Sentenza n. 13 del 2009

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SENTENZA N. 13

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

--   Giovanni Maria           FLICK                                 Presidente

-    Francesco                  AMIRANTE                             Giudice        

-    Ugo                          DE SIERVO                                "

-    Paolo                        MADDALENA                             "

-    Alfio                         FINOCCHIARO                          "

-    Alfonso                     QUARANTA                               "

-    Franco                      GALLO                                       "

-    Luigi                         MAZZELLA                                "

-    Gaetano                     SILVESTRI                                 "

-    Sabino                       CASSESE                                   "

-    Maria Rita                 SAULLE                                     "

-    Giuseppe                   TESAURO                                   "

-    Paolo Maria               NAPOLITANO                            "

-    Alessandro                 CRISCUOLO                              "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito del decreto del Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo del 23 gennaio 2008, recante: “Modalità e criteri generali di attuazione delle misure di intervento previste dall’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2007, attuativo dell’articolo 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007)”, promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 19 maggio 2008, depositato in cancelleria il 26 maggio 2008 ed iscritto al n. 8 del registro conflitti tra enti 2008.

         Visto  l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

         udito nell’udienza pubblica del 16 dicembre 2008 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

         uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia Romagna e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 19 maggio 2008 e depositato in cancelleria il 26 maggio 2008, la Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di attribuzioni contro il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo a questa Corte di dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, regolare modalità e criteri generali di attuazione delle misure di intervento previste dall’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 2007 (Incentivazione dell’adeguamento dell’offerta delle imprese turistico-ricettive e della promozione di forme di turismo ecocompatibile, ai sensi dell’articolo 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), nei termini stabiliti dal decreto del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo 23 gennaio 2008 (Modalità e criteri generali di attuazione delle misure di intervento previste dall’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2007, attuativo dell’articolo 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - legge finanziaria 2007), e conseguentemente di annullare il predetto decreto per violazione dell’art. 117, secondo e quarto comma, dell’art. 118, primo comma, e dell’art. 119 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

La ricorrente deduce che l’art. 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - finanziaria 2007) ha autorizzato la spesa di 48 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 «per le finalità di sviluppo del settore del turismo e per il suo posizionamento competitivo quale fattore produttivo di interesse nazionale, anche in relazione all’esigenza di incentivare l’adeguamento dell’offerta delle imprese turistico-ricettive la cui rilevanza economica nazionale necessita di nuovi livelli di servizi definiti in base a parametri unitari ed omogenei, nonché al fine di favorire l’unicità della titolarità tra la proprietà dei beni ad uso turistico-ricettivo e la relativa attività di gestione, ivi inclusi i processi di crescita dimensionale nel rispetto del patrimonio paesaggistico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e al fine di promuovere forme di turismo ecocompatibile», aggiungendo che «per l’applicazione del presente comma il Presidente del Consiglio dei ministri adotta, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, un decreto recante l’individuazione dei criteri, delle procedure e delle modalità di attuazione».

Con la sentenza n. 94 del 2008 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima quest’ultima disposizione nella parte in cui non prevedeva che il decreto da essa previsto fosse preceduto dall’intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni.

Tuttavia, già prima della pronuncia di tale sentenza, alla norma era stata data attuazione con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 2007, dalle cui premesse risulta che esso è stato adottato «sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano che ha espresso parere favorevole nella seduta del 1° febbraio 2007, con osservazioni recepite nel presente decreto».

In particolare, l’art. 2, comma 1, del d.P.C.m. 16 febbraio 2007 ripartisce le risorse previste dalla legge nella maniera seguente: il 70% «per il miglioramento e la diversificazione dell’offerta turistico-ricettiva delle piccole e medie imprese, mediante investimenti finalizzati all’adeguamento delle strutture e dei servizi a standard di qualità, ivi inclusi i processi di crescita dimensionale nel rispetto del patrimonio paesaggistico, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e l’eventuale assunzione della proprietà delle strutture medesime in capo ai soggetti che ne hanno la gestione» (lettera a); il 30% «per il cofinanziamento di progetti di eccellenza volti alla promozione e allo sviluppo di forme di turismo ecocompatibile» (lettera b). 

La ricorrente deduce che, nonostante che l’art. 1, comma 1228, della legge n. 296 del 2006 rimettesse al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «l’individuazione dei criteri, delle procedure e delle modalità di attuazione», l’art. 2, comma 2, del d.P.C.m. 16 febbraio 2007 non vi provvede esso stesso, ma stabilisce che «con atti del Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo adottati in raccordo con le regioni, sono attuate le misure di cui al comma 1, lettere a) e b), con la definizione della tipologia di agevolazione, con l’individuazione dei criteri e delle modalità per la presentazione e la valutazione delle domande e per l’erogazione delle agevolazioni, prioritariamente attraverso la conclusione di appositi accordi di programma con le regioni», precisando contestualmente che «il processo di valutazione dei criteri, e delle proposte di cui all’art. 2, comma 1, lettere a) e b) è assolto da un apposito comitato paritetico tra la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo e le regioni».

Il decreto del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo 23 gennaio 2008, è stato adottato appunto per attuare quanto previsto solo genericamente dal d.P.C.m. 16 febbraio 2007, in relazione alla quota del 70% del fondo previsto dall’art. 1, comma 1228, della legge n. 296 del 2006.

La Regione Emilia-Romagna aggiunge che l’adozione del decreto è stata preceduta da alcune riunioni del Comitato paritetico previsto dal d.P.C.m. 16 febbraio 2007, nel corso delle quali, tuttavia, non si era pervenuti ad altro che alla formalizzazione del dissenso tra lo Stato e le Regioni. 

La ricorrente, dopo aver dato conto del contenuto dei singoli articoli di cui si compone il decreto 23 gennaio 2008, afferma che esso interviene nella materia del turismo appartenente pacificamente alla competenza legislativa piena delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione. Pertanto, trattandosi di un atto destinato a definire, per l’anno 2007, la tipologia di agevolazione e ad individuare i criteri e le modalità per la presentazione e la valutazione delle domande e per l’erogazione delle agevolazioni in materia di competenza regionale, già il solo principio di leale collaborazione imponeva che il decreto del Capo del Dipartimento fosse assunto d’intesa con le Regioni

Ed infatti il d.P.C.m. 16 febbraio 2007 stabilisce che gli atti del Capo del Dipartimento siano adottati «in raccordo con le regioni» e che «il processo di valutazione dei criteri, e delle proposte di cui all’art. 2, comma 1, lettere a) e b) è assolto da un apposito comitato paritetico tra la Presidenza dei Consiglio dei ministri - Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo e le regioni». Ad avviso della ricorrente, tali previsioni del d.P.C.m. sono attuative del principio di leale collaborazione; in particolare, il riferimento al «raccordo con le regioni» implicherebbe la necessità di un’intesa con le Regioni stesse, come sarebbe confermato anche dalla citata sentenza n. 94 del 2008 di questa Corte.

La Regione Emilia-Romagna afferma che, invece, dai verbali del Comitato paritetico (in particolare dal verbale della riunione dell’8 novembre 2007), emerge che non si è «riscontrata la convergenza dei componenti del Comitato su un’unica ipotesi operativa» e, specificamente, che lo Stato ha respinto le proposte dei componenti di parte regionale. 

Dunque, con il decreto 23 gennaio 2008 impugnato è stato approvato un testo sul quale i componenti di parte regionale avevano espresso esplicitamente il loro dissenso, in violazione del principio costituzionale dell’intesa degli artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma, Cost., e del principio di leale collaborazione

In subordine, la ricorrente deduce che, se anche si ritenesse non necessaria un’intesa con le Regioni, il decreto 23 gennaio 2008 sarebbe comunque illegittimo e lesivo delle competenze costituzionali regionali (per violazione dei parametri appena indicati), poiché non reca alcuna motivazione circa la decisione di procedere unilateralmente e perché non è stato compiuto alcun tentativo di composizione del dissenso (ad esempio, la questione avrebbe potuto essere portata nella sede della Conferenza Stato-Regioni).

In ulteriore subordine, la Regione Emilia-Romagna sostiene che, se si volesse ritenere che il d.P.C.m. 16 febbraio 2007, nel prevedere per la disciplina attuativa il «raccordo» con le Regioni ed il Comitato paritetico, intendesse autorizzare la mera consultazione non vincolante del Comitato, una simile disposizione dovrebbe considerarsi caducata a seguito della sentenza di questa Corte n. 94 del 2008 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1228, della legge n. 296 del 2006. Infatti a tale pronuncia non potrebbe sopravvivere la disposizione del d.P.C.m. 16 febbraio 2007 (assunto senza intesa con le Regioni) che – in coerenza con l’originario testo del comma 1228, ma in dissonanza dalla sentenza n. 94 del 2008 – attribuiva alle Regioni un ruolo secondario in una materia di loro competenza.

Né, ad avviso della ricorrente, potrebbe obiettarsi che il predetto d.P.C.m. è stato adottato con il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni, perché tale parere sarebbe stato condizionato dal contesto legislativo allora vigente, caratterizzato dalla scarsa forza contrattuale propria dello strumento del parere rispetto al potere codecisorio derivante dalla previsione dell’intesa.

La Regione Emilia-Romagna deduce, poi, che il decreto del 23 gennaio 2008 è lesivo delle competenze regionali anche in relazione al suo contenuto. 

Esso, infatti, lederebbe l’autonomia regionale in materia di turismo in relazione alla programmazione ed alla attuazione delle politiche ed alla gestione delle risorse, poiché, anziché prevedere il riparto tra le Regioni dei fondi previsti, istituisce un sistema accentrato di gestione delle provvidenze in materia di turismo, fondato su bandi nazionali, assunti senza la necessaria condivisione delle Regioni, e gestito direttamente dal centro.

La ricorrente sostiene che il d.P.C.m. 16 febbraio 2007 affidava al Capo del Dipartimento solamente il compito di regolare le tipologie di agevolazione ed i criteri e le modalità per la presentazione e la valutazione delle domande; esaurito tale compito, il Capo del Dipartimento avrebbe dovuto disporre il riparto dei fondi tra le Regioni, che avrebbero svolto adeguatamente l’attività applicativa dei criteri fissati dal decreto, emanando i bandi, valutando le domande ed erogando le agevolazioni.

La previsione di una procedura accentrata violerebbe dunque, ad avviso della Regione, gli artt. 117, secondo e quarto comma, 118, primo comma, e 119 Cost., cioè l’autonomia amministrativa e finanziaria regionale, superando i limiti propri dell’intervento statale.

Né sarebbe possibile escludere il carattere lesivo del decreto del 23 gennaio 2008, in considerazione della possibilità degli accordi di programma da esso prevista. Infatti, la stipulazione di tali accordi è sempre eventuale; inoltre essa è condizionata al cofinanziamento regionale e, dunque, impone alle Regioni un onere che potrebbe non essere possibile adempiere e che risulta lesivo della loro autonomia finanziaria; infine, l’accordo di programma non eliminerebbe il carattere accentrato della procedura, perché il suo contenuto risulta limitato (art. 3, comma 1) e, comunque, ha carattere regolativo. 

Ad avviso della ricorrente, inoltre, anche se si ritenesse giustificato il meccanismo gestionale accentrato, il decreto sarebbe comunque illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione, poiché attribuisce alle Regioni un ruolo assai limitato ed al Comitato paritetico competenza meramente consultiva anche nel ristretto ambito nel quale è chiamato ad intervenire. 

2. – Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per mancata notificazione dello stesso presso la sede della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Nel merito, il resistente deduce l’infondatezza del ricorso e ne chiede il rigetto.

In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene che il decreto del 23 gennaio 2008 impugnato dalla ricorrente costituisce attuazione del d.P.C.m. 16 febbraio 2007, sottoposto – nella seduta del 1° febbraio 2007 – all’esame della Conferenza permanente Stato-Regioni che ha espresso parere favorevole con osservazioni integralmente recepite nel provvedimento, onde l’accordo raggiunto in quella sede rientra nella categorie delle intese.

Ad avviso del resistente, la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 94 del 2008, ha incidentalmente riconosciuto la legittimità del suddetto d.P.C.m. ed ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1, comma 1228, della legge n. 296 del 2006 solamente affinché fosse garantita anche per il futuro una partecipazione delle Regioni conforme ai canoni dettati dall’art. 117 della Costituzione.

Il resistente aggiunge che il decreto del 23 gennaio 2008 è stato adottato nel rispetto del principio di leale collaborazione, perché è stato preceduto dall’acquisizione del parere del Comitato paritetico tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e le Regioni previsto dall’art. 2, comma 2, del d.P.C.m. 16 febbraio 2007.

La difesa erariale afferma poi che, attraverso la stipulazione degli accordi di programma previsti dallo stesso decreto del 23 gennaio 2008, le Regioni che cofinanziano gli interventi diventano i principali soggetti del finanziamento e sono chiamate a definire gli ulteriori criteri integrativi di valutazione dei progetti sulla base delle priorità regionali ed a formare una graduatoria regionale. Il decreto, inoltre, riconosce alle Regioni un ruolo attivo in sede di valutazioni qualitative dei progetti, di attività istruttoria e nella fase di valutazione dell’ammissibilità degli interventi. Nel caso in cui, invece, la Regione non provveda al cofinanziamento, ravvisata la necessità di attuare gli investimenti e di realizzare i processi di crescita dimensionale per il conseguimento degli obiettivi produttivi ed economici dell’intero Paese, si provvede all’erogazione del finanziamento nel rispetto della disciplina comunitaria.

3. – In prossimità dell’udienza di discussione la Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria nella quale contesta la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, deducendo di aver ritualmente notificato il ricorso, oltre che presso l’Avvocatura generale dello Stato, anche preso la sede della Presidenza.

         Nel merito, la ricorrente ribadisce che l’atto impugnato è illegittimo per essere stato adottato senza la previa intesa con le Regioni. Aggiunge che, dopo la sentenza di questa Corte n. 94 del 2008, il «raccordo» richiesto dall’art. 2, comma 2, del d.P.C.m. 16 febbraio 2007 non può essere interpretato che come necessità dell’intesa.

         La Regione Emilia-Romagna sottolinea che il decreto del 23 gennaio 2008 è illegittimo per aver previsto una gestione centralizzata dei fondi, anziché ripartirli tra le Regioni che avrebbero poi provveduto ad emanare i bandi e ad erogare le agevolazioni ed insiste nell’affermazione secondo cui il ruolo riconosciuto alle Regioni dall’atto impugnato è del tutto insufficiente.

4. – Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria nella quale ripete le argomentazioni svolte nel primo atto difensivo, aggiungendo che, anche se la materia del turismo è di competenza regionale ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., tuttavia l’intervento normativo, anche secondario, dello Stato è giustificato in presenza dell’esigenza di valorizzare al meglio l’attività turistica sul piano interno ed internazionale. A quest’ultimo fine si ispira anche l’atto impugnato dalla ricorrente, che costituisce attuazione del d.P.C.m. 16 febbraio 2007 ed è stato adottato nel rispetto del principio di leale collaborazione, in quanto emanato previa acquisizione del parere del Comitato paritetico.

5. – Nell’udienza pubblica l’Avvocatura generale dello Stato ha rinunciato all’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notificazione dello stesso presso la sede della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. – La Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di attribuzioni contro il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo a questa Corte di dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, regolare modalità e criteri generali di attuazione delle misure di intervento previste dall’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 2007 (Incentivazione dell’adeguamento dell’offerta delle imprese turistico-ricettive e della promozione di forme di turismo ecocompatibile, ai sensi dell’articolo 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), nei termini stabiliti dal decreto del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo 23 gennaio 2008 (Modalità e criteri generali di attuazione delle misure di intervento previste dall’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2007, attuativo dell’articolo 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - legge finanziaria 2007), e conseguentemente di annullare tale decreto per violazione dell’art. 117, secondo e quarto comma, dell’art. 118, primo comma, e dell’art. 119 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

La ricorrente sostiene che il decreto del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo del 23 gennaio 2008 lede le sue attribuzioni in materia di turismo garantite dalle menzionate norme costituzionali per due ordini di ragioni. Il primo attiene alle modalità di emanazione del decreto e, precisamente, al fatto che l’atto è stato adottato senza la preventiva intesa con le Regioni (anzi, contro il dissenso espresso dai componenti di parte regionale del Comitato paritetico previsto dall’art. 2, comma 2, del d.P.C.m. 16 febbraio 2007) e comunque senza che sia stato compiuto alcun tentativo di superare il dissenso con le Regioni medesime. Il secondo ordine di motivi concerne il contenuto del decreto che, ad avviso della ricorrente, sarebbe lesivo delle attribuzioni regionali, in quanto l’atto del Capo Dipartimento istituisce un sistema accentrato di gestione delle provvidenze in materia di turismo, escludendo le Regioni dai momenti decisivi della procedura ed attribuendo al Comitato paritetico un ruolo meramente consultivo in un àmbito molto ristretto.

2. – Il ricorso è fondato.

La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), all’art. 1, comma 1228, autorizza la spesa di 48 milioni di euro annui, per il triennio 2007-2009, per le finalità di sviluppo del settore del turismo e per il miglioramento del suo livello di competitività. La norma prevede che, per la sua applicazione, «il Presidente del Consiglio dei ministri adotta, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un decreto recante l’individuazione dei criteri, delle procedure e delle modalità di attuazione».

Con la sentenza n. 94 del 2008 questa Corte ha dichiarato l’illegittimità del citato comma nella parte in cui non stabilisce che il decreto da esso previsto sia preceduto dall’intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni. Nell’occasione, consapevole del fatto che era già stato emanato il d.P.C.m. previsto dalla norma censurata (cioè il d.P.C.m. 16 febbraio 2007), la Corte, pur dando atto che esso era stato adottato con il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni, ha affermato che «la previsione, “a regime”, di un coinvolgimento meramente cognitivo delle Regioni lascia aperta la possibilità, per lo Stato, di provvedere, in modo unilaterale negli anni successivi, anche in dissenso con gli orientamenti manifestatisi all’interno della Conferenza permanente Stato-Regioni» e che «E’ necessario […] che sia garantita anche per il futuro una partecipazione delle Regioni conforme ai canoni dettati dall’art. 117 Cost.; risultato, questo, che può ottenersi solo attraverso una declaratoria di illegittimità costituzionale del comma 1228, limitata alla parte in cui non prevede una “intesa” con la Conferenza permanente Stato-Regioni».

Anche il d.P.C.m. 16 febbraio 2007, nel rinviare ad atti del Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo la definizione della tipologia di agevolazione e l’individuazione dei criteri e delle modalità per la presentazione e la valutazione delle domande e per l’erogazione delle agevolazioni, precisa che tali atti debbono essere adottati «in raccordo con le regioni».

Ciò nonostante il decreto del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo 23 gennaio 2008 (che disciplina modalità e criteri generali di attuazione degli interventi previsti dall’art. 2, comma 1, lettera a, del d.P.C.m. 16 febbraio 2007) è stato emanato con il dissenso espresso dai componenti di parte regionale del Comitato paritetico previsto dal predetto d.P.C.m. Si è così compiuta una violazione dei princìpi espressi dall’art. 117 Cost., quarto comma, in base al quale la materia di turismo rientra nella competenza regionale nazionale.

Va dunque dichiarato che non spettava allo Stato, e per esso al Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, regolare modalità e criteri di attuazione delle misure di intervento previste dall’art. 2, comma 1, lettera a), del d.P.C.m. 16 febbraio 2007 nei termini stabiliti dal decreto del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo 23 gennaio 2008, il quale, conseguentemente, deve essere annullato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spettava allo Stato, e per esso al Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, regolare modalità e criteri generali di attuazione delle misure di intervento previste dall’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 2007 (Incentivazione dell’adeguamento dell’offerta delle imprese turistico-ricettive e della promozione di forme di turismo ecocompatibile, ai sensi dell’articolo 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), nei termini stabiliti dal decreto del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo 23 gennaio 2008;

annulla, per l’effetto, il decreto del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo 23 gennaio 2008.

         Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2009.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2009.