Sentenza n. 38 del 1970
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SENTENZA N. 38

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 545, quarto comma, e 553 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 21 giugno 1968 dal pretore di Pinerolo nel procedimento di esecuzione vertente tra Mauro Mario e Socratini Barreca Michelina, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 261 del 12 ottobre 1968.

Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1970 il Giudice relatore Luigi Oggioni.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza del 21 giugno 1968 emessa nel corso del procedimento di esecuzione promosso da Mauro Mario contro Socratini Barreca Michelina, il pretore di Pinerolo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile in relazione al terzo comma dello stesso articolo, nella parte in cui, in ordine ai crediti non alimentari "assoggetta a pignoramento la quota fissa di un quinto dello stipendio dovuto da privati, anziché quella quota variabile che il pretore ritenga pignorabile, come invece é consentito dal terzo comma citato per i crediti alimentari".

Secondo il pretore, la norma denunziata violerebbe il principio di eguaglianza dell'art. 3 della Costituzione perché potrebbe incidere in misura più sensibile sulle retribuzioni meno alte e prossime al limite minimo, che non su quelle di maggior importo; dando luogo, in questo caso, ad una ingiusta sperequazione a danno dei lavoratori meno abbienti: senza alcuna possibilità di riduzione discrezionale a quota graduata e variabile.

Il giudice a quo ha sollevato contestualmente questione di legittimità costituzionale dell'art. 553 del codice di procedura civile "considerato in collegamento col citato quarto comma dell'art. 545 dello stesso codice, nella parte in cui, imponendo al pretore di assegnare, in pagamento del credito, la somma pignorata nella misura richiesta, senza possibilità di graduazione, sarebbe suscettibile di ridurre la retribuzione del debitore al di sotto del minimo (salariale) necessario per garantire a lui ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa" violando così il principio stabilito in proposito dall'art. 36 della Costituzione, che sarebbe applicabile anche a quei casi di insufficienza della retribuzione derivante da decurtazioni dovute a cause estranee al rapporto di lavoro.

Nessuna delle parti si é costituita in giudizio.

 

Considerato in diritto

 

1. - La prima questione sollevata con l'ordinanza di rinvio in riferimento all'art. 3 della Costituzione, riguarda l'articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, in quanto, riconoscendo pignorabili, dai creditori in genere, nella misura fissa di un quinto, gli stipendi ed i salari dovuti all'esecutato, la norma verrebbe ad incidere in misura più sensibile sulle basse retribuzioni in confronto a quelle di maggiore importo.

La questione non é fondata.

Questa Corte, con la sentenza n. 20 del 1968, si é già pronunciata nel senso che il limite di un quinto pignorabile é stato adottato dal legislatore in base ad un potere razionalmente esercitato anche secondo gli insegnamenti della scienza economica. Tra i due criteri, in astratto ammissibili, della proporzionalità rispetto alla misura della retribuzione ovvero della progressività, per cui chi ha una retribuzione più bassa viene colpito, in proporzione, con una minore incidenza di misura, é stato preferito il secondo criterio, che, secondo il suespresso giudizio della Corte, risulta immune da ogni indizio di incostituzionalità.

Nell'ordinanza di rinvio non sono addotti, su questo punto, nuovi e diversi argomenti, validi per addivenire a differente decisione.

L'ordinanza prospetta, tuttavia, sotto ulteriore profilo, l'ipotesi di incostituzionalità dell'art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile se confrontato col terzo comma (pignorabilità in misura variabile per i crediti alimentari).

La disparità di trattamento, a seconda della natura del credito, si risolverebbe, stando all'ordinanza, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, in quanto non sarebbe escluso che, in particolari circostanze, un credito per alimenti, che pur meriterebbe in ogni caso maggior tutela, possa essere garantito con pignoramento inferiore al quinto, mentre un credito non alimentare sarebbe, sempre e comunque, meglio tutelato mediante pignoramento mai inferiore al quinto.

L'ordinanza, così ponendo la questione, non considera che il particolare trattamento disposto per i crediti alimentari dipende dalla peculiare natura dell'obbligo corrispondente, condizionato sia al bisogno dell'alimentando, sia alla capacità economica dell'obbligato, quale residua, dopo soddisfatti i suoi propri debiti.

La variabilità dell'obbligo giustifica la variabilità della misura esecutiva per effettuarne l'adempimento. Nemmeno sotto questo profilo sussiste alcuna irrazionale differenziazione di trattamento.

2. - L'ordinanza, nel quadro generale della stessa materia, ha sollevato anche una particolare questione riguardante l'art. 553 cod. proc. civ. (assegnazione di crediti) come connesso e conseguenziale a quanto sopra esaminato, inserendo anche al riguardo l'ipotesi che il sistema di legge possa dar luogo a contrasto con l'art. 36 della Costituzione.

La Corte osserva, in primo luogo, che, essendo la norma dell'art. 553 complementare della precedente di cui all'art. 545, valgono, per escluderne l'incostituzionalità, le stesse considerazioni suesposte.

In secondo luogo osserva che il principio dettato dall'art. 36 vale per regolare il rapporto di lavoro nell'ambito suo proprio attinente alla sua conclusione ed attuazione e non si estende alle conseguenze contingenti ed eventuali che possano essere occasionate da eventi che da quel rapporto prescindano.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 545, quarto comma, e 553 del codice di procedura civile sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, dal pretore di Pinerolo in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l' 11 marzo 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 20 marzo 1970.