SENTENZA
N. 45
ANNO
1964
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori
Giudici:
Prof. GASPARE
AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE
CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO
PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI
CASSANDRO
Prof. BIAGIO
PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO
MORTATI
Prof. GIUSEPPE
CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZÌ
Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI
Prof. FRANCESCO PAOLO
BONIFACIO
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale della legge 15 febbraio 1963, n. 150, promosso con
ordinanza emessa il 20 giugno 1963 dal Tribunale di Modena nel procedimento
civile vertente tra Zanasi Gino ed il Comune di Modena, iscritta al n. 162 del
Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,
n. 231 del 31 agosto 1963.
Visti l'atto di
costituzione in giudizio di Zanasi Gino e l'atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza
pubblica del 18 marzo 1964 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;
uditi gli avvocati
Alberto Casarini, Giuseppe Fabbrici e Guido Viola, per lo Zanasi, e il vice
avvocato generale dello Stato Dario Foligno, per il Presidente del Consiglio
dei Ministri.
Ritenuto
in fatto
1. - Nel corso di un
procedimento civile tra il Sig. Gino Zanasi attore e il Comune di Modena
convenuto, l'attore sollevò la questione di legittimità costituzionale del
primo comma dell'art. 18 della legge 16 settembre 1960, n. 1014, il quale
dispone che "l'accertamento e la determinazione della base imponibile per
l'imposta di famiglia sono distinti ed autonomi da quelli riguardanti i tributi
erariali", e della legge 15 febbraio 1963, n. 150, intitolata:
"modifica dell'art. 18 della legge 16 settembre 1960, n. 1014, e
interpretazione autentica dell'art. 117 del T.U. per la finanza locale",
sopravvenuta nelle more del giudizio ed esattamente prima della udienza
collegiale tenuta il 15 maggio dello scorso anno. Questa legge, nel suo unico
articolo, dispone l'aggiunta al primo comma dell'art. 18 citato della norma seguente:
"il primo comma del presente articolo costituisce interpretazione
autentica dell'art. 117 del T.U. per la finanza locale.. a seguito
dell'abrogazione dell'art. 119 dello stesso T.U. disposta dall'art. 19 del D.L.
Lgt. 8 marzo 1945, n. 62".
Giova, per chiarire i
termini della questione, ricordare che l'art. 117 del T.U. dispone che
l'imposta di famiglia colpisca "l'agiatezza della famiglia desunta dai
redditi o proventi di qualsiasi natura e da ogni altro indice apparente di
agiatezza" e determina i criteri che l'Amministrazione deve osservare per
la determinazione della base imponibile; e giova anche ricordare che l'abrogato
art. 119 stabiliva che "per i contribuenti assoggettati all'imposta
complementare di Stato, le aliquote dell'imposta di famiglia sono applicate
agli imponibili..., che servirono di base alla determinazione della
complementare, senza che occorrano ulteriori accertamenti da parte del
Comune".
Il Tribunale di
Modena, davanti al quale verte il giudizio, premesso che la questione era rilevante
ai fini della decisione, in quanto "l'accoglimento della qualifica di
interpretazione autentica comporterebbe il carattere retroattivo del citato
art. 18 con conseguente applicazione del medesimo nella specie", ha
ritenuto, peraltro, che la questione di legittimità dovesse limitarsi alla
legge 15 febbraio 1963, n. 150, la quale assorbirebbe l'altra relativa al
citato primo comma dell'art. 18 della legge n. 1014 del 1960. Così delimitata,
la questione non sarebbe manifestamente infondata. Il Tribunale prescinde dal
punto che l'art. 119 della Costituzione porrebbe il principio generale della
coordinazione tra finanza statale e finanza locale, principio nel caso non
rispettato; né nega che nella nostra Costituzione non sussiste il divieto della
retroattività della legge tributaria; ma ritiene che la retroattività conferita
a una legge tributaria, configuri un contrasto con le norme degli artt. 41, 42,
43 e 53 della Costituzione.
Il Tribunale,
pertanto, con ordinanza 20 giugno 1963, sospendeva il giudizio e trasmetteva
gli atti a questa Corte perché giudicasse sulla questione di legittimità della
legge 15 febbraio 1963, n. 150, in riferimento agli artt. 41, 42, 43 e 53 della
Costituzione.
L'ordinanza,
ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale, n. 231 del 31 agosto 1963.
2. - Davanti alla
Corte si é costituito il sig. Gino Zanasi, rappresentato e difeso dagli
avvocati Alberto Casarini e Giuseppe Fabbrici. Nelle deduzioni depositate il 1
agosto 1963, la difesa dello Zanasi riferisce ampiamente la giurisprudenza
della Corte di cassazione in materia, secondo la quale "in un ordinato
sistema della finanza pubblica é inconcepibile la coesistenza di valutazioni
diverse di un unico reddito", nonché i lavori preparatori della legge 16
settembre 1960, n. 1014, per trarne la conseguenza che tanto questa legge,
quanto l'altra del 1963 hanno voluto modificare l'interpretazione del sistema
data dalla Cassazione, preponendo alla necessità di una coordinazione tra
finanza locale e finanza dello Stato il principio di una totale autonomia
comunale, dell'esercizio della quale, in questa materia, illustra gli
inconvenienti.
Passando al merito,
la difesa dello Zanasi sostiene che la legge impugnata - abbia essa carattere
innovativo o interpretativo -, viola i principi fondamentali della
Costituzione. L'autonomia locale, che la Costituzione pur garantisce nell'art.
5, non potrebbe tuttavia essere considerata senza limiti fino al punto di
creare, per restare nella materia oggetto della controversia, disparità tra le
valutazioni statali e locali dei medesimi redditi, tanto più che, nel caso,
l'accertamento e la determinazione della base imponibile per l'imposta di
famiglia sarebbero lasciati, a differenza di quello che accade per i tributi erariali,
al discrezionale apprezzamento degli amministratori comunali e delle
commissioni tributarie, con conseguente violazione anche della norma contenuta
nell'art. 23 della Costituzione.
La disarmonia che la
legge impugnata provoca tra le imposte sui singoli redditi e l'imposta di
famiglia, viola poi il principio della coordinazione della finanza locale con
quella statale, stabilita dall'art. 119 della Costituzione e che non può
intendersi limitata soltanto alle Regioni. L'attività tributaria dovrebbe, secondo
la difesa dello Zanasi, svolgersi in maniera uniforme per tutto il territorio
nazionale, anche perché essa può incidere sull'attività privata, tutelata, come
si sa, dalla Costituzione (artt. 41, 42, 43 e 44), e dovrebbe rispettare il
principio della capacità contributiva (art. 53), il quale richiederebbe
necessariamente il coordinamento dei vari tributi e, nel caso, dei tributi
personali locali con i tributi erariali.
La difesa accenna poi
alle molte ragioni esposte dalla dottrina sulla illegittimità delle leggi
tributarie retroattive in riferimento, particolarmente, all'art. 53 della
Costituzione, qualora si ritenesse la legge impugnata una legge interpretativa.
3. - Nel giudizio é
intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le sue deduzioni il 30
luglio dello scorso anno.
L'esame della
legislazione emanata nella materia oggetto del presente giudizio porta
l'Avvocatura a concludere che, attualmente, non sarebbe dubbio che vi sia
distinzione ed autonomia tra l'accertamento e la determinazione della base
imponibile per l'imposta di famiglia e l'accertamento e la determinazione dei
corrispondenti elementi della base imponibile per i tributi erariali, e che
egualmente indubbio sarebbe il carattere interpretativo del primo comma
dell'art. 18, con la conseguente applicabilità del principio della distinzione
anche agli accertamenti antecedenti all'entrata in vigore della legge n. 1014
del 1960.
L'Avvocatura,
premessa l'eccezione di non rilevanza della questione, per la quale, peraltro,
si rimette alla Corte, sostiene nel merito la sua infondatezza. E per i
seguenti motivi:
1) la legge
interpretativa non può essere qualificata, sic et simpliciter,
retroattiva. Giusta la più moderna dottrina, essa sarebbe una norma
dichiarativa - esplicativa del tipo "norma dispositiva". Sarebbe vero
che caratteristica delle leggi interpretative é la retroattività, ma si
tratterebbe di una retroattività apparente, stante che non é la legge
interpretativa a regolare direttamente i rapporti giuridici, ma quella
anteriore, della quale il legislatore dà un 'interpretazione vincolante. Nel
caso in esame, tanto la norma del 1960, quanto quella del 1963 avrebbero
soltanto valore di interpretazione della vera norma precettiva, che é quella, e
soltanto quella, dell'art. 117 del T.U. per la finanza locale. Con che
mancherebbe la base stessa per configurare una questione di legittimità per
retroattività della legge che può porsi sì anche in materia diversa da quella
penale ed anche perciò in materia tributaria, ma al presupposto che l'effetto
retroattivo operi sull'accertamento degli elementi e dei requisiti inerenti
all'imposta;
2) una legge
tributaria retroattiva non viola per se stessa il principio della capacità
contributiva. L'art. 53 della Costituzione pone soltanto il principio che
"tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva", principio che non avrebbe efficacia sul problema
della successione delle leggi nel tempo, essendo sufficiente che, al momento al
quale si riferisce l'obbligo contributivo - sia esso o no stabilito
retroattivamente -, vi sia corrispondenza tra l'obbligo e la capacità di
contribuzione dell'obbligato;
3) la pretesa
necessaria coordinazione tra l'attività tributaria dello Stato e quella degli
enti locali sarebbe soltanto "un tendenziale principio di politica
legislativa". Né varrebbe addurre in contrario l'art. 119 della
Costituzione che contiene una norma relativa soltanto ai limiti dell'autonomia
finanziaria delle Regioni, che il Costituente ha voluto non contrastante con la
politica finanziaria dello Stato. Comunque, il principio riguarderebbe la
coordinata distribuzione del complesso dei gravami fiscali tra tributi erariali
e tributi locali, non già una uniformità delle regole particolari relative ai
diversi tributi. Sarebbe anzi conforme al principio costituzionale
dell'autonomia degli enti locali riconoscere carattere di indipendenza
all'accertamento e alla determinazione della base imponibile dell'imposta di
famiglia rispetto all'accertamento dei corrispondenti elementi della base
imponibile per i tributi erariali, tanto più che sussisterebbe nel nostro
ordinamento, il principio dell'indipendenza delle varie imposte tra di loro;
4) nessun contrasto
esiste con gli artt. 41, 42 e 43 che pongono norme all'iniziativa privata e
pubblica, alla proprietà privata, ai casi di espropriazione e via, che non
hanno nulla in comune con la questione sollevata dall'ordinanza.
4. - L'Avvocatura ha
anche depositato, il 5 marzo scorso, una memoria, nella quale ribadisce le tesi
difensive proposte nell'atto di intervento. Ai fini della discussione é
sufficiente sottolineare due punti:
a) che l'art. 18
della legge 16 settembre 1960, n. 1014, ricaverebbe il suo carattere di norma
interpretativa dalla sua stessa natura e non già dalla successiva legge del
1963, in conseguenza, cioè, dell'abrogazione dell'art. 119 del T.U. per la
finanza locale, attuata col ricordato decreto legislativo del 1945, che
eliminava l'unico legame esistente tra imposta di famiglia e imposta
complementare sul reddito;
b) che l'imposta di
famiglia non sarebbe un duplicato dell'imposta complementare progressiva sul
reddito: in primo luogo, perché la base imponibile di questa imposta é il
reddito complessivo del contribuente, laddove quella per l'imposta di famiglia
é l'agiatezza della famiglia stessa; in secondo luogo, perché v'é una diversa
progressività in relazione ai fini delle due imposizioni; in terzo luogo,
perché il soggetto passivo dell'imposta é, per l'imposta complementare, ogni
persona fisica per i suoi redditi e per quelli di altre persone, dei quali esso
abbia la libera disponibilità o l'amministrazione senza obbligo di rendiconto;
viceversa, l'imposta di famiglia é applicata con riguardo al nucleo familiare
considerato sotto un particolare profilo e alle unioni di individui conviventi
per fini di istruzione, di educazione o di cultura; in quarto e ultimo luogo,
perché il fatto che l'art. 117 preveda tra gli indici ai quali occorre far
riferimento i redditi o i proventi di qualsiasi natura e quindi la loro
determinazione secondo una valutazione assimilabile a quella richiesta per
l'applicazione dell'imposta erariale, non esclude - a prescindere dal fatto che
il reddito sarebbe assunto, nel caso dell'imposta di famiglia, in senso
economico, tale cioè da essere avvicinato ai "proventi" o agli
"indici apparenti di agiatezza" -, che l'identità di base imponibile,
limitatamente ai redditi, riguarda non codesti redditi in sé, ma i cespiti dai
quali essi si possono ricavare, cespiti "che ciascuna delle due potestà
tributarie può assumere con criteri disuguali".
5. - La difesa del
sig. Zanasi ha depositato una memoria fuori termine.
6. - Nell'udienza del
18 marzo 1964 le difese delle parti hanno illustrato le tesi contenute negli
scritti difensivi ed insistito nelle già prese conclusioni.
Considerato
in diritto
1. - Il problema
sottoposto all'esame della Corte é quello, come si esprime testualmente
l'ordinanza, della "costituzionalità della retroattività tributaria".
Vero é che nel testo é profilato anche un contrasto tra la legge impugnata e il
principio, che si trarrebbe dall'art. 119 della Costituzione, per il quale finanza
locale e finanza statale devono essere coordinate fra loro, ma la questione di
costituzionalità che ne discende, non é stata esplicitamente proposta dal
giudice a quo, che sembra anzi volerne prescindere, sicché un'interpretazione
coerente dell'ordinanza porta ad escludere che essa sia stata sottoposta al
giudizio di questa Corte.
A maggior ragione
devono essere considerate fuori dei limiti del presente giudizio le numerose
questioni che la difesa della parte privata ha sollevato nelle deduzioni e, ampiamente,
nella discussione orale, in relazione a numerosi precetti costituzionali (artt.
3, 5, 23, 25, ecc.).
2. - Il Tribunale di
Modena non ignora la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale una legge
tributaria retroattiva (come ogni altra legge non penale), non é di per sé
viziata di incostituzionalità, e che il carattere retroattivo di una legge
siffatta può comportare un'illegittimità costituzionale soltanto se porti, come
sua conseguenza, la violazione di un precetto o di un principio contenuti nella
Costituzione. In conseguenza, l'ordinanza propone la questione nei confronti
dell'art. 53 della Costituzione, e precisamente della norma contenuta nel primo
comma di esso, la quale afferma che "tutti sono tenuti a concorrere alle
spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva". A rafforzare
questa impostazione della questione, l'ordinanza aggiunge che la retroattività
della legge impugnata conduce anche alla violazione delle norme contenute negli
artt. 41, 42 e 43 della Costituzione.
3. - Il problema
della "retroattività della legge tributaria" sorge non soltanto
quando la legge ponga a base della prestazione un fatto verificatosi nel
passato, ma anche quando essa alteri, modifichi o trasformi, con effetto
retroattivo, gli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria e i criteri
di valutazione che vi sono connessi, quali risultano da una precedente
normativa. Se, infatti, per capacità contributiva s'intende l'idoneità del
contribuente a corrispondere la prestazione coattivamente imposta e se tale
idoneità deve porsi in relazione, non già con la concreta capacità di ciascun
contribuente, ma col presupposto al quale la prestazione stessa é collegata e
con gli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria, si deve anche
ritenere che, quando la legge assuma a presupposto un fatto o una situazione
passati - non più esistenti, perciò, al momento in cui essa entra in vigore -,
ovvero innovi, estendendo i suoi effetti al passato, gli elementi dai quali la
prestazione trae i suoi caratteri essenziali, il rapporto che deve sussistere
tra imposizione e capacità contributiva può risultare spezzato e il precetto
costituzionale ("in ragione della capacità contributiva") violato.
Può, non risulta necessariamente spezzato: il che vuol dire che il venir meno
di questo rapporto non può essere affermato in via generale e in astratto, ma
deve essere verificato di volta in volta, in relazione alla singola legge
tributaria. Sono questi i motivi per i quali la Corte ha affermato che una
legge tributaria retroattiva non comporta per se stessa la violazione del
principio della capacità contributiva (sentenza n. 9 del
1959), respingendo, con ciò, e la tesi che codesta violazione si verifichi
in ogni caso, e l'altra, opposta, che essa non abbia mai luogo.
4. - Se si tengono
presenti queste ragioni, la questione sollevata dal Tribunale di Modena deve
essere dichiarata non fondata.
La legge 15 febbraio
1963, n. 150, si é limitata, infatti, a conferire all'art. 18, primo comma,
della legge 16 settembre 1960, n. 1014, valore di legge interpretativa e, con
ciò, efficacia retroattiva. Ora, la norma, alla quale tale efficacia é stata
conferita, stabilisce che "l'accertamento e la determinazione della base
imponibile per l'imposta di famiglia sono distinti ed autonomi da quelli
riguardanti i tributi erariali". Essa fu emanata dopo che si era disputato
a lungo in dottrina e in giurisprudenza sugli effetti che comportava
l'abrogazione dell'art. 119 del T.U. per la finanza locale, approvato con R.D.
14 settembre 1931, n. 1175, il quale stabiliva, invece, che, per la
determinazione della base imponibile dell'imposta di famiglia, dovessero essere
assunti gli imponibili "che servirono di base alla determinazione della
complementare". Non occorre qui decidere quale fosse la esatta
interpretazione da dare all'intervenuta abrogazione, ad opera del D.L.L. 8
marzo 1945, n. 62, della norma ora ricordata, se quella, cioè, sostenuta dalla
Commissione centrale delle imposte e in un primo tempo anche dalla Cassazione,
o, viceversa, quella successiva della Cassazione medesima, che divenne
prevalente. Ai fini del giudizio di legittimità della legge, é sufficiente
accertare che la facoltà, riconosciuta agli uffici accertatori del Comune, di
valutare, in guisa autonoma dagli uffici erariali, la base imponibile
dell'imposta di famiglia, non ha violato la capacità contributiva nel senso in
cui é stata definita. A prescindere dalla tesi che i redditi possono essere
assunti e valutati diversamente in relazione ad imposte diverse per oggetto e per
struttura, la legge impugnata non ha modificato l'oggetto dell'imposta, che é
rimasto "l'agiatezza della famiglia desunta dai redditi o proventi di
qualsiasi natura e da ogni altro indice apparente di agiatezza" (art. 117
del cit. T.U. per la finanza locale), né gli elementi che devono essere tenuti
presenti nella determinazione dell'imponibile e il modo come devono essere
assunti in questa determinazione (lett. a, b, c, e d del medesimo art. 117).
L'effetto retroattivo della legge si é limitato a un punto non essenziale della
figura del tributo, e ad eliminare intorno ad esso dubbi e incertezze. E così
operando non ha al certo violato il principio della capacità contributiva.
5. - Da ciò discende
anche che deve essere dichiarata la non fondatezza delle questioni di
legittimità costituzionale sollevate nei confronti delle norme contenute negli
artt. 41, 42 e 43 della Costituzione, e ciò non soltanto perché contrasto non
sorge necessariamente tra una legge che ponga norme tributarie con efficacia
retroattiva e le norme costituzionali che regolano la libera iniziativa
economica, il regime della proprietà privata e la riserva originaria o la
espropriazione di talune imprese o gruppi di imprese (come del resto la Corte
ha già avuto occasione di affermare - sentenza n. 9 del 1959), ma anche e soprattutto perché é evidente
che una violazione di queste norme in tanto può essere configurata (come pare
ammettere, del resto, la stessa ordinanza di rimessione), in quanto si ponga
come conseguenza di una violazione del principio della capacità contributiva,
che, nel caso in esame, non sussiste.
PER
QUESTI MOTIVI
LA
CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata
la questione, sollevata con ordinanza 20 giugno 1963, sulla legittimità
costituzionale della legge 15 febbraio 1963, n. 150, "Modifica dell'art.
18 della legge 16 settembre 1960, n. 1014, e interpretazione autentica
dell'art. 117 del testo unico per la finanza locale", in riferimento agli
artt. 53, 41, 42 e 43 della Costituzione.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno
1964.
Gaspare AMBROSINI -
Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni
CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA
- Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì -
Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco
Paolo BONIFACIO.
Depositata in Cancelleria
il 16 giugno 1964.