Sentenza n. 133 del 2012

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SENTENZA N. 133

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Alfonso                  QUARANTA                                      Presidente

-    Franco                    GALLO                                                  Giudice

-    Luigi                      MAZZELLA                                               ”

-    Gaetano                 SILVESTRI                                                ”

-    Sabino                    CASSESE                                                   ”

-    Giuseppe                TESAURO                                                  ”

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                          ”

-    Giuseppe                FRIGO                                                        ”

-    Alessandro             CRISCUOLO                                             ”

-    Paolo                      GROSSI                                                      ”

-    Giorgio                   LATTANZI                                                 ”

-    Aldo                       CAROSI                                                     ”

-    Marta                     CARTABIA                                                ”

-    Sergio                     MATTARELLA                                         ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                  ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Liguria 5 luglio 2011, n. 17, recante «Modifica alla legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modificazioni ed integrazioni», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 1°-5 settembre 2011, depositato in cancelleria il 7 settembre 2011 ed iscritto al n. 86 del registro ricorsi 2011.

Udito nell’udienza pubblica del 3 aprile 2012 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

udito l’avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.–– Con ricorso spedito per la notifica il 1° settembre 2011, ricevuto il successivo 5 settembre e depositato in cancelleria il successivo 7 settembre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Liguria 5 luglio 2011, n. 17, recante «Modifica alla legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modificazioni ed integrazioni», per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

2.–– Il ricorrente premette che la sopra indicata legge regionale – composta, peraltro, del solo articolo 1 – è venuta a modificare la legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia), aggiungendo, all’art. 85 della medesima, dopo il comma 3, il comma 3-bis, il quale prevede che: «Le autorizzazioni agli scarichi domestici e assimilati, ad esclusione di quelli di cui all’articolo 74, comma 1, lettera h), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e successive modificazioni ed integrazioni, sono valide per quattro anni dal momento del rilascio e, qualora ne sussistano gli stessi presupposti e requisiti, si intendono tacitamente rinnovate di quattro anni in quattro anni».

Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la norma impugnata violerebbe l’art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., in quanto sarebbe in contrasto sia con l’art. 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sia con l’art. 124, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

Secondo il ricorrente, infatti, la disposizione regionale impugnata, prevedendo un rinnovo tacito, di quattro anni in quattro anni, delle autorizzazioni agli scarichi domestici ed assimilati, «nel caso l’Amministrazione non abbia provveduto espressamente sull’istanza di rinnovo», si porrebbe in contrasto con la prima delle due norme, la quale stabilisce che «il silenzio» della pubblica amministrazione (inteso quale comportamento volto a significare assenso o dissenso al rilascio di provvedimenti autorizzativi) non può essere in nessun caso applicato alla materia «ambiente».

2.1.–– La norma in esame, inoltre, così disponendo, verrebbe anche a violare il principio in materia ambientale dettato dall’art. 124, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui l’autorizzazione relativa agli scarichi è valida per quattro anni dal momento del rilascio, con obbligo del rinnovo della stessa un anno prima della scadenza, «così escludendo ogni possibilità di rinnovo tacito».

Né si potrebbe ritenere, prosegue il ricorrente, che la norma regionale sospettata sarebbe legittima in forza del dettato dell’ultimo capoverso del citato art. 124, comma 8, secondo il quale «la disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima». Tale disposizione legislativa statale, difatti, correttamente intesa, prevede non «un generalizzato rinnovo tacito delle autorizzazioni agli scarichi di acque reflue domestiche ed assimilate, così come disposto dal legislatore regionale», ma stabilisce solo la possibilità di un tale rinnovo «esclusivamente» per specifiche tipologie di scarichi, che il legislatore regionale, conclude l’Avvocatura generale dello Stato, «avrebbe dovuto individuare in modo puntuale».

2.2.–– Pertanto, conclude il ricorrente, la norma in esame – prevedendo, diversamente da quella statale, un generico e tacito rinnovo per l’autorizzazione degli scarichi di acque reflue, in una materia afferente (per giurisprudenza costituzionale consolidata e costante) alla «tutela dell’ambiente», di competenza legislativa esclusiva dello Stato, non derogabile da parte del legislatore regionale – sarebbe illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

3.–– La Regione Liguria non si è costituita.

Considerato in diritto

1.–– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Liguria 5 luglio 2011, n. 17, recante «Modifica alla legge regionale 21 giugno 1999, n.18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modificazioni ed integrazioni», per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

2.–– L’art. 1 della sopra indicata legge regionale (peraltro composta di questo solo articolo), rileva il ricorrente, è venuto a modificare l’art. 85 della legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia), inserendo, dopo il comma 3 di quest’ultimo, il comma 3-bis, il quale prevede la possibilità che le autorizzazioni agli scarichi domestici ed assimilati, valide per quattro anni dal momento del rilascio, «qualora ne sussistano gli stessi presupposti e requisiti, si intendono tacitamente rinnovate di quattro anni in quattro anni».

2.1.–– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la norma regionale, prevedendo «un generico tacito rinnovo» dell’autorizzazione degli scarichi di acque reflue domestiche e assimilate, viene a violare l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dettando, in una materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato, una disciplina in contrasto sia con l’art. 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sia con il principio in materia di ambiente dettato dall’art. 124, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). In particolare, quanto alla prima disposizione indicata, la normativa impugnata si discosterebbe da quella statale, là dove essa stabilisce che «il silenzio» della Pubblica amministrazione (inteso come comportamento volto a significare assenso o dissenso al rilascio di provvedimenti autorizzativi) non può essere in nessun caso applicato alla materia «ambiente»; quanto alla seconda norma statale, nella parte in cui quest’ultima prevede che «l’autorizzazione agli scarichi ha validità per quattro anni dal momento del rilascio ed impone di chiederne il rinnovo un anno prima della scadenza, così escludendo ogni possibilità di rinnovo tacito», salvo la possibilità di tale rinnovo esclusivamente per specifiche tipologie di scarichi domestici, che, peraltro, il legislatore regionale «avrebbe dovuto individuare in modo puntuale».

3.–– Ritiene prioritariamente questa Corte di esaminare la legittimità costituzionale della disposizione impugnata in riferimento alla sua coerenza con l’art. 124, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, ritenuto espressione della tutela approntata dallo Stato in tema di autorizzazione agli scarichi idrici, peraltro ascrivibile, per giurisprudenza costituzionale consolidata, alla materia di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (ex multis: sentenze nn. 187 e 44 del 2011, n. 234 del 2010, n. 254 e n. 251 del 2009).

4.–– La questione di legittimità costituzionale è fondata.

4.1.–– È da premettere che la disciplina degli scarichi idrici, per costante giurisprudenza di questa Corte, si colloca nell’ambito della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Lo Stato, nell’esercizio di tale competenza – al fine di dettare, su tutto il territorio nazionale, una disciplina unitaria ed omogenea che superi gli interessi locali e regionali – ha adottato una propria normativa, stabilendo «standard minimi di tutela» volti ad assicurare – come anche di recente si è ribadito – una tutela «adeguata e non riducibile dell’ambiente», «non derogabile dalle Regioni» (da ultimo, sentenza n. 187 del 2011), neppure se a statuto speciale, o dalle Province autonome (sentenza n. 234 del 2010).

4.1.1.–– Nel caso di specie, la norma regionale censurata, prevedendo un generico e tacito rinnovo, peraltro di quattro anni in quattro anni, dell’autorizzazione agli scarichi domestici ed assimilati senza una ulteriore e specifica individuazione, si discosta da quanto stabilito dalla normativa statale di riferimento.

Il legislatore statale, infatti, dopo aver affermato, al comma 1 dell’art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006, che «Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati», al comma 8 del medesimo articolo, stabilisce che tale «autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo».

Diversamente dall’enunciato principio, il comma 3-bis dell’art. 85 della legge regionale della Liguria n. 18 del 1999, come introdotto dalla successiva legge regionale n. 17 del 2011, ha previsto che «le autorizzazioni agli scarichi domestici e assimilati, (…), valide per quattro anni dal momento del rilascio, nel caso che sussistano gli stessi presupposti e requisiti», possano intendersi «tacitamente rinnovate di quattro anni in quattro anni».

Né vale a salvare dalla censura di illegittimità costituzionale la norma impugnata quanto stabilito dall’ultimo capoverso del comma 8 dell’art. 124 del codice dell’ambiente, il quale – ai sensi del comma 3 del medesimo articolo – consente al legislatore regionale di prevedere forme di rinnovo tacito di autorizzazioni agli scarichi idrici esclusivamente «per specifiche tipologie di scarichi “di acque reflue domestiche”» individuate «in modo puntuale».

La norma regionale censurata, al contrario, prevede un generalizzato rinnovo tacito delle autorizzazioni agli scarichi non solo «domestici», ma anche di quelli a questi «assimilati», e, quindi, non meglio individuati, discostandosi, altresì, anche dal dettato dell’art. 101 del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006, che, a sua volta, fissando i criteri generali della disciplina degli scarichi, al comma 7, lettera e), recita: «ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue (…) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale».

4.1.2.–– Così disponendo, inoltre, la normativa regionale censurata sottrarrebbe, di fatto, all’autorità competente la possibilità di verifica del perdurare delle condizioni richieste per ottenere il rinnovo dell’autorizzazione, venendo, conseguentemente, a vanificare lo scopo che il legislatore statale vuole perseguire con il comma 8 dell’art. 124 del sopra ricordato decreto legislativo, cioè quello di verificare periodicamente la presenza delle condizioni individuate come necessarie per la concessione dell’autorizzazione allo scarico idrico richiesto, al fine di assicurare forme di protezione ambientali adeguate e «standard» uniformi di tutela delle medesime sull’intero territorio nazionale.

4.2.–– Ad ulteriore conferma dell’illegittimità costituzionale della norma impugnata per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., si ricorda che questa Corte ha ripetutamente affermato la necessità che il provvedimento autorizzatorio in tema di scarichi idrici (più in generale, di smaltimento dei rifiuti), «venga concesso previa positiva verifica della esistenza dei requisiti necessari al rilascio» dello stesso (sentenze n. 234 del 2010 e n. 62 del 2008), dichiarando l’illegittimità costituzionale di norme delle Regioni che prevedevano forme di «prorogatio destinat[e] a surrogare, ex lege ed in forma automatica, i controlli tipici dei procedimenti amministrativi di rinnovo delle autorizzazioni», in quanto tale disciplina, da un lato, non «garantisce che le autorizzazioni in corso di “esercizio” (originario o prorogato) [siano] state – ab origine o in sede di proroga – assoggettate a valutazione di impatto ambientale; dall’altro, il perdurante regime normativo di mantenimento dello status quo cristallizza, ex lege, l’elusione dell’obbligo e, con esso, attraverso il meccanismo della legge-provvedimento, il mancato rispetto della normativa dettata in materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato» (sentenza n. 67 del 2010).

4.3.–– La norma in esame della Regione Liguria, pertanto, ponendosi in contrasto con il comma 8 dell’art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006 ed apprestando al predetto bene ambientale una tutela inferiore rispetto a quella assicurata dalla normativa statale (sentenza n. 234 del 2010), è costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

5.–– Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Liguria 5 luglio 2011, n. 17, recante «Modifica alla legge regionale 21 giugno 1999, n.18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modificazioni ed integrazioni», che aggiunge all’articolo 85 della legge della Regione Liguria 21 giugno 1999, n. 18, il comma 3-bis.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2012.