Ordinanza n. 307 del 2006

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ORDINANZA N. 307

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Franco                    BILE                                                   Presidente

-    Giovanni Maria      FLICK                                                  Giudice

-    Francesco               AMIRANTE                                              ”

-    Ugo                        DE SIERVO                                              ”

-    Paolo                      MADDALENA                                         ”

-    Alfio                      FINOCCHIARO                                       ”

-    Alfonso                  QUARANTA                                             ”

-    Franco                    GALLO                                                      ”

-    Luigi                      MAZZELLA                                              ”

-    Gaetano                 SILVESTRI                                               ”

-    Sabino                    CASSESE                                                  ”

-    Maria Rita              SAULLE                                                    ”

-    Giuseppe                TESAURO                                                 ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 201, comma 1-bis, lettere e) e f), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), comma introdotto dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, promosso con ordinanza del 21 giugno 2005 dal Giudice di pace di Rieti, nel procedimento civile vertente tra Aleandri Giovanni e il Comune di Rieti, iscritta al n. 468 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che il Giudice di pace di Rieti ha sollevato questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione – dell’art. 201, comma 1-bis, lettere e) e f), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), comma introdotto dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214;

che il rimettente premette di essere chiamato a giudicare dell’opposizione proposta avverso un verbale di contestazione di infrazione stradale, elevato dalla polizia municipale di Rieti a carico del ricorrente nel giudizio a quo, relativo alla violazione dell’art. 142, comma 8, del medesimo codice della strada, infrazione accertata a mezzo di apposito apparecchio elettronico di rilevamento della velocità;

che, secondo il giudice a quo, la fattispecie sottoposta al suo vaglio «deve essere decisa applicando la menzionata disposizione del citato art. 201, comma 1-bis, lettera e) e lettera f)» del codice della strada, cosicché, dichiarata la stessa costituzionalmente illegittima, «la domanda del ricorrente dovrebbe trovare accoglimento»;

che, in relazione alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente ipotizza, innanzitutto, un contrasto tra le disposizioni impugnate – le quali «esonerano l’amministrazione da un adempimento, quello della contestazione immediata, normalmente imposto dall’art. 200» del medesimo codice della strada – e l’art. 24 della Costituzione, giacché, a suo dire, la garanzia riservata al diritto di difesa implica, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «anche il riconoscimento costituzionale del diritto alla prova»;

che, difatti, la citata norma costituzionale «garantisce il cittadino da ogni limitazione legislativa» diretta non solo ad escludere, ma anche «a rendere particolarmente difficoltoso», l’accertamento probatorio che sia finalizzato tanto «al riconoscimento di un diritto», quanto, «come nel caso del giudizio d’opposizione a sanzione amministrativa, ad impedire una infondata pretesa dell’attore-pubblica amministrazione»;

che – secondo il rimettente – la «lesione del menzionato “diritto alla prova”» ricorre nel caso di specie, giacché viene contraddetta la ragion d’essere dell’efficacia probatoria privilegiata, che assiste il verbale di accertamento dell’infrazione stradale (esso fa piena prova fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2700 del codice civile), vale a dire la circostanza «che nel sub-procedimento di formazione del verbale di accertamento è previsto, come normale, l’obbligo di contestazione immediata»;

che, difatti, «l’esenzione legale dall’obbligo di contestazione immediata, senza necessità di indicare i motivi», viene ad alterare – ad avviso del giudice a quo – il doveroso bilanciamento «tra il diritto di difesa del cittadino e la necessità di salvaguardia dell’interesse pubblico», donde l’ipotizzata violazione dell’art. 24 della Costituzione;

che è dedotto, infine, anche il contrasto con l’art. 3 della Costituzione, «per irragionevole disparità di trattamento», giacché, essendo demandata all’amministrazione «la scelta dell’uso o meno delle apparecchiature elettroniche nei singoli casi», dipenderebbe esclusivamente da una sua «arbitraria» valutazione la circostanza che solo «alcuni cittadini», e non tutti gli utenti della strada, «siano oggetto di accertamento per superamento dei limiti di velocità con obbligo di contestazione immediata»;

che è intervenuto in giudizio, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per l’infondatezza della questione sollevata;

che, a suo dire, la dedotta violazione del diritto alla difesa non sussiste, in quanto l’art. 200 del codice della strada prevede l’obbligo della contestazione immediata non in termini assoluti, stabilendo che si proceda in tal senso solo «quando sia possibile»;

che, viceversa, le ipotesi contemplate dalla disposizione impugnata integrano «situazioni operative» le quali, «per la natura della violazione, per le circostanze di luogo e di tempo, non consentono la contestazione immediata se non a prezzo di rischi elevatissimi per la sicurezza del personale accertatore, degli altri utenti e dello stesso contravventore»;

che, inoltre, la possibilità di non procedere alla contestazione immediata, per tratti stradali diversi «dalle autostrade e dalle strade extraurbane principali», non risulta rimessa all’arbitrio dell’amministrazione, dipendendo, pur sempre, da una «ponderata valutazione del Prefetto», il quale «accerta l’esistenza di obiettive circostanze che legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza».

Considerato che il Giudice di pace di Rieti ha sollevato questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione – dell’art. 201, comma 1-bis, lettere e) e f), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), comma introdotto dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214;

che la dedotta violazione dell’art. 24 della Costituzione è argomentata in base all’assunto che le disposizioni impugnate renderebbero «particolarmente difficoltoso l’accertamento probatorio» della fondatezza della proposta opposizione, atteso che ciascuna delle due norme ricollega «l’esenzione dall’obbligo di contestazione immediata» ad una circostanza (l’uso delle apparecchiature elettroniche) che rende l’accertamento effettuato dalla pubblica amministrazione «difficilmente contestabile in giudizio»;

che, in particolare, la lesione del diritto di difesa nascerebbe dal fatto che, nella specie, risulterebbe disattesa la (pretesa) ragion d’essere dell’efficacia probatoria privilegiata riconosciuta dalla legge al verbale di accertamento dell’infrazione stradale, e cioè il fatto che «nel sub-procedimento di formazione del verbale di accertamento è previsto, come normale, l’obbligo di contestazione immediata»;

che, pertanto, il giudice a quo non contesta ex se l’efficacia probatoria fino a querela di falso, che ai sensi dell’art. 2700 del codice civile assiste il verbale suddetto, censura, questa, la quale sarebbe comunque manifestamente infondata, in quanto il parametro di cui all’art. 24 della Costituzione «non può dirsi vulnerato dal valore probatorio privilegiato che, nella sede processuale, assiste il verbale del pubblico ufficiale che contesta l’infrazione, trovando ciò fondamento nella tutela dell’interesse, costituzionalmente garantito, al buon andamento della pubblica amministrazione, senza tuttavia limitare il diritto di difesa dell’interessato» (così, da ultimo, ordinanza n. 218 del 2005, ma analogamente già sentenza n. 255 del 1994 e ordinanza n. 504 del 1987);

che il rimettente sembra stabilire, invece, una correlazione necessaria tra tale efficacia “privilegiata” e la possibilità, per l’autore dell’infrazione stradale, di far raccogliere, nell’immediatezza del fatto, proprie osservazioni o rilievi in merito alla contestazione elevata a suo carico, di talché in difetto della seconda verrebbe meno la ragion d’essere della prima;

che in proposito, però, deve sottolinearsi come questa Corte, oltre ad aver affermato in termini generali che «l’omissione della contestazione immediata di un’infrazione punita con una misura amministrativa non integra di per sé una violazione del diritto di difesa» (sentenza n. 27 del 2005, ordinanza n. 150 del 2006), ha pure precisato che, in occasione della redazione del verbale di contestazione di illecito amministrativo, «la mancata presentazione di osservazioni, scritti difensivi e documenti non condiziona affatto la possibilità di tutela giurisdizionale, potendo questa intervenire dopo un atto dell’amministrazione lesivo della posizione del responsabile (autore e obbligato solidale), che è normalmente l’atto (ordinanza ingiunzione) che contiene la determinazione e l’irrogazione della sanzione» (ordinanza n. 160 del 2002);

che manifestamente infondata è, infine, anche la censura di violazione dell’art. 3 della Costituzione;

che il rimettente, difatti, deduce l’esistenza di una «irragionevole disparità di trattamento», giacché le norme impugnate demanderebbero all’amministrazione «la scelta dell’uso o meno delle apparecchiature elettroniche nei singoli casi», facendo così dipendere da una sua «arbitraria» valutazione la circostanza che solo alcuni cittadini «siano oggetto di accertamento per superamento dei limiti di velocità con obbligo di contestazione immediata»;

che sul punto, tuttavia, deve osservarsi come l’uso delle apparecchiature suddette non sia affatto rimesso all’arbitrio dell’amministrazione, essendo predeterminati sia i casi, che le sedi stradali, interessati dall’utilizzazione degli strumenti de quibus, secondo quanto stabilito dall’art. 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121 (Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza nella circolazione stradale), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2002, n. 168, nel testo modificato dal già citato decreto-legge n. 151 del 2003, convertito a sua volta, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2003;

che, pertanto, deve ribadirsi l’affermazione già effettuata da questa Corte – in relazione proprio ad una censura che ha investito il menzionato art. 4 del decreto-legge n. 121 del 2002 – secondo cui «la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. è manifestamente infondata, perché le diversità riscontrabili a proposito dell’obbligo della contestazione immediata dipendono dalle differenti condizioni che caratterizzano i vari tratti di strada» (ordinanza n. 150 del 2006).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 201, comma 1-bis, lettere e) e f), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), comma introdotto dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata – in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione – dal Giudice di pace di Rieti con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2006.