Ordinanza n. 176 del 2009

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ORDINANZA N. 176

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-              Francesco                       AMIRANTE                    Presidente

-              Ugo                                DE SIERVO                      Giudice

-              Alfio                               FINOCCHIARO                        "

-              Alfonso                           QUARANTA                             "

-              Franco                            GALLO                                    "

-              Luigi                               MAZZELLA                              "

-              Gaetano                          SILVESTRI                               "

-              Sabino                            CASSESE                                 "

-              Maria Rita                       SAULLE                                   "

-              Paolo Maria                    NAPOLITANO                         "

-              Giuseppe                        FRIGO                                     "

-              Alessandro                      CRISCUOLO                            "

-              Paolo                             GROSSI                                   "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 616, ultimo periodo, del codice di procedura civile, sostituito dall’art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52 (Riforma delle esecuzioni mobiliari), promosso dalla Corte d’appello di Caltanissetta nel procedimento vertente tra Di Marco Maria e Biondi Giuseppe con ordinanza del 14 gennaio 2008, iscritta al n. 386 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Udito nella camera di consiglio del 20 maggio 2009 il Giudice relatore Paolo Grossi.

 Ritenuto che, nel corso di un giudizio di appello avverso una sentenza di rigetto di opposizione all’esecuzione, pubblicata il 16 giugno 2007, con la quale, in parziale accoglimento di una opposizione all’esecuzione, veniva dichiarato il diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata, non per l’originario credito precettato, ma solo per la parte di esso non ancora soddisfatto, la Corte d’appello di Caltanissetta, con ordinanza emessa il 14 gennaio 2008, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’art. 616, ultimo periodo, del codice di procedura civile, come sostituito (a far data dal 1° marzo 2006) dall’art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52, «nella parte in cui non consente di proporre appello avverso la sentenza di opposizione all’esecuzione»;

che, affermata la rilevanza della questione nel giudizio di appello a quo, la rimettente afferma di fare proprie le motivazioni circa la non manifesta infondatezza contenute nell’ordinanza di rimessione, integralmente trascritta, con la quale la Corte d’appello di Salerno ha sollevato identica questione (decisa con la sentenza n. 53 del 2008), sottolineando come, con la soppressione di un grado di giudizio di merito e l’equiparazione delle opposizioni all’esecuzione a quelle agli atti esecutivi nonostante la ontologica diversità dei presupposti e degli oggetti rispettivamente delle prime e delle seconde, risulti limitata la tutela del debitore;

che il rimettente osserva, in particolare, come, con l’inclusione tra i titoli esecutivi stragiudiziali delle scritture private autenticate e con la conseguente agevolazione dell’avvio della procedura esecutiva a favore del titolare del credito, anche prima ed a prescindere da un controllo giurisdizionale sul contenuto del titolo, si riducano le possibilità, per il debitore, di contestare il merito del rapporto, sostenendo, inoltre, la mancanza di tutela costituzionale  del principio del doppio grado di giurisdizione;

che, secondo l’atto di promovimento fatto proprio dalla Corte d’appello di Caltanissetta, la tutela del diritto di difesa va coordinata con l’esigenza, di pari livello costituzionale, di disciplinare i modi e i limiti del suo esercizio in concreto, al fine di assicurare la conclusione della lite entro un congruo termine, non sembrando altresì  giustificato il diverso trattamento che alle ragioni del debitore deriva con «il dimezzamento» dei gradi di cognizione di merito riservato alle opposizioni all’esecuzione;

che, infine, il principio di eguaglianza sarebbe violato anche sotto il profilo dell’incongrua equiparazione delle opposizioni all’esecuzione a quelle agli atti esecutivi, in quanto le prime hanno ad oggetto diritti soggettivi, mentre le seconde riguardano irregolarità formali di atti della procedura e difficilmente possono riverberare effetti sul diritto posto a base dell’esecuzione;

che il denunciato contrasto con gli artt. 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, deriverebbe anche dalla compressione del diritto del debitore alla piena tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive in un processo equo e giusto, ancorché a suo danno siano aumentate l’efficienza del processo esecutivo nel suo complesso e le ipotesi di aggressione del suo patrimonio in forza di titoli esecutivi non giudiziali, emessi, quindi, senza un preventivo controllo da parte del giudice.

Considerato che la Corte d’appello di Caltanissetta dubita della legittimità costituzionale dell’art. 616, ultimo periodo, del codice di procedura civile, come sostituito dall’art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52, nella parte in cui, dichiarando non appellabile la sentenza conclusiva del giudizio di opposizione all’esecuzione, risulterebbe lesivo degli artt. 3, primo comma, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione;

che identica questione è stata dichiarata inammissibile da questa Corte con la sentenza n. 53 del 2008 e manifestamente inammissibile con l’ordinanza n. 6 del 2009;

che tale ultima decisione ha, peraltro, riguardato un’ordinanza emessa dalla medesima Corte di appello di Caltanissetta, sulla base delle stesse motivazioni, in punto di non manifesta infondatezza, mutuate ancora una volta dalla precedente ordinanza di rimessione della Corte d’appello di Salerno (oggetto della declaratoria di inammissibilità di cui alla citata sentenza n. 53 del 2008), che l’odierna rimettente si limita a trascrivere integralmente, senza aggiungere argomenti diversi o ulteriori;

che, perciò, ricorrono nuovamente le medesime lacune argomentative, a suo tempo rilevate, circa la natura del titolo su cui si fonda l’opposizione all’esecuzione ed anche le stesse contraddizioni in ordine alla richiesta di una sentenza totalmente caducatoria della norma impugnata;

che altrettanto va detto in riferimento all’omessa considerazione della discrezionalità legislativa nell’individuare le differenti rationes di inappellabilità, modulandola di conseguenza;

che la questione, pertanto, va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 616, ultimo periodo, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Caltanissetta con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 giugno 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancellerial'11 giugno 2009.