Sentenza n. 190 del 2007

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SENTENZA N. 190

ANNO 2007

 

Commento alla decisione di

 

Paola Torretta

Riserva di legge e prestazioni patrimoniali imposte: un tentativo di frenare la ‘relativizzazione’ della garanzia ex art. 23 Cost.? Note a margine di Corte cost. 190/2007

 

(per gentile concessione del sito dell’AIC – Associazione Italiana dei Costituzionalisti)

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Franco                             BILE                                             Presidente

-      Giovanni Maria               FLICK                                              Giudice

-      Francesco                        AMIRANTE                                         "

-      Ugo                                 DE SIERVO                                         "

-      Paolo                               MADDALENA                                    "

-      Alfio                                FINOCCHIARO                                  "

-      Alfonso                           QUARANTA                                        "

-      Franco                             GALLO                                                 "

-      Luigi                                MAZZELLA                                         "

-      Gaetano                           SILVESTRI                                          "

-      Sabino                             CASSESE                                             "

-      Maria Rita                       SAULLE                                               "

-      Giuseppe                         TESAURO                                            "

-      Paolo Maria                     NAPOLITANO                                    "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 52, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), promosso con ordinanza del 14 giugno 2006 dal Tribunale di Parma nel procedimento civile vertente tra Avanzini Ilaria ed altri e la Fondazione Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari Italiani (O.N.A.O.S.I.), iscritta al n. 597 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 giugno 2007 il Giudice relatore Luigi Mazzella.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza del 14 giugno 2006, il Tribunale di Parma, in funzione del giudice del lavoro ha sollevato - in riferimento agli articoli 3 e 23 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell’articolo 52, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), - (recte: dell’art. 2, lettera e), della legge 7 luglio 1901, n. 306, Provvedimenti pel Collegio-convitto per gli orfani dei sanitari italiani in Perugia), quale sostituita dall’art. 52, comma 23, della legge n. 289 del 2002, il quale prevede il contributo obbligatorio di tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani dei farmacisti, medici chirurghi, odontoiatri e veterinari, nella misura e con le modalità di versamento stabilite dal consiglio di amministrazione della Fondazione Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari (ONAOSI), con regolamenti soggetti ad approvazione dei ministeri vigilanti, ai sensi dell’art. 3, comma 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza).

Nel caso concreto, l’articolo 4 del regolamento ONAOSI concernente la riscossione dei contributi obbligatori e volontari, approvato con atto interministeriale del 31 luglio 2003, aveva determinato l’entità del contributo in  funzione esclusiva dell’età del soggetto obbligato. Il giudice rimettente denuncia la non manifesta infondatezza della questione, in quanto la norma censurata, in contrasto con l’articolo 23 Cost., non determina in via preventiva né in termini sufficientemente precisi i criteri direttivi cui deve ispirarsi il consiglio di amministrazione della Fondazione, senza che sia possibile desumere aliunde detti criteri.

             Secondo il giudice a quo, non valgono a superare le carenze della norma censurata gli artt. 2 e 3 del decreto legislativo n. 509 del 1994, i quali attengono piuttosto alla gestione, in regime di autonomia organizzativa e contabile dell’ente ed alla vigilanza ministeriale, né l’art. 3, comma 12 della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), trattandosi di disposizioni che comunque presuppongono criteri-limite per la determinazione originaria dei contributi che non possono essere lasciati alla mera discrezionalità dell’ente interessato.

            Secondo il rimettente la norma denunciata violerebbe anche l‘art. 3 Cost., dal momento che secondo l’art. 4 del regolamento di riscossione dei contributi in questione la stessa entità del contributo, a parità di anzianità anagrafica, grava su tutti indistintamente gli obbligati indipendentemente dal loro reddito.

            2. - E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità, o, comunque, per l’infondatezza della questione.

            Secondo la difesa erariale, l’ordinanza di rimessione, omettendo ogni riferimento alla concreta determinazione dell’organo che ha deliberato la misura del contributo, non consente di stabilire, in concreto, se sia stato fatto, da parte di tale organo, un uso ragionevole del potere discrezionale che la legge gli attribuisce per la quantificazione dei contributi.

            Parimenti inammissibile – a giudizio dell’Avvocatura – è la censura riguardante l’asserita violazione dell’art. 3 Cost., per essere stato fissato il contributo di cui si tratta in ragione soltanto dell’età anagrafica. Tale censura ha ad oggetto non la legge, ma un regolamento, per sua natura non censurabile in questa sede.

            Nel merito, secondo la difesa erariale, la riserva di legge disposta dall’art. 23 Cost. risulta pienamente soddisfatta dalla norma censurata. La Fondazione ONAOSI rientra tra gli enti previdenziali dei liberi professionisti privatizzati con il citato d.lgs. 30 giugno 1994, n 509. La legge delega 24 dicembre 1993, n. 537, aveva disposto (art. 1, comma 33) che la privatizzazione di tali enti si realizzasse nelle forme dell’associazione o della fondazione «con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile, ferme restandone […..] l’obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali essi risultano istituiti.»

In conclusione, secondo la difesa erariale, il potere impositivo esercitato trova la sua fonte nella legge, in piena conformità con il dettato dell’art. 23 Cost., mentre l’eventuale erroneità o invalidità della determinazione contributiva operata in concreto, per difformità rispetto ai princípi di legge, potrebbe costituire violazione non censurabile in sede di giudizio di legittimità costituzionale.

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale di Parma dubita, in riferimento agli artt. 3 e 23 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 2, lettera e), della legge 7 luglio 1901, n. 306 (Provvedimenti pel Collegio-convitto per gli orfani dei sanitari italiani in Perugia), quale sostituita dall’art. 52, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), il quale prevede che «Alle spese occorrenti per il mantenimento, l’educazione e l’istruzione degli orfani e delle orfane di cui all’art. 1 concorreranno […] tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani nella misura stabilita dal consiglio di amministrazione della fondazione che ne fissa misura e modalità di versamento con regolamenti soggetti ad approvazione dei ministeri vigilanti, ai sensi dell’art. 3, comma 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza)».

La disciplina dell’attività della Fondazione, al cui consiglio di amministrazione è rimessa la determinazione dei contributi, risale alla legge 7 luglio 1901, n. 306 (Provvedimenti pel Collegio-convitto per gli orfani dei sanitari italiani in Perugia). L’oggetto dell’attività di tale ente è sempre stato il mantenimento, l’educazione e l’istruzione degli orfani bisognosi  dei medici, chirurghi, veterinari e farmacisti gravati di contributi obbligatori (oltre che volontari). La misura  di tali contributi - per un primo periodo - è stata stabilita direttamente da vari provvedimenti di legge: dal decreto-legge luogotenenziale 27 ottobre 1918, n. 1725, convertito, con modificazioni, nella legge 4 ottobre 1920, n. 1476; dal regio decreto-legge, 27 settembre 1938, n. 1825, convertito in blocco nella legge 2 giugno 1939, n. 739, ed infine dalla legge 31 gennaio 1949, n. 21.

Solo con la legge n. 289 del 2002 la determinazione dei contributi obbligatori è stata affidata all’iniziativa del Consiglio di amministrazione della Fondazione mediante regolamenti soggetti ad approvazione interministeriale. E ciò, per effetto dell’avvenuta privatizzazione dell’ente stabilita dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), dalla cui delega ha tratto origine il decreto legislativo n. 509 del 1994. Nel fissare i princípi ed i criteri direttivi della privatizzazione degli enti previdenziali, tra i quali l’ ONAOSI, l’art. 1, comma 33, lettera a), numero 4, della legge n. 537 del 1993 disponeva che essa si realizzasse nelle forme dell’associazione o della fondazione «con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile, ferme restandone […..] l’obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali essi risultano istituiti».

L’art. 1, comma 4, del decreto legislativo n. 509 del 1994 prevede quali criteri ispiratori dello statuto e del regolamento da adottarsi a cura degli enti previdenziali privatizzati: a) la «trasparenza nei rapporti con gli iscritti e composizione degli organi collegiali, fermi restando i vigenti criteri di composizione degli organi stessi così come previsti dagli attuali ordinamenti»; b) la «determinazione dei requisiti per l’esercizio dell’attività istituzionale, con particolare riferimento all’onorabilità e professionalità dei componenti degli organi collegiali e, comunque, dei responsabili dell’associazione o fondazione»; c) la «previsione di una riserva legale, al fine di assicurare la continuità nell’erogazione delle prestazioni in misura non inferiore a cinque annualità dell’importo delle pensioni in essere».

L’art. 2 dello stesso decreto legislativo, dopo aver riconosciuto agli enti trasformati in associazioni o fondazioni «autonomia gestionale, organizzativa e contabile, nel rispetto dei princípi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta» (comma 1), stabilisce che «La gestione economico-finanziaria deve assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con periodicità almeno triennale» (comma 2). In caso di disavanzo economico-finanziario, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con gli altri Ministri indicati nel successivo art. 3, comma 1, «si provvede alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione» (comma 4).

            Il successivo art. 3 specifica che la vigilanza sulle associazioni o fondazioni, affidata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, al Ministero del tesoro, nonché ad altri Ministeri competenti, si esercita attraverso l’approvazione degli statuti e dei regolamenti degli enti in questione, nonché delle «delibere in materia di contributi e prestazioni » (comma 2, lett. a) e b) e può essere preceduta dalla formulazione di specifici rilievi dei quali gli organi devono tener conto nella propria «motivata decisione definitiva» (comma 3).

Successivamente la legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) all’art. 3, comma 12, nel delineare specificamente le sfere di autonomia normativa e gestionale degli enti previdenziali privatizzati, ha disposto che  in esito alle risultanze del bilancio tecnico e in attuazione di quanto previsto dall’art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 509 del 1994, «sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro-rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti».

2. - Secondo il giudice rimettente, la norma censurata si pone in contrasto con l’art. 23 della Costituzione perché, in assenza di ogni indicazione sui criteri per la determinazione dei contributi obbligatori, viola la riserva di legge relativa alle prestazioni patrimoniali imposte. Inoltre, il contributo, così come in concreto quantificato dall’art. 4 del regolamento ONAOSI concernente la riscossione dei contributi obbligatori e volontari, approvato con l’atto interministeriale 31 luglio 2003, collide con il principio di uguaglianza dettato dall’art. 3 della Costituzione, atteso che esso viene posto a carico di tutti i soggetti obbligati in base al solo criterio dell’età anagrafica e senza alcun riguardo ai redditi di ciascuno di essi.

            3. - Preliminarmente, dev’essere disattesa l’eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza, sollevata dall’Avvocatura dello Stato in relazione alla carenza, nell’ordinanza di rimessione, di ogni riferimento alla concreta determinazione dell’organo che ha deliberato la misura del contributo, il che non consentirebbe di verificare, in concreto, l’uso ragionevole del potere discrezionale che la legge gli attribuisce per la quantificazione dei contributi.

            Dal tenore dell’ordinanza di rimessione emerge chiaramente che  le somme richieste ai ricorrenti del giudizio principale trovano origine nel precitato regolamento adottato dal consiglio di amministrazione della Fondazione resistente, emanato in attuazione della legge della cui legittimità costituzionale si dubita.

4. - La questione è fondata.

Ai sensi della norma denunciata, la determinazione del contributo imposto ai sanitari iscritti agli ordini professionali italiani dei farmacisti, dei medici chirurghi, degli odontoiatri e dei veterinari, spetta al consiglio di amministrazione della Fondazione ONAOSI, che ne fissa l’entità e le modalità di versamento con regolamenti soggetti ad approvazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto col Ministero del tesoro e degli altri Ministeri  competenti ad esercitare la vigilanza per gli enti previdenziali privatizzati ai sensi dell’art. 3, comma 2, del d.lgs n. 509 del 1994.

Non v’è dubbio che ai contributi in esame, siccome determinati con atto unilaterale, alla cui adozione non concorre la volontà del privato, sia da attribuire la natura di prestazioni patrimoniali obbligatoriamente imposte, come tali soggette alla garanzia dettata dall’articolo 23 Cost.

Tale parametro, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, configura una riserva di legge di carattere “relativo”, nel senso che essa deve ritenersi rispettata anche in assenza di  una espressa  indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l’ambito di discrezionalità dell’amministrazione (sentenza n. 67 del 1973 e n. 507 del 1988) purché la concreta entità della prestazione imposta sia chiaramente desumibile dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione (sentenze n. 507 del 1988, n. 182 del 1994, n. 180 del 1996, n. 105 del 2003).

Così individuata la portata della riserva di legge posta dall’art. 23 Cost., appare evidente che la disciplina legislativa sugli obblighi contributivi posti dalla norma denunciata, esaminata nel contesto dei dati normativi citati, non risponde ai requisiti indicati dalla richiamata giurisprudenza costituzionale.

            In particolare, venuto meno ogni collegamento con le fonti legislative succedutesi sino al 1949, la norma censurata, pur contenendo l’identificazione dei soggetti tenuti alla prestazione, nonché del modello procedimentale cui la Fondazione deve uniformare la propria attività, si limita a confermare l’obbligatorietà dei contributi previdenziali, che continuano ad esser posti a carico dei medesimi soggetti professionali anche dopo la privatizzazione dell’ente impositore, senza offrire alcun elemento, neanche indiretto, idoneo ad individuare criteri adeguati alla concreta quantificazione e distribuzione degli oneri imposti ai soggetti sopra menzionati.

Invero, i controlli previsti nel corso della procedura di approvazione dei contributi riguardano gli aspetti gestionali e di bilancio, mentre restano completamente in ombra le valutazioni sull’entità dei contributi obbligatori (come pure dei relativi aggiornamenti). Il risultato è che non si comprende in quale modo i precitati criteri e limiti possano essere ricavati da procedure di controllo ministeriale mirante a tutt’altro fine.

Per tali ragioni, la questione di legittimità sollevata dal Tribunale rimettente, in riferimento all’art. 23 della Costituzione, è fondata.

            5. - Resta assorbita la questione sollevata al riferimento art. 3 della Costituzione.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, lettera e), della legge 7 luglio 1901, n. 306 (Provvedimenti pel Collegio-convitto per gli orfani dei sanitari italiani in Perugia), quale sostituito dall’art. 52, comma 23 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria del 2003), nella parte in cui prevede che la misura del contributo obbligatorio di tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani è stabilita dal consiglio di amministrazione della Fondazione Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari Italiani (ONAOSI), con regolamenti soggetti ad approvazione dei ministeri vigilanti, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2007.