Sentenza n. 259 del 1976
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SENTENZA N. 259

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 116, primo comma, della legge 25 settembre 1940, n. 1424 (legge doganale) e dell'art. 301 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), promosso con ordinanza emessa il 23 ottobre 1974 dalla sezione istruttoria presso la Corte d'appello di Trieste nel procedimento penale a carico di Stanicic Darko ed altri, iscritta al n. 80 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 88 del 2 aprile 1975.

Udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1976 il Giudice relatore Leonetto Amadei.

Ritenuto in fatto

Con nota 7 maggio 1973, il Ministro di grazia e giustizia sollecitava la Procura generale di Trieste a promuovere giudizio di estradizione (ex art. 666 c.p.p.) nei confronti di alcuni cittadini jugoslavi, su richiesta del governo federale elvetico in quanto colpiti da mandato di cattura emesso dalla Procura pubblica del cantone di Zurigo per i reati di furto continuato e danneggiamento.

Unitamente alla estradizione, il Governo elvetico chiedeva la riconsegna dei valori ed oggetti sequestrati, tra cui delle pellicce, poiché costituivano compendio dei furti addebitati agli estradandi.

Con sentenza 4 luglio 1973, la sezione istruttoria della Corte di appello di Trieste deliberava in senso favorevole all'estradizione e in senso sfavorevole alla consegna delle pellicce sequestrate sotto il profilo che trattandosi di cose introdotte in Italia in contrabbando doganale (reato per il quale gli estradandi erano stati condannati dal tribunale di Trieste) esse, in forza degli artt. 116 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, e 301 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, erano soggette a confisca.

Con nota del 30 maggio 1974, l'Ambasciata elvetica in Italia reiterava la domanda sostenendo che le pellicce dovevano considerarsi refurtiva e non già merce di contrabbando. Tale domanda veniva inoltrata dal Procuratore generale alla sezione istruttoria con parere favorevole. La sezione istruttoria, ritenendo sulla base delle norme doganali vigenti, non accoglibile la richiesta, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 116 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, e 301 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, nella parte in cui non prevedono la esclusione dalla confisca nei casi di contrabbando delle cose che ne sono oggetto qualora risulti che queste siano state - prima dell'introduzione nello Stato - dolosamente sottratte al legittimo proprietario o detentore estraneo al reato.

Per il giudice a quo l'illegittimità costituzionale delle norme richiamate investirebbe sia il principio della personalità della responsabilità penale, sancito dall'art. 27, primo comma, della Costituzione, sia il disposto dell'art. 42, terzo comma, della stessa Costituzione che prevede l'espropriabilità della proprietà privata solo per motivi di interesse generale e con indennizzo, atteso che la confisca, nel caso in esame, si risolverebbe in un inammissibile esproprio in danno di persona estranea al fatto reato.

Per lo stesso giudice sussisterebbe analogia tra la situazione in atto con quella presa in considerazione dalla Corte con la sentenza n. 229 del 1974, con la quale vennero dichiarati illegittimi gli artt. 116 della legge n. 1424 del 1940 e 301, primo comma, del d.P.R. n. 43 del 1973 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

Considerato in diritto

L'ordinanza ha sollevato la questione di costituzionalità degli artt. 116, primo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, e 301 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), per contrasto con gli artt. 27, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevedono la esclusione della confisca, nei casi di contrabbando, delle cose che ne sono l'oggetto, allorché risulti che queste, prima della introduzione nello Stato in violazione delle leggi doganali, fossero dolosamente sottratte al legittimo proprietario o detentore.

La questione é fondata.

Con la sentenza 17 luglio 1974, n. 229, questa Corte ha già dichiarato illegittimo (per contrasto, peraltro, con l'art. 3 della Costituzione) l'art. 116, primo comma, della suddetta legge doganale del 1940, nella parte in cui, quanto alle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, impone la confisca anche nell'ipotesi di loro appartenenza a persone estranee al reato stesso, alle quali non sia imputabile un difetto di vigilanza. Per illegittimità conseguenziale la Corte dichiarò, nella stessa sentenza, la illegittimità costituzionale degli artt. 301, primo comma, del citato testo unico delle disposizioni in materia doganale e dell'art. 87, primo comma, della legge 17 luglio 1942, n. 907.

Secondo quanto allora ritenuto dalla Corte sulla questione prospettata, "l'applicazione dell'istituto della confisca obbligatoria... snatura il carattere della misura di sicurezza così come é strutturata e introdotta dal codice vigente che ne fa uno strumento anomalo di ambigua collocazione giuridica".

Venendo all'oggetto della presente causa é da rilevare, anzitutto, che é palese il contrasto con l'art. 27 della Costituzione, poiché, mentre questo afferma la personalità della responsabilità penale, l'art. 116 della legge doganale e l'art. 301 del t.u. delle disposizioni in materia doganale contengono delle evidenti previsioni di responsabilità oggettiva, poiché prescindono del tutto dalla valutazione dell'elemento psicologico nella condotta del soggetto e comminano la confisca delle cose destinate a commettere il reato, senza tener conto alcuno della loro appartenenza. E ciò anche se é vero che possono esservi delle cose per le quali si può configurare una illiceità oggettiva in senso assoluto (art. 240 c.p.), che prescinde, pertanto, dal rapporto col soggetto che ne dispone, e che debbono essere confiscate presso chiunque le detenga a qualsiasi titolo.

Questo, però, rappresenta un profilo del tutto particolare, atipico, ma non estraneo alla logica del sistema e ai criteri a cui si ispira la prevenzione sul piano generale e di cui le misure di sicurezza patrimoniali costituiscono un aspetto.

Con la menzionata sentenza, la Corte ha preso in esame, entro i confini dell'ordinanza così come allora motivata, la sola questione della confisca di cose appartenenti a terzi ai quali si sarebbe potuto imputare un difetto di vigilanza.

Nella presente causa il problema é diverso: non si tratta, infatti, di cose appartenenti a terzi estranei al reato, che avrebbero potuto esercitare una più vigile attenzione, bensì di cose (costituenti l'oggetto del reato doganale) che al terzo furono dolosamente sottratte.

Così essendo, pertanto, non può assolutamente essere addebitata al proprietario una responsabilità personale, né può appagare la responsabilità obiettiva che, ingiustamente posta a suo carico, ha dato causa al provvedimento di confisca di cose che, al proprietario sottratte, hanno poi formato oggetto di violazione di norme doganali.

Questa Corte, tuttavia, precisa che siffatta sottrazione debba risultare da pronuncia giudiziale.

Le norme impugnate vanno pertanto dichiarate illegittime nella parte in cui non prevedono l'esclusione della confisca delle cose oggetto di contrabbando, che siano state illegittimamente sottratte a terzi, quando tale sottrazione risulti giudizialmente accertata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 116, primo comma, della legge 25 settembre 1940, n. 1424, e dell'articolo 301 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, nella parte in cui non prevedono la esclusione della confisca per le cose oggetto del reato di contrabbando che siano state illegittimamente sottratte a terzi, quando tale sottrazione risulti giudizialmente accertata.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 dicembre 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1976.