Sentenza n. 192 del 2008

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SENTENZA N. 192

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                                  BILE                                   Presidente

- Giovanni Maria                      FLICK                                  Giudice

- Francesco                             AMIRANTE                                "

- Ugo                                      DE SIERVO                                "

- Paolo                                    MADDALENA                           "

- Alfio                                      FINOCCHIARO                         "

- Alfonso                                 QUARANTA                              "

- Franco                                  GALLO                                       "

- Luigi                                      MAZZELLA                                "

- Gaetano                                SILVESTRI                                 "

- Sabino                                  CASSESE                                   "

- Maria Rita                             SAULLE                                      "

- Giuseppe                               TESAURO                                  "

- Paolo Maria                          NAPOLITANO                           "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 152, comma 1, 2 e 3, 162, comma 2 e 3, e 165 comma 2 e 3, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 (Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell’articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252), promossi con ordinanze del 16 gennaio 2007 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sul ricorso proposto da Benigni Paolo ed altri contro il Ministero dell’Interno e del 7 maggio 2007 dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria – sezione staccata di Reggio Calabria sul ricorso proposto da Puntorieri Massimo ed altri contro il Ministero dell’Interno, iscritte ai nn. 365 e 840 del registro ordinanze del 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2007 e n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visti gli atti di costituzione di Facciolo Antonio, di Puntorieri Massimo ed altri nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 1° aprile 2008 il Giudice relatore Sabino Cassese;

uditi gli avvocati Francesco Caputo per Facciolo Antonio, Raffaele Silipo per Puntorieri Massimo ed altri e l’avvocato dello Stato Paola Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 76 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 162, commi 2 e 3, e 165, commi 2 e 3, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 (Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252), nella parte in cui non prevedono l’inquadramento nelle nuove qualifiche di «funzionario amministrativo – contabile direttore» e di «funzionario amministrativo contabile direttore – vicedirigente», o comunque in un ruolo direttivo speciale, dei direttori amministrativi e dei coordinatori amministrativi privi di laurea.

Il Collegio rimettente riferisce che dinanzi a esso pende il giudizio di annullamento del provvedimento con il quale i ricorrenti, dipendenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco già inquadrati come direttori amministrativi e coordinatori amministrativi, sono stati inquadrati nella qualifica di «sostituto direttore amministrativo – contabile capo».

Le disposizioni impugnate prevedono, in sede di riordino della disciplina del rapporto di impiego del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, un nuovo inquadramento del personale, stabilendo per i direttori amministrativi e per i coordinatori amministrativi, già inquadrati nell’area C, diversi regimi, secondo che essi siano laureati o meno: se laureati, i direttori amministrativi e i coordinatori amministrativi vengono inquadrati, rispettivamente, nelle qualifiche di «funzionario amministrativo – contabile direttore» e di «funzionario amministrativo – contabile direttore-vicedirigente» (art. 165); se non laureati, gli uni e gli altri vengono inquadrati nella qualifica, gerarchicamente e funzionalmente subordinata, di «sostituto direttore amministrativo-contabile capo», con l’attribuzione ai coordinatori amministrativi dello scatto convenzionale di cui all’articolo 105 e della denominazione aggiuntiva di «esperto» (art. 162).

In ordine alla rilevanza della questione, il Collegio rimettente riferisce che il ricorso a esso proposto è esclusivamente affidato a censure di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate, delle quali il provvedimento impugnato costituisce applicazione.

In ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale delle disposizioni in questione con riferimento a diversi parametri.

In primo luogo, esse violerebbero l’articolo 76 della Costituzione, in quanto contrastanti con l’art. 2, comma 1, lettera b, punto 2, della legge delega sulla base della quale il decreto legislativo n. 217 del 2005 è stato emanato (legge 30 settembre 2004, n. 252). La legge delega, infatti, stabiliva che il riassetto dei ruoli prevedesse avanzamenti fondati su «adeguate modalità di sviluppo verticale e orizzontale basate principalmente su qualificate esperienze professionali, sui titoli di studio e sui percorsi di formazione e qualificazione professionali». Secondo il rimettente, le qualificate esperienze professionali sono state trascurate, per valorizzare esclusivamente il titolo di studio.

In secondo luogo, sarebbero violati gli articoli 3 e 97 della Costituzione e, in particolare, il principio di eguaglianza, per il diverso trattamento del personale sprovvisto di laurea operato dalle disposizioni impugnate e da quelle relative ad altre categorie di personale non contrattualizzato (Polizia di Stato, Corpo forestale dello Stato, Corpo della polizia penitenziaria). La violazione del principio di eguaglianza, poi, determinerebbe una lesione del canone di buon andamento dell’amministrazione, di cui all’articolo 97, perché le disposizioni sarebbero idonee a creare situazioni di malcontento e, quindi, a demotivare i dipendenti non laureati.

In terzo luogo, sarebbe violato l’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto «l’eccessiva valorizzazione della laurea, rispetto all’anzianità di servizio e alla connessa professionalità acquisita sul campo», consentirebbe a giovani laureati di sopravanzare in qualifica dipendenti di (precedente) pari qualifica con maggiore anzianità ed esperienza. Osserva il giudice a quo che la pur ampia discrezionalità di cui gode il legislatore in tema di inquadramento è censurabile quando emergano profili di manifesta irragionevolezza (sentenze n. 4 del 1994, nn. 448 e 324 del 1993 e n. 332 del 1992): ciò che – prosegue – avviene in questo caso, in quanto il legislatore ha assunto come unico criterio discriminante quello del titolo di studio, che non è rivelatore dell’esperienza e della preparazione professionale indispensabili per il riconoscimento di una qualifica superiore.

2. – Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

La difesa statale nega, innanzitutto, che le disposizioni impugnate siano viziate per eccesso di delega. Osserva che, tra i principi e criteri direttivi enunciati dalla legge n. 252 del 2004, compare la possibilità di istituire «apposite aree di vicedirigenza per l’accesso alle quali è richiesto il possesso di lauree specialistiche e di eventuali titoli abilitativi» (art. 2, lett. b, n. 2): era la stessa legge delega, dunque, a subordinare l’accesso alla vicedirigenza al possesso della laurea, e il legislatore delegato ha correttamente previsto ruoli separati per il personale diplomato e il personale laureato. Né, d’altra parte, prosegue l’Avvocatura generale dello Stato, si può ritenere che la legge delega, ai fini del riassetto e dei previsti avanzamenti, abbia inteso dare prevalenza all’esperienza professionale rispetto al titolo di studio.

In ordine alla disparità di trattamento rispetto ad altre categorie di personale non contrattualizzato, l’Avvocatura generale dello Stato osserva in via preliminare che le discipline relative alla Polizia di Stato, al Corpo forestale dello Stato e al Corpo della polizia penitenziaria, menzionate nell’ordinanza di rimessione, sono discipline di natura eccezionale, non idonee a essere assunte come tertia comparationis. Per ciascuna di esse, infatti, è istituito un ruolo direttivo speciale, che presenta modalità di accesso del tutto particolari, che consentono al personale interno di accedervi, in deroga alla regola generale vigente per l’accesso per concorso, senza il possesso della laurea. Le discipline in questione non potrebbero essere validamente assunte a termine di paragone anche per via del difetto di omogeneità con la disciplina censurata (sentenza n. 10 del 1983), dato che esse si riferiscono al personale operativo e non a quello amministrativo-contabile: e, se per il personale operativo l’esperienza sul campo e l’anzianità di servizio possono assumere, in ordinamenti particolari, un peculiare rilievo, ciò non può dirsi per il personale amministrativo, per il quale non esistono analoghi ruoli speciali in nessun ordinamento.

Né, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, si potrebbe dedurre l’irragionevolezza della disciplina dall’identità di qualifiche che caratterizzava laureati e diplomati nel vecchio inquadramento, che era il risultato di esigenze contingenti e transitorie. Per dimostrare quest’ultimo assunto, l’Avvocatura generale dello Stato ripercorre l’evoluzione della disciplina dei vigili del fuoco, con particolare riguardo all’inquadramento, mettendo in rilievo la situazione eccezionale che aveva condotto all’inquadramento di personale diplomato in area C, comprendente qualifiche normalmente riservate a quello laureato. L’Avvocatura generale dello Stato insiste poi sulla coerenza del nuovo ordinamento, che richiede il diploma per l’accesso a determinate qualifiche e la laurea per l’accesso ad altre; sulla sua coerenza con l’ordinamento previgente, che pure prevedeva la laurea come normale requisito per l’accesso alle seconde e del quale il nuovo costituisce la naturale evoluzione; e sul fatto che i compiti attribuiti al personale diplomato non sono peggiorativi rispetto all’inquadramento precedente.

Infine, l’Avvocatura generale dello Stato nega la violazione del principio del buon andamento, che è invece correttamente applicato prevedendo un titolo di studio superiore per qualifiche superiori.

3. – Si è costituito uno dei ricorrenti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, sostenendo la fondatezza della questione di legittimità costituzionale.

4. – In prossimità della data fissata per l’udienza, sia il ricorrente nel giudizio principale sia l’Avvocatura generale dello Stato hanno depositato memorie per ribadire gli argomenti posti a sostegno delle rispettive prospettazioni.

5. – Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria ha sollevato, con riferimento agli articoli 3, 76 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 153, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo n. 217 del 2005, nella parte in cui non prevede l’inquadramento nel nuovo ruolo direttivo con la qualifica di direttori e direttori-vicedirigenti, ovvero in un istituendo ruolo direttivo speciale, dei collaboratori tecnici antincendi della VII qualifica funzionale privi di laurea.

Il Collegio rimettente riferisce che dinanzi a esso pende il giudizio di annullamento del provvedimento con il quale i ricorrenti, dipendenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco già inquadrati nell’area C come collaboratori tecnici antincendi, sono stati inquadrati, nell’ambito del nuovo ruolo degli ispettori e dei sostituti direttori antincendi, previsto dalla norma impugnata, in un ruolo inferiore rispetto a quello dei colleghi laureati, aventi precedentemente le stesse qualifiche.

Il Collegio rimettente richiama e fa proprie le argomentazioni poste alla base della questione di legittimità costituzionale, già sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto con riferimento all’articolo 153 (recte 152), commi 1, 2 e 3, e sottolinea in particolare che, nonostante, da un lato, la norma riguardi personale per il quale in passato il diploma di laurea non era stato ritenuto espressione di una superiore professionalità, e, dall’altro, la legge delega recasse tra i criteri direttivi per il riassetto dei ruoli anche le esperienze professionali e i percorsi di formazione e qualificazione, il legislatore delegato ha insistito esclusivamente sui titoli di studio.

6. – Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

La difesa statale ripercorre l’evoluzione della disciplina dei vigili del fuoco, con particolare riguardo all’inquadramento, per osservare che: la previsione di ruoli distinti per il personale laureato e per quello diplomato vi è sempre stata; nel precedente ordinamento, l’inquadramento nell’area C non comportava l’attribuzione a tutto il relativo personale di funzioni direttive, data la diversità di profili previsti all’interno di detta area; in detto inquadramento vi erano comunque profili riservati ai laureati; nel nuovo ordinamento, le funzioni del personale diplomato non sono state diminuite, ma ampliate.

Per quanto riguarda la lamentata disparità di trattamento rispetto ad altre categorie di personale non contrattualizzato, l’Avvocatura generale dello Stato rileva l’impossibilità di assumere le relative discipline come termini di comparazione per la loro diversità rispetto al Corpo dei vigili del fuoco, trattandosi di categorie di personale formalmente appartenenti alle forze di polizia. D’altra parte, prosegue l’Avvocatura generale dello Stato, l’accesso ai ruoli direttivi speciali previsti per quelle categorie è riservato al personale laureato e, comunque, si tratta di ruoli istituiti in virtù di presupposti normativi specifici relativi ai singoli ordinamenti, e non sulla base di presupposti di carattere generale. In particolare, il ruolo direttivo speciale del Corpo di polizia penitenziaria è stato previsto in base a una disposizione della relativa legge delega, avendosi quindi una situazione diversa da quella in esame; quello del Corpo forestale dello Stato è stato previsto a scopo di omogeneizzazione con i ruoli della Polizia di Stato; e, per quanto riguarda quest’ultima, le relative previsioni non sono ancora state attuate.

In ordine alla lamentata lesione del principio di eguaglianza, la difesa statale osserva che, se il legislatore avesse disposto l’inquadramento di personale diplomato nel ruolo direttivo, avrebbe violato la legge delega e operato una palese disparità di trattamento.

In ordine alla censura relativa all’eccesso di delega, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che la legge delega indicava, come elemento caratterizzante del nuovo ordinamento del personale, la distinzione tra il personale inquadrato nelle qualifiche dirigenziali e nei profili richiedenti la laurea, da un lato, e il restante personale, dall’altro. E rileva che al legislatore delegato era riconosciuto un potere di valutazione discrezionale, come dimostrato anche dai lavori parlamentari.

In ordine alla censura relativa al principio del buon andamento, infine, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che la Corte costituzionale ha escluso che la demotivazione del personale possa costituire un limite all’attività del legislatore in materia di organizzazione del personale (sentenza n. 335 del 1992).

7. – Si sono costituiti anche i ricorrenti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, sostenendo la fondatezza della questione di legittimità costituzionale.

8. – In prossimità della data fissata per l’udienza, sia i ricorrenti nel giudizio principale sia l’Avvocatura generale dello Stato hanno depositato memorie per ribadire gli argomenti posti a fondamento delle rispettive prospettazioni.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 162, commi 2 e 3, e 165, commi 2 e 3, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 (Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252), nella parte in cui non prevedono l’inquadramento dei direttori amministrativi e dei coordinatori amministrativi privi di laurea nelle nuove qualifiche di «funzionario amministrativo – contabile direttore» e di «funzionario amministrativo contabile direttore – vicedirigente», o comunque in un ruolo direttivo speciale.

2. – Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 153, commi 1, 2 e 3, dello stesso decreto legislativo, nella parte in cui non prevede l’inquadramento dei collaboratori tecnici antincendi della VII qualifica funzionale privi di laurea nel nuovo ruolo direttivo con la qualifica di direttori e direttori-vicedirigenti, ovvero in un istituendo ruolo direttivo speciale.

I due collegi rimettenti dubitano della legittimità costituzionale delle norme impugnate con riferimento agli stessi parametri costituzionali: l’articolo 3 della Costituzione, sia sotto il profilo del diverso trattamento del personale sprovvisto di laurea, operato dalle disposizioni impugnate, rispetto a quelle relative ad altre categorie di personale non contrattualizzato, sia sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto «l’eccessiva valorizzazione della laurea, rispetto all’anzianità di servizio e alla connessa professionalità acquisita sul campo», consentirebbe a giovani laureati di sopravanzare in qualifica dipendenti di (precedente) pari qualifica con maggiore anzianità ed esperienza; l’articolo 97 della Costituzione, sotto il profilo del principio di buon andamento, in quanto le disposizioni impugnate potrebbero creare situazioni di malcontento e, quindi, demotivare i dipendenti non laureati; e l’articolo 76 della Costituzione, in quanto le disposizioni impugnate contrasterebbero con l’art. 2, comma 1, lettera b, punto 2, della legge delega (legge 30 settembre 2004, n. 252), secondo cui il riassetto dei ruoli avrebbe dovuto prevedere avanzamenti fondati su «adeguate modalità di sviluppo verticale e orizzontale basate principalmente su qualificate esperienze professionali, sui titoli di studio e sui percorsi di formazione e qualificazione professionali».

3. – In considerazione dell’identità della materia, nonché dei profili di censura parzialmente coincidenti, i giudizi vanno riuniti per essere definiti con un’unica pronuncia. Prescindendo dalla genericità con cui entrambi i rimettenti formulano le questioni, in termini quasi alternativi, esse possono essere esaminate nel merito.

4. – Le questioni sollevate con riferimento all’articolo 76 della Costituzione non sono fondate.

I collegi rimettenti ritengono che le disposizioni impugnate abbiano attribuito rilievo al titolo di studio e non anche all’esperienza professionale ed abbiano così violato le previsioni della legge delega, che richiedeva di disciplinare i criteri di avanzamento in carriera prevedendo modalità di sviluppo verticale e orizzontale che tenessero conto delle esperienze professionali, oltre che dei titoli di studio. In realtà, dell’esperienza professionale del personale in servizio il legislatore delegato ha tenuto conto, in quanto ha proceduto ai nuovi inquadramenti muovendo dai profili professionali, nei quali i dipendenti interessati erano precedentemente inquadrati. Ed è evidente che l’inquadramento in un profilo professionale implica la valutazione dell’esperienza già acquisita dal lavoratore.

È vero che il legislatore delegato, nel definire il nuovo ordinamento, ha riconosciuto un particolare rilievo al diploma di laurea, inquadrando i dipendenti in qualifiche diverse in base al suo possesso o alla sua mancanza, ma una simile scelta non era certo preclusa dalla legge delega, la quale non imponeva di attribuire lo stesso rilievo ai titoli di studio e agli altri titoli, ma solo di tener conto «principalmente» degli uni e degli altri, cosa che il legislatore delegato ha fatto.

5. – Anche le questioni sollevate con riferimento all’articolo 97 della Costituzione non sono fondate.

Questa Corte ha già affermato che l’esigenza di non demotivare il pubblico dipendente non può essere invocata come limite alle scelte del legislatore e che il principio del buon andamento dell’amministrazione può, al contrario, richiedere interventi legislativi che impongano sacrifici al personale (sentenza n. 335 del 1992).

6. – Non sono fondate, infine, neppure le questioni sollevate con riferimento all’articolo 3 della Costituzione.

In ordine all’articolazione delle carriere e dei passaggi di qualifica, questa Corte ha riconosciuto un ampio margine di apprezzamento al legislatore, le cui scelte possono essere sindacate solo se arbitrarie o manifestamente irragionevoli (sentenze n. 234 del 2007, n. 4 del 1994 e n. 448 del 1993). Nel caso in esame, non emergono profili di arbitrarietà o irragionevolezza, in quanto le disposizioni impugnate richiedono requisiti più rigorosi per lo svolgimento di mansioni superiori. Si può aggiungere che il diverso inquadramento del personale laureato e di quello diplomato è del tutto normale nel settore pubblico, come è ora dimostrato dalla previsione dell’articolo 17-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che – a regime – richiede il diploma di laurea per l’accesso alla vicedirigenza.

Né hanno pregio le censure basate sulla differenza tra il trattamento riservato al personale non laureato dalle disposizioni impugnate e da altre discipline relative a categorie di dipendenti pubblici sottratti alla contrattualizzazione del rapporto di lavoro. In primo luogo, il paragone è fatto con le intere categorie e non con le figure professionali similari. In secondo luogo, i ruoli direttivi speciali, previsti per quelle categorie, sono stati introdotti da discipline derogatorie, che non possono essere assunte come termini di paragone. In terzo luogo, il confronto è escluso anche dal fatto che i tertia comparationis invocati sono rappresentati da norme che disciplinano personale appartenente, a differenza di quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a forze di polizia. In quarto luogo, per quanto riguarda la questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto, quelle invocate come termini di paragone sono norme relative a qualifiche del personale operativo, mentre le disposizioni impugnate riguardano personale amministrativo-contabile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, rispettivamente, dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto in ordine agli articoli 162, commi 2 e 3, e 165, commi 2 e 3, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 (Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252), e dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria in ordine all’articolo 153, commi 1, 2 e 3, dello stesso decreto legislativo, in riferimento agli articoli 3, 76 e 97 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2008.