza della predetta questione.

3. - In maggior misura infondata è l'impugnazione dell'art. 36, il cui carattere transitorio non può sfuggire a chiunque consideri che il legislatore statale, al fine di evitare scoperti in pregiudizio di coloro che avevano rapporti con le aziende di credito, facenti servizio di cassa per le Regioni alla data di entrata in vigore della legge, ha consentito alle Regioni (e agli enti pubblici, di cui all'art. 32) di mantenere presso dette aziende disponibilità provenienti dal bilancio dello Stato per un periodo non superiore a sei mesi dalla data di pubblicazione della legge e per una consistenza pari a quella posta in essere alla data del 30 giugno 1978. Talché è da dubitare della consistenza dell'interesse della Regione a coltivare l'impugnazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 31 e 36 della legge 3 agosto 1978, n. 468 (riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio), sollevate dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 21 settembre 1978 (n. 26 registro ricorsi 1978).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1981.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'8 giugno 1981.