Sentenza n. 235 del 2017

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SENTENZA N. 235

ANNO 2017

 

Commenti alla decisione di

 

I. Fabio Ferrari, I vincoli di bilancio tra legge rinforzata, interesse ad agire ed autonomia finanziaria regionale: nota a Corte cost. 235/2017, per g.c del Forum di Quaderni Costituzionali

 

II. Marcello Piazza, Fra transustanziazioni costituzionali e revirement involontari: per la Corte costituzionale, un rinvio normativo alla «legge dello Stato» si riferirebbe, in esclusiva, alle leggi ordinarie, per g.c del Forum di Quaderni Costituzionali

 

III. Luca Bartolucci, I contenuti costituzionalmente necessari della legge “rinforzata” non possono essere affidati a una legge ordinaria (nota a Corte cost., sent. n. 235 del 2017, per g.c del Forum di Quaderni Costituzionali

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                          GROSSI                                Presidente

-           Giorgio                       LATTANZI                             Giudice

-           Aldo                           CAROSI                                        ”

-           Marta                          CARTABIA                                  ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                     ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-           Giuliano                      AMATO                                        ”

-           Silvana                        SCIARRA                                     ”

-           Daria                           de PRETIS                                     ”

-           Nicolò                         ZANON                                         ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                    ”

-           Giulio                         PROSPERETTI                             ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali), promossi dalle Province autonome di Bolzano e di Trento, dalle Regioni autonome Trentino-Alto Adige/Südtirol e Friuli-Venezia Giulia, e dalle Regioni Veneto, Lombardia e Liguria, con ricorsi notificati il 27 ottobre - 2 novembre, il 28 ottobre, il 28 ottobre - 2 novembre ed il 28 ottobre 2016, depositati in cancelleria il 31 ottobre, il 4 e il 7 novembre 2016 e iscritti ai nn. da 68 a 74 del registro ricorsi 2016.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica dell’11 ottobre 2017 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi gli avvocati Renate Von Guggenberg per la Provincia autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento e per le Regioni autonome Trentino-Alto Adige/Südtirol e Friuli-Venezia Giulia, Fabio Cintioli per le Regioni Lombardia e Liguria, Ezio Zanon per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 31 ottobre 2016, la Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato, fra gli altri, l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali).

In primo luogo, la ricorrente lamenta che la disposizione impugnata, modificando l’art. 11 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione), rinvia a una legge ordinaria la definizione delle modalità secondo le quali lo Stato concorre al finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali. Tale rinvio alla legge ordinaria contrasterebbe con l’art. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), che invece demanda a una legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale, l’attuazione del predetto principio del pareggio di bilancio. Inoltre, la nuova norma si limita a riprodurre quanto già previsto dalla legge costituzionale senza declinare i principi ai quali la legge ordinaria dovrebbe dare attuazione.

La violazione della legge costituzionale, ad avviso della ricorrente, comporterebbe una ricaduta sull’autonomia finanziaria delle Province autonome disciplinata dal titolo VI dello statuto speciale, che nelle proprie materie provvedono autonomamente senza oneri a carico del bilancio statale, avendo abolito la partecipazione a fondi statali ripartiti tra le Regioni ai sensi dell’art. 2, commi da 106 a 125 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», approvata in base all’intesa raggiunta ai sensi dell’art. 104 dello statuto di autonomia.

2.– Con memoria depositata il 9 dicembre 2016, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.

In primo luogo, la difesa dello Stato ha osservato che la legge costituzionale n. 1 del 2012 richiede solo che la legge rinforzata rechi la disciplina generale, di tal ché la disciplina di dettaglio ben può essere contenuta nella legge ordinaria. In tal senso avrebbe provveduto la disposizione impugnata, la quale, dunque, non violerebbe in alcun modo la norma costituzionale invocata. Inoltre, la disposizione impugnata non avrebbe significativamente innovato l’art. 11 della legge n. 243 del 2012, già passato al vaglio della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 88 del 2014, ha dichiarato non fondata la precedente questione di legittimità promossa con riferimento al principio di leale collaborazione. Nulla escluderebbe, infine, che nella pratica attuazione della disposizione censurata si proceda con l’approvazione a maggioranza qualificata prescritta dalla citata disposizione della legge costituzionale n. 1 del 2012, con la conseguenza che il ricorso sarebbe affetto da carenza di interesse, posto che la lamentata violazione potrebbe essere dedotta solo in un momento successivo, qualora, in sede di attuazione, tale procedura qualificata di approvazione non venga in concreto adottata.

3.– Con ricorso depositato il 4 novembre 2016, la Provincia autonoma di Trento ha impugnato, tra gli altri, l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016, che ha modificato l’art. 11 della legge n. 243 del 2012.

Ad avviso della ricorrente, la disposizione impugnata violerebbe l’art. 5, comma 1, lettera g), della legge costituzionale n. 1 del 2012, in quanto rinvierebbe a una legge ordinaria, anziché a una legge rinforzata, la definizione delle modalità secondo le quali lo Stato concorre al finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali. La violazione risulterebbe ancor più grave in quanto si tratterebbe di un rinvio in bianco, non risultando esplicitati i principi cui la legge attuativa dovrebbe attenersi.

La ricorrente osserva che il rinvio ad una legge rinforzata avrebbe inteso una maggiore condivisione in ambito parlamentare e una maggiore stabilità di disciplina, anche nell’interesse degli enti destinatari delle regole finanziarie in questione e, dunque, anche nell’interesse della Provincia autonoma, sulla cui autonomia finanziaria, legislativa e amministrativa la violazione costituzionale si ripercuoterebbe. La disposizione censurata, infatti, riguarda i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e le funzioni fondamentali degli enti territoriali relative a tali diritti, così da incidere su numerose competenze provinciali, quali quelle primarie in materia di assistenza e beneficenza pubblica, scuola materna, assistenza scolastica per i settori di istruzione in cui le Province hanno competenza legislativa ed edilizia scolastica (art. 8, numeri 25, 26, 27 e 28 dello statuto di autonomia o, se più favorevole, art. 117, quarto comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3, recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione»); quelle concorrenti in materia di igiene e sanità (art. 9, numero 10, dello statuto di autonomia o, se più favorevole, art. 117, terzo comma, Cost., in combinato disposto con la legge costituzionale n. 3 del 2001); quelle inerenti alle corrispondenti funzioni amministrative assegnate alle Province ai sensi dell’art. 15 dello statuto di autonomia.

Sotto altro profilo, la disposizione statale impugnata, nella parte in cui autorizza una legge ordinaria a prevedere una sorta di finanziamento vincolato, interferirebbe con la regolazione dei rapporti finanziari tra la Provincia autonoma e lo Stato, quale stabilita dall’art. 79, comma 1, lettera a), dello statuto di autonomia – che ha soppresso le assegnazioni a valere sulle leggi statali di settore, a seguito dell’abrogazione dell’art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della Regione Trentino - Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria), a opera dell’art. 2, comma 109, della legge n. 191 del 2009, approvata con procedura negoziata ai sensi dell’art. 104, comma 1, dello statuto speciale – che sarebbe così parimenti violato, unitamente al principio dell’accordo in materia di rapporti finanziari ricavabile anche dall’art. 107 del medesimo statuto e dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009.

4.– Con memoria depositata il 7 dicembre 2016, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o infondato.

In particolare non vi sarebbe violazione dell’art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012, in quanto lo stesso richiede solo che la legge rinforzata rechi la disciplina generale, ben potendo la disciplina di dettaglio essere contenuta nella legge ordinaria, come già prevedeva l’art. 11 della legge n. 243 del 2012, sotto questo profilo non significativamente innovato e già passato indenne al vaglio della Corte costituzionale, con la sentenza n. 88 del 2014. Le censure sarebbero, quindi, inammissibili per difetto del requisito della lesività.

In via subordinata, il resistente osserva che il generico rinvio alle leggi dello Stato risulta idoneo a comprendere anche le leggi rinforzate, con la conseguenza che la lesione potrebbe essere lamentata solo ove in sede di attuazione non si adotti la procedura di approvazione qualificata. Il ricorso, dunque, sarebbe inammissibile per carenza di interesse.

Alla conclusione secondo cui il rinvio alla legge debba intendersi come rinvio alla legge rinforzata dovrebbe altresì condurre, secondo la difesa dello Stato, l’interpretazione conservatrice e l’interpretazione conforme a Costituzione.

5.– Con ricorso depositato il 4 novembre 2016, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha impugnato, fra gli altri, l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016, che ha sostituito l’art. 11, comma 1, della legge n. 243 del 2012, denunciando, con analoghe argomentazioni, le medesime violazioni di cui al ricorso depositato dalla Provincia autonoma di Trento.

6.– Con memoria depositata il 7 dicembre 2016, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o infondato per le medesime ragioni esposte nella memoria depositata nel giudizio promosso dalla Provincia autonoma di Trento.

7.– Con ricorso depositato il 4 novembre 2016, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato, fra gli altri, l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016, che ha sostituito l’art. 11, comma 1, della legge n. 243 del 2012, in quanto demanda alla semplice legge ordinaria la disciplina delle modalità del concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, con ciò contravvenendo alla disposizione di cui all’art. 5, comma 1, lettera g), della legge costituzionale n. 1 del 2012, che prevede invece una legge rinforzata. La violazione sarebbe poi ancor più grave poiché si tratterebbe di un rinvio in bianco, senza indicazione dei principi ai quali la legge di attuazione dovrebbe attenersi.

La denunciata violazione ridonderebbe sulle competenze ragionali sotto due distinti profili.

In primo luogo, interferirebbe con l’autonomia finanziaria, legislativa e amministrativa della Regione prevista in diverse materie indicate esemplificativamente: nell’assistenza scolastica, nell’igiene e sanità, nell’assistenza sanitaria e ospedaliera e nel recupero dei minorati fisici (artt. 5, numeri 15 e 16, e 8 dello statuto; 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001); nelle competenze primarie in materia di ordinamento degli enti locali e, quindi, delle loro funzioni fondamentali (artt. 4, numero 1-bis, e 59 dello statuto di autonomia), nonché quelle relative al finanziamento regionale delle funzioni dei Comuni (art. 54 dello statuto di autonomia).

Sotto altro profilo sarebbe violato l’art. 119, quarto e quinto comma, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, nella parte in cui prevede che le fonti ordinarie di finanziamento debbano consentire agli enti territoriali lo svolgimento delle funzioni pubbliche loro assegnate, con divieto di istituire fondi vincolati, a eccezione della destinazione di risorse aggiuntive e di interventi speciali a favore di enti territoriali determinati, alle condizioni previste dal medesimo quinto comma dell’art. 119 Cost.

Se non si ritenessero più favorevoli le disposizioni della Costituzione, si dovrebbe comunque ritenere violato l’art. 63, ultimo comma, dello statuto speciale, secondo cui le regole sull’autonomia finanziaria previste dal titolo IV del medesimo statuto possono essere modificate solo con procedura rinforzata che richiede il coinvolgimento della Regione.

8. – Con memoria depositata il 7 dicembre 2016, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o infondato.

In particolare non vi sarebbe violazione dell’art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012, in quanto la stessa non richiede la legge rinforzata per la disciplina di dettaglio, la quale può essere contenuta nella legge ordinaria, come già prevedeva l’art. 11 della legge n. 243 del 2012, sotto questo profilo non significativamente innovato e già passato indenne al vaglio della Corte costituzionale, con la sentenza n. 88 del 2014. Conseguentemente le censure sarebbero inammissibili per difetto del requisito della lesività.

Il generico rinvio alle leggi dello Stato risulterebbe poi idoneo a comprendere anche le leggi rinforzate, con la conseguenza che la lesione potrebbe essere lamentata solo ove in sede di attuazione non si adotti la procedura di approvazione qualificata, con la conseguenza che il ricorso sarebbe inammissibile per carenza di attuale interesse.

Alla conclusione secondo cui il rinvio alla legge debba intendersi come rinvio alla legge rinforzata dovrebbe, infine, condurre l’interpretazione conservatrice e l’interpretazione conforme a Costituzione.

9. – Con ricorso depositato il 4 novembre 2016 e iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2016, la Regione Lombardia ha impugnato, fra gli altri, l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016, che ha sostituito l’art. 11, comma 1, della legge n. 243 del 2012, lamentando che la nuova formulazione comporta la lesione del principio di leale collaborazione e, con esso, degli artt. 5 e 114 Cost.

Secondo la ricorrente, a differenza di quanto previsto dalla versione ora abrogata dell’art. 11, che introduceva l’istituzione di un Fondo straordinario da destinare per il concorso dello Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali, al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, il nuovo testo, pur nella permanenza delle medesime condizioni, prevede «il più blando concorso statale, in una con la rivendicazione del potere dello Stato stesso di imporre agli enti territoriali rilevantissimi oneri finanziari» (come risulta dal richiamo agli artt. 9, comma 5, e 12, comma 1, della stessa legge).

L’illegittimità costituzionale della nuova formulazione deriverebbe, secondo la Regione Lombardia, dalla assenza di un coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome nella forma di una previa intesa in Conferenza unificata, o quantomeno di un parere. Tali forme di coinvolgimento si imporrebbero, secondo la ricorrente, con riferimento alla individuazione della misura dell’accantonamento e/o della provvista da destinare al detto finanziamento, tenuto altresì conto che gli enti territoriali, specialmente per le funzioni svolte in campo sanitario, hanno «la visione e la disponibilità di dati conoscitivi ed elementi di valutazione che sono cruciali per calibrare l’entità dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali». Inoltre, consentirebbero di giustificare la compressione dell’autonomia finanziaria che l’imposizione di obblighi di contribuzione genera per gli enti territoriali. Infine, si imporrebbero ai fini della determinazione della ripartizione dell’onere del concorso finanziario a carico degli enti territoriali (è richiamata la sentenza n. 88 del 2014).

10. – Con memoria depositata il 7 dicembre 2016, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato. Come precisato nella sentenza n. 88 del 2014, l’intervento statale rientra tra le materie di competenza di legislazione esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) e andrebbe dunque esclusa l’imposizione di un particolare coinvolgimento delle autonomie (sono richiamate le sentenze n. 62 del 2013; n. 299, n. 293 e n. 234 del 2012).

11.– Con ricorso depositato il 4 novembre 2016 e iscritto al n. 73 del registro ricorsi 2016, la Regione Liguria ha impugnato, fra gli altri, l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016, che ha sostituito l’art. 11, comma 1, della legge n. 243 del 2012, denunciando, con analoghe argomentazioni, le medesime violazioni di cui al ricorso depositato dalla Regione Lombardia.

12.– Con memoria depositata il 7 dicembre 2016, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato infondato per le medesime ragioni esposte nella memoria depositata nel giudizio promosso dalla Regione Lombardia.

13. – Con ricorso depositato il 7 novembre 2016 e iscritto al n. 74 del registro ricorsi 2016, la Regione Veneto ha impugnato, fra gli altri, l’art. 3 (recte, art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016, che ha sostituito l’art. 11, comma 1, della legge n. 243 del 2012, per violazione degli artt. 117, commi terzo e quarto, 118, 119 e 120 Cost., nonché dell’art. 5, comma 1, lettera g), della legge costituzionale n. 1 del 2012, per le ragioni di cui al ricorso depositato dalla Regione Lombardia.

14.– Con memoria depositata il 7 dicembre 2016, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato infondato per le medesime ragioni esposte in riferimento al giudizio promosso dalla Regione Lombardia.

15.– Con memorie depositate il 20 settembre 2017, le Province autonome di Trento e di Bolzano, le Regioni autonome Trentino-Alto Adige/Südtirol e Friuli - Venezia Giulia e la Regione Veneto insistono per l’accoglimento delle questioni, ribadendo le argomentazioni già addotte nei rispettivi ricorsi.

Considerato in diritto

1.– Le Province autonome di Bolzano (reg. ric. n. 68 del 2016) e di Trento (reg. ric. n. 69 del 2016), le Regioni autonome Trentino-Alto Adige/Südtirol (reg. ric. n. 70 del 2016) e Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 71 del 2016) e le Regioni Lombardia (reg. ric. n. 72 del 2016), Liguria (reg. ric. n. 73 del 2016) e Veneto (reg. ric. n 74 del 2016) hanno promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali).

Il censurato articolo sostituisce il contenuto del previgente art. 11 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione), il quale prevedeva, al fine di consentire allo Stato di concorrere al finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali, l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo straordinario e disciplinava le modalità della sua alimentazione. La disposizione censurata in questa sede prevede, invece, che il concorso statale avvenga «[…] secondo modalità definite con leggi dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge».

Secondo alcune ricorrenti (le Province autonome di Trento e di Bolzano, le Regioni autonome Trentino-Alto Adige/Südtirol e Friuli-Venezia Giulia, e la Regione Veneto), tale disposizione, rinviando a una futura legge ordinaria la definizione delle modalità del concorso statale, violerebbe l’art. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), che, invece, richiede a tale scopo l’intervento di una «legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale» (art. 81, sesto comma, Cost.). Il ricorso alla forma della legge ordinaria, anziché a quella della legge rinforzata, richiesta dall’art. 81, sesto comma, Cost., determinerebbe di riflesso la violazione delle competenze finanziarie, legislative e amministrative delle ricorrenti Province e Regioni autonome, e interferirebbe sulla regolazione dei rapporti finanziari tra le medesime e lo Stato, nonché sulla procedura di modifica dei suddetti rapporti, stabilita dagli statuti di autonomia. Inoltre, la disposizione censurata sarebbe in contrasto con gli artt. 5 e 114 Cost. (secondo le ricorrenti Regioni Lombardia e Liguria) e 117, commi terzo e quarto, 118, 119 e 120 Cost. (secondo la ricorrente Regione Veneto), nella parte in cui non prevede il coinvolgimento delle autonomie territoriali nella forma di una previa intesa in Conferenza unificata, o quantomeno di un parere.

2.– Riservata a separate pronunce la decisione sulle altre questioni di legittimità costituzionale promosse dalle ricorrenti, i giudizi, in considerazione della loro connessione oggettiva e della parziale identità dei termini delle questioni ora all’esame di questa Corte, devono essere riuniti, per essere decisi con un’unica pronuncia.

3.– In via preliminare deve essere precisato il thema decidendum del ricorso promosso dalla Regione Veneto. Nonostante il ricorso censuri l’intero art. 3 della legge n. 164 del 2016, l’oggetto del giudizio deve essere circoscritto al solo comma 1, lettera a), del suddetto art. 3, in ragione dei motivi posti a fondamento dell’impugnazione (da ultimo, sentenza n. 297 del 2016).

4.– In ulteriore via preliminare devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità delle questioni formulate dall’Avvocatura generale dello Stato.

Secondo il resistente i ricorsi difetterebbero sia dell’interesse attuale al ricorso, sia del requisito della lesività. L’interesse attuale al ricorso mancherebbe in quanto il generico riferimento, contenuto nella disposizione censurata, alle leggi dello Stato sarebbe di per sé idoneo a comprendere anche le leggi rinforzate, con la conseguenza che la lesione potrebbe al più essere lamentata solo ove, in sede di attuazione, non si adottasse la procedura di approvazione qualificata. D’altra parte, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene che la disposizione impugnata sarebbe priva di lesività, in quanto l’art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012 non richiederebbe la forma della legge rinforzata per la disciplina di dettaglio, la quale può essere invece specificata da una legge ordinaria, come già prevedeva l’art. 11 della legge n. 243 del 2012.

Entrambe le eccezioni devono essere rigettate.

L’interpretazione della disposizione censurata proposta dall’Avvocatura dello Stato a sostegno della carenza di interesse attuale delle ricorrenti non può essere condivisa. Il testo della disposizione impugnata afferma che «lo Stato, in ragione dell’andamento del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali, concorre al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, secondo modalità definite con leggi dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge». Canoni basilari dell’interpretazione giuridica, quali sono quelli dell’interpretazione testuale e logica, inducono necessariamente a ritenere che se una legge rinforzata (quale è la legge n. 164 del 2016) rimette a una «legge dello Stato» la definizione di un determinato contenuto (nel caso di specie, le modalità del concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali), tale rinvio non può che riferirsi a una legge ordinaria. Il lamentato contrasto con l’art. 81, sesto comma, Cost., che in materia richiede l’intervento di una «legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale», si verifica, dunque, in virtù della semplice previsione astratta del rinvio alla «legge dello Stato», prima e indipendentemente dal fatto che tale legge sia stata adottata dal Parlamento. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, «il giudizio promosso in via principale è condizionato alla mera pubblicazione di una legge che si ritenga lesiva della ripartizione di competenze, a prescindere dagli effetti che essa abbia prodotto» (così, ad esempio, la sentenza n. 195 del 2017; nello stesso senso, le sentenze n. 262 del 2016 e n. 195 del 2015).

Né può essere accolta la seconda eccezione di inammissibilità, relativa alla carenza del requisito della lesività. A prescindere dalla considerazione che, per costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenza n. 182 del 2017), una disposizione, ancorché meramente ripetitiva di una precedente, può sempre essere oggetto di un giudizio di legittimità costituzionale, il censurato art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016, tacitamente abrogando il contenuto del previgente art. 11, ha portata evidentemente innovativa.

Diversamente da quanto sostenuto dall’Avvocatura generale dello Stato e diversamente da quanto disposto dal previgente art. 11 della legge (rinforzata) n. 243 del 2012 – il quale, nell’istituirlo, disciplinava direttamente il Fondo straordinario per il concorso dello Stato nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali, affidando a fonti sub-legislative solo le specificazioni tecniche della disciplina (sentenza n. 88 del 2014) –, la disposizione impugnata si limita a prevedere un rinvio alla legge dello Stato, fatto salvo il rispetto dei principi contenuti nella stessa legge n. 243 del 2012. Il rinvio alla legge dello Stato non riguarda, dunque, i soli dettagli tecnici, ma ricomprende l’intera disciplina del concorso statale al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali nelle circostanze sopra ricordate. Sicché, anche l’eccezione di inammissibilità per carenza di lesività, avanzata dall’Avvocatura generale dello Stato, poggia su una lettura non condivisibile della disposizione impugnata.

5.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale promossa sull’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016 è fondata.

5.1.– La legge n. 164 del 2016, modificativa della legge n. 243 del 2012, è una legge rinforzata, ossia, come la precedente, approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, secondo quanto previsto dall’art. 81, sesto comma, Cost., come modificato dall’art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 2012. Infatti, il nuovo testo dell’art. 81, sesto comma, Cost. prevede che: «Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale»; a sua volta, l’art. 5 della menzionata legge costituzionale n. 1 del 2012 specifica nel dettaglio l’oggetto della legge rinforzata di attuazione dell’art. 81, sesto comma, Cost., menzionando tra l’altro esplicitamente al suo comma 1, lettera g), «le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi [di] eventi eccezionali […], anche in deroga all’articolo 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali».

In attuazione delle suddette previsioni di rango costituzionale è stata originariamente approvata la legge rinforzata n. 243 del 2012, il cui art. 1, comma 2, ribadisce che «La presente legge può essere abrogata, modificata o derogata solo in modo espresso da una legge successiva approvata ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione».

Successivamente, il legislatore è intervenuto a modificare la legge n. 243 del 2012, approvando, a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, la legge n. 164 del 2016. Pertanto, la disposizione oggetto del presente giudizio, contenuta appunto nella legge n. 164 del 2016, è stata approvata in ossequio ai vincoli procedurali contenuti nell’art. 81, sesto comma, Cost, i quali, come già chiarito da questa Corte nella sentenza n. 88 del 2014, trovano fondamento anche a livello sovranazionale nell’art. 3, paragrafo 2, del Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’Unione economica e monetaria, firmato il 2 marzo 2012 e ratificato in Italia con la legge 23 luglio 2012, n. 114 (cosiddetto Fiscal Compact).

Tuttavia, l’impugnato art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016, a differenza del previgente art. 11 della legge n. 243 del 2012, non individua esso stesso alcuna modalità attraverso cui lo Stato concorre al finanziamento. La disposizione in esame si limita a demandare a una futura legge ordinaria ciò che essa stessa avrebbe dovuto disciplinare, degradando così la fonte normativa della disciplina – relativa alle modalità del concorso statale al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali – dal rango della legge rinforzata a quello della legge ordinaria. Ne consegue l’elusione della riserva di legge rinforzata disposta dall’art. 81, sesto comma, Cost.

È pur vero – come affermato nella sentenza n. 88 del 2014 in riferimento proprio alle leggi rinforzate di attuazione dell’art. 81, sesto comma, Cost. – che «la natura stessa dell’atto legislativo esclude che esso debba farsi carico di aspetti della disciplina che richiedono solo apporti tecnici», così ammettendo che alcuni suoi contenuti possano essere specificati da altre fonti. Nel caso di specie, però, la nuova disciplina non solo non detta alcuna modalità attraverso cui debba esplicarsi il concorso statale, ma essa è altresì priva di qualunque indicazione normativa sostanziale o procedurale capace di orientare e vincolare la futura «legge dello Stato», così contravvenendo palesemente al dettato costituzionale. Né la riserva di legge rinforzata può ritenersi soddisfatta dal generico richiamo ai «principi stabiliti dalla presente legge» (ossia, la stessa legge n. 243 del 2012), dei quali la futura legge ordinaria dello Stato dovrebbe assicurare il rispetto.

6.– Alla luce delle esposte argomentazioni, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 2016 per violazione dell’art. 5, comma 1, lettera g), della legge costituzionale n. 1 del 2012, rimanendo pertanto assorbito ogni altro profilo di incostituzionalità.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in epigrafe;

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 ottobre 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2017.