Ordinanza n. 174 del 2010

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 174

ANNO 2010

[ELG:COLLEGIO]

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Ugo                             DE SIERVO                                    Presidente

-           Paolo                           MADDALENA                                 Giudice

-           Alfio                            FINOCCHIARO                                      "  

-           Alfonso                       QUARANTA                                            "  

-           Franco                         GALLO                                                     "  

-           Luigi                            MAZZELLA                                             "  

-           Gaetano                       SILVESTRI                                              "  

-           Sabino                         CASSESE                                                 "  

-           Maria Rita                   SAULLE                                                   "  

-           Giuseppe                     TESAURO                                                "  

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                        "  

-           Giuseppe                     FRIGO                                                      "  

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                           "  

-           Paolo                           GROSSI                                                    "  

[ELG:PREMESSA]

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 12 febbraio 2009, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Giorgio Stracquadanio nei confronti del dott. Giuseppe De Michelis di Slonghello nonché della decisione del Parlamento Europeo del 22 aprile 2009, con la quale si raccomanda la difesa dell’immunità dell’onorevole Renato Brunetta, ai sensi dell’art. 9 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee dell’8 aprile 1965, per le opinioni espresse dallo stesso onorevole nei confronti del dott. Giuseppe De Michelis di Slonghello, giudizio promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze con ricorso depositato in cancelleria il 4 gennaio 2010 ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2010, fase di ammissibilità.

           Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 2010 il Giudice relatore Paolo Grossi.

[ELG:FATTO]

[ELG:DIRITTO]

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze, con ricorso del 10 dicembre 2009, pervenuto a questa Corte il 4 gennaio 2010, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica in riferimento alla deliberazione assunta dalla Assemblea il 12 febbraio 2009, con la quale si è stabilito che le dichiarazioni rese dal senatore Giorgio Stracquadanio, oggetto di querela proposta dal dott. Giuseppe De Michelis di Slonghello, costituivano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e ricadevano, pertanto, nella ipotesi di immunità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che con il medesimo atto il ricorrente ha altresì sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Parlamento Europeo, in riferimento alla decisione adottata il 22 aprile 2009, con la quale, in accoglimento della richiesta della Commissione giuridica, è stato deliberato di difendere i privilegi e le immunità del deputato Renato Brunetta, in riferimento al procedimento avviato a seguito dell’anzidetto atto di querela;

che in riferimento ad entrambe le deliberazioni il ricorrente ha domandato una dichiarazione di non spettanza, rispettivamente, al Senato della Repubblica e al Parlamento Europeo, del potere di affermare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, con conseguente annullamento dei relativi atti;

che il ricorrente ha premesso, in fatto, che, con la anzidetta querela, il dott. De Michelis di Slonghello, già Ambasciatore della Repubblica, lamentava che il senatore Stracquadanio – nel libro “Le mani rosse sull’Italia”, posto in vendita come supplemento al quotidiano “Libero” e diffuso anche tramite Internet,  al capitolo 4, dal medesimo redatto, intitolato “Il depistaggio”, nel paragrafo dal titolo “Le spie sovietiche e i loro compiti” – aveva inserito «il suo nome tra le spie assoldate in Italia dal servizio segreto sovietico ‘KGB’», e che «tale notizia sarebbe stata tratta dal noto c.d. ‘dossier Mitrokhin’, dove sarebbe stato individuabile con il nome in codice “List” al report “54”»;

che «tale identificazione con il querelante» rappresenterebbe «una circostanza non vera e comunque non accertata, come emergerebbe da vari documenti allegati alla querela» e come già emerso in sede di accertamento definitivo da parte della autorità giudiziaria italiana;

che, sulla base di tali atti, veniva esercitata l’azione penale, con richiesta di rinvio a giudizio, per il reato di diffamazione aggravata col mezzo della stampa, nei confronti del senatore Stracquadanio, nonché del direttore del quotidiano “Libero,” Alessandro Sallusti, e dei curatori della collana cui il libro appartiene, onorevole Renato Brunetta, autore dell’introduzione del libro, e Vittorio Feltri, autore della prefazione;

che nei confronti degli imputati Stracquadanio e Brunetta veniva disposta la separazione dei rispettivi procedimenti, in attesa delle determinazioni della Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari del Senato della Repubblica nonché della Commissione giuridica del Parlamento Europeo, avendo entrambi i parlamentari invocato l’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che la Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari del Senato della Repubblica, nella seduta del 22 dicembre 2008, ha approvato la proposta di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse dall’onorevole Stracquadanio, senatore all’epoca dei fatti;

che, analogamente, la Commissione giuridica del Parlamento Europeo, con atto del 1 aprile 2009, ha proposto di decidere di difendere i privilegi e le immunità del deputato Brunetta;

che, quanto alla sussistenza dei requisiti di ammissibilità del ricorso per conflitto, il ricorrente – rammentati i princìpi enunciati nella giurisprudenza di questa Corte in tema di garanzia dell’immunità assicurata dall’art. 68, primo comma, Cost., in particolare laddove si è affermato che le opinioni espresse e gli atti compiuti dai parlamentari «siano identificabili come espressione dell’esercizio funzionale, a tanto non essendo sufficiente né la comunanza di argomenti, né un mero contesto politico cui possano riferirsi» –, ha manifestato l’intento «di sollevare conflitto di attribuzione quanto meno al fine di togliere ogni dubbio sulla sussistenza o meno del nesso funzionale tra dichiarazioni e attività parlamentare» e allo scopo di accertare se sia stata rispettata «la sfera di attribuzioni riservata costituzionalmente all’autorità giudiziaria»;

che il ricorrente sottolinea come il caso di specie presenti, infatti, «alcune peculiarità», in considerazione del fatto che la vicenda del c.d. dossier Mitrokhin è stata oggetto di una Commissione parlamentare di inchiesta, la quale ha prodotto due relazioni contrapposte anche sulle valutazioni di attendibilità, una di maggioranza e una di minoranza, senza che il documento conclusivo sia «mai stato oggetto di votazione da parte del Parlamento»;

che, secondo il ricorrente, «l’avere indicato il querelante tra le spie è un fatto che non può essere considerato alla stregua di una opinione espressa nell’esercizio delle funzioni di parlamentare», posto che si è attribuito «ad un Ambasciatore una attività ed una qualifica assolutamente indegna oltre che penalmente rilevante», dovendosi con ciò, piuttosto, domandare «se, di fronte a un sì forte attentato al bene della dignità personale, l’immunità parlamentare sia o no preminente anche di fronte a notizie non vere e comunque non dimostrate (allo stato del procedimento) come vere» e se non emerga, semmai, «la necessità di un confronto tra le parti innanzi a un giudice terzo»;

che, dunque, nella vicenda oggetto del procedimento, non sarebbe ravvisabile alcun nesso funzionale «tra la funzione di parlamentare del senatore Stracquadanio e dell’onorevole Brunetta e l’attribuzione di un fatto determinato (essere una spia al servizio del KGB) a un funzionario pubblico con attività diplomatica sì rilevante», come quella svolta dal querelante ad Algeri, né sarebbe comprensibile quale possa essere «l’opinione espressa», giacché nel caso in esame «non si tratta neppure di un soggetto che svolge attività politica ma di un funzionario ormai in pensione»;

che, peraltro, la circostanza, pure dedotta, che il riferimento al querelante possa intendersi come divulgazione dei risultati raggiunti dalla Commissione parlamentare sul caso Mitrokhin, sarebbe «argomento non dirimente», considerato che gli atti della Commissione sono pubblici e che, «in ogni caso», era tutt’altro che pacifica la identificazione dello stesso De Michelis di Slonghello nella persona indicata come il “LIST del report 54”;

che, d’altra parte, quanto alla posizione dell’europarlamentare on. Brunetta, sussisterebbero «tutti i presupposti» per sollevare il conflitto di attribuzione anche nei confronti del Parlamento Europeo, dal momento che egli avrebbe, nell’introduzione del libro, «avallato le conclusioni degli autori dei capitoli di cui al libro oggetto di querela», attraverso «parole da cui emerge la piena consapevolezza di quanto è contenuto nel capitolo dedicato al dossier Mitrokhin» e addirittura attraverso una rielaborazione di parte della relazione conclusiva della Commissione parlamentare «senza dare atto degli elementi di segno contrario»;

che anche in questo caso, «solo un processo» potrebbe «fare venire alla luce la verità che tutte le parti […] hanno diritto venga alla luce»;

che, pertanto, le ragioni enunciate a sostegno del conflitto nei confronti del Senato della Repubblica varrebbero anche nei confronti del Parlamento Europeo,  «potendosi il Parlamento europeo qualificare allo stesso modo che il Senato della Repubblica quale soggetto attivo e passivo del conflitto di attribuzione avendo in materia di immunità gli stessi poteri di Senato e Camera dei deputati e quindi di decidere in modo definitivo circa la sussistenza o meno dell’immunità (artt. 9 e 10 del Protocollo sui privilegi e le immunità e art. 6 paragrafo 2 dell’Atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo)».

Considerato che, in questa fase del giudizio, la Corte è chiamata a decidere, senza contraddittorio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge n. 87 del 1953, sulla ammissibilità del ricorso, in relazione all’esistenza della «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», in quanto insorto, secondo la previsione di cui allo stesso art. 37, primo comma, «tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali», restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;

che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze è legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, nell’esercizio delle funzioni attribuitegli, la volontà del potere cui appartiene;

che, analogamente, il Senato della Repubblica, che ha deliberato l’insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimato ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;

che esiste la materia del conflitto, in quanto il ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, ad opera della deliberazione del Senato della Repubblica, secondo la quale i fatti per i quali è pendente il procedimento penale sarebbero insindacabili in applicazione dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, dunque, per quanto riguarda il Senato della Repubblica, il ricorso va dichiarato ammissibile, contenendo, come previsto dall’art. 24 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, sia «l’esposizione delle ragioni di conflitto» sia «l’indicazione delle norme costituzionali che regolano la materia»;

che, diversamente, il Parlamento Europeo, che ha deliberato di difendere i privilegi e le immunità di un proprio deputato, non può essere parte di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto esso rappresenta una «istituzione dell’Unione», che, al pari di ogni altra istituzione europea, a norma dell’art. 13.2. del Trattato sull’Unione europea, «agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste»;

che «la giurisdizione costituzionale sui conflitti è determinata in relazione alla natura dei soggetti che confliggono e delle loro competenze, la cui integrità essi difendono» (sentenza n. 457 del 1999), costituendo il giudizio per conflitto di attribuzione una «garanzia dell’ordine costituzionale delle competenze» (sentenza n. 457 del 1999), in riferimento, com’è ovvio, alle istituzioni che ad esso sono relative;

che, peraltro, come risulta dalla giurisprudenza comunitaria, mancando nell’art. 8 (ex art. 9) del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee qualsiasi rinvio ai diritti nazionali, «la portata di tale immunità deve essere determinata quindi unicamente sulla scorta del diritto comunitario», fermo restando che la valutazione dei presupposti per l’applicazione dell’immunità rientra «nella competenza esclusiva dei giudici nazionali chiamati ad applicare tale disposizione», salva la facoltà di questi ultimi di «adire la Corte ai sensi dell’art. 234 CE in merito all’interpretazione di tale articolo del Protocollo» (Corte di giustizia delle Comunità europee 21 ottobre 2008, cause riunite C-200/07 e C-201/07, punti 26 e 32-34);

che, d’altra parte, secondo la richiamata giurisprudenza comunitaria, una decisione di difesa delle immunità, adottata sulla base del regolamento interno del Parlamento Europeo («atto di organizzazione interna, inidoneo come tale a istituire a favore del Parlamento competenze che non siano espressamente riconosciute da un atto normativo, nella fattispecie dal Protocollo»), costituisce «un parere sprovvisto di effetti vincolanti nei confronti delle autorità giudiziarie nazionali», per quanto anch’esse tenute all’«obbligo di leale cooperazione» (Corte di giustizia delle Comunità europee 21 ottobre 2008, cause riunite C-200/07 e C-201/07, punti 38, 39 e 41);

che, dunque, per quanto riguarda il Parlamento Europeo, il ricorso va dichiarato inammissibile per assoluta carenza dei requisiti richiesti ai fini del presente giudizio.

[ELG:DISPOSITIVO]

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe, proposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze nei confronti del Senato della Repubblica;

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe, proposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze nei confronti del Parlamento Europeo;

dispone:

            a) che la Cancelleria di questa Corte dìa immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze;

            b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del medesimo ricorrente, notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la Cancelleria della Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della   Consulta, il 10 maggio 2010.

[ELG:FIRME]

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2010.

 

[ELG:ALLEGATO]