Sentenza n. 306 del 2007

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SENTENZA N. 306

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Franco                             BILE                                             Presidente

-      Giovanni Maria               FLICK                                              Giudice

-      Francesco                        AMIRANTE                                         "

-      Ugo                                 DE SIERVO                                         "

-      Paolo                               MADDALENA                                    "

-      Alfio                                FINOCCHIARO                                  "

-      Alfonso                           QUARANTA                                        "

-      Franco                             GALLO                                                 "

-      Luigi                                MAZZELLA                                         "

-      Gaetano                           SILVESTRI                                          "

-      Sabino                             CASSESE                                             "

-      Maria Rita                       SAULLE                                               "

-      Giuseppe                         TESAURO                                            "

-      Paolo Maria                     NAPOLITANO                                    "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 648 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 20 luglio 2006 dal Giudice di pace di Belluno nel procedimento civile vertente tra Bar Montegrappa di Combes Sylvie e G. Buzzatti s.a.s. di G. Buzzatti & C., iscritta al n. 562 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2006.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 luglio 2007 il Giudice relatore Luigi Mazzella.

Ritenuto in fatto

         1.- Nel corso di un processo di opposizione a decreto ingiuntivo, il Giudice di pace di Belluno, con ordinanza del 20 luglio 2006, ha sollevato, per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 648 del codice di procedura civile, nella parte in cui prevede la non impugnabilità, e quindi la non revocabilità e non modificabilità, dell’ordinanza che concede la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo nel corso dell’opposizione di cui all’art. 645 cod. proc. civ.

         2.- Il giudice a quo riferisce che, a seguito della concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo ex art. 648 dello stesso codice, l’opponente ha manifestato dei dubbi in ordine alla costituzionalità di questa norma, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Carta fondamentale, nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 649 cod. proc. civ. prevede la non impugnabilità e quindi la non revocabilità e non modificabilità dell’ordinanza che concede la provvisoria esecuzione (o sospende quella concessa ai sensi dell’art. 642 cod. proc. civ.), a differenza di quanto è previsto dagli articoli 186-bis e 186-ter del codice di rito con riguardo alle ordinanze per il pagamento di somme non contestate ed a quelle ingiuntive e, da ultimo, dall’art. 624, comma secondo, cod. pro. civ. il quale – a seguito della sostituzione di tale articolo, operata dall’art. 2, comma 3, lettera e), numero 42 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 e delle successive modifiche apportate dall’art. 18, comma 1, lettere a) e b) della legge 24 febbraio 2006, n. 52 (Riforma delle esecuzioni immobiliari) – prevede espressamente che contro l’ordinanza che decide l’istanza di sospensione del processo esecutivo è ammesso il reclamo cautelare disciplinato dall’art. 669-terdecies, cod. pro. civ.

         Il giudice rimettente osserva in proposito che – se è condivisibile la giurisprudenza costituzionale la quale, pur riconoscendo che il provvedimento reso ex art. 648, comma secondo, cod. proc. civ. dovrebbe essere subordinato alla ricorrenza degli stessi presupposti necessari per la concessione dei provvedimenti cautelari (sentenza n. 137 del 1984), ne ha tuttavia sottolineato l’eterogeneità rispetto all’ordinanza di cui all’art. 186-ter cod. proc. civ. in ragione della natura anticipatoria di quest’ultima, funzionale ad esigenze deflattive del processo (sentenza n. 65 del 1996) – si impone invece una diversa conclusione all’esito della comparazione di quella norma con il testo novellato dell’art. 624, comma secondo, dello stesso codice di rito, il quale ha previsto, appunto, la reclamabilità dei provvedimenti sulla sospensione del processo esecutivo resi nei giudizi di opposizione all’esecuzione (nonché, ritiene il rimettente, di opposizione a precetto) e di opposizione di terzo all’esecuzione.

         Il giudice rimettente conclude, dunque, nel senso che si sarebbe venuta a creare una ingiustificata disparità di trattamento tra le parti del processo di opposizione a decreto ingiuntivo e quelle del processo di opposizione all’esecuzione, pur essendosi, in entrambi i casi, in presenza di un titolo che, nell’ipotesi di mancata sospensione, può essere azionato in sede esecutiva.

         3.- E’ intervenuto nel giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri il quale ritiene infondata la questione di costituzionalità a causa delle rilevanti differenze, di natura e funzione, esistenti tra la norma denunciata ed il tertium comparationis individuato nel novellato art. 624 cod. proc. civ.

         In particolare, ad avviso dell’Avvocatura generale, nel caso dell’art. 648 si sarebbe in presenza di un titolo, già formatosi nella fase inaudita altera parte del procedimento monitorio, che impone all’opponente di predisporre difese «ontologicamente complete ed esaustive» ai fini della valutazione prognostica del giudice fondata sull’attendibilità degli argomenti di contestazione.

         Diversamente il provvedimento di cui all’art. 624, collocandosi al di fuori del processo di cognizione, avrebbe una più spiccata natura cautelare, che giustifica l’applicabilità dell’art. 669-terdecies, ragion per cui ogni questione fatta valere in sede di opposizione all’esecuzione non può che riguardare (quantomeno per i titoli di formazione giudiziale) fatti verificatisi successivamente alla formazione del titolo esecutivo e, quindi, per la prima volta oggetto di esame da parte del giudice dell’esecuzione.

         Inoltre, anche sul piano degli effetti il provvedimento reso ai sensi del nuovo art. 624 si caratterizza per essere potenzialmente destinato a chiudere la procedura esecutiva, dovendo il giudice che ha disposto la sospensione dichiarare, con ordinanza, l’estinzione del pignoramento quando glielo chieda l’opponente in alternativa all’instaurazione del giudizio di merito sull’opposizione: ciò che giustifica la doppia valutazione del giudice monocratico, in primo luogo, e del collegio in sede di reclamo.

         In conclusione, ad avviso dell’Avvocatura generale, la norma denunciata non viola né l’art. 3 né l’art. 24 della Costituzione, tenuto conto che la discrezionalità del legislatore è stata non irragionevolmente esercitata col prevedere che l’ordinanza che concede la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, priva di natura decisoria e perciò destinata ad essere riassorbita dalla sentenza di merito, venga emessa nel reale e pieno contraddittorio delle parti come strumento per la soddisfazione dell’interesse del creditore ritenuto prevalente rispetto a quello del debitore.

Considerato in diritto

         1.- Il giudice di pace di Belluno dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 648 del codice di procedura civile, nella parte in cui prevede la non impugnabilità, e quindi la non revocabilità e non modificabilità, dell’ordinanza che concede la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, così creando una situazione di ingiustificata disparità di trattamento delle parti del processo di opposizione a decreto ingiuntivo rispetto alle parti del processo di opposizione all’esecuzione, nel quale, alla stregua del novellato art. 624 cod. proc. civ., è ammesso il reclamo avverso l’ordinanza di sospensione del processo esecutivo.

         2.– Va premesso che la questione di legittimità costituzionale è rilevante nel giudizio a quo – pendente davanti al giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo – in quanto la previsione della non impugnabilità dell’ordinanza concessiva dell’esecuzione provvisoria comporta, ex art. 177, terzo comma, numero 2), cod. proc. civ., (l’immodificabilità e) l’irrevocabilità dell’ordinanza stessa da parte del giudice a quo.

         3.– La questione non è fondata.

         3.1.– Il giudice rimettente – nel prendere atto che questa Corte ha escluso che la disciplina del provvedimento monitorio emanabile, ex art. 186-ter cod. proc. civ., nel corso di un ordinario giudizio di cognizione costituisca un idoneo tertium comparationis là dove prevede la revocabilità e modificabilità di tale provvedimento (sent. n. 65 del 1996) – solleva la questione di legittimità costituzionale individuando, quale termine di confronto, l’art. 624, secondo comma, cod. proc. civ., – a seguito della sostituzione di tale articolo, operata dall’art. 2, comma 3, lettera e), numero 42 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 e delle successive modifiche apportate dall’art. 18, comma 1, lettere a) e b) della legge 24 febbraio 2006, n. 52 (Riforma delle esecuzioni immobiliari).

         Ad avviso del rimettente, l’espressa previsione, nel novellato testo dell’art. 624 cod. proc. civ., di un reclamo avverso l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione del processo esecutivo – reclamo previsto (art. 669-terdecies) nell’ambito del procedimento cautelare uniforme (art. 669-bis e segg. cod. proc. civ.) – renderebbe irragionevolmente discriminatoria la posizione delle parti dell’opposizione a decreto ingiuntivo, impossibilitate a reagire avverso l’ordinanza che concede la provvisoria esecuzione del decreto opposto, rispetto alla posizione delle parti del giudizio di opposizione all’esecuzione, alle quali è concesso, viceversa, il reclamo cautelare contro la predetta ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione.

         E’ evidente che l’indicazione del nuovo tertium comparationis fa sì che l’oggetto del confronto non si incentri più sulla struttura monitoria (comune al procedimento ex art. 186-ter cod. proc. civ.), bensì sulla natura (lato sensu) cautelare comune a due provvedimenti incidenti sul corso, rispettivamente, del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e del processo esecutivo.

         3.2.– Preliminarmente va ribadito – non essendo, sotto tale profilo, rilevante il nuovo tertium comparationis – che la norma censurata (art. 648 cod.proc.civ.) mira manifestamente ad indurre «l’opponente – in sintonia, peraltro, con la peculiare diligenza impostagli dall’art. 647 cod. proc. civ. – ad una particolare esaustività dell’atto di opposizione, e pertanto su di lui tendenzialmente trasferendo, quando l’apprezzamento delle sue ragioni non sia immediatamente delibabile ma richieda la trattazione della causa, l’onere della durata del processo di cognizione attraverso l’anticipazione del momento dell’efficacia rispetto a quello del pieno accertamento» (ordinanza n. 428 del 2002).

         Tale funzione della norma esclude – ha ritenuto questa Corte (sentenza n. 65 del 1996) – che possa ritenersi manifestamente irragionevole una disciplina che “stabilizza”, fino all’esito del giudizio di opposizione, il provvedimento concessivo della provvisoria esecuzione ed esclude altresì che i presupposti lato sensu cautelari di esso comportino necessariamente l’applicabilità delle regole del procedimento cautelare uniforme (e, in particolare, degli artt. 669-decies e 669-terdecies, cod. proc. civ.).

         Se è vero, infatti, che questa Corte – come ricorda il giudice rimettente – ha riconosciuto che il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo deve valutare gli stessi presupposti (fumus boni iuris e periculum in mora) propri delle misure cautelari (sentenza n. 137 del 1984), è anche vero che tale riconoscimento era finalizzato esclusivamente ad escludere che la provvisoria esecuzione dovesse necessariamente essere concessa (come prevedeva il comma secondo dell’art. 648 ) quando, avendo offerto il creditore idonea cauzione, venisse meno il periculum in mora. Con la sentenza n. 137 del 1984 la Corte ha escluso che l’offerta di cauzione potesse precludere «al giudice quelle valutazioni del fumus boni iuris del creditore che il comma primo dell’art. 648 gli impone di effettuare», ed ha precisato che «in un processo la cui fase preliminare si basa sulle prove scritte specificate nell’art. 634 l’idoneità delle prove offerte dall’opponente ad ostacolare oppur no la pronta soluzione e a precludere oppur no la concessione della provvisoria esecuzione non possono non essere apprezzate in connessione con le prove scritte in concreto poste a base della domanda di decreto ingiuntivo».

         In sintesi, la sentenza n. 137 del 1984 – sottolineando che il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo è chiamato a valutare il fumus boni iuris del creditore tenendo conto, da un lato, delle prove da lui prodotte nella fase monitoria e, dall’altro lato, delle prove ovvero delle deduzioni offerte dall’opponente, e quindi comparando «l’intensità probatoria» degli elementi addotti dall’opponente con quelli offerti dall’opposto – non contrasta, ma presuppone la peculiare funzione dell’ordinanza ex art. 648 cod. proc. civ. quale successivamente, con la sentenza n. 65 del 1996 e con l’ordinanza n. 428 del 2002, è stata delineata e precisata.

         3.3.– Il prevalere di tale funzione sulla natura latamente cautelare dell’ordinanza ex art. 648 cod. proc. civ. esclude che, in senso opposto, possa ritenersi decisiva la (asseritamente comune) natura del tertium comparationis costituito dall’art. 624, secondo comma, cod. proc. civ., disciplinato – a giudizio sia del rimettente che del Presidente del Consiglio dei ministri – secondo i principi propri del procedimento cautelare uniforme.

         In proposito, deve rilevarsi che l’applicabilità dell’art. 669-terdecies cod. proc. civ. all’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione del processo esecutivo è stata disposta in un contesto nel quale tale ordinanza è sempre stata ritenuta impugnabile, e ciò anche quando i provvedimenti cautelari – prima della Novella del 1990 – non lo erano in alcun modo; sicché la sostituzione dell’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 cod. proc. civ.) con il reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies appare dovuta, in primo (se non esclusivo) luogo, all’esigenza di individuare un rimedio più agile ed efficace di quello, macchinoso e poco garantista, preesistente. Più agile, perché assai più sollecito di quello offerto dall’ordinario giudizio di cognizione ex art. 617 cod. proc. civ. (che poteva, poi, sfociare anche in un giudizio, ai sensi dell’art. 111, comma settimo, Cost., davanti alla Corte di cassazione); più efficace (e garantista), perché deciso nell’immediatezza da un collegio del quale non può fare parte il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.

            4.- In conclusione, la comune natura latamente cautelare dei provvedimenti posti a confronto dall’ordinanza di rimessione non impone affatto, né in base all’art. 3 né in base all’art. 24 Cost., una comune disciplina quanto ai rimedi utilizzabili contro ciascuno di essi.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

         dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 648 del codice di procedura civile sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Belluno con l’ordinanza in epigrafe.

            Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2007.