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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande Sezione), 3 maggio 2007

 

C-303/05, Advocaten voor de Wereld VZW  Leden van de Ministerraad

 

 

Nel procedimento C‑303/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 35 UE, dall’Arbitragehof (Belgio) con decisione 13 luglio 2005, pervenuta in cancelleria il 29 luglio 2005, nella causa

 

Advocaten voor de Wereld VZW

 

contro

 

Leden van de Ministerraad,

 

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, R. Schintgen, P. Kūris, E. Juhász e J. Klučka, presidenti di sezione, e dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), J. Makarczyk, U. Lõhmus, E. Levits e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig.  D. Ruiz‑Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell’11 luglio 2006,

considerate le osservazioni presentate:

        per la Advocaten voor de Wereld VZW, dai sigg. L. Deleu, P. Bekaert e F. van Vlaenderen, advocaten;

        per il governo belga, dal sig.  M. Wimmer, in qualità di agente, assistito dai sigg. E. Jacubowitz e P. de Maeyer, avocats;

        per il governo ceco, dal sig.  T. Boček, in qualità di agente;

        per il governo spagnolo, dal sig.  J.M. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente;

        per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J.‑C. Niollet, nonché dalla sig.ra E. Belliard, in qualità di agenti;

        per il governo lettone, dalla sig.ra E. Balode‑Buraka, in qualità di agente;

        per il governo lituano, dal sig.  D. Kriaučiūnas, in qualità di agente;

        per il governo olandese, dalle sig.re H.G. Sevenster, M. de Mol e C.M. Wissels, in qualità di agenti;

        per il governo polacco, dal sig.  J. Pietras, in qualità di agente;

        per il governo finlandese, dalla sig.ra E. Bygglin, in qualità di agente;

        per il governo del Regno Unito, dalle sig.re S. Nwaokolo e C. Gibbs, in qualità di agenti, assistite dal sig.  A. Dashwood, barrister;

        per il Consiglio dell’Unione europea, dalla sig.ra S. Kyriakopoulou, nonché dai sigg. J. Schutte e O. Petersen, in qualità di agenti;

        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. W. Bogensberger e R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla valutazione della validità della decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190, pag. 1; in prosieguo: la «decisione quadro»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un ricorso proposto dalla Advocaten voor de Wereld VZW (in prosieguo: la «Advocaten voor de Wereld») dinanzi all’Arbitragehof (organo giurisdizionale preposto al sindacato di legittimità delle leggi), diretto all’annullamento della legge belga 19 dicembre 2003, relativa al mandato d’arresto europeo (Moniteur belge del 22 dicembre 2003, pag. 60075; in prosieguo: la «legge 19 dicembre 2003»), in particolare dei suoi artt. 3, 5, nn. 1 e 2, nonché 7.

 Contesto normativo

3        Il quinto ‘considerando’ della decisione quadro così recita:

«L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie. Inoltre l’introduzione di un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all’azione penale, consente di eliminare la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina attuale in materia di estradizione. Le classiche relazioni di cooperazione finora esistenti tra Stati membri dovrebbero essere sostituite da un sistema di libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale, sia intervenute in una fase anteriore alla sentenza, sia definitive, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia».

4        Il sesto ‘considerando’ della decisione quadro enuncia quanto segue:

«Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria».

5        In conformità al settimo ‘considerando’ della decisione quadro:

«Poiché l’obiettivo di sostituire il sistema multilaterale di estradizione creato sulla base della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 non può essere sufficientemente realizzato unilateralmente dagli Stati membri e può dunque, a causa della dimensione e dell’effetto, essere realizzato meglio a livello dell’Unione, il Consiglio può adottare misure, nel rispetto del principio di sussidiarietà menzionato all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e all’articolo 5 del trattato che istituisce le Comunità europee. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo».

6        L’undicesimo ‘considerando’ della decisione così recita:

«Il mandato d’arresto europeo dovrebbe sostituire tra gli Stati membri tutti i precedenti strumenti in materia di estradizione, comprese le disposizioni del titolo III della convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen che riguardano tale materia».

7        L’art. 1 della decisione quadro, adottato sul fondamento normativo degli artt. 31, n. 1, lett. a) e b), UE, e 34, n. 2, lett. b), UE, dispone quanto segue:

«1.      Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.      L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

8        L’art. 2 della decisione quadro stabilisce quanto segue:

«1.      Il mandato d’arresto europeo può essere emesso per dei fatti puniti dalle leggi dello Stato membro emittente con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativ[a] della libertà della durata massima non inferiore a dodici mesi oppure, se è stata disposta la condanna a una pena o è stata inflitta una misura di sicurezza, per condanne pronunciate di durata non inferiore a quattro mesi.

2.      Danno luogo a consegna in base al mandato d’arresto europeo, alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro e indipendentemente dalla doppia incriminazione per il reato, i reati seguenti, quali definiti dalla legge dello Stato membro emittente, se in detto Stato membro il massimo della pena o della misura di sicurezza privative della libertà per tali reati è pari o superiore a tre anni:

        partecipazione a un’organizzazione criminale,

        terrorismo,

        tratta di esseri umani,

        sfruttamento sessuale dei bambini e pornografia infantile,

        traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope,

        traffico illecito di armi, munizioni ed esplosivi,

        corruzione,

        frode, compresa la frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee ai sensi della convenzione del 26 luglio 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee,

        riciclaggio di proventi di reato,

        falsificazione di monete, compresa la contraffazione dell’euro,

        criminalità informatica,

        criminalità ambientale, compreso il traffico illecito di specie animali protette e il traffico illecito di specie e di essenze vegetali protette,

        favoreggiamento dell’ingresso e del soggiorno illegali,

        omicidio volontario, lesioni personali gravi,

        traffico illecito di organi e tessuti umani,

        rapimento, sequestro e presa di ostaggi,

        razzismo e xenofobia,

        furti organizzati o con l’uso di armi,

        traffico illecito di beni culturali, compresi gli oggetti d’antiquariato e le opere d’arte,

        truffa,

        racket e estorsioni,

        contraffazione e pirateria in materia di prodotti,

        falsificazione di atti amministrativi e traffico di documenti falsi,

        falsificazione di mezzi di pagamento,

        traffico illecito di sostanze ormonali ed altri fattori di crescita,

        traffico illecito di materie nucleari e radioattive,

        traffico di veicoli rubati,

        stupro,

        incendio volontario,

        reati che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale,

        dirottamento di aereo/nave,

        sabotaggio.

3.      Il Consiglio può decidere in qualsiasi momento, deliberando all’unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo alle condizioni di cui all’articolo 39, paragrafo 1, del trattato sull’Unione europea (TUE), di inserire altre categorie di reati nell’elenco di cui al paragrafo 2 del presente articolo. Il Consiglio esamina, alla luce della relazione sottopostagli dalla Commissione ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 3, se sia opportuno estendere o modificare tale elenco.

4.      Per quanto riguarda i reati non contemplati dal paragrafo 2, la consegna può essere subordinata alla condizione che i fatti per i quali è stato emesso il mandato d’arresto europeo costituiscano un reato ai sensi della legge dello Stato membro di esecuzione indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso».

9        L’art. 31 della decisione quadro prevede quanto segue:

«1.      Fatta salva la loro applicazione nelle relazioni tra Stati membri e paesi terzi, le disposizioni contenute nella presente decisione quadro sostituiscono, a partire dal 1° gennaio 2004, le corrispondenti disposizioni delle convenzioni seguenti applicabili in materia di estradizione nelle relazioni tra gli Stati membri:

a)      convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, il relativo protocollo addizionale del 15 ottobre 1975, il relativo secondo protocollo aggiuntivo del 17 marzo 1978 e la convenzione europea per la repressione del terrorismo del 27 gennaio 1977 per la parte concernente l’estradizione;

b)      accordo tra gli Stati membri delle Comunità europee sulla semplificazione e la modernizzazione delle modalità di trasmissione delle domande di estradizione del 26 maggio 1989;

c)      convenzione relativa alla procedura semplificata di estradizione tra gli Stati membri dell’Unione europea del 10 marzo 1995; e

d)      convenzione relativa all’estradizione tra gli Stati membri dell’Unione europea del 27 settembre 1996;

e)      titolo III, capitolo 4, della convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni.

2.      Gli Stati membri possono continuare ad applicare gli accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell’adozione della presente decisione quadro nella misura in cui questi consentono di approfondire o di andare oltre gli obiettivi di quest’ultima e contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato.

Gli Stati membri possono concludere accordi o intese bilaterali o multilaterali dopo l’entrata in vigore della presente decisione quadro nella misura in cui questi consentono di approfondire o di andare oltre il contenuto di quest’ultima e contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato, segnatamente fissando termini più brevi di quelli dell’articolo 17, estendendo l’elenco dei reati di cui all’articolo 2, paragrafo 2, riducendo ulteriormente i motivi di rifiuto di cui agli articoli 3 e 4 o abbassando la soglia di cui all’articolo 2, paragrafo 1 o 2.

Gli accordi e le convenzioni di cui al secondo comma non possono in alcun caso pregiudicare le relazioni con gli Stati membri che non sono parti degli stessi.

Gli Stati membri notificano al Consiglio e alla Commissione entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente decisione quadro gli accordi e le intese esistenti di cui al primo comma che vogliono continuare ad applicare.

Gli Stati membri notificano inoltre al Consiglio e alla Commissione, entro tre mesi dalla firma, i nuovi accordi o le nuove intese come previsto al secondo comma.

3.      Laddove gli accordi e le convenzioni di cui al paragrafo 1 si applichino a territori degli Stati membri ovvero a territori per i quali uno Stato membro si assume la competenza per le relazioni esterne, ai quali non si applica la presente decisione quadro, tali strumenti continuano a disciplinare le relazioni esistenti tra tali territori e gli altri Stati membri».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

10      Dalla decisione di rinvio risulta che la Advocaten voor de Wereld, con ricorso del 21 giugno 2004, ha proposto dinanzi all’Arbitragehof un ricorso diretto all’annullamento totale o parziale della legge 19 dicembre 2003, che recepisce le disposizioni della decisione quadro nell’ordinamento belga.

11      A sostegno del suo ricorso, la Advocaten voor de Wereld deduce, tra l’altro, che la decisione quadro è invalida in quanto la materia del mandato d’arresto europeo avrebbe dovuto essere attuata con una convenzione e non con una decisione quadro dato che, in forza dell’art. 34, n. 2, lett. b), UE, le decisioni quadro possono essere adottate solo per «il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri», circostanza che, a suo avviso, non si verifica in questa fattispecie.

12      La Advocaten voor de Wereld sostiene inoltre che l’art. 5, n. 2, della legge 19 dicembre 2003, che recepisce nell’ordinamento belga l’art. 2, n. 2, della decisione quadro, viola il principio di uguaglianza e di non discriminazione poiché, per i fatti punibili menzionati in quest’ultima disposizione, in caso di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, viene disatteso senza un’obiettiva e ragionevole giustificazione il requisito della doppia incriminazione, mentre lo stesso requisito viene mantenuto per altri reati.

13      La Advocaten voor de Wereld afferma inoltre che la legge 19 dicembre 2003 non rispetta neppure i dettami del principio di legalità in materia penale poiché non elenca alcun reato con un contenuto normativo sufficientemente chiaro e preciso, ma soltanto vaghe categorie di condotte indesiderabili. L’autorità giudiziaria che deve decidere sull’esecuzione di un mandato d’arresto europeo dispone, ad avviso della ricorrente, di informazioni insufficienti per accertare effettivamente se i reati per cui viene perseguito il ricercato, o per i quali gli è stata inflitta una pena, rientrino in una delle categorie menzionate all’art. 5, n. 2, della detta legge. L’assenza di una definizione chiara e precisa dei reati di cui a tale disposizione condurrà, ad avviso della ricorrente, a disparità nell’applicazione della detta legge da parte delle diverse autorità incaricate dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, con conseguente violazione anche del principio di uguaglianza e di non discriminazione.

14      L’Arbitragehof rileva che la legge 19 dicembre 2003 è la diretta conseguenza della decisione del Consiglio di disciplinare la materia del mandato d’arresto europeo con una decisione quadro. Le censure sollevate dalla Advocaten voor de Wereld nei confronti della detta legge, a suo avviso, valgono ugualmente nei confronti della decisione quadro. Le disparità di interpretazione tra i giudici in ordine alla validità di atti comunitari e della normativa che ne costituisce la trasposizione nel diritto nazionale comprometterebbero l’unità dell’ordinamento giuridico comunitario e lederebbero il principio generale della certezza del diritto.

15      L’Arbitragehof aggiunge che, ai sensi dell’art. 35, n. 1, UE, solo la Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità delle decisioni quadro e che, in conformità al n. 2 dello stesso articolo, il Regno del Belgio ha accettato la competenza della Corte in materia.

16      Pertanto, l’Arbitragehof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la decisione quadro (…) sia compatibile con l’art. 34, n. 2, lett. b), [UE], a norma del quale le decisioni quadro possono essere adottate solo per il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.

2)      Se l’art. 2, n. 2, della decisione quadro (…), laddove sopprime l’esame del requisito della doppia incriminazione per i reati in esso elencati, sia compatibile con l’art. 6, n. 2, [UE], ed in particolare con il principio di legalità in materia penale e con il principio di uguaglianza e di non discriminazione garantiti da tale disposizione».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

 Sulla ricevibilità

17      Il governo ceco afferma che la prima questione pregiudiziale è irricevibile in quanto obbligherebbe la Corte ad esaminare l’art. 34, n. 2, lett. b), UE, disposizione di diritto primario che non è soggetta al suo sindacato.

18      Questo argomento non è fondato. In conformità all’art. 35, n. 1, UE, infatti, la Corte è competente, alle condizioni previste da tale articolo, a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità o l’interpretazione delle decisioni quadro, il che implica necessariamente che, anche in mancanza di un’espressa competenza in tal senso, essa possa essere chiamata ad interpretare disposizioni del diritto primario come l’art. 34, n. 2, lett. b), UE, quando, come nella causa principale, la Corte è invitata a valutare se la decisione quadro sia stata legittimamente adottata sul fondamento normativo di quest’ultima disposizione.

19      Secondo il governo ceco, la prima questione pregiudiziale è irricevibile anche perché dalla decisione di rinvio non emergono chiaramente i motivi pertinenti che giustificherebbero una dichiarazione di invalidità della decisione quadro. Tale governo afferma di essersi trovato nell’impossibilità di presentare adeguate osservazioni su tale questione. In particolare, dato che la Advocaten voor de Wereld avrebbe sostenuto che la decisione quadro non ha condotto ad un ravvicinamento delle disposizioni legislative degli Stati membri, essa avrebbe dovuto presentare argomenti a sostegno di tale affermazione e l’Arbitragehof avrebbe dovuto menzionarli nella decisione di rinvio.

20      Occorre ricordare che le informazioni fornite nelle decisioni di rinvio non solo consentono alla Corte di fornire risposte utili, ma danno altresì ai governi degli Stati membri, nonché alle altre parti interessate, la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia (v., in particolare, ordinanza 2 marzo 1999, causa C‑422/98, Colonia Versicherung e a., Racc. pag. I‑1279, punto 5).

21      Nella causa principale, la decisione di rinvio contiene sufficienti indicazioni per soddisfare tali esigenze. Come rilevato al punto 11 di questa sentenza, infatti, da tale decisione emerge che la Advocaten voor de Wereld sostiene la tesi per cui la materia del mandato d’arresto europeo avrebbe dovuto essere attuata con una convenzione e non con una decisione quadro, dato che, in forza dell’art. 34, n. 2, lett. b), UE, le decisioni quadro possono essere adottate solo per «il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri», il che non sarebbe avvenuto nella fattispecie.

22      Tali indicazioni sono sufficienti non solo per consentire alla Corte di dare una risposta utile, ma anche per garantire la possibilità, di cui dispongono le parti in causa, gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione, di presentare osservazioni in conformità all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia, come d’altronde testimoniano le osservazioni depositate da tutte le parti intervenute nel procedimento in esame, comprese quelle presentate dal governo ceco.

23      Di conseguenza, la prima questione pregiudiziale è ricevibile.

 Sul merito

24      La Advocaten voor de Wereld, contrariamente a tutte le altre parti che hanno presentato osservazioni nell’ambito del procedimento in esame, sostiene che, in conformità all’art. 34, n. 2, lett. d), UE, la materia del mandato d’arresto europeo avrebbe dovuto essere disciplinata mediante una convenzione.

25      Da una parte, infatti, la decisione quadro non avrebbe potuto essere legittimamente adottata ai fini del ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari come previsto all’art. 34, n. 2, lett. b), UE, dato che il Consiglio sarebbe autorizzato ad adottare decisioni quadro solo per ravvicinare progressivamente le norme di diritto penale nei soli casi previsti dagli artt. 29, secondo comma, terzo trattino, UE e 31, n. 1, lett. e), UE. Per le altre azioni comuni nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale, il Consiglio dovrebbe ricorrere a convenzioni, in applicazione dell’art. 34, n. 2, lett. d), UE.

26      Dall’altra parte, ai sensi dell’art. 31 della decisione quadro, essa sostituirebbe, a partire dal 1° gennaio 2004, il diritto convenzionale applicabile in materia di estradizione nelle relazioni tra gli Stati membri. Ebbene, solo un atto della stessa natura, ossia una convenzione ai sensi dell’art. 34, n. 2, lett. d), UE, potrebbe legittimamente derogare al vigente diritto convenzionale.

27      Questo argomento non può essere accolto.

28      Come emerge, in particolare, dall’art. 1, nn. 1 e 2, della decisione quadro e dai suoi ‘considerando’ da 5 a 7, nonché 11, essa è intesa a sostituire il sistema multilaterale di estradizione tra gli Stati membri con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie di persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione di sentenze o per sottoporle all’azione penale, fondato sul principio del reciproco riconoscimento.

29      Il reciproco riconoscimento dei mandati di arresto spiccati da diversi Stati membri in conformità al diritto dello Stato emittente interessato richiede il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e, più nello specifico, delle norme relative alle condizioni, alle procedure e agli effetti della consegna tra autorità nazionali.

30      È proprio questo l’oggetto della decisione quadro per quanto riguarda, in particolare, le norme riguardanti le categorie di reati elencate per le quali non sussiste un controllo della doppia incriminazione (art. 2, n. 2), i motivi di non esecuzione obbligatoria o facoltativa del mandato d’arresto europeo (artt. 3 e 4), il contenuto e la forma di quest’ultimo (art. 8), la trasmissione di siffatto mandato e le modalità di quest’ultima (artt. 9 e 10), le garanzie minime che devono essere concesse al ricercato o arrestato (artt. 11-14), i termini e le modalità della decisione di esecuzione del detto mandato (art. 17) e i termini per la consegna del ricercato (art. 23).

31      La decisione quadro è fondata sull’art. 31, n. 1, lett. a) e b), UE, ai sensi del quale l’azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale è intesa, rispettivamente, a facilitare e accelerare la cooperazione giudiziaria in relazione ai procedimenti e all’esecuzione di decisioni, nonché a facilitare l’estradizione fra Stati membri.

32      Contrariamente a quanto sostiene la Advocaten voor de Wereld, nulla consente di concludere che il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri mediante l’adozione di decisioni quadro in forza dell’art. 34, n. 2, lett. b), UE riguardi unicamente le norme penali di questi ultimi menzionate all’art. 31, n. 1, lett. e), UE, ossia quelle relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili nei settori elencati da quest’ultima disposizione.

33      Ai sensi dell’art. 2, primo comma, quattro trattino, UE, lo sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia figura tra gli obiettivi perseguiti dall’Unione e l’art. 29, primo comma, UE prevede che, per fornire ai cittadini un elevato livello di sicurezza in tale spazio, gli Stati membri sviluppano un’azione in comune, in particolare nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale. In forza del secondo comma, secondo trattino, dello stesso articolo, tale obiettivo è perseguito anche mediante una «più stretta cooperazione tra le autorità giudiziarie e altre autorità competenti degli Stati membri […] a norma degli articoli 31 [UE] e 32 [UE]».

34      L’art. 31, n. 1, lett. a) e b), UE non contiene tuttavia nessuna indicazione sugli strumenti giuridici che devono essere utilizzati a tal fine.

35      Peraltro, è in termini generali che l’art. 34, n. 2, UE dispone che il Consiglio «adotta misure e promuove (…) la cooperazione finalizzata al conseguimento degli obiettivi dell’Unione» e autorizza «[a] questo scopo» il Consiglio ad adottare diversi tipi di atti, elencati al detto n. 2, lett. a)‑d), tra cui le decisioni quadro e le convenzioni.

36      Inoltre, né l’art. 34, n. 2, UE né alcun’altra disposizione del Titolo VI del Trattato UE operano una distinzione relativa ai tipi di atti che possono essere adottati in funzione della materia su cui verte l’azione comune nel settore della cooperazione penale.

37      L’art. 34, n. 2, UE non stabilisce neanche un ordine di priorità tra i diversi strumenti elencati in tale disposizione, di modo che non si può escludere che il Consiglio possa scegliere tra diversi strumenti per disciplinare la stessa materia, fatti salvi i limiti imposti dalla natura dello strumento scelto.

38      Pertanto, l’art. 34, n. 2, UE, nella parte in cui elenca e definisce, in termini generali, i diversi tipi di strumenti giuridici di cui ci si può avvalere per «realizzare gli obiettivi dell’Unione» enunciati al Titolo VI del Trattato UE, non può essere interpretato nel senso di escludere che il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri mediante l’adozione di una decisione quadro in forza del detto n. 2, lett. b), possa riguardare settori diversi da quelli menzionati all’art. 31, n. 1, lett. e), UE e, in particolare, la materia del mandato d’arresto europeo.

39      L’interpretazione secondo la quale il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri mediante l’adozione di decisioni quadro non è autorizzato solamente nei settori di cui all’art. 31, n. 1, lett. e), UE, è corroborata dallo stesso n. 1, lett. c), il quale dispone che l’azione comune è diretta altresì a conseguire la «garanzia della compatibilità delle normative applicabili negli Stati membri, nella misura necessaria per migliorare la suddetta cooperazione [giudiziaria in materia penale]», senza distinguere tra diversi tipi di atti che possono essere utilizzati ai fini del ravvicinamento di tali disposizioni.

40      Nel caso di specie, dato che l’art. 34, n. 2, lett. c), UE esclude che il Consiglio possa avvalersi di una decisione per procedere al ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri e che lo strumento giuridico della posizione comune deve limitarsi a definire l’orientamento dell’Unione in merito a una questione specifica, ci si domanda quindi se, contrariamente a quanto sostiene la Advocaten voor de Wereld, il Consiglio poteva legittimamente disciplinare la materia del mandato d’arresto europeo mediante una decisione quadro piuttosto che una convenzione ex art. 34, n. 2, lett. d), UE.

41      È vero che il mandato d’arresto europeo avrebbe anche potuto essere disciplinato con una convenzione; tuttavia nella discrezionalità del Consiglio rientra la possibilità di privilegiare lo strumento giuridico della decisione quadro quando, come in questa fattispecie, siano presenti le condizioni per l’adozione di tale atto.

42      Tale conclusione non è inficiata dalla circostanza che, in conformità all’art. 31, n. 1, della decisione quadro, a partire dal 1° gennaio 2004 quest’ultima sostituisce, nelle sole relazioni tra gli Stati membri, le corrispondenti disposizioni delle precedenti convenzioni relative all’estradizione elencate in tale disposizione. Qualsiasi altra interpretazione che non trovi sostegno né nell’art. 34, n. 2, UE né in altre disposizioni del Trattato UE rischierebbe di privare dell’aspetto essenziale del suo effetto utile la facoltà riconosciuta al Consiglio di adottare decisioni quadro in settori precedentemente disciplinati da convenzioni internazionali.

43      Ne consegue che la decisione quadro non è stata adottata in violazione dell’art. 34, n. 2, lett. b), UE.

 Sulla seconda questione

44      La Advocaten voor de Wereld, contrariamente a tutte le altre parti che hanno presentato osservazioni nell’ambito del procedimento in esame, afferma che l’art. 2, n. 2, della decisione quadro, sopprimendo il controllo della doppia incriminazione per i reati menzionati in tale disposizione, è in contrasto con il principio di uguaglianza e di non discriminazione, nonché con il principio di legalità in materia penale.

45      Occorre innanzitutto rilevare che, in forza dell’art. 6 UE, l’Unione è fondata sul principio dello Stato di diritto e rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. Ne consegue che le istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti ai trattati e ai principi generali di diritto, al pari degli Stati membri quando danno attuazione al diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze 27 febbraio 2007, causa C‑354/04 P, Gestoras pro Amnistía e a./Consiglio, Racc. pag. I‑0000, punto 51, e causa C‑355/04 P, Segi e a./Consiglio, Racc. pag. I‑0000, punto 51).

46      È pacifico che tra tali principi rientrano quello della legalità dei reati e delle pene, nonché il principio di uguaglianza e non discriminazione, principi altresì ribaditi, rispettivamente, dagli artt. 49, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1).

47      Spetta pertanto alla Corte valutare la validità della decisione quadro alla luce dei detti principi.

 Sul principio di legalità dei reati e delle pene

48      Secondo la Advocaten voor de Wereld, l’elenco di oltre trenta reati per i quali la tradizionale condizione della doppia incriminazione viene abbandonata quando lo Stato membro emittente li punisce con una pena privativa della libertà avente un massimo edittale di almeno tre anni è talmente vago e indefinito da violare, o perlomeno da poter violare, il principio di legalità in materia penale. A suo avviso, i reati inclusi in tale elenco non sono corredati della loro definizione di legge, ma costituiscono categorie, definite in maniera molto vaga, di condotte indesiderabili. La persona che è stata privata della libertà in esecuzione di un mandato d’arresto europeo senza verifica della doppia incriminazione non godrebbe della garanzia secondo cui la legge penale deve soddisfare condizioni di precisione, chiarezza e prevedibilità tali da consentire a ciascuno di sapere, nel momento in cui commette un atto, se quest’ultimo costituisce o no un reato, e ciò contrariamente a quanto accade a chi è privato della libertà mediante uno strumento diverso dal mandato d’arresto europeo.

49      Va ricordato che il principio della legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), che fa parte dei principi generali del diritto alla base delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, è stato parimenti sancito da diversi trattati internazionali, in particolare dall’art. 7, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (v., in questo senso, segnatamente, sentenze 12 dicembre 1996, cause riunite C‑74/95 e C‑129/95, X, Racc. pag. I‑6609, punto 25, e 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punti 215‑219).

50      Tale principio implica che la legge definisca chiaramente i reati e le pene che li reprimono. Questa condizione è soddisfatta quando il soggetto di diritto può conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, nel caso, con l’aiuto dell’interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilità penale (v., in particolare, Corte eur. D.U., sentenza Coëme e a. c. Belgio del 22 giugno 2000, Recueil des arrêts et décisions, 2000‑VII, § 145).

51      In conformità all’art. 2, n. 2, della decisione quadro, i reati elencati in tale disposizione «se [nello] Stato membro [emittente] il massimo della pena o della misura di sicurezza privative della libertà per tali reati è pari o superiore a tre anni», danno luogo a consegna in base al mandato d’arresto europeo indipendentemente dalla doppia incriminazione per tale fatto.

52      Di conseguenza, anche se gli Stati membri riprendono letteralmente l’elenco delle categorie di reati di cui all’art. 2, n. 2, della decisione quadro per darle attuazione, la definizione stessa di tali reati e le pene applicabili sono quelle risultanti dal diritto «dello Stato membro emittente». La decisione quadro non è volta ad armonizzare i reati in questione per quanto riguarda i loro elementi costitutivi o le pene di cui sono corredati.

53      Pertanto, anche se l’art. 2, n. 2, della decisione quadro sopprime il controllo della doppia incriminazione per le categorie di reati menzionate in tale disposizione, la loro definizione e le pene applicabili continuano a rientrare nella competenza dello Stato membro emittente, il quale, come peraltro recita l’art. 1, n. 3, della stessa decisione quadro, deve rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’art. 6 UE e, di conseguenza, il principio di legalità dei reati e delle pene.

54      Ne risulta che l’art. 2, n. 2, della decisione quadro, nella parte in cui sopprime il controllo della doppia incriminazione per i reati menzionati in tale disposizione, non è invalido per violazione del principio di legalità dei reati e delle pene.

 Sul principio di uguaglianza e di non discriminazione

55      Secondo la Advocaten voor de Wereld, la decisione quadro viola il principio di uguaglianza e di non discriminazione in quanto, per i reati diversi da quelli oggetto dell’art. 2, n. 2 di tale decisione, la consegna può essere subordinata alla condizione che i fatti per i quali il mandato d’arresto europeo è stato spiccato costituiscano un reato ai sensi dell’ordinamento dello Stato membro di esecuzione. A suo avviso, tale distinzione non è oggettivamente giustificata. La soppressione del controllo della doppia incriminazione sarebbe a maggior ragione criticabile perché la decisione quadro non contiene nessuna definizione circostanziata dei fatti per cui è richiesta la consegna. Il regime istituito da tale decisione produrrebbe una disparità di trattamento ingiustificata tra singoli a seconda che i fatti incriminati si siano svolti nello Stato membro di esecuzione o fuori da tale Stato. Tali singoli sarebbero quindi giudicati in maniera diversa ai fini della privazione della libertà senza che ciò sia giustificato.

56      Occorre rilevare che il principio di uguaglianza e di non discriminazione impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v., in particolare, sentenza 26 ottobre 2006, causa C‑248/04, Koninklijke Coöperatie Cosun, Racc. pag. I‑10211, punto 72 e giurisprudenza citata).

57      Per quanto riguarda, da un lato, la scelta delle 32 categorie di reati elencate all’art. 2, n. 2, della decisione quadro, il Consiglio ha ben potuto ritenere, in base al principio del reciproco riconoscimento e considerato l’elevato grado di fiducia e di solidarietà tra gli Stati membri, che, vuoi per la loro stessa natura, vuoi per la pena comminata - d’un massimo edittale di almeno tre anni - le categorie di reati di cui trattasi rientrassero tra quelle che arrecano all’ordine e alla sicurezza pubblici un pregiudizio tale da giustificare la rinuncia all’obbligo di controllo della doppia incriminazione.

58      Pertanto, anche ritenendo paragonabili la situazione di persone sospettate di aver commesso reati rientranti nell’elenco dell’art. 2, n. 2, della decisione quadro, o condannate per aver perpetrato siffatti reati, e quella di persone sospettate di aver commesso, o condannate per aver commesso, reati diversi da quelli elencati in tale disposizione, la distinzione risulta, in ogni caso, oggettivamente giustificata.

59      Per quanto attiene, dall’altro lato, al fatto che la mancanza di precisione nella definizione delle categorie di reati in questione rischierebbe di generare disparità nell’attuazione della decisione quadro nei diversi ordinamenti giuridici nazionali, è sufficiente rilevare che l’oggetto di quest’ultima non è l’armonizzazione del diritto penale sostanziale degli Stati membri e che nessuna disposizione del Titolo VI del Trattato UE, i cui artt. 34 e 31 sono stati scelti come fondamento normativo di tale decisione quadro, subordina l’applicazione del mandato d’arresto europeo all’armonizzazione delle normative penali degli Stati membri nell’ambito dei reati in esame (v., per analogia, tra le altre, sentenze 11 febbraio 2003, cause riunite C‑187/01 e C‑385/01, Gözütok e Brügge, Racc. pag. I‑1345, punto 32, nonché 28 settembre 2006, causa, C‑467/04, Gasparini e a., Racc. pag. I‑9199, punto 29).

60      Ne consegue che l’art. 2, n. 2, della decisione quadro, nella parte in cui sopprime il controllo della doppia incriminazione per i reati menzionati in tale disposizione, non è invalido per violazione dell’art. 6, n. 2, UE e, più nello specifico, dei principi di legalità dei reati e delle pene e di uguaglianza e di non discriminazione.

61      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere che dall’esame delle questioni sottoposte non è emerso alcun elemento idoneo ad infirmare la validità della decisione quadro.

 Sulle spese

62      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Dall’esame delle questioni sottoposte non è emerso alcun elemento idoneo ad infirmare la validità della decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.

          (Seguono le firme)