Ordinanza n. 40 del 2008

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 40

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Franco                     BILE                                                     Presidente

-    Giovanni Maria        FLICK                                                    Giudice

-    Francesco                AMIRANTE                                                ”

-    Ugo                         DE SIERVO                                                ”

-    Paolo                       MADDALENA                                            ”

-    Alfio                        FINOCCHIARO                                          ”

-    Alfonso                   QUARANTA                                               ”

-    Franco                     GALLO                                                       ”

-    Luigi                        MAZZELLA                                                ”

-    Gaetano                   SILVESTRI                                                 ”

-    Sabino                     CASSESE                                                    ”

-    Maria Rita               SAULLE                                                      ”

-    Giuseppe                 TESAURO                                                   ”

-    Paolo Maria             NAPOLITANO                                           ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies (introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e degli artt. 170 e 171, commi 1 e 2, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992, promossi con ordinanze del 18 maggio 2006 (nn. 2 ordinanze) dal Giudice di pace di Rionero in Vulture, del 27 luglio 2006 dal Giudice di pace di Salerno, dell’8 giugno 2006 dal Giudice di pace di Cividale del Friuli, del 3 agosto dal Giudice di pace di Santo Stefano di Camastra, dell’11 settembre e del 6 ottobre 2006 dal Giudice di pace di Caltanissetta, del 27 settembre 2006 dal Giudice di pace di Trecastagni, del 16 giugno e del 19 luglio 2006 dal Giudice di pace di Torre Annunziata, del 5 luglio 2006 dal Giudice di pace di Cantù, del 17 luglio 2006 dal Giudice di pace di Napoli, del 14 aprile 2006 dal Giudice di pace di Castrovillari, del 24 ottobre 2006 dal Giudice di pace di Trecastagni, del 5 settembre 2006 dal Giudice di pace di Cantù, del 24 ottobre e del 7 novembre 2006 dal Giudice di pace di Trecastagni, rispettivamente iscritti ai numeri 205, 206, 211, 224, 225, 241, 242, 244, 285, 286, 292, 309, 310, 314, 315, 356 e 357 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 15 e 16, nell’edizione straordinaria del 26 aprile 2007, nn. 17, 18 e 20, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2008 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che i Giudici di pace di Rionero in Vulture (r.o. nn. 205 e 206 del 2007), Salerno (r.o. n. 211 del 2007), Cividale del Friuli (r.o. n. 224 del 2007), Santo Stefano di Camastra (r.o. n. 225 del 2007), Caltanissetta (r.o. nn. 241 e 242 del 2007), Trecastagni (ro nn. 244, 314, 356 e 357 del 2007), Napoli (r.o. n. 309 del 2007) e Castrovillari (r.o. n. 310 del 2007) hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale – in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 27 e 42 della Costituzione – dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);

che, analogamente, i Giudici di pace di Torre Annunziata (r.o. nn. 285 e 286 del 2007) e Cantù (r.o. nn. 292 e 315 del 2007) hanno sollevato – in riferimento, il primo, agli artt. 2, 3, 24, 42 e 111 Cost., il secondo agli artt. 3, 27 e 42 Cost. – questioni di legittimità costituzionale, oltre che del suddetto art. 213, comma 2-sexies, anche degli artt. 170 e 171, commi 1 e 2, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992 (rispettivamente censurati, il primo, dal rimettente canturino, l’altro da quello torrese);

che, in particolare, il Giudice di pace di Rionero in Vulture – premesso di dover giudicare di due ricorsi, proposti da altrettanti proprietari di ciclomotori, avverso i provvedimenti con i quali, contestata ai conducenti l’infrazione consistente nel mancato uso del casco protettivo, è stato disposto il sequestro del veicolo, in vista della successiva confisca – assume l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, «nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa della confisca di un ciclomotore o motoveicolo che sia stato adoperato in violazione dell’art. 171» del medesimo codice;

che ad avviso del rimettente, la norma censurata «lede il principio di responsabilità penale tutelato dall’art. 27 della Costituzione», contrastando, altresì, con l’art. 3 della Carta fondamentale, «per violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione», e presentandosi, infine, non conforme alla disciplina ricavabile dall’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) e dall’art. 196 del codice della strada, giacché la confisca «indebitamente finisce per sanzionare il solo proprietario» e non il responsabile dell’infrazione;

che il Giudice di pace di Salerno – investito di un ricorso proposto avverso provvedimento di sequestro, prodromico alla successiva confisca, disposto a carico del conducente di un motociclo per aver trasportato un passeggero, in assenza di omologazione per tale possibilità – ipotizza che l’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada violi gli artt. 3, 27 e 42 Cost.;

che quanto, infatti, ai primi due parametri evocati, il rimettente assume che la norma censurata sarebbe «prima facie in contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione per evidente violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione» previsti, a suo dire, nel diritto penale ma da ritenersi operanti «a maggior ragione nel caso di applicazione di una sanzione amministrativa»;

che la violazione dei principi suddetti sarebbe, inoltre, vieppiù evidente dopo l’entrata in vigore delle disposizioni di cui al d.P.R. 6 marzo 2006, n. 153, recante «Modifiche agli articoli 248, 249, 250, 251, 252 nonché agli allegati al titolo III del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada)», atteso che un motociclo avente le stesse caratteristiche tecniche di quello utilizzato con riferimento alla fattispecie oggetto del giudizio principale, ma diversamente da esso «dotato di nuova targa» – ai sensi della disciplina prevista da tale decreto – «potrebbe regolarmente trasportare un passeggero»;

che, infine, il giudice a quo ipotizza la violazione anche dell’art. 42 Cost., «in quanto i motivi di interesse generale che la norma impone quale condizione imprescindibile dell’espropriazione della proprietà privata» sembrerebbero «non perseguiti» dalla censurata disposizione;

che il Giudice di pace di Cividale del Friuli censura, invece, il predetto art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada solo in riferimento all’art. 3 Cost.;

che il rimettente – chiamato a decidere in merito all’opposizione proposta avverso verbale di contestazione di infrazione stradale dal conducente di un ciclomotore, colpito anche dalla sanzione della confisca del veicolo, perché il passeggero trasportato a bordo del mezzo non indossava il casco protettivo – sostiene che la norma censurata «appare contraria al dettato costituzionale (art. 3 Cost.), in quanto a fronte di violazioni simili dispone la confisca solamente se la violazione è commessa con il motociclo e non con l’autovettura», non essendo la confisca prevista, ad esempio, «se il conducente o trasportato non allacci la cintura di sicurezza»;

che anche il Giudice di pace di Santo Stefano di Camastra ipotizza – sebbene la sua iniziativa sembrerebbe formalmente indirizzarsi avverso l’intero testo dell’art. 213 del codice della strada – che il comma 2-sexies di tale articolo violi gli artt. 3, 27 e 42, terzo comma, Cost.;

che il rimettente premette che l’oggetto del giudizio principale è costituito dal ricorso presentato da due soggetti – uno dei quali in veste di obbligato in solido ex art. 3 della legge n. 689 del 1981 – avverso verbale di contestazione di infrazione stradale (per violazione dell’art. 171, comma 1, del codice della strada) e pedissequo verbale di sequestro di un ciclomotore;

che il rimettente assume, innanzitutto, che la censurata disposizione «violi il principio di responsabilità personale penale», risultante dagli artt. 3 e 27 Cost., poiché «imputa a titolo di responsabilità oggettiva al proprietario di un bene mobile una pena anche quando nel comportamento di quest’ultimo non possa ravvisarsi né l’imprudenza, né la negligenza», disattendendo quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981 e dall’art. 42, primo comma, del codice penale;

che, inoltre, sarebbe violato – a suo dire – anche l’art. 42, terzo comma, Cost., giacché «non si ravvisano i motivi di interesse generale per la sottrazione del bene mobile»;

che il Giudice di pace di Caltanissetta, con due ordinanze di rimessione, censura il medesimo art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, in riferimento agli artt. 3, 27 e 42 Cost.;

che in entrambi i casi il giudice a quo risulta investito dell’opposizione – proposta dal proprietario di un ciclomotore, non responsabile personalmente dell’infrazione consistente nel mancato uso del casco protettivo, accertata in ciascuna delle ipotesi a carico del conducente del mezzo – avverso i verbali con i quali, contestata l’infrazione suddetta, si disponeva il sequestro del mezzo in vista della successiva confisca;

che, ciò premesso, il rimettente deduce che la sanzione della confisca, nel caso di specie, non sarebbe «giustificata», ponendosi in contrasto «con i parametri, di rango costituzionale, di ragionevolezza, della responsabilità personale, e di riconoscimento e difesa della proprietà privata».

che nell’ipotesi in esame, assume il rimettente, «si è certamente in presenza di una confisca avente natura di sanzione amministrativa accessoria», la quale, però, «non possiede, in forza del suo contenuto, i tratti della secondarietà, della marginalità e della complementarietà, ergendosi ad elemento primario di regolamentazione e per ciò stesso contrastando con le direttrici dell’intero sistema sanzionatorio degli illeciti amministrativi»;

che richiamata, pertanto, la giurisprudenza della Corte costituzionale – sentenze n. 110 del 1996, n. 371 del 1994, n. 259 del 1976 e n. 229 del 1974 – che ha riconosciuto «ingiusta ed irrazionale la previsione della confisca obbligatoria del bene, allorché sia evidente la violazione del canone di ragionevolezza», il rimettente assume che tale evenienza ricorre nel caso di specie, atteso che «la confisca del ciclomotore è applicata in via immediata ed automatica», non consentendosi al proprietario del bene di provare la propria «assoluta estraneità all’illecito amministrativo da altri commesso», violando, così, anche il principio della personalità della responsabilità amministrativa enunciato dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981;

che, inoltre, l’impossibilità di attribuire rilievo – ai fini della mancata applicazione della confisca – proprio alla circostanza costituita dalla appartenenza del veicolo a terzo estraneo all’illecito amministrativo «si traduce in un’ingiustificata violazione del diritto sul bene confiscato», con violazione dell’art. 42, secondo comma, della Costituzione, atteso che, nella specie, non ci «si limita a sottrarre all’incolpevole proprietario la disponibilità per un tempo limitato di un bene patrimoniale, e quindi a comprimere le sole facoltà di godimento della res», bensì si sottrae «il bene in via definitiva», con «una statuizione di tipo demolitorio»;

 che, infine, è ipotizzata la violazione anche dell’art. 27 Cost., giacché la sanzione della confisca è applicata al proprietario del mezzo – che pure non sia l’autore dell’infrazione – «in via immediata ed automatica», essendogli precluso «di provare la propria estraneità all’illecito amministrativo da altri commesso», in contrasto con la regola sancita dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981, secondo cui, per gli illeciti amministrativi, «ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa»;

che anche i Giudici di pace di Trecastagni, con quattro ordinanze di rimessione, e di Napoli censurano – facendo entrambi ricorso ad identici argomenti – il medesimo art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, ipotizzandone il contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.;

che il primo dei due rimettenti deduce, preliminarmente, di essere investito, in due dei giudizi principali (r.o. nn. 314 e 357 del 2007), del ricorso proposto dal proprietario di un ciclomotore, sorpreso alla guida del mezzo senza indossare il casco protettivo, dovendo invece conoscere, negli altri due casi (r.o. nn. 244 e 356 del 2007), di fattispecie nelle quali la sanzione della confisca – sempre conseguente alla violazione dell’art. 171, commi 1 e 2, del codice della strada – risulta investire il veicolo di proprietà di soggetto diverso dall’autore materiale dell’infrazione;

che questa seconda evenienza è quella che ricorre anche nel caso sottoposto al giudizio del rimettente napoletano;

che entrambi i giudici a quibus svolgono, come anticipato, le medesime argomentazioni, tese a dimostrare l’esistenza di una «aperta violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione», nonché «la disparità di trattamento» che la norma suddetta introdurrebbe tra violazioni del codice della strada, secondo che le stesse siano commesse con ciclomotori o autoveicoli;

che i due giudici rimettenti rammentano come la Corte costituzionale non solo abbia già riconosciuto l’illegittimità costituzionale di talune ipotesi di confisca (è citata la sentenza n. 110 del 1996), ma ha espresso più volte l’auspicio – sono citate le sentenze nn. 349 e 435 del 1997 – che il legislatore provveda a «rimodellare il sistema della confisca, stabilendo alcuni canoni essenziali al fine di evitare che l’applicazione giudiziale della sanzione amministrativa produca disparità di trattamento»;

che la norma censurata, viceversa, contravverrebbe a tali indicazioni, non solo dando luogo ad un’inammissibile «disparità di trattamento tra chi conduce una moto o un ciclomotore e chi guida un autoveicolo», ma anche violando il principio secondo cui la responsabilità penale è personale, nella misura in cui la sanzione della confisca da essa prevista colpisce «inevitabilmente ed esclusivamente» il proprietario del veicolo e non l’autore dell’infrazione stradale;

che il Giudice di pace di Castrovillari evoca, invece, come parametri costituzionali gli artt. 3 e 42 Cost., assumendo che gli stessi sarebbero violati dalla previsione della sanzione della confisca contemplata dal predetto art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada;

che il rimettente premette di essere investito del giudizio instaurato dal proprietario di un motociclo (colpito da sanzione amministrativa per aver utilizzato il mezzo senza indossare il casco protettivo), il quale – senza opporsi nel merito all’infrazione contestatagli – ricorre esclusivamente avverso la sanzione accessoria della confisca, assumendo l’illegittimità costituzionale della sua previsione;

che, secondo il giudice a quo, la norma in esame contrasta con l’art. 3 Cost., per la «irragionevole disparità di trattamento realizzata, a parità di gravità della violazione commessa, tra automobilisti e motociclisti», essendo la sanzione della confisca «prevista in relazione a violazioni compiute a bordo di motocicli e non anche per altre violazioni analoghe commesse con altri mezzi di circolazione», come ad esempio il mancato uso della cintura di sicurezza, aventi la medesima ratio di tutela della incolumità individuale;

che un ulteriore profilo di contrasto con il medesimo parametro costituzionale sarebbe da ravvisare nella «sproporzione della sanzione rispetto alla violazione», palesandosi la confisca obbligatoria «oltremodo gravosa ed afflittiva» se posta a confronto con la condotta sanzionata, e cioè la guida di un motociclo o motoveicolo senza l’uso del casco protettivo;

che, infine, la norma censurata violerebbe anche l’art. 42 Cost., «per l’illegittima compressione del diritto di proprietà dell’individuo»;

che, invece, l’iniziativa assunta dal Giudice di pace di Torre Annunziata si indirizza avverso l’art. 171, commi 1 e 2, del codice della strada, oltre che l’art. 213, comma 2-sexies, del medesimo codice, ipotizzandosi la violazione degli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost.;

che il giudice a quo – chiamato a giudicare dell’opposizione proposta, nel primo dei due giudizi principali, dalla proprietaria e dal conducente di un motociclo per avere quest’ultimo guidato il veicolo senza indossare il casco protettivo, nel secondo, invece, esclusivamente dal proprietario di un motociclo, essendo il medesimo direttamente responsabile di detta infrazione – assume che le censurate disposizioni, nel prevedere l’applicazione della sanzione accessoria della confisca, sarebbero in contrasto, innanzitutto, con l’art. 42 Cost.;

che tali disposizioni, inoltre, violerebbero l’art. 3 della Carta fondamentale, «per l’evidente sproporzione tra violazione e sanzione e relative conseguenze economiche», nonché l’art. 2 Cost. per la «disparità di trattamento» che realizzano tra i conducenti di ciclomotori o motoveicoli e quelli di tutti gli altri veicoli;

che, infine, quanto al contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., assume il rimettente torrese che, nel caso di specie, risulta sottratta «a qualsivoglia giudice terzo la comminatoria di una sanzione di una gravità economica tale, da superare in alcune ipotesi, persino l’entità di sanzioni pecuniarie previste dalle leggi penali»;

che, infine, il Giudice di pace di Cantù – con entrambe le ordinanze di rimessione – censura, oltre al predetto art. 213, comma 2-sexies, anche l’art. 170, commi 1 e 2, del codice della strada, ipotizzando la violazione degli artt. 3, 27 e 42 Cost.

che il rimettente – nel limitarsi a riferire, in punto di fatto, di essere chiamato a giudicare di due opposizioni proposte contro altrettanti verbali di sequestro ex art. 213 del codice della strada, elevati per violazione dell’art. 170, comma 2, del medesimo codice – deduce, innanzitutto, il contrasto tra le norme censurate e l’art. 3 Cost.;

che è denunciata, infatti, la «evidente sproporzione tra violazione e sanzione, in aperto contrasto con il principio di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione», e ciò a causa della «disparità di trattamento» tra le infrazioni stradali «commesse dai conducenti di ciclomotori e conducenti di autoveicoli», pur essendo identica, per le une come per le altre, la ratio «di salvaguardia dell’integrità fisica del cittadino»;

che viene ipotizzata inoltre – richiamando sul punto le sentenze della Corte costituzionale n. 435 e n. 349 del 1997 – la violazione del principio di «personalità» desumibile dall’art. 27 Cost.;

che, infine, è dedotto il contrasto anche con l’art. 42 Cost., che consente l’espropriazione di un bene privato «solo in presenza di motivi di interesse generale»;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in tutti i giudizi, salvo quello che trae origine dall’ordinanza r.o. n. 315 del 2007, svolgendo considerazioni sostanzialmente identiche in ciascun atto di intervento;

che in particolare – eccepita, in via preliminare, l’inammissibilità delle questioni relative ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 171 del codice della strada, atteso che tali disposizioni si limitano a descrivere le infrazioni in relazione alle quali il (solo) comma 2-sexies dell’art. 213 del medesimo codice della strada prevede, quale sanzione accessoria a quella pecuniaria, la confisca del veicolo a due ruote – ha dedotto l’infondatezza delle questioni sollevate;

che la confisca sarebbe rivolta a sottrarre la disponibilità di ciclomotori e motoveicoli a coloro i quali, mostrandosi indifferenti all’obbligo di indossare il casco protettivo, realizzano, con il proprio contegno, «una causa di incremento del pericolo di lesioni craniche da circolazione di motocicli», sicché – sottolinea la difesa erariale – anche «il proprietario che autorizzi o tolleri l’uso del motociclo da parte di soggetti che non rispettano l’obbligo in questione» è ragionevolmente sottoposto, dall’impugnato art. 213, comma 2-sexies, a tale sanzione, giacché «ha accettato di concorrere all’incremento complessivo del rischio da circolazione e, contemporaneamente, ha rinunciato ad esercitare un controllo personale e diretto sul comportamento del conducente»;

che nessuna violazione del principio di eguaglianza, poi, potrebbe essere ravvisata nel caso di specie;

che, difatti, individuata nella «prevenzione del rischio individuale e sociale da trauma cranico, specifico e peculiare della circolazione motociclistica» la ratio della sanzione della confisca, risulterebbe evidente come nella sua applicazione «non abbia alcun rilievo il valore dei motocicli confiscati», giacché attraverso di essa non si «tende a colpire il patrimonio del responsabile, bensì a rimuovere una causa di incremento del rischio di cui si è detto»;

che infine, si esclude l’esistenza di un contrasto tra le norme censurate e gli artt. 24 e 111 Cost., asseritamente conseguente al «carattere rigido» di tale sanzione, essendo quella della confisca obbligatoria una «sanzione ampiamente nota all’ordinamento penale e sanzionatorio amministrativo», giustificata dalla «necessità di eliminare le cause materiali di potenziali, ulteriori, lesioni dell’interesse protetto».

Considerato che i Giudici di pace di Rionero in Vulture (r.o. nn. 205 e 206 del 2007), Salerno (r.o. n. 211 del 2007), Cividale del Friuli (r.o. n. 224 del 2007), Santo Stefano di Camastra (r.o. n. 225 del 2007), Caltanissetta (r.o. nn. 241 e 242 del 2007), Trecastagni (ro nn. 244, 314, 356 e 357 del 2007), Napoli (r.o. n. 309 del 2007) e Castrovillari (r.o. n. 310 del 2007) hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale – in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 27 e 42 della Costituzione – dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);

che, analogamente, i Giudici di pace di Torre Annunziata (r.o. nn. 285 e 286 del 2007) e Cantù (r.o. nn. 292 e 315 del 2007) hanno sollevato – in riferimento, il primo, agli artt. 2, 3, 24, 42 e 111 Cost., il secondo agli artt. 3, 27 e 42 Cost. – questioni di legittimità costituzionale oltre che del suddetto art. 213, comma 2-sexies, anche degli artt. 170 e 171, commi 1 e 2, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992 (rispettivamente censurati, il primo, dal rimettente canturino, l’altro da quello torrese);

che, data la connessione esistente tra i vari giudizi, se ne impone la riunione ai fini di un’unica pronuncia;

che, nelle more del presente giudizio, i commi 167, 168 e 169 dell’art. 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), inseriti dalla relativa legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, hanno, rispettivamente, sostituito il testo degli artt. 170, comma 7, 171, comma 3, e 213, comma 2-sexies (norma, quest’ultima, denunciata da tutti giudici rimettenti) del codice della strada;

che, difatti, in virtù del citato ius superveniens, alla «sanzione pecuniaria amministrativa» prevista, rispettivamente, dal comma 6 dell’art. 170 e dal comma 2 dell’art. 171 del codice della strada, consegue – in luogo della confisca, contemplata dal testo censurato dell’art. 213, comma 2-sexies, del medesimo codice della strada – «il fermo del veicolo per sessanta giorni ai sensi del capo I, sezione II del titolo VI» dello stesso codice (ovvero per la durata di novanta giorni allorché, «nel corso di un biennio», sia «stata commessa, almeno per due volte», una delle violazioni previste dai commi 1 e 2 dell’art. 170 e dal comma 1 dell’art. 171 del medesimo codice della strada);

che, difatti, ai sensi del novellato art. 213, comma 2-sexies, del predetto codice l’applicazione della confisca risulta ormai limitata a «tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere un reato, sia che il reato sia stato commesso da un conducente maggiorenne, sia che sia stato commesso da un conducente minorenne»;

che, pertanto, alla luce di tale sopravvenienza normativa si impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, per una rinnovata valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni dagli stessi sollevate.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti ai Giudici di pace di Rionero in Vulture, Salerno, Cividale del Friuli, Santo Stefano di Camastra, Caltanissetta, Trecastagni, Napoli, Castrovillari, Torre Annunziata e Cantù.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2008.