Ordinanza n. 340 del 2008

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 340

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-   Giovanni Maria FLICK                                     Presidente

-   Francesco          AMIRANTE                              Giudice

-   Ugo                  DE SIERVO                                   ”

-   Paolo                MADDALENA                               ”

-   Alfio                 FINOCCHIARO                             ”

-   Alfonso             QUARANTA                                  ”

-   Franco               GALLO                                          ”

-   Luigi                 MAZZELLA                                   ”

-   Gaetano            SILVESTRI                                    ”

-   Maria Rita         SAULLE                                        ”

-   Giuseppe           TESAURO                                      ”

-   Paolo Maria       NAPOLITANO                               ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 159, 160 e 161, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, promosso con ordinanza del 1° ottobre 2007 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da R.M. ed altri contro il Ministero della Pubblica istruzione ed altro, iscritta al n. 43 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visti l’atto di costituzione di R.M. ed altri nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 settembre 2008 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-bis, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 159, 160 e 161, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, per violazione degli artt. 3, 35, primo comma, 36, 97 e 98 della Costituzione;

che il giudice a quo premette che i ricorrenti hanno impugnato, «nella qualità di destinatari di incarichi dirigenziali presso il Ministero della pubblica istruzione», il decreto del 1° dicembre 2006 dello stesso Ministero, avente ad oggetto l’autorizzazione al conferimento di 91 incarichi dirigenziali ai sensi dei commi 5-bis e 6 dell’art. 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nonché della nota del 2 dicembre 2006, n. 1012, con la quale il Capo dipartimento del predetto Ministero ha inviato una circolare ai direttori generali degli uffici scolastici centrali e regionali affinché questi ultimi invitino i destinatari degli incarichi dirigenziali cessati in applicazione delle norme impugnate a riassumere il servizio presso le amministrazioni di appartenenza;

che è stato impugnato, con motivi aggiunti, anche il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 2007, il quale, in particolare, ha autorizzato il Ministero della pubblica istruzione a coprire 400 posti di funzionari e 130 di dirigenti tecnici;

che il giudice a quo, ancora in via preliminare, sottolinea che l’art. 2, comma 159, del decreto-legge n. 262 del 2006, modificando l’art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, ha esteso il regime della cessazione – decorsi novanta giorni dal voto di fiducia al Governo – degli incarichi cosiddetti apicali di cui al comma 3 dello stesso art. 19, ai dirigenti di cui al comma 5-bis, «limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’articolo 23», e ai dirigenti di cui «al comma 6», cioè a soggetti non dipendenti da pubbliche amministrazioni;

che il successivo comma 160 ha previsto l’applicabilità di tale disciplina anche «ai direttori delle Agenzie, incluse le Agenzie fiscali»;

che, infine, ai sensi del comma 161, «in sede di prima applicazione dell’articolo 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, (...) gli incarichi ivi previsti, conferiti prima del 17 maggio 2006, cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto»;

che, sottolinea sempre il Tribunale remittente, i ricorrenti, cui erano stati conferiti incarichi ai sensi dei commi 5-bis e 6 del citato art. 19, «sono stati destinatari del comma 161 dell’art. 2 del decreto-legge n. 262 del 2006»;

che l’applicazione di tale norma, avendo determinato ope legis «la cessazione anticipata degli incarichi dirigenziali già ricoperti (…), ha comportato l’adozione dei provvedimenti ministeriali censurati»;

che, nondimeno, secondo il remittente, il thema decidendum non deve essere limitato alla disciplina transitoria, «atteso che tale disciplina si pone in logica e giuridica connessione con quella introdotta in via generale con il comma 159 dell’art. 2 della legge n. 286 del 2006 che ha ampliato la platea di destinatari del comma 8 dell’art. 19» del d.lgs. n. 165 del 2001;

che non rileva, secondo il giudice a quo, il fatto che solo la norma transitoria menzioni la possibilità della conferma dell’incarico quale ipotesi idonea ad escluderne la cessazione anticipata, atteso che ciò che viene contestato dai ricorrenti è essenzialmente la cessazione del loro rapporto dirigenziale, prima della prevista scadenza;

che, sul piano della rilevanza, si sottolinea come l’accoglimento della questione relativa alle norme censurate renderebbe illegittimi i provvedimenti oggetto di impugnazione, con la conseguente possibilità per i ricorrenti di proporre eventuali azioni risarcitorie;

che, in relazione al giudizio di non manifesta infondatezza, si adduce, innanzitutto, il contrasto con l’art. 3 della Costituzione;

che, infatti, le norme censurate determinerebbero una assimilazione giuridica irragionevole tra gli incarichi dirigenziali di cui al comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, che si connotano per il rapporto fiduciario che lega i titolari di detti incarichi al potere governativo, e gli incarichi di cui ai commi 5-bis e 6 dello stesso art. 19 (conferiti anche a dirigenti non generali), i quali sarebbero privi di caratterizzazione fiduciaria, avendo un contenuto normalmente tecnico e gestionale;

che, in secondo luogo, sussisterebbe la violazione del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che postula che la pubblica amministrazione si doti di dirigenti di comprovata qualificazione professionale e che gli stessi possano esercitare i propri compiti in modo da assicurare una certa continuità dell’azione amministrativa;

che l’amministrazione, inoltre, non potrebbe scegliere modi, mezzi e tempi della propria organizzazione e, in particolare, non potrebbe decidere, all’esito di una valutazione dell’attività svolta dagli interessati, se i funzionari debbano o meno cessare dagli incarichi loro conferiti;

che, in terzo luogo, si assume il contrasto delle norme impugnate con l’art. 98 Cost., secondo cui gli impiegati pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione, con la conseguenza che sarebbe incostituzionale una disposizione che colleghi l’incarico al «gradimento politico»;

che, ancora, viene dedotta la violazione dell’art. 35, primo comma, Cost., il quale prevede che la Repubblica tuteli il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni: le norme censurate, infatti, lederebbero l’affidamento sorto in capo ai ricorrenti a seguito della stipula del relativo contratto e la loro «qualità di lavoratori, in quanto sarebbero destinatari di un provvedimento che si atteggia come ingiusto licenziamento»;

che, infine, le disposizioni censurate violerebbero anche l’art. 36 Cost., atteso che la interruzione del rapporto in corso ha certamente determinato un pregiudizio patrimoniale in capo ai ricorrenti stessi;

che, a tale proposito, il remittente rileva come il mantenimento del trattamento economico sia stato previsto solo per gli incarichi conferiti a soggetti non dipendenti da pubbliche amministrazioni, con consequenziale violazione anche dell’art. 3 Cost.;

che nell’ultima parte dell’ordinanza il giudice a quo richiama il contenuto della sentenza n. 103 del 2007 di questa Corte, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 7, della legge 15 luglio 2002, n. 145 (Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato), per violazione degli artt. 97 e 98 Cost.;

che è intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione venga dichiarata non fondata, ponendo in rilievo, in particolare, come le norme censurate si giustifichino per ragioni di carattere prettamente finanziario;

che si sono costituiti i ricorrenti del giudizio a quo, chiedendo l’accoglimento della questione sollevata dal Tribunale remittente e prospettando in aggiunta la violazione dell’art. 41 Cost.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-bis, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 159, 160 e 161, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, per violazione degli artt. 3, 35, primo comma, 36, 97 e 98 della Costituzione;

che, in particolare, il comma 159 – modificando il comma 8 dell’art. 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) – prevede, con norma “a regime”, che gli incarichi di funzioni dirigenziali conferiti a personale «non appartenente ai ruoli di cui all’articolo 23», nonché a soggetti non dipendenti da pubbliche amministrazioni, cessino «decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo»;

che il successivo comma 160 ha esteso tale disciplina anche «ai direttori delle Agenzie, incluse le Agenzie fiscali»;

che, infine, il comma 161 ha stabilito, con norma transitoria, che i suddetti incarichi, conferiti prima del 17 maggio 2006, cessino «ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore» dello stesso decreto-legge n. 262 del 2006;

che, in via preliminare, è necessario sottolineare, ai fini della delimitazione del thema decidendum, che la vicenda contenziosa oggetto del giudizio a quo riguarda incarichi dirigenziali conferiti dal Ministero della pubblica istruzione a soggetti esterni ai «ruoli» del Ministero stesso;

che la cessazione di tali incarichi, con interruzione del rapporto di lavoro in corso di svolgimento, è avvenuta, come afferma lo stesso giudice remittente, in applicazione del regime transitorio contemplato dal censurato comma 161 dell’art. 2, non essendo intervenuto alcun provvedimento di conferma entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto;

che, pertanto, viene in rilievo esclusivamente la suddetta disciplina transitoria prevista dal comma 161 e non anche quella a regime contemplata da disposizioni che il remittente non è chiamato ad applicare;

che, con la sentenza n. 161 del 2008, successiva all’ordinanza di rimessione, questa Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale del citato comma 161, per violazione degli artt. 97 e 98 Cost., nella parte in cui dispone che gli incarichi conferiti al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, conferiti prima del 17 maggio 2006, cessino ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 262 del 2006;

che, in particolare, a tale declaratoria di illegittimità costituzionale questa Corte è pervenuta sulla base del rilievo secondo cui «la natura esterna dell’incarico» non costituisce un elemento in grado di connotare «in senso fiduciario il rapporto di lavoro dirigenziale, che deve rimanere caratterizzato, sul piano funzionale, da una netta e chiara separazione tra attività di indirizzo politico-amministrativo e funzioni gestorie»;

che, pertanto, la interruzione ex lege degli incarichi dirigenziali attribuiti a soggetti esterni all’amministrazione conferente impedisce che i dirigenti stessi possano «espletare la propria attività – nel corso e nei limiti della durata predeterminata dell’incarico – in conformità ai princípi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa»;

che, alla stregua della richiamata pronuncia, gli atti devono, pertanto, essere restituiti al giudice remittente per un nuovo esame della rilevanza della questione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-bis.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 ottobre 2008.