Sentenza n. 240 del 2009

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SENTENZA N. 240

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Francesco        AMIRANTE                        Presidente

-  Ugo                 DE SIERVO                          Giudice

-  Paolo             MADDALENA                            “

-  Alfio              FINOCCHIARO                        “

-  Alfonso         QUARANTA                               “

-  Franco           GALLO                                        “

-  Luigi             MAZZELLA                                 “

-  Gaetano         SILVESTRI                                 “

-  Sabino           CASSESE                                     “

-  Maria Rita     SAULLE                                       “

-  Giuseppe       TESAURO                                    “

-  Paolo Maria   NAPOLITANO                            “

-  Giuseppe       FRIGO                                    “

-  Alessandro     CRISCUOLO                          “

-  Paolo GROSSI                                                    “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5, commi 1, 6, 9, lettera b), numero 14), e 12 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 216, nonché dell’elenco n. 1 allegato al predetto decreto-legge, promosso dalla Regione Siciliana con ricorso notificato il 25 giugno 2008, depositato in cancelleria il 30 giugno 2008 ed iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2008.

            Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

            udito nell’udienza pubblica del 23 giugno 2009 il Giudice relatore Franco Gallo;

            uditi l’avvocato Sergio Abbate per la Regione Siciliana e l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. − Con ricorso notificato il 25 giugno 2008 e depositato in cancelleria il successivo 30 giugno, la Regione Siciliana ha chiesto a questa Corte di dichiarare l’illegittimità costituzionale dei commi 1, 6, 9, lettera b), numero 14), e 12 dell’art. 5 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché dell’elenco n. 1 allegato al predetto decreto-legge, per violazione dell’art. 21, terzo comma, dello statuto speciale della Regione Siciliana (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e degli artt. 2, comma 1, e 4 del decreto legislativo 21 gennaio 2004, n. 35 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana relative alla partecipazione del Presidente della Regione alle riunioni del Consiglio dei Ministri).

1.1. − La Regione ricorrente premette che il citato decreto-legge − finalizzato all’adozione «di misure volte alla ristrutturazione dei mutui bancari, nonché di rilancio e sviluppo economico» per le famiglie, misure tra le quali è compresa l’esclusione dall’imposta comunale sugli immobili (ICI) per le unità immobiliari adibite ad abitazione principale − prevede che gli interventi da esso disposti siano finanziati mediante la riduzione di alcune risorse già assegnate alla medesima Regione e, in particolare, mediante la riduzione: a) dell’intero importo di € 1.363,5 milioni, destinato, per l’anno 2008, ad interventi infrastrutturali e stradali in Sicilia e Calabria (art. 5, comma 6); b) dell’intero importo di € 350 milioni, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, finalizzato alle spese per la viabilità secondaria della Regione Siciliana (art. 5, comma 9, lettera b, n. 14); c) dell’importo di € 50 milioni destinato a fronteggiare i danni provocati in Sicilia, nell’anno 2007, dalla malattia viticola denominata “peronospora” (art. 5, comma 1, in combinato con l’allegato elenco n.1); d) di tutte le risorse previste per gli interventi di miglioramento della qualità del servizio di trasporto e sicurezza nello stretto di Messina (art. 5, comma 1, in combinato con l’allegato elenco n. 1).

1.2. − La ricorrente − nel procedere a una dettagliata ricostruzione delle fonti normative con le quali sono state asegnate le suddette risorse oggetto di successiva riduzione ad opera delle denunciate disposizioni − precisa che l’art. 5 del decreto-legge impugnato prevede, tra l’altro, che: a) alcune autorizzazioni di spesa, indicate nell’elenco n. 1 allegato al decreto, sono ridotte per gli importi ivi precisati (comma 1); b) le risorse rese disponibili da tali riduzioni di spesa sono iscritte in un fondo, già istituito dal comma 5 dell’art. 10 del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e denominato «Fondo per interventi strutturali di politica economica» (comma 2); c) al menzionato fondo affluisce anche la «somma iscritta nel bilancio dello Stato per l’anno 2008, nell’ambito della missione “Infrastrutture pubbliche e logistica”, programma “Sistemi stradali ed autostradali”, in attuazione dell’art. 1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), per l’intero importo di 1.363,5 milioni di euro […]» (comma 6).

1.2.1. − Nell’àmbito della suddetta ricostruzione normativa, la Regione ricorrente evidenzia che il citato art. 1, comma 1155, della legge n. 296 del 2006 ha modificato i commi 92 e 93 dell’art. 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 24 novembre 2006, n. 286. In esito a tale modifica, il comma 92 prevede: a) l’attribuzione al Ministero dell’economia e delle finanze – una volta trasferite ad altra società controllata dallo Stato le azioni della s.p.a. Stretto di Messina possedute dalla s.p.a. Fintecna – delle risorse finanziarie inerenti agli impegni assunti dalla s.p.a. Fintecna nei confronti della s.p.a. Stretto di Messina al fine della realizzazione del collegamento stabile viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente; b) l’iscrizione di tali risorse, previo versamento in entrata, «in due distinti capitoli di spesa del Ministero delle infrastrutture e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, denominati, rispettivamente, «Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali in Sicilia e in Calabria» ed «Interventi di tutela dell’ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria». A sua volta, il comma 93 dell’art. 2 del decreto-legge n. 262 del 2006 prevede che le risorse di cui al comma 92, nel rispetto del principio di addizionalità, siano assegnate «per il 90 per cento alla realizzazione di opere infrastrutturali e per il 10 per cento ad interventi a tutela dell’ambiente e della difesa del suolo [e] destinate, per il 70 per cento, ad interventi nella regione Sicilia». Afferma poi la ricorrente che, in attuazione delle disposizioni da ultimo citate, il Ministero delle infrastrutture aveva già concluso con la Regione Siciliana e la Regione Calabria, in data 4 ottobre 2007, accordi preliminari finalizzati all’individuazione e selezione degli interventi infrastrutturali prioritari ricadenti nel territorio delle due Regioni, da finanziare con le risorse di cui all’art. 1, comma 1155, della legge n. 296 del 2006 (cosiddetti “fondi Fintecna”). In particolare, per la Regione Siciliana erano stati individuati quattro interventi infrastrutturali, e cioè: a) la linea metropolitana leggera di Palermo (1° stralcio funzionale), nell’area metropolitana di Palermo; b) la ferrovia Circumetnea-tratta urbana, con funzione di metropolitana (2° lotto funzionale Stesicoro-Aeroporto), nell’area metropolitana di Catania; c) il completamento della piattaforma logistica intermodale con annesso scalo portuale e relativi assi viari, nell’area metropolitana di Messina; d) il secondo lotto dell’autostrada A19 Agrigento-Caltanissetta.

1.2.2. − La Regione ricorrente segnala ancora − quanto alle ulteriori riduzioni di spesa previste dall’impugnato comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 93 del 2008, in combinato disposto con l’elenco n. 1 allegato al decreto − la riduzione di € 50 milioni, per il 2008, rispetto all’autorizzazione di spesa già prevista dall’art. 2, comma 135, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2008). Tale ultima disposizione − inserendo l’art. 1-bis dopo l’art. 1 della legge 1 luglio 1997, n. 206 − ha autorizzato, per l’anno 2008, la spesa di € 50 milioni, «al fine di fare fronte ai danni e al mancato reddito dovuti agli attacchi della malattia fungina plasmopara viticola, nota altresí con il nome di “peronospora“, avvenuti nel 2007 in Sicilia […]». A parere della ricorrente, la riduzione dell’autorizzazione della suddetta spesa azzera integralmente l’originario intervento di spesa disposto dal comma 135 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007.

1.2.3. − La Regione Siciliana, proseguendo nella sua disamina delle denunciate riduzioni delle risorse assegnatele, evidenzia, altresí, che il medesimo elenco n. 1, richiamato dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge impugnato, contiene un’ulteriore riduzione di quanto assegnatole dal comma 234 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007 e destinato, oltre che agli interventi di ammodernamento del tratto autostradale Gioia Tauro-Reggio Calabria, anche a «migliorare la qualità del servizio di trasporto e sicurezza nello Stretto di Messina». Il combinato disposto impugnato, infatti, ha ridotto le autorizzazioni per tali spese di € 20 milioni per il 2008, di € 22 milioni per il 2009 e di € 7 milioni per il 2010. Inoltre, secondo la Regione ricorrente, alla luce del disposto dell’impugnato comma 12 dell’art. 5 del decreto-legge n. 93 del 2008 − il quale prevede che «sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la rideterminazione delle autorizzazioni di spesa di cui all’elenco 1 allegato al presente decreto» −, deve ritenersi abrogata la disposizione «che prevede l’intervento medesimo».

1.2.4. − La Regione Siciliana, infine, impugna il comma 9, lettera b), n. 14, dell’art. 5 del d.l. n. 93 del 2008, individuando in tale disposizione la previsione di un’ulteriore riduzione di spese già autorizzate e destinate ad essa ricorrente. La norma censurata modifica, infatti, il comma 538 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007, il quale, a sua volta, aveva introdotto, dopo il comma 1152 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, il comma 1152-bis. La ricorrente premette che, in forza del citato comma 1152, per gli interventi di ammodernamento e di potenziamento della viabilità secondaria esistente nella Regione Siciliana e nella Regione Calabria, è assegnata una quota pari, rispettivamente, a € 350 milioni ed a € 150 milioni per l’anno 2007. Alla ripartizione di tali somme tra le province della Regione Siciliana e quelle della Regione Calabria avrebbe dovuto provvedere, con decreto, il Ministro delle infrastrutture. Il comma 1152-bis prevede poi che, «per le stesse finalità e nelle medesime proporzioni e modalità stabilite ai sensi del comma 1152», alle province della Regione Siciliana e alle province della Regione Calabria sono assegnate, rispettivamente, le somme di € 350 milioni e di € 150 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009. L’ultimo inciso del comma 1152-bis, relativo alla copertura finanziaria della spesa in esame, prevedeva, in origine, che ai relativi oneri si provvedesse «mediante corrispondente riduzione, per i medesimi anni 2008 e 2009, dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289». Il testo di tale ultimo inciso, tuttavia, è stato sostituito ad opera del censurato comma 9, lettera b), n. 14, dell’art. 5 del decreto-legge n. 93 del 2008, secondo il quale «L’autorizzazione di spesa di cui all’art. 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è ridotta di 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009». La ricorrente Regione Siciliana interpreta tale modifica nel senso che essa comporterebbe l’integrale sottrazione delle suddette risorse alla particolare destinazione prevista per la Sicilia (oltre che per la Calabria), vincolando invece i medesimi importi al finanziamento degli interventi disposti dal decreto-legge impugnato. In proposito, la ricorrente sottolinea che, già in forza dell’originaria previsione del comma 1152, precedente all’introduzione del comma 1152-bis, il Ministro delle infrastrutture aveva emanato, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, il decreto del 13 luglio 2007, con il quale si era provveduto alla determinazione delle quote delle risorse da attribuire alle province della Regione Siciliana e della Regione Calabria. Inoltre − prosegue la ricorrente −, con decreto del 9 novembre 2007, il Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, aveva approvato i criteri e le modalità di gestione di tali risorse, sulla scorta di un accordo di programma tra lo stesso Ministero delle infrastrutture e la Regione Siciliana, intervenuto in data 28 dicembre 2006.

1.3. − All’esito di tale ricostruzione del quadro normativo, la Regione ricorrente afferma che le disposizioni denunciate, in quanto sottraggono «risorse ed interventi specifici per la Sicilia», attengono «direttamente e specificamente» agli interessi della Regione Siciliana. Da ciò deriverebbe la conseguenza che il mancato coinvolgimento, prima della emanazione di tali disposizioni, del Presidente della Regione Siciliana, comporta la violazione sia dell’art. 21, ultimo comma, dello statuto speciale regionale e delle correlate norme di attuazione approvate con il d.lgs. n. 35 del 2004, sia del principio di leale collaborazione.

1.3.1. - Quanto all’evocato art. 21 dello statuto speciale regionale, il terzo (ed ultimo) comma di tale disposizione stabilisce che il Presidente della Regione partecipa, «con il rango di Ministro […] al Consiglio dei ministri con voto deliberativo nelle materie che interessano la Regione». In attuazione della suddetta disposizione statutaria, il d.lgs. n. 35 del 2004 − oltre a prevedere, in via generale, che «gli organi dello Stato e della Regione, nello svolgimento delle attività preparatorie e delle deliberazioni connesse all’attuazione del presente decreto, informano i rispettivi comportamenti al principio di leale collaborazione» (art. 1, comma 2) − disciplina specificamente, all’art. 2, la partecipazione del Presidente della Regione Siciliana al Consiglio dei ministri. Secondo tale articolo, infatti: a) il Presidente del Consiglio invita il Presidente della Regione Siciliana, il quale ha facoltà di partecipare, al Consiglio dei ministri, quando tale organo «deve deliberare provvedimenti di qualsiasi natura che riguardano la sfera di attribuzione proprie e peculiari della Regione siciliana» (comma 1); b) il Presidente della Regione può «chiedere di partecipare alle riunioni del Consiglio dei Ministri in ogni altra ipotesi in cui ritiene che i provvedimenti trattati coinvolgono un interesse differenziato, proprio e peculiare della Regione siciliana o determinano una rilevante e diretta interferenza sullo specifico indirizzo politico della stessa, salva la definitiva determinazione del Presidente del Consiglio, che viene comunicata al Presidente della Regione» (comma 2). L’art. 4 del medesimo decreto legislativo prevede, inoltre, che, in conformità a quanto previsto dall’art. 21, terzo comma, dello statuto della Regione siciliana, «in tema di preventiva informazione sugli argomenti iscritti all’ordine del giorno delle sedute del Consiglio dei ministri cui è chiamato a partecipare, di espressione di opinioni e manifestazioni di voto, al Presidente della Regione siciliana spettano i medesimi diritti e doveri attribuiti ai Ministri».

1.3.2. − Sulla base di tali premesse, la ricorrente ritiene che sia l’art. 21, terzo comma, dello statuto speciale regionale, sia le citate norme di attuazione del d.lgs. n. 35 del 2004 sono state «plurimamente violate», perché il Presidente della Regione non è stato invitato a partecipare, né formalmente né informalmente, alla seduta del Consiglio dei ministri nella quale è stato approvato il decreto-legge n. 93 del 2008, né ha ricevuto «alcuna preventiva informazione sul decreto-legge posto all’ordine del giorno», benché tale decreto incidesse direttamente su specifici interessi della Regione Siciliana.

1.3.3. − Quanto alla violazione del principio di leale collaborazione, la ricorrente osserva che tale principio avrebbe richiesto, nel rapporto tra lo Stato e l’ente regionale, «una preventiva attività di informazione ed una consequenziale interlocuzione e raccordo fra i diversi livelli istituzionali», anche in ragione degli specifici accordi, con destinazione di risorse, già stipulati tra la Regione ed il Ministero delle Infrastrutture.

2. − Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o, comunque, infondate.

2.1. − La difesa erariale, dopo avere premesso che non è «agevole mettere in relazione […] i motivi di illegittimità costituzionale con le singole norme denunciate», rimette alla Corte ogni valutazione sull’eventuale inammissibilità del ricorso.

2.2. − Nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato pone in rilievo che la ricorrente non dubita dell’esistenza di una competenza legislativa dello Stato in ordine alla materia disciplinata dal decreto-legge n. 93 del 2008, ma assume, piuttosto, che le norme censurate del citato provvedimento normativo riguardano «la sfera di attribuzioni proprie e peculiari della Regione siciliana», deducendo da ciò la violazione dell’art. 21, terzo comma, dello statuto e delle correlative norme di attuazione. Nondimeno, secondo l’Avvocatura, le norme censurate non hanno ad oggetto materie rientranti nella sfera di attribuzioni «proprie e peculiari» della Regione ricorrente e, pertanto, per la loro approvazione non era richiesta la partecipazione necessaria, al Consiglio dei ministri, del Presidente della Regione Siciliana.

2.3. − Quanto al comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 93 del 2008, denunciato in combinato disposto con l’elenco n. 1 allegato al decreto, la difesa erariale afferma che tale disposizione si limita a stabilire, per l’anno 2008, una riduzione dei fondi già stanziati con l’art. 2, comma 135, della legge n. 244 del 2007, destinati ad indennizzare gli agricoltori danneggiati dalla peronospora. Tale riduzione non incide, tuttavia, sulle somme stanziate per i successivi anni 2009 e 2010 e non reca, perciò, alcun pregiudizio alla Regione: quest’ultima, peraltro, non ha addotto alcun elemento, «nemmeno presuntivo», da cui desumere che lo stanziamento, sebbene ridotto, «sarebbe stato insufficiente a coprire i danni prodotti dalla peronospora». Oltretutto – aggiunge l’Avvocatura generale dello Stato –, il citato comma 135 dell’art. 2, nel disporre il finanziamento, prevedeva che le relative somme fossero trasferite alla Regione entro un mese dall’entrata in vigore della legge: trasferimento poi non realizzatosi, con la conseguente permanenza delle somme in questione «nel fondo sul quale lo Stato ha mantenuto i suoi poteri di intervento».

2.4. – La censura avente ad oggetto l’art. 5, comma 6, del decreto-legge n. 93 del 2008 è ritenuta inammissibile e, comunque, non fondata. In particolare, secondo la difesa del Presidente del Consiglio, la Regione ricorrente si sarebbe limitata a richiamare detta disposizione ed a trascriverne il testo nel ricorso, senza però esporre gli argomenti a sostegno della sua illegittimità costituzionale, «in effetti […] nemmeno affermata». Ne deriverebbe che la disposizione in questione, in realtà «non è stata oggetto di impugnativa».

2.5. − In ordine alla censura avente ad oggetto l’art. 5, comma 9, lettera b), numero 14), del medesimo decreto-legge n. 93 del 2008, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che tale disposizione ha modificato il comma 1152 dell’art. 1 della legge finanziaria del 2007 (legge n. 296 del 2006), il quale era stato approvato in assenza dell’intervento del Presidente della Regione Siciliana, senza alcuna richiesta da parte della Regione di un tale intervento e senza alcuna successiva contestazione delle modalità di approvazione. Secondo l’Avvocatura, «il procedimento per la formulazione della norma modificativa non poteva essere diverso da quello adottato per la norma da modificare», dovendosi ritenere, in caso contrario, che la presenza del Presidente della Regione sarebbe richiesta non già in ragione della materia trattata, quanto per gli effetti eventualmente pregiudizievoli, per la Regione, delle norme adottate. Inoltre, la norma censurata ha modificato una delle disposizioni della legge finanziaria del 2007, non separabile pertanto, quanto alla procedura di approvazione, da tutte le altre che concorrono alla formazione del bilancio annuale dello Stato. Da ciò consegue che è da escludersi, «già in via di principio», ogni possibile incidenza sulla «sfera di attribuzioni proprie e peculiari della Regione siciliana».

2.6. − Quanto al merito della censura, l’Avvocatura evidenzia che la disposizione denunciata ha semplicemente modificato il secondo periodo del comma 1152-bis dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, disponendo che «l’autorizzazione di spesa di cui all’art. 56, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è ridotta di 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009», senza con ciò modificare, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’ammontare del finanziamento di spesa di € 350 milioni in favore della Regione Siciliana e di € 150 milioni in favore della Regione Calabria, stabilito nel primo periodo del medesimo comma 1152-bis, rimasto inalterato. Pertanto, essendo rimasta invariata la previsione di spesa in favore dell’ente locale, è da escludersi, ad avviso della difesa erariale, ogni possibile interferenza con la sfera delle attribuzioni «proprie e peculiari» della Regione Siciliana. In ogni caso − argomenta ancora l’Avvocatura generale dello Stato− il problema relativo alla copertura finanziaria di una legge statale «vedrebbe del tutto estranea la Regione», attenendo piuttosto all’eventuale violazione dell’art. 81 della Costituzione. Positiva conferma della fondatezza di tali argomenti si potrebbe trarre, a parere della stessa Avvocatura, dagli intervenuti accordi di programma tra il Ministero delle infrastrutture e la Regione Siciliana, con i quali si è provveduto al riparto delle risorse ed alla determinazione dei criteri e delle modalità della loro gestione. Tali provvedimenti, infatti, «hanno potuto trovare copertura finanziaria nelle norme richiamate, sulla cui efficacia attuale, pertanto, non possono evidentemente essere prospettati dubbi fondati».

2.7. − Secondo la difesa erariale, infine, non sussisterebbe alcuna violazione del principio costituzionale della leale collaborazione. In particolare, viene contestato l’assunto della ricorrente in ordine alla necessità, quantomeno, di «una preventiva attività di informazione ed una consequenziale interlocuzione e raccordo tra i diversi livelli istituzionali» prima dell’approvazione del decreto-legge n. 93 del 2008. L’invio della preventiva o contestuale informazione − secondo la difesa pubblica − risulta necessario, quale atto prodromico e funzionale all’invito alla seduta dell’organo di governo, solo nel caso in cui il Presidente del Consiglio dei ministri si determini ad invitare il Presidente della Regione Siciliana.

2.8. − All’esito di tale disamina, la difesa erariale conclude per l’infondatezza del ricorso, perché tutte le norme censurate si collocano al di fuori dall’àmbito applicativo dell’art. 21, terzo comma, dello statuto della Regione Siciliana ed, in particolare, della norma attuativa dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 35 del 2004. Quest’ultima prevede, infatti, la partecipazione del Presidente della Regione al Consiglio dei ministri solo quando l’organo di governo pone in deliberazione «provvedimenti di qualsiasi natura che riguardano la sfera di attribuzioni proprie e peculiari della Regione siciliana». La doppia aggettivazione, lungi dal costituire una mera endiadi, varrebbe a distinguere, accanto ad attribuzioni comuni a tutte le regioni (e, pertanto, “proprie” di esse), attribuzioni “peculiari” perché tipiche della Regione Siciliana, in quanto assegnate alla medesima dallo statuto speciale. Nondimeno − conclude l’Avvocatura − nessuna delle norme oggetto di censura va ad incidere direttamente su di una tale tipologia di attribuzioni, come è confermato dalla circostanza che talune delle norme censurate modificano, in realtà, assegnazioni di somme destinate tanto alla Regione Siciliana, quanto alla Regione Calabria. Da ciò consegue che la Regione ricorrente, rispetto alle norme oggetto di censura, risulta, al piú, titolare di un interesse differenziato, anch’esso proprio e peculiare, ma tale da prospettare semplicemente l’applicabilità del secondo comma dell’art. 2 del d.lgs. n. 35 del 2007 − vale a dire la partecipazione al Consiglio dei ministri del Presidente della Regione su richiesta di quest’ultimo − sul cui fondamento non può accogliersi, evidentemente, la promossa questione di legittimità costituzionale.

3. – In prossimità della pubblica udienza, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria, nella quale − insistendo nella richiesta di una pronuncia di inammissibilità o di non fondatezza del proposto ricorso − ribadisce che: a) le norme oggetto di impugnativa da parte della Regione Siciliana sono intervenute su precedenti disposizioni contenute nelle leggi finanziarie del 2007 e del 2008; b) le leggi finanziarie, «per loro funzione tipica, perseguono interessi estesi all’intera nazione, con proiezioni territoriali tra loro coordinate», con la conseguenza che non è applicabile la procedura “integrata” prevista dall’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 35 del 2004; c) a fronte di una manovra finanziaria con obiettivi generali, infatti, «nessuna regione può far valere interessi differenziati», cosí da rendere necessaria la partecipazione dei rispettivi presidenti alle sedute del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. − La Regione Siciliana censura i commi 1, 6, 9, lettera b), numero 14), dell’art. 5 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché l’elenco n. 1 allegato al predetto decreto-legge, nella parte in cui – nell’adottare «misure volte alla ristrutturazione dei mutui bancari, nonché di rilancio e sviluppo economico» per le famiglie, quali l’esclusione dall’imposta comunale sugli immobili (ICI) per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale – dispongono che gli interventi previsti dal medesimo decreto-legge siano finanziati mediante la riduzione dei seguenti importi, già assegnati alla Regione con specifiche destinazioni: 1) € 1.363,5 milioni, relativi a spese per interventi infrastrutturali e stradali in Sicilia e Calabria per l’anno 2008; 2) € 350 milioni, relativi alle spese per la viabilità secondaria della Regione Siciliana per ciascuno degli anni 2008 e 2009; 3) € 50 milioni, relativi alle spese per fronteggiare i danni provocati in Sicilia, nell’anno 2007, dalla malattia viticola denominata “peronospora”; 4) quanto previsto per gli interventi di miglioramento della qualità del servizio di trasporto e sicurezza nello stretto di Messina. Viene impugnato, di conseguenza, anche il comma 12 del medesimo articolo 5, il quale – con riferimento alle suddette riduzioni di risorse − dispone che «sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la rideterminazione delle autorizzazioni di spesa di cui all’elenco 1 allegato» e che «gli eventuali provvedimenti attuativi adottati, incompatibili con il presente articolo, restano privi di effetti».

1.1. − La Regione lamenta che le denunciate disposizioni sono state adottate in violazione: a) dell’art. 21, terzo comma, dello statuto speciale della Regione Siciliana (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, in combinato con l’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 21 gennaio 2004, n. 35 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana relative alla partecipazione del Presidente della Regione alle riunioni del Consiglio dei Ministri); b) del principio di leale collaborazione, in relazione all’art. 4 del medesimo d.lgs. n. 35 del 2004.

1.2 – In particolare, l’evocato terzo comma dell’art. 21 dello statuto speciale regionale prevede che il Presidente della Regione partecipa, «con il rango di Ministro […] al Consiglio dei ministri con voto deliberativo nelle materie che interessano la Regione». In attuazione di tale disposizione statutaria, l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 35 del 2004 – pure evocato dalla ricorrente − stabilisce che il Presidente del Consiglio invita il Presidente della Regione Siciliana, il quale ha facoltà di partecipare, al Consiglio dei ministri, quando tale organo «deve deliberare provvedimenti di qualsiasi natura che riguardano la sfera di attribuzioni proprie e peculiari della Regione siciliana».

L’art. 4 del medesimo decreto legislativo − evocato in relazione al principio di leale collaborazione − prevede che, in conformità «a quanto prescritto dall’articolo 21, terzo comma dello Statuto, in tema di preventiva informazione sugli argomenti iscritti all’ordine del giorno delle sedute del Consiglio dei ministri cui è chiamato a partecipare, di espressione di opinioni e manifestazioni di voto, al Presidente della Regione siciliana spettano i medesimi diritti e doveri attribuiti ai Ministri».

1.3.− La ricorrente − sulla premessa che le disposizioni censurate, sottraendo «risorse ed interventi specifici per la Sicilia», attengono «direttamente e specificamente» agli «interessi» della Regione Siciliana − si duole della circostanza che il Presidente della Regione non sia stato invitato, né formalmente né informalmente, a partecipare alla deliberazione dell’organo del Governo centrale nella quale le medesime disposizioni sono state adottate, cosí violando gli artt. 21, terzo comma, dello statuto d’autonomia e 2, comma 1, del d.lgs. n. 35 del 2004.

La violazione del principio di leale collaborazione discenderebbe, poi, dalla circostanza che, ad avviso della Regione, l’approvazione delle norme censurate non è stata preceduta da «una preventiva attività di informazione ed una consequenziale interlocuzione e raccordo fra i diversi livelli istituzionali», anche in ragione degli specifici accordi di programma già stipulati tra la Regione Siciliana ed il Ministero delle infrastrutture, cosí violando l’art. 4 del d.lgs. n. 35 del 2004. La ricorrente specifica che, per alcune delle risorse già destinate, la riduzione è intervenuta dopo che i Ministri competenti avevano emanato i decreti circa i criteri e le modalità di gestione di dette risorse.

2 − La difesa erariale, in via preliminare, rimette alla Corte ogni valutazione sull’eventuale inammissibilità del ricorso, in ragione dell’asserito «non […] agevole» collegamento dei «motivi di illegittimità costituzionale con le singole norme denunciate». Tale rilievo, ove anche configurasse - nonostante la sua genericità e la perplessità della sua formulazione - un’eccezione di inammissibilità in senso proprio, deve essere disatteso, perché dal tenore del ricorso emerge con sufficiente chiarezza il raccordo tra i motivi di censura e le disposizioni denunciate.

3. − Le questioni promosse non sono fondate.

3.1. − Quanto alla prospettata violazione degli artt. 21, terzo comma, dello statuto speciale della Regione Siciliana e 2, comma 1, del d.lgs. n. 35 del 2004, va rilevato che, in base a detto statuto ed al relativo decreto di attuazione, il grado di coinvolgimento del Presidente della Regione nelle riunioni del Consiglio dei ministri, nel caso in cui tale organo debba adottare provvedimenti «nelle materie che interessano la Regione» (terzo comma dell’art. 21 dello statuto), è diverso in ragione del tipo di interessi su cui incidono tali provvedimenti. La normativa di attuazione dello statuto, infatti, distingue nettamente due ipotesi: a) quella in cui il Consiglio dei ministri «deve deliberare provvedimenti di qualsiasi natura che riguardano la sfera di attribuzioni proprie e peculiari della Regione siciliana» (comma 1 dell’art. 2 del d.lgs. n. 35 del 2004); b) «ogni altra ipotesi in cui […] i provvedimenti trattati» dal suddetto Consiglio «coinvolgono un interesse differenziato, proprio e peculiare della Regione siciliana o determinano una rilevante e diretta interferenza sullo specifico indirizzo politico della stessa» (comma 2 dello stesso articolo). Nella prima ipotesi, l’invito rivolto al Presidente della Regione a partecipare alle riunioni del Consiglio dei ministri è obbligatorio (come dispone l’evocato comma 1 dell’art. 2 del d.lgs. n. 35 del 2004); nell’altra ipotesi, invece, il Presidente della Regione ha l’onere di «chiedere di partecipare alle riunioni del Consiglio dei Ministri […], salva la definitiva determinazione del Presidente del Consiglio, che viene comunicata al Presidente della Regione» (come dispone il comma 2 – non evocato a parametro – dello stesso articolo).

Da tale ricostruzione del quadro normativo in cui si inseriscono i parametri richiamati dalla ricorrente emerge la netta distinzione tra «la sfera di attribuzioni proprie e peculiari», da un lato, e «ogni altra ipotesi» di «interesse differenziato, proprio e peculiare» della Regione Siciliana, dall’altro. Ed emerge altresì, per quanto qui rileva, che il mero coinvolgimento di interessi – anche ove questi siano qualificabili come “differenziati, propri e peculiari” − della Regione Siciliana comporta, secondo gli stessi parametri, l’obbligo per il Presidente del Consiglio di invitare il Presidente della Regione a partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri, solo nel particolare caso in cui tali interessi attengano anche ad «attribuzioni proprie e peculiari» dell’ente regionale, cioè a specifici titoli competenziali, espressamente contemplati nello statuto speciale di autonomia. Nella specie, la Regione ricorrente non fa alcun cenno alle «attribuzioni proprie e peculiari» che sarebbero state “coinvolte” dalle disposizioni censurate, ma si limita ad affermare genericamente che queste ultime «coinvolgono direttamente e specificamente la Regione siciliana ed i suoi interessi»; ipotesi, questa, che consente al Presidente della Regione solo di avanzare la richiesta di essere invitato a partecipare al Consiglio dei ministri. Ne consegue, con tutta evidenza, la non fondatezza della promossa questione di legittimità costituzionale delle disposizioni riduttive della spesa di cui ai censurati commi 1, 6, 9, lettera b), numero14), dell’art. 5 del decreto-legge n. 93 del 2008, e, pertanto, anche del comma 12 del medesimo articolo, che, proprio in relazione a dette norme, prevede l’abrogazione delle disposizioni e l’inefficacia dei provvedimenti di attuazione con esse incompatibili.

3.2. − Quanto alla prospettata violazione del principio di leale collaborazione, in riferimento all’art. 4 del d.lgs. n. 35 del 2004, va rilevato che, per espresso disposto di tale articolo, la «preventiva informazione sugli argomenti iscritti all’ordine del giorno delle sedute del Consiglio dei Ministri cui è chiamato a partecipare» il Presidente della Regione è funzionale «a quanto prescritto dall’articolo 21, terzo comma dello Statuto». Tale informazione presuppone, cioè, che il Presidente della Regione sia «chiamato a partecipare» al Consiglio dei ministri e, quindi, che il Presidente del Consiglio, alternativamente: a) debba adempiere l’obbligo di invitare il Presidente della Regione, nel caso di ordine del giorno che “coinvolga” la «sfera di attribuzioni proprie e peculiari della Regione siciliana» (comma 1 dell’art. 2 del d.lgs. n. 35 del 2004); b) si sia discrezionalmente determinato a diramare tale invito, a séguito della richiesta dello stesso Presidente della Regione, nel caso in cui, come si è visto, i provvedimenti trattati dal Consiglio “coinvolgano” «un interesse differenziato, proprio e peculiare della Regione siciliana» o determinino «una rilevante e diretta interferenza sullo specifico indirizzo politico della stessa» (comma 2 dello stesso articolo 2).

Nella specie, come osservato in precedenza, si verte - ad avviso della stessa Regione ricorrente - nella seconda delle due ipotesi, e cioè in quella di «un interesse differenziato, proprio e peculiare» della Regione, che legittimerebbe il Presidente della Regione solo a richiedere di partecipare alla seduta del Consiglio dei ministri, «salva la definitiva determinazione del Presidente del Consiglio» (art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 35 del 2004). Al riguardo, la ricorrente lamenta che il proprio Presidente non è stato messo in grado di avanzare tale richiesta, non essendo stato preventivamente informato dal Presidente del Consiglio dei ministri sugli argomenti iscritti all’ordine del giorno della seduta del Consiglio dei ministri. Va tuttavia rilevato che il sistema dello statuto e delle relative norme attuative non prevede alcun obbligo di preventiva informazione. L’inesistenza di un tale obbligo rende indubbiamente piú difficile per il Presidente della Regione avanzare tempestivamente ed in modo pertinente la richiesta di partecipare alle riunioni del Consiglio dei ministri. Questa difficoltà non è, però, rilevante per il sistema statutario, che ha inteso, invece, garantire la discrezionalità politica del Presidente del Consiglio dei ministri, consentendogli, attraverso la mancata comunicazione dell’ordine del giorno delle sedute consiliari, di “anticipare” la propria determinazione di non invitare il Presidente della Regione. Ne consegue che la rilevata mancanza di una previsione statutaria (o di norme equiparate) del suddetto obbligo di «preventiva informazione» esclude la dedotta violazione del principio di leale collaborazione.

3.3. − Le considerazioni che precedono lasciano impregiudicata ogni valutazione circa la “qualità” dell’interesse dedotto dalla ricorrente e, in particolare, se esso possa qualificarsi, in concreto, «differenziato, proprio e peculiare della Regione siciliana». A prescindere dalla valida dimostrazione, da parte della ricorrente, dell’esistenza di un tale interesse, va tuttavia ricordato che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, la previsione negli statuti regionali di autonomia speciale dell’obbligo di invitare i Presidenti regionali a partecipare alle sedute del Consiglio dei ministri, quando queste abbiano all’ordine del giorno questioni di particolare interesse per la Regione, costituisce norma di carattere eccezionale e, pertanto, di stretta interpretazione (ex plurimis, sentenza n. 1 del 1968). Secondo questa Corte, una forma cosí intensa di collaborazione fra organi del piú elevato rango statale e regionale non trova giustificazione quando l’intervento normativo, oggetto della deliberazione del Consiglio dei ministri, presenti - come osservato dalla difesa erariale con riferimento al caso di specie - un carattere unitario e globale e produca indistintamente effetti sull’intero territorio nazionale, così da interessare «tutta la comunità nazionale, e solo in quanto in essa incluse, anche le singole regioni» (sentenza n. 166 del 1976). In tale ipotesi, infatti, la deliberazione statale è espressione di un interesse tipico ed esclusivo dello Stato, cui corrisponde una mera localizzazione territoriale degli effetti della deliberazione medesima, senza che sussista un interesse differenziato e di peculiare connotazione della singola Regione autonoma (sentenza n. 1 del 1968, sopra citata, nonché sentenze n. 92 del 1999, n. 545 del 1989 e n. 34 del 1976, con riferimento, rispettivamente, all’introduzione di una nuova disciplina dei tributi erariali, a manovre generali di finanza pubblica e all’attuazione di una riforma tributaria).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, commi 1, 6, 9, lettera b), numero 14), e 12, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché dell’elenco n. 1 allegato al predetto decreto-legge, promosse, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Siciliana, in riferimento all’art. 21, terzo comma, dello statuto speciale di detta Regione (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) ed agli artt. 2, comma 1, e 4 del decreto legislativo 21 gennaio 2004, n. 35 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana relative alla partecipazione del Presidente della Regione alle riunioni del Consiglio dei Ministri).

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2009.