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Corte di Giustizia delle Comunità europee, 14 marzo 2000

 

C-54/99, Association Église de scientologie de Paris e a. Primo ministro  

 

 

Nella causa C-54/99,

 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Conseil d'État (Francia) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

 

 

Association Église de scientologie de Paris,

Scientology International Reserves Trust

 

e

 

Primo ministro,

 

 

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 73 D, n. 1, lett. b), del Trattato CE [divenuto art. 58, n. 1, lett. b), CE],

 

 

 

LA CORTE,

 

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward e R. Schintgen, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann (relatore), J.-P. Puissochet, G. Hirsch, H. Ragnemalm, M. Wathelet e V. Skouris, giudici,

avvocato generale: A. Saggio

cancelliere: R. Grass

 

viste le osservazioni scritte presentate:

- per l'Association Église de scientologie de Paris ed il Scientology International Reserves Trust, dagli avv.ti E. Piwnica e J. Molinié, patrocinanti dinanzi al Conseil d'État e dinanzi alla Cour de cassation;

- per il governo francese, dai signori R. Abraham, direttore degli affari giuridici presso il Ministero degli Affari esteri, e S. Seam, segretario degli affari esteri presso la direzione degli «Affari giuridici» del Ministero medesimo, in qualità di agenti;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora M. Patakia, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,

 

vista la relazione d'udienza,

 

sentite le osservazioni orali del governo francese, rappresentato da signori R. Abraham e S. Seam, del governo ellenico, rappresentato dal signor F. Spathopoulos, capo del servizio giuridico del Ministero dell'Economia, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dalla signora M. Patakia, all'udienza del 7 settembre 1999,

 

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 21 ottobre 1999,

 

ha pronunciato la seguente

 

 

Sentenza

 

 

Motivazione della sentenza

 

1 Con decisione 6 gennaio 1999, pervenuta alla Corte il 16 febbraio seguente, il Consiglio di Stato ha sottoposto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 73 D, n. 1, lett. b), del Trattato CE [divenuto art. 58, n. 1, lett. b), CE].

 

2 Tale questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia tra «l'Association Église de scientologie de Paris», associazione di diritto francese, unitamente al «Scientology International Reserves Trust», trust britannico istituito, ed il Primo Ministro francese in seguito alla decisione implicita di rigetto da parte di quest'ultimo della loro domanda di abrogazione delle disposizioni relative al regime di autorizzazione preventiva previsto dalla normativa francese per talune categorie di investimenti diretti stranieri.

 

Contesto normativo comunitario

 

3 L'art. 73 B, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 56, n. 1, CE) così dispone:

«Nell'ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi».

 

4 L'art. 73 D del Trattato recita:

«1. Le disposizioni dell'articolo 73 B non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

a) (...)

b) di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

2. (...)

3. Le misure e le procedure di cui ai paragrafi 1 e 2 non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una discriminazione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all'articolo 73 B».

 

Normativa francese

 

5 L'art. 1 della legge 28 dicembre 1966, n. 66-1008, relativa ai rapporti finanziari con l'estero (in prosieguo: la «legge n. 66-1008»), prevede quanto segue:

«I rapporti finanziari tra la Francia e l'estero sono liberi. L'esercizio di tale libertà è subordinato alle modalità previste dalla presente legge, nel rispetto degli impegni internazionali assunti dalla Francia».

 

6 L'art. 3, primo comma, lett. c), della legge n. 66-1008 precisa:

«Al fine di assicurare la difesa degli interessi nazionali il governo può, con decreto emanato su relazione del Ministro dell'Economia e delle Finanze:

1_ assoggettare a dichiarazione, autorizzazione preventiva o controllo:

(...)

c) la costituzione e la liquidazione di investimenti stranieri in Francia;

(...)».

 

7 L'art. 5-1, I, primo comma, della legge n. 66-1008, introdotto con la legge 14 febbraio 1996, n. 96/109, relativa ai rapporti finanziari con l'estero con riguardo agli investimenti stranieri in Francia, così dispone:

«Il Ministro dell'economia, ove constati che un investimento straniero è o è stato realizzato nel quadro di attività che in Francia rientrano, anche se a titolo occasionale, nell'esercizio dell'autorità pubblica, ovvero che un investimento straniero è di natura tale da minacciare l'ordine pubblico, la sanità pubblica ovvero la pubblica sicurezza o che esso è realizzato nel quadro di attività di ricerca, produzione o commercio d'armi, di munizioni, di polveri e di sostanze esplosive destinate a fini militari o di materiale da guerra, in assenza di una domanda di autorizzazione preventiva presentata sulla base della lett. c) del punto 1_ dell'art. 3 della presente legge o malgrado il rifiuto dell'autorizzazione o senza che sussistano le condizioni richieste nell'autorizzazione, può ingiungere all'investitore di non dare seguito all'operazione, o di modificare o di ripristinare a sue spese la situazione precedente».

 

8 L'art. 11 del decreto 29 dicembre 1989, n. 89-938, emanato al fine di dare attuazione all'art. 3 della legge n. 66-1008, modificato dal decreto 14 febbraio 1996, n. 96-117 (in prosieguo: il «decreto n. 89-938»), così recita:

«Gli investimenti diretti stranieri realizzati in Francia sono liberi. Tali investimenti sono oggetto, al momento della loro realizzazione, di una dichiarazione amministrativa».

 

9 A termini dell'art. 11 bis del decreto n. 89-938:

«Il regime previsto all'art. 11 non si applica agli investimenti di cui al punto 1_ del n. I dell'art. 5-1 della legge 28 dicembre 1966, n. 66-1008, relativa ai rapporti finanziari con l'estero, modificata segnatamente con la legge 14 febbraio 1996, n. 96-109».

 

10 L'art. 12 del decreto n. 89-938 aggiunge:

«Gli investimenti diretti stranieri realizzati in Francia di cui all'art. 11 bis sono soggetti ad autorizzazione preventiva del Ministro dell'Economia. Tale autorizzazione si intende concessa un mese dopo la ricezione della dichiarazione di investimento presentata al Ministro dell'Economia, salvo che quest'ultimo, entro lo stesso termine, disponga la sospensione dell'operazione stessa. Il Ministro dell'Economia può rinunciare al diritto di sospensione prima della scadenza del termine fissato nel presente articolo».

 

11 L'art. 13 del decreto n. 89-938 precisa che una serie di investimenti diretti sono esentati dalla dichiarazione amministrativa e dall'autorizzazione preventiva previste agli artt. 11 e 12, tra cui, ad esempio la creazione di società, di filiali, o di nuove imprese, le operazioni di investimento diretto compiute tra società appartenenti allo stesso gruppo, le operazioni di investimento diretto compiute, sino a concorrenza di un importo di 10 milioni di FRF, in imprese artigianali, di commercio al dettaglio e alberghiere, nonché gli acquisti di terreni agricoli.

 

La causa principale e la questione pregiudiziale

 

12 Il 1_ febbraio 1996 i ricorrenti nella causa principale chiedevano al Primo ministro l'abrogazione di talune disposizioni regolamentari che prevedono il regime di autorizzazione preventiva per investimenti diretti stranieri. Considerato che le modifiche regolamentari successivamente intervenute in data 14 febbraio 1996 mantenevano il regime di autorizzazione preventiva, i ricorrenti ritenevano che si fosse in presenza di una decisione del Primo ministro assimilabile al rigetto della loro domanda e contestavano la detta decisione per eccesso di potere dinanzi al Consiglio di Stato. A sostegno del ricorso deducevano la violazione delle norme comunitarie relative alla libera circolazione dei capitali.

 

13 Il Consiglio di Stato, ritenendo che sussistessero dubbi in merito all'interpretazione dell'art. 73 D del Trattato, disponeva la sospensione del procedimento e la sottoposizione alla Corte di giustizia della seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni di cui all'art. 73 D del Trattato 25 marzo 1957, successivamente modificato, che istituisce la Comunità europea, secondo cui il divieto di qualsiasi restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri non pregiudica il diritto che hanno gli stessi Stati membri "di prendere tutte le misure giustificate da motivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza", consentano ad uno Stato membro, in deroga al regime di totale libertà o di dichiarazione applicabile agli investimenti stranieri nel proprio territorio, di mantenere un regime di previa autorizzazione per gli investimenti che possano pregiudicare l'ordine pubblico, la sanità pubblica o la pubblica sicurezza, qualora tale autorizzazione si consideri acquisita un mese dopo la ricezione della dichiarazione di investimento presentata al Ministro, salvo che questi abbia disposto, entro lo stesso termine, la sospensione dell'operazione di cui trattasi».

 

14 Si deve rilevare che una disposizione nazionale che subordini un investimento diretto straniero ad un'autorizzazione preventiva costituisce una restrizione ai movimenti di capitale ai sensi dell'art. 73 B, n. 1, del Trattato (v., in tal senso, la sentenza 14 dicembre 1995, cause riunite C-163/94, C-165/94 e C-250/94, Sanz de Lera e a., Racc. pag. I-4821, punti 24 e 25).

 

15 Una siffatta disposizione rappresenta una restrizione anche quando, come nella specie della causa principale, l'autorizzazione sia considerata concessa un mese dopo la ricezione dalla domanda qualora l'autorità competente non abbia disposto la sospensione dell'operazione di cui trattasi entro il termine medesimo. Parimenti, è irrilevante che, come afferma nella specie il governo francese, il mancato rispetto dell'obbligo di richiedere l'autorizzazione preventiva non sia accompagnato da alcuna sanzione.

 

16 Ci si chiede, quindi, se l'art. 73 D, n. 1, lett. b), del Trattato, in base al quale l'art. 73 B del Trattato non pregiudica il diritto degli Stati membri di adottare provvedimenti giustificati da motivi connessi all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza, consenta una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che si limiti ad esigere l'autorizzazione preventiva per gli investimenti diretti stranieri atti a pregiudicare l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza.

 

17 A tale riguardo, in primo luogo, se è pur vero che gli Stati membri restano sostanzialmente liberi di determinare, conformemente alle loro necessità nazionali, le esigenze dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza, resta il fatto che tali motivi, nel contesto comunitario, particolarmente in quanto autorizzano una deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, devono essere intesi in senso restrittivo, di guisa che la loro portata non può essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni comunitarie (v., in tal senso, sentenza 28 ottobre 1975, causa 36/75, Rutili, Racc. pag. 1219, punti 26 e 27). L'ordine pubblico e la pubblica sicurezza possono essere quindi invocati solamente in caso di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività (v., in tal senso, sentenza Rutili, citata, punto 28, e sentenza 29 gennaio 1999, causa C-348/96, Calfa, Racc. pag. I-11, punto 21). Tali motivi non possono essere inoltre distolti dalla loro propria funzione per essere utilizzati, in realtà, a fini puramente economici (v., in tal senso, la menzionata sentenza Rutili, punto 30). Inoltre, ogni persona colpita da un provvedimento ristrettivo basato su una deroga di tal genere deve poter disporre di un rimedio giuridico (v., in tal senso, sentenza 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a., Racc. pag. 4097, punti 14 e 15).

 

18 In secondo luogo, si deve rilevare che misure restrittive alla libera circolazione dei capitali possono essere giustificate da motivi connessi con l'ordine pubblico e con la pubblica sicurezza solamente ove risultino necessarie ai fini della tutela degli interessi perseguiti e solamente a condizione che tali obiettivi non possano essere conseguiti con provvedimenti meno restrittivi (v., in tal senso, la menzionata sentenza Sanza de Lera e a., punto 23).

 

19 Tuttavia, se è pur vero che la Corte ha rilevato nelle sentenze 23 febbraio 1995, cause riunite C-358/93 e C-416/93, Bordessa e a. (Racc. pag. I-361), e Sanz de Lera e a., menzionata supra, concernenti l'esportazione di valuta, che i regimi di autorizzazione preventiva nelle circostanze specifiche non risultavano necessari per consentire alle autorità nazionali di effettuare un controllo diretto ad impedire le violazioni alle rispettive leggi e normative e che, pertanto, tali regimi costituivano restrizioni contrarie all'art. 73 B del Trattato, essa non ha peraltro affermato che un regime di autorizzazione preventiva non possa essere mai giustificato, in particolare quando un'autorizzazione di tal genere risulti effettivamente necessaria ai fini della tutela dell'ordine pubblico o della pubblica sicurezza (v. sentenza 1_ giugno 1999, causa C-302/97, Konle, Racc. pag. I-3099, punti 45 e 46).

 

20 Infatti, per quanto attiene agli investimenti diretti stranieri, la difficoltà insita nell'identificazione e nel blocco dei capitali una volta entrati in uno Stato membro può rendere necessario impedire, ab initio, le operazioni che possano pregiudicare l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza. Conseguentemente, nel caso di investimenti diretti stranieri che presentino una minaccia reale e sufficientemente grave per l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza, un regime di dichiarazione preventiva può rivelarsi insufficiente per far fronte a tale minaccia.

 

21 Tuttavia, nella causa principale, il regime contestato è caratterizzato dalla circostanza che l'autorizzazione preventiva è richiesta per qualsiasi investimento diretto straniero «idoneo a pregiudicare l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza», senza alcun'altra precisazione. Non sono quindi minimamente indicate agli investitori interessati quali siano le specifiche circostanze in presenza delle quali è necessaria l'autorizzazione preventiva.

 

22 Una siffatta indeterminatezza non consente ai singoli di conoscere l'estensione dei loro diritti ed obblighi derivanti dall'art. 73 B del Trattato. Ciò premesso, il regime istituito è contrario al principio della certezza del diritto.

 

23 Alla questione posta si deve quindi rispondere che l'art. 73 D, n. 1, lett. b), del Trattato va interpretato nel senso che non consente un regime di autorizzazione preventiva per gli investimenti diretti stranieri che si limiti a definire, in termini generici, gli investimenti interessati come investimenti idonei a pregiudicare l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza, con la conseguenza che gli interessati non sono in grado di conoscere le specifiche circostanze in presenza delle quali è necessaria l'autorizzazione preventiva.

 

Decisione relativa alle spese

 

Sulle spese

 

24 Le spese sostenute dai governi francese ed ellenico, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

 

Dispositivo

 

Per questi motivi, la Corte,

 

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Conseil d'État con decisione 6 gennaio 1999, dichiara:

 

L'art. 73 D, n. 1, lett. b), del Trattato CE [divenuto art. 58, n. 1, lett. b), CE] deve essere interpretato nel senso che non consente un regime di autorizzazione preventiva per gli investimenti diretti stranieri che si limiti a definire, in termini generici, gli investimenti interessati come investimenti idonei a pregiudicare l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza, con la conseguenza che gli interessati non sono in grado di conoscere le specifiche circostanze in presenza delle quali è necessaria l'autorizzazione preventiva.

 

                   (Seguono le firme)