Sentenza n.2 del 1980
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SENTENZA N.2

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 58 e 69 della legge 10 agosto 1950, n. 648 e dell'art. 44 della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riversibilità delle pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa il 3 marzo 1975 dalla Corte dei conti - Sezione III giurisdizionale, sul ricorso proposto da Greco Giovanna ved. Bonomo, iscritta al n. 571 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 267 del 6 ottobre 1976.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 ottobre 1979 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

L'art. 58 della legge 10 agosto 1950, n. 648, nel disciplinare il diritto alla pensione della vedova del pensionato di guerra poneva, come condizione per il riconoscimento del diritto stesso, il fatto che il matrimonio celebrato posteriormente alle ferite o malattie da cui derivò la morte del titolare della pensione non fosse durato meno di un anno, ovvero che fosse nata prole, ancorché postuma. Per il caso in cui, poi, il titolare venisse a morire per cause diverse da quelle che avevano determinato l'invalidità, l'art. 69 della stessa legge prevedeva, a favore della vedova non legalmente separata, il diritto alla riversibilità di una parte della pensione o dell'assegno rinnovabile, di cui godeva od a cui aveva diritto il coniuge, nella misura stabilita dalle leggi sulle pensioni normali, sempre a condizione che il matrimonio non fosse durato meno di un anno, ovvero fosse nata prole, ancorché postuma.

Detta disciplina, per quanto riguarda la durata minima del matrimonio e la nascita di prole, risulta confermata dall'art. 44 della legge 18 marzo 1968, n. 313. Le medesime condizioni sono mantenute anche dall'art. 40 del d.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915.

La Corte dei conti, con l'ordinanza che ha dato origine al presente giudizio, ha ritenuto che il Ministero del tesoro, fon dandosi sulle citate disposizioni del 1950 e del 1968, aveva esattamente negato alla vedova del pensionato di guerra Michele Bonomo, deceduto senza prole dopo meno di un anno dal matrimonio per cause diverse da quelle che avevano determinato l'invalidità.

Peraltro lo stesso giudice ha ritenuto di dover censurare la normativa sopra ricordata per quanto riguarda i menzionati requisiti per ottenere la pensione di riversibilità, prospettandone il possibile contrasto, in primo luogo, con il principio di eguaglianza, e ponendo in particolare evidenza la discriminazione irrazionale che i requisiti medesimi indurrebbero a carico delle vedove di pensionati di guerra in funzione della durata del matrimonio e della sopravvenienza di figli.

La censura non é fondata.

Questa Corte, invero, ha già avuto occasione di affermare (sent. n. 3 del 1975), in analoga fattispecie concernente l'esclusione del diritto a pensione di riversibilità delle vedove di pensionati statali con durata minima (due anni) del matrimonio contratto in data posteriore a quella di cessazione dal servizio del dante causa, che i criteri limitativi per le pensioni di riversibilità derivanti da matrimoni conclusi da già pensionati risultano dettati, in via generale, dal legislatore, come remora alla ipotesi non infrequente di matrimoni contratti non per naturale affetto e quindi, in tal senso, sospettabili, sicché le condizioni restrittive volte a garantire, in qualche modo, la genuinità e la serietà del tardivo coniugio si risolvono anche nella tutela del pubblico erario contro maliziose e fraudolente iniziative. Con cio, affermava allora questa Corte, doveva riconoscersi la ragionevole giustificazione della restrizione e doveva, quindi, escludersi la violazione dell'art. 3 Cost.

Anche nel caso attuale valgono le considerazioni ora richiamate, giacche, per quanto riguarda il limite minimo di durata del matrimonio, é di tutta evidenza che trattasi di cautela volta a tutelare gli stessi interessi perseguiti nell'ipotesi sopra ricordata. Ed anzi, deve rilevarsi che il legislatore, prevedendo il termine minimo di un solo anno, ha sostanzialmente mostrato di essere sensibile ad una esigenza di particolare favore per le pensioni di guerra.

Per quanto riguarda poi il particolare aspetto di pretesa discriminazione fra vedove con prole e senza prole, é evidente che la ratio della norma, ispirata ad una tutela più penetrante dei diritti delle prime, risponde a criteri di indiscutibile razionalità, uniformandosi ai principi fondamentali di garanzia della famiglia in genere e di protezione dei figli in particolare.

Tanto meno può ritenersi valida, poi, l'argomentazione, pur prospettata dal giudice a quo secondo cui la situazione giuridica della moglie durante il primo anno di matrimonio dovrebbe considerarsi ingiustamente vessatoria, comportando tutti gli obblighi di legge, ed essendo, invece, escluso nello stesso periodo il suo diritto alla pensione.

Invero, la già affermata razionalità della differenziazione esclude l'operatività, nella specie, dell'invocato principio di eguaglianza.

Né vale a contrastare le conclusioni ora esposte la considerazione che, come pure sostiene il giudice a quo, il motivo della tutela del pubblico erario contro maliziose e fraudolente iniziative, posto a base della citata giurisprudenza di questa Corte, non sarebbe automaticamente applicabile nella specie, per la natura particolare della pensione di guerra, per l'irrazionalità del termine di un anno e per la esclusione della prova contraria alla presunzione di non genuinità del matrimonio contratto.

La peculiarità della pensione di guerra, invero, che si identifica nella sua funzione risarcitoria e non meramente assistenziale, non é certamente tale da escludere la operatività, anche in quel campo, delle esigenze di tutela del pubblico erario avvertite a proposito delle pensioni civili, giacché le esigenze stesse riguardano in entrambe le ipotesi, la finanza pubblica e sono indipendenti dalla natura dell'istituto giuridico cui si riferiscono.

A dimostrazione della ragionevolezza del termine di un anno, vale, poi, quanto già sopra si é osservato in proposito, mentre é chiaro che la lamentata assolutezza della cautela adottata dal legislatore ha in sé una forza logica sufficiente a giustificarne l'operatività e tale, quindi, da escludere la violazione dell'art. 3 Cost.

Si assume anche che la censurata restrizione inciderebbe sui diritti della famiglia, in quanto, per la durata di un anno, ne limiterebbe la pienezza degli effetti giuridici, in violazione dell'art. 29 Cost. Ma é agevole osservare che come questa Corte ha pure, nel caso analogo sopra richiamato, avuto modo di affermare-la normativa in esame esula dal campo dei diritti e doveri reciproci tra i membri del nucleo familiare, cui invece si riferisce la norma costituzionale invocata.

Quest'ultima, invero, salvaguarda essenzialmente i contenuti e gli scopi etico - sociali della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, i quali non vengono in considerazione in tema di diritto a conseguire una pensione di riversibilità che inerisce ad un momento strettamente economico e, come tale, non direttamente influente ai fini suddetti.

Analoghe considerazioni possono svolgersi, infine, per quanto riguarda il preteso ostacolo alla formazione della famiglia ravvisato nella normativa impugnata, con conseguente assunta violazione dell'art. 31, primo comma, Cost. Anche a tale proposito, invero, non può non farsi riferimento ai contenuti ed agli scopi dell'istituto della famiglia costituzionalmente tutelati, i quali trascendono, ovviamente, la materia oggetto di questo giudizio, onde non é lecito considerare la limitazione in discorso idonea ad assumere la portata restrittiva prospettata dal giudice a quo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 58 e 69 della legge 10 agosto 1950, n. 648, e 44 della legge 18 marzo 1968, n. 3l3, in materia di pensioni di guerra, sollevata dalla Corte dei conti con ordinanza del 3 marzo 1975 in riferimento agli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17/01/80.

Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA  – Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 23/01/80.