Sentenza n. 51 del 2010

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SENTENZA N. 50

ANNO 2010

 [ELG:COLLEGIO]

SENTENZA N. 51

ANNO 2010

 

[ELG:COLLEGIO]REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-        Ugo                              DE SIERVO                                    Presidente

-        Paolo                            MADDALENA                                Giudice

-        Alfio                               FINOCCHIARO                                     ''

-        Alfonso              QUARANTA                                         ''

-        Luigi                               MAZZELLA                                           ''

-        Gaetano                          SILVESTRI                                            ''

-        Sabino                           CASSESE                                               ''

-        Maria Rita                      SAULLE                                                 ''

-        Giuseppe            TESAURO                                             ''

-        Paolo Maria                    NAPOLITANO                                     ''

-        Giuseppe                         FRIGO                                                   ''

-        Alessandro                      CRISCUOLO                                        ''

[ELG:PREMESSA]

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari), promosso dal Console d’Italia a Spalato in funzione di Giudice tutelare nel procedimento relativo a P.A., con ordinanza del 27 aprile 2009, iscritta al n. 208 del registro ordinanze 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2009.

            Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

            udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2010 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.

[ELG:FATTO

Ritenuto in fatto

1. – Con ordinanza del 27 aprile 2009, il Console d’Italia di Spalato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari), in relazione agli artt. 3, 24, 25 e 32 della Costituzione.

            2. – Il rimettente, premette che la Signora S. K., cittadina italiana, ha avanzato istanza al Console d’Italia a Spalato affinché, nella sua qualità di Giudice tutelare, nomini un amministratore di sostegno che possa assistere nell’ordinaria amministrazione il marito sig. P. A., recentemente trasferitosi in Croazia per stare vicino alla moglie e alla figlia.

            La richiedente ha precisato che il marito non è autosufficiente e che tale circostanza era stata accertata dal Tribunale di Cagliari, il quale, nell’ambito di un procedimento di interdizione, su proposta del Pubblico ministero, aveva ritenuto sufficiente la nomina di un amministratore di sostegno, nomina poi effettuata dal Giudice tutelare. Secondo l’istante, l’amministratore di sostegno, in quanto residente in Sardegna, non potrebbe però svolgere proficuamente il proprio compito, poiché il marito si è trasferito in Croazia, quindi ha «necessità di una tutela» in detto Paese, tutela che «potrebbe concretizzarsi con la nomina di un nuovo amministratore di sostegno stabilmente residente in detto Paese».

2.1. – Posta detta premessa, il rimettente deduce che l’istanza sarebbe riconducibile all’art. 34 del d.P.R. n. 200 del 1967, il quale stabilisce che «il capo di ufficio consolare di prima categoria esercita nei confronti dei cittadini minorenni, interdetti, emancipati e inabilitati residenti nella circoscrizione le funzioni ed i poteri, in materia di tutela, di curatela, di assistenza pubblica e privata nonché di affiliazione, che le leggi dello stato attribuiscono al giudice tutelare».

            La lettera della norma attribuisce, tuttavia, detta competenza soltanto in riferimento ai minorenni, agli interdetti, agli emancipati ed agli inabilitati e non prevede che il console possa esercitare le funzioni di giudice tutelare nei confronti della «persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi», e cioè che possa procedere alla nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi dell’art. 404 del codice civile, nel testo novellato dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6 (Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali).

Secondo il rimettente, siffatta omissione sarebbe irragionevole, in quanto non prevede l’esercizio da parte del console delle funzioni di giudice tutelare in favore del cittadino italiano che versa in una situazione intermedia tra l’inabilitato e l’interdetto.

In particolare, l’art 34 del d.P.R. n. 200 del 1967, nella parte in cui non attribuisce al console il potere di nominare un amministratore di sostegno, violerebbe l’art. 3 Cost., poiché «solo ad alcuni cittadini italiani all’estero bisognevoli di tutela –ovverossia [a] quelli che rientrano nella fattispecie di cui all’art. 404 del codice civile – non permette di rivolgersi al console in qualità di giudice tutelare». In ogni caso, anche qualora «tale possibilità fosse comunque desumibile in modo interpretativo», la norma sarebbe irragionevole, poiché «non  consente al console, in qualità di giudice tutelare, di intervenire nei loro confronti con la nomina di un amministratore di sostegno, non permettendo così agli stessi di usufruire di tale istituto», con la conseguenza che essi «dovrebbero utilizzare il procedimento per ottenere l’inabilitazione e la successiva nomina di un curatore da parte del console come giudice tutelare».

La norma censurata violerebbe, altresì, l’art. 24 Cost., dato che non permetterebbe ai cittadini italiani all’estero che rientrano nella fattispecie dell’art. 404 del codice civile, «di agire agevolmente in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, davanti al console in qualità di giudice tutelare per ottenere la nomina di un amministratore di sostegno», risultando palese, esemplificativamente, la «difficoltà di un ricorso al giudice tutelare in Italia da parte di un cittadino» che si trovi all’estero in una località ubicata in un continente diverso dall’Europa.

Sotto un ulteriore profilo, il citato art. 34 violerebbe l’art. 25 Cost., poiché «distoglie dal giudice naturale precostituito per legge alcuni cittadini italiani all’estero bisognevoli di tutela – ovverossia quelli che rientrano nella fattispecie di cui all’art. 404 del codice civile – ove lo stesso giudice è invece chiaramente individuato nel console per altri cittadini italiani all’estero bisognevoli di tutela e rientranti nelle categorie dei minori, degli emancipati, degli inabilitati e degli interdetti», determinando una disparità di trattamento e difficoltà in danno di una categoria di cittadini italiani che si trovano all’estero.

Infine, il rimettente deduce che la norma censurata violerebbe anche l’art. 32 Cost., in quanto il cittadino italiano per il quale è stata chiesta la nomina dell’amministratore di sostegno vedrebbe leso il proprio «diritto alla salute, date le sue personali precarie condizioni mentali e di capacità di autogestione».

A suo avviso, il citato art. 34 sarebbe quindi costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non prevede, «nell’ambito della competenza del console in qualità di giudice tutelare per i casi bisognevoli di una forma di tutela – la possibilità per lo stesso console di servirsi dello strumento di nomina di un amministratore di sostegno anche per tutelare i soggetti» ai quali sarebbe applicabile l’art. 404 del codice civile, «e che, ovviamente, non siano stati dichiarati interdetti o inabilitati dal tribunale italiano».

2.2. – Il console di Spalato deduce di avere anche «accertato prima la necessità di tutela» ed «esaminato poi la possibilità di addivenire in via interpretativa alla soluzione del problema in questione».

A suo avviso, la possibilità di nominare un amministratore di sostegno, in virtù della considerazione che «la competenza generale di tutela di cui all’articolo 34» del d.P.R. n. 200 del 1967 «assorbe, ratione materiae, anche quello dello stadio di infermità di natura parziale e/o temporanea come nel caso sottoposto» sarebbe, tuttavia, preclusa dalla circostanza che ciò avrebbe comportato «un conflitto di competenza con il  giudice tutelare in Italia, difficilmente risolvibile in via interpretativa», stante la mancata previsione di un tale potere in detta norma.

Inoltre, la eventuale nomina di un curatore provvisorio avrebbe comportato la richiesta di apertura di un procedimento di inabilitazione, quindi l’inizio di un procedimento più invasivo rispetto all’amministrazione di sostegno che il Tribunale di Cagliari ha già ritenuto sufficiente, escludendo la sussistenza dei presupposti per pronunciare l’interdizione o l’inabilitazione.

Secondo il console, la questione sarebbe rilevante, poiché l’istanza non potrebbe essere decisa, senza la previa risoluzione dell’incidente di costituzionalità», dal momento che «solo la trasposizione  nel caso concreto del giudizio di legittimità costituzionale» gli permetterà «di decidere se potrà o meno definire la questione decretando la nomina di un amministratore di sostegno».

2.3. – Il rimettente, nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione, espone, infine, di ritenere «necessaria e improcrastinabile la tutela» della parte ed ha fatto perciò ricorso «in via eccezionale alla norma speciale ed eccezionale costituita dall’art. 61 del d.P.R. n. 200 del 1967. Pertanto, visto anche l’art. 34 e l’art. 62, del d.P.R. n. 200 del 1967, ha provveduto ad emanare un provvedimento urgente temporaneo, ricorrendo agli artt. 361 e 424 del codice civile, nominando la moglie S. K. curatore provvisorio del marito A. P., senza avvio del procedimento di inabilitazione».

Il console precisa di avere adottato questa soluzione, tenendo conto che «in numerose sentenze la stessa Corte costituzionale si è espressa nel senso che il giudice, nell’operare la ricognizione del contenuto normativo della disposizione, deve sempre e costantemente essere guidato dall’esigenza di rispetto  dei precetti costituzionali e quindi, ove un’interpretazione appaia confliggente con alcuno di essi, è tenuto, soprattutto in mancanza di diritto vivente, ad adottare letture alternative maggiormente aderenti al parametro costituzionale altrimenti vulnerato» (nell’ordinanza è richiamata la sentenza n. 149 del 1994).

3. – Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.

La difesa erariale deduce che, secondo la Corte di cassazione (sentenza n. 13584 del 2006), l’amministrazione di sostegno costituisce, nell’ambito delle misure di protezione delle persone prive, in tutto o in parte, di autonomia, quella meno invasiva, poiché può essere prevista solo per il compimento di determinati atti, mentre il tutore ed il curatore si sostituiscono, sebbene con diversa intensità, al soggetto tutelato.

Pertanto, benché al console non sia consentita la pronuncia dell’interdizione, una interpretazione costituzionalmente orientata della norma censurata renderebbe possibile ritenere che egli possa invece procedere alla nomina dell’amministratore di sostegno, in virtù di una esegesi consentita dalla circostanza che l’art. 34 del d.P.R. n. 200 del 1967 contiene un rinvio ampio a tutte le funzioni attribuite al giudice tutelare, quindi, anche a quelle in tema di amministrazione di sostegno.

La diversa conclusione sostenuta dal rimettente non sarebbe corretta, in quanto affidata alla considerazione che essa comporterebbe un conflitto di competenza con il Giudice tutelare, svolta senza tenere conto che l’art. 413, primo e terzo comma, del codice civile prevede la revoca dell’amministrazione di sostegno, qualora sussistano i presupposti per disporne la cessazione, ovvero se essa si riveli inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario. La fattispecie sottoposta all’esame del console sarebbe riconducibile a dette ipotesi, poiché il provvedimento è stato chiesto in favore di un cittadino italiano che ha trasferito la propria residenza in Croazia, quindi, non è più nelle condizioni di avvalersi dell’amministratore di sostegno nominato in Italia. D’altronde, la Corte di cassazione ha anche affermato che la competenza a nominare l’amministratore di sostegno spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata ha la residenza o il domicilio e che all’amministrazione di sostegno non è applicabile l’art. 343, secondo comma, del codice civile, il quale disciplina il trasferimento della tutela.

Pertanto, nella specie neppure sarebbe ipotizzabile un conflitto di competenza, poiché, come si evince dall’art. 404 del codice civile, la competenza a nominare l’amministratore di sostegno spetta esclusivamente al giudice del luogo in cui l’interessato ha trasferito la propria residenza o il proprio domicilio.

[ELG:DIRITTO

Considerato in diritto

            1. – Il Console d’Italia di Spalato, nella sua qualità di Giudice tutelare e nell’ambito di un procedimento relativo alla nomina di un amministratore di sostegno, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari), nella parte in cui stabilisce che il capo di ufficio consolare di prima categoria esercita nei confronti dei cittadini minorenni, interdetti, emancipati e inabilitati residenti nella circoscrizione le  funzioni ed i poteri, in materia di tutela, di curatela, di assistenza pubblica e privata nonché di affiliazione, che le leggi dello stato attribuiscono al giudice tutelare, ma non prevede che egli possa «servirsi dello strumento di nomina di un amministratore di sostegno».

            A suo avviso, la norma censurata violerebbe l’art. 3 della Costituzione in quanto non permette ai cittadini italiani all’estero, che potrebbero avvalersi dell’amministrazione di sostegno, di rivolgersi al console in qualità di giudice tutelare e, comunque, qualora «tale possibilità fosse […] desumibile in modo interpretativo», non ragionevolmente, «non consente al console, in qualità di giudice tutelare, di intervenire nei loro confronti con la nomina di un amministratore di sostegno, non permettendo così agli stessi di usufruire di tale istituto», con la conseguenza che essi «dovrebbero utilizzare il procedimento per ottenere l’inabilitazione e la successiva nomina di un curatore da parte del console come giudice tutelare».

            La disposizione in esame si porrebbe, poi, in contrasto con l’art. 24 Cost., dato che non permetterebbe ai cittadini italiani all’estero bisognevoli di tutela, i quali potrebbero fruire dell’amministrazione di sostegno, di agire agevolmente in giudizio per la tutela dei propri diritti, davanti al console in qualità di giudice tutelare per ottenere la nomina di un amministratore di sostegno, essendo palese la «difficoltà di un ricorso al giudice tutelare in Italia da parte di un cittadino» che si trovi all’estero in una località ubicata in un continente diverso dall’Europa.

            Sussisterebbe, inoltre, la violazione dell’art. 25, Cost., poiché alcuni cittadini italiani residenti all’estero ed abbisognevoli di tutela sarebbero distolti dal giudice naturale; nonché dell’art. 32 Cost., in quanto il cittadino italiano per il quale è stata chiesta la nomina dell’amministratore di sostegno vedrebbe leso il proprio «diritto alla salute, date le sue personali precarie condizioni mentali e di capacità di autogestione».

            2. – La questione non è fondata.

            3. – Il rimettente ha richiesto alla Corte la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma censurata nella parte in cui non prevede che egli possa «servirsi dello strumento di nomina di un amministratore di sostegno». Nel far ciò, il giudice a quo ha proceduto anche a verificare la possibilità di desumere il relativo potere dalla norma, in via interpretativa, e, da un canto, ha ritenuto ammissibile una siffatta esegesi; dall’altro, è giunto a negare la praticabilità di tale soluzione esclusivamente per la considerazione che ciò determinerebbe «un conflitto di competenza con il giudice tutelare in Italia, difficilmente risolvibile in via interpretativa».

            In ordine a tali considerazioni, va ricordato che questa Corte ha affermato che «la complessiva disciplina inserita dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6 (Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali), sulle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l’istituto che, da un lato, garantisca all’incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall’altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacità; e consente, ove la scelta cada sull’amministrazione di sostegno, che l’ambito dei poteri dell’amministratore sia puntualmente correlato alle caratteristiche del caso concreto. Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all’incapace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle ben più invasive misure dell’inabilitazione o dell’interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, estesa per l’inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l’interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria» (sentenza, n. 440 del 2005). Ricostruito in tal modo il complesso normativo inscindibile, derivato dalle modifiche della citata legge n. 6 del 2004, deve ritenersi che l’ampia portata precettiva dell’art. 34, del d.P.R. n. 200 del 1967, oggi censurato, non risulta di ostacolo ad un’esegesi che tenga conto anche del mutato quadro normativo, il quale offre a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire. In questo senso la disposizione in esame, riconducendo al potere giurisdizionale del console, con clausola di chiusura, anche «le funzioni ed i poteri» – così testualmente, in materia di «assistenza pubblica e privata» – sembra consentire agevolmente, in virtù di un’interpretazione evolutiva, di comprendere fra le funzioni attribuite quelle relative ad un istituto più idoneo e flessibile quale l’amministrazione di sostegno.

            La giurisprudenza di legittimità ha, peraltro,  in proposito precisato che rispetto agli istituti della tutela e della curatela l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, quanto piuttosto «alla maggiore idoneità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa» (Cass., sentenza n. 13584 del 12 giugno 2006).

            Ciò posto, occorre ora verificare se quanto prospettato dal rimettente in ordine al possibile determinarsi di un conflitto di competenza non risolvibile in via interpretativa, sia effettivamente di ostacolo a praticare l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma.

            La situazione in esame riguarda l’eventuale problema della competenza fra il giudice tutelare che ha disposto l’amministrazione di sostegno in atto ed il console, in funzione di giudice tutelare, che intende disporne la sostituzione. Una simile situazione ben potrebbe determinarsi fra giudici tutelari nel territorio nazionale, la qual cosa non induce a ritenere non praticabile la sostituzione dell’amministratore di sostegno da parte del giudice tutelare territorialmente competente. Anzi, pacificamente è riconosciuto che la competenza a nominare l’amministratore di sostegno spetti al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata ha la residenza.

            Deve quindi concludersi che l’ipotetica possibilità di un conflitto di competenza fra il console ed il giudice tutelare potrebbe semmai presentarsi come un mero inconveniente di fatto, peraltro risolvibile con l’ordinario procedimento per conflitto di competenza, ma non come un ostacolo giuridicamente rilevante all’interpretazione costituzionalmente orientata, come  invece erroneamente ritenuto dal rimettente.

[ELG:DISPOSITIVO]

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari), in relazione agli artt. 3, 24, 25 e 32 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

            Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2010.

[ELG:FIRME]

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2010.

 

[ELG:ALLEGATO]

 [ELG:ALLEGATO]