Sentenza n. 213 del 1976
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SENTENZA N. 213

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Lazio, notificato il 15 giugno 1974, depositato in cancelleria il 26 successivo ed iscritto al n. 11 del registro 1974, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione numero 1836/30105 del 29 marzo 1974, con la quale la Commissione di controllo sulla Regione Lazio ha ingiunto alla Giunta regionale di inviarle il provvedimento 11 ottobre 1972 del medico provinciale di Roma al fine di sottoporlo a controllo preventivo di legittimità.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1976 il Giudice relatore Michele Rossano;

udito gli avvocati Giuseppe Guarino e Aldo Sandulli, per la Regione Lazio, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ricorso notificato il 15 giugno 1974 la Regione Lazio - in persona del Presidente autorizzato con deliberazione 14 giugno 1974 della Giunta regionale - ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla deliberazione n. 1836/30105 del 29 marzo 1974, pervenuta alla Regione il 18 aprile 1974, con la quale la Commissione di controllo sulla Regione Lazio ha ingiunto alla Giunta regionale di inviarle il provvedimento 11 ottobre 1972 del medico provinciale di Roma al fine di sottoporlo al controllo preventivo di legittimità.

La Regione ha chiesto che:

"a) venga dichiarato che non spetta allo Stato il potere di controllare in via preventiva e generalizzata, attraverso la Commissione di controllo, gli atti emanati da organi regionali in seguito a delega statale, e in particolare l'atto del medico provinciale di cui in epigrafe";

"b) venga dichiarato che lo Stato, e in particolare la Commissione di controllo, non dispone del potere di sospendere, in sede di controllo di legittimità, come ha fatto nel caso in esame, un atto regionale per ragioni inerenti ad atti diversi, che non condizionano la legittimità di quello sospeso";

"c) venga annullata la deliberazione della Commissione di controllo sulla Regione Lazio di cui in epigrafe".

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, si é costituito con atto 4 luglio 1974 ed ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile perché tardivo o, subordinatamente, respinto.

Considerato in diritto

1. - La Regione Lazio sostiene che la deliberazione della Commissione di controllo, relativa alla deliberazione della Giunta regionale di costituzione nel giudizio promosso davanti al tribunale amministrativo regionale del Lazio della soc. Pirelli, stabilimento di Tivoli, con ricorso giurisdizionale contro il provvedimento del medico provinciale di Roma, abbia invaso la competenza costituzionale della Regione sotto due distinti profili.

Sotto il primo, perché la deliberazione - rilevato che l'impugnato provvedimento del medico provinciale di Roma non é stato mai inviato alla Commissione per il prescritto controllo preventivo di legittimità imposto dall'art. 125 della Costituzione e dagli artt. 45 e 46 della legge n. 62 del 1953, e che tale omissione costituisce grave violazione di legge - ha disposto che la Regione fornisca chiarimenti per il mancato invio, e trasmetta la copia del provvedimento del medico provinciale, "... con l'avvertenza che, nel frattempo, restano sospesi i termini di cui all'art. 45 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, e, di conseguenza, resta sospesa l'esecutività della deliberazione richiamata nelle premesse" (la deliberazione cioé della Giunta regionale di costituirsi nel giudizio relativo al provvedimento del medico provinciale).

Secondo la Regione la deliberazione della Commissione di controllo sarebbe lesiva della sfera delle sue attribuzioni, perché l'esercizio delle funzioni delegate, tra le quali quelle relative all'igiene del suolo e dell'ambiente, all'inquinamento atmosferico, delle acque e agli aspetti igienici sanitari delle industrie insalubri, cui ha riferimento il provvedimento del medico provinciale, non sarebbe soggetto al controllo preventivo di legittimità della Commissione di controllo. Sarebbero soltanto ammissibili l'emanazione di direttive da parte del competente organo dello Stato, alle quali le Regioni dovrebbero conformarsi, e il potere sostitutivo da esercitarsi dal Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, allorché la Regione non eserciti le competenze delegate.

Sotto il secondo profilo la Regione afferma che la deliberazione della Commissione di controllo lede la sua autonomia costituzionale, perché ha disposto in sede di controllo di legittimità la sospensione di un atto regionale per ragioni inerenti ad atti diversi che non condizionano la legittimità di quello sospeso.

2. - L'Avvocatura generale dello Stato ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso per tardività, deducendo che il 21 novembre 1972 il ministro per l'attuazione delle Regioni emanò una circolare con la quale, sulla scorta di un conforme parere del Consiglio di Stato, disponeva che fossero inviati alla Commissione di controllo di cui all'art. 125 della Costituzione, per il prescritto esame di legittimità, gli atti amministrativi emanati dagli organi regionali nell'esercizio di funzioni in materie delegate dallo Stato. La circolare fu inviata, oltre che a tutti i ministri ed ai Commissari di Governo, ai presidenti di tutte le Giunte regionali delle Regioni a statuto ordinario e, quindi, dal novembre 1972 il Presidente della Regione Lazio era a conoscenza che gli atti in questione dovevano essere sottoposti al controllo della Commissione, il che rendeva attuale, fin da allora, l'asserita lesione della competenza della Regione.

Subordinatamente, nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato ha sostenuto che, conformemente alle direttive impartite dal ministro per l'attuazione delle Regioni, spetta allo Stato il controllo di legittimità sugli atti delegati.

3. L'eccezione d'inammissibilità é fondata per quanto attiene al primo profilo.

La circolare, nel dubbio circa l'organo competente all'esercizio del controllo sugli atti amministrativi emanati dalla Regione per delega ai sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, in mancanza di una specifica disciplina legislativa, riporta in sintesi il parere, richiesto al Consiglio di Stato, sul problema se all'esercizio del controllo sugli atti amministrativi emanati per delega dalla Regione fossero competenti le Commissioni di controllo di cui all'art. 125 della Costituzione o la Corte dei conti ai sensi dell'art. 100 della Costituzione. E alle considerazioni riassunte, in base alle quali il Consiglio di Stato aveva ritenuto che gli atti emessi dalle Regioni per delega dovessero essere sottoposti, al pari di quelli adottati per competenza propria, al controllo delle Commissioni di cui all'art. 41 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, aggiunge altre osservazioni a conforto di detta conclusione, "... restando quindi inteso che - sempre nell'ambito dell'accennata provvisorietà fino a quando il problema non verrà definitivamente risolto con apposita normativa - il controllo sugli atti amministrativi regionali, posti in essere nelle materie delegate dallo Stato, rientra nei compiti dell'organo statale di cui all'art. 125 della Costituzione, che lo esercita secondo le modalità indicate dalla legge 10 febbraio l953, n. 62. Ulteriori indicazioni potranno essere fornite su quanto concerne gli aspetti relativi alla rendicontazione delle spese inerenti agli atti regionali delegati in questione, al fine dei raccordi che si rendano necessari col sistema del bilancio e della contabilità dello Stato".

4. - Siffatta chiara manifestazione di direttive per un fine unitario e di coordinamento, la cui rilevanza nei confronti degli organi collegiali in genere é stata riconosciuta dalla dottrina nei limiti dei rapporti tra l'organo competente all'esercizio delle funzioni di direzione e l'organo collegiale, cui non sono applicabili i principi dei rapporti gerarchici valevoli per gli organi monocratici, ha particolare rilievo nei confronti delle Commissioni di controllo. In vero, questi Collegi, composti, a norma dell'art. 41 della legge n. 62 del 1953, da soggetti, organi di amministrazioni diverse, per tale stessa composizione, nell'esercizio della funzione di controllo, debbono considerare e valutare le esigenze unitarie e di coordinamento, nell'interesse dello Stato e delle stesse Regioni, inerenti alla complessa attività amministrativa che le Regioni debbono svolgere nei limiti degli artt. 5, 117, 118 e 125 della Costituzione, e conseguentemente valutare le direttive che l'organo competente dello Stato abbia emanato in proposito. E, se si considera che il rilievo giuridico, riconosciuto in dottrina alle direttive impartite dall'organo competente all'organo collegiale, consiste nel dovere dell'organo collegiale di considerarle nel procedimento di formazione della volontà e di uniformarvisi, anche se in casi concreti l'organo può, per motivi diversi, non conformarsi, deve ammettersi che il dovere di conformità, da parte delle Commissioni di controllo, é particolarmente vincolante e quindi idoneo a una generale applicazione delle direttive. Tale forza vincolante, riconosciuta nel ricorso della Regione alle direttive emanate dall'organo competente dello Stato - il ministro per l'attuazione delle Regioni - nei confronti delle Regioni, deve anche ammettersi per quelle dirette alle Commissioni di controllo, notificate alle Regioni e contenute in circolare, che, per il suo contenuto, costituisce manifestazione, concreta, autonoma e vincolante anche per la Commissione di controllo, organo dello Stato, nell'esercizio della sua funzione, del potere che lo Stato assume di sua spettanza in base alla legge e alla Costituzione.

Pertanto, per decorrenza del termine d'impugnazione, é inammissibile il ricorso per conflitto di competenza per quanto concerne il primo profilo.

L'altro profilo non é assorbito, come ritiene l'Avvocatura generale dello Stato, in quanto é diverso dal primo.

Questo secondo profilo non é fondato.

La deliberazione della Giunta regionale di costituirsi nel giudizio promosso dalla soc. Pirelli contro il provvedimento del medico provinciale di Roma era sottoposta al controllo di legittimità della Commissione, per quanto atteneva alla autorizzazione a stare in giudizio. Tale controllo di legittimità non poteva considerarsi limitato alla deliberazione, come sostiene la Regione ricorrente, ma doveva avere per oggetto anche l'impugnato provvedimento del medico provinciale in quanto atto del giudizio nel quale la Regione voleva costituirsi. Pertanto, la Regione avrebbe dovuto trasmettere alla Commissione di controllo il suddetto provvedimento del medico provinciale ed i chiarimenti richiesti ai sensi dell'art. 45, comma secondo, della legge n. 62 del 1953. In conseguenza del mancato invio l'esecutività della deliberazione della Giunta regionale era sospesa, come dispone il menzionato art. 45, che la deliberazione della Commissione di controllo ha espressamente richiamato. La sospensione, quindi, non può ritenersi esercizio illegittimo del potere di autorizzare la costituzione in giudizio, dato che é l'effetto ex lege del mancato adempimento dell'obbligo di trasmettere l'atto ed i chiarimenti, espressamente previsti dal citato art. 45, comma secondo, della legge n. 62 del 1953.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione, sollevato dalla Regione Lazio con atto 15 giugno 1974, per quanto concerne il potere dello Stato di controllare, attraverso la Commissione regionale di controllo, la legittimità del provvedimento 11 ottobre 1972 del medico provinciale di Roma, emanato nell'esercizio delle funzioni amministrative in materia sanitaria ed ospedaliera delegate dallo Stato alla Regione;

b) dichiara che spetta allo Stato (Commissione regionale di controllo) chiedere, ai sensi dell'art. 45 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, chiarimenti o elementi integrativi di giudizio, con conseguente sospensione dell'esecutività della deliberazione 12 febbraio 1974 della Giunta regionale del Lazio in attesa dell'invio dei chiesti chiarimenti e del provvedimento 11 ottobre 1972 del medico provinciale di Roma.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 3 agosto 1976.