Ordinanza n. 443 del 2005

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ORDINANZA N. 443

ANNO 2005

 

Commento alla decisione di

Antonio Ruggeri

A proposito di decreti-legge abrogati, “sanati” (ancorché non ancora decaduti…) da leggi non adottate ai sensi dell’art. 77, ult. c., cost. e, infine, sostanzialmente riprodotti da leggi comunque diverse da quelle di conversione (a margine di Corte cost. n. 443 del 2005)

per gentile concessione del Forum di Quaderni Costituzionali

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Annibale MARINI, Presidente

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK 

- Francesco AMIRANTE 

- Ugo DE SIERVO 

- Romano VACCARELLA

- Paolo MADDALENA

- Alfio FINOCCHIARO

- Alfonso QUARANTA

- Franco GALLO

- Luigi MAZZELLA                                                                     

- Gaetano SILVESTRI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 12 novembre 2002, n. 253 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), promosso con ordinanza del 7 settembre 2004 dalla Commissione tributaria provinciale di Cagliari, nel procedimento tributario vertente tra Alessandro Cocco e l’Agenzia delle Entrate Ufficio di Cagliari 2, iscritta al n. 19 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 2005 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 7 settembre 2004, la Commissione tributaria provinciale di Cagliari ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 12 novembre 2002, n. 253 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), nella parte in cui stabilisce che «il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana»;

che il giudice rimettente è stato investito di un ricorso avverso un avviso di recupero di credito d’imposta ex art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001);

che, come riferisce il rimettente, il ricorrente nel giudizio a quo aveva utilizzato una parte del suo credito d’imposta, calcolato in base all’art. 8 della legge n. 388 del 2000, presentando in banca il modello F24, codice tributo 6734, nella mattinata del giorno 13 novembre 2002;

che lo stesso giorno, però, è entrato in vigore il decreto-legge n. 253 del 2002 il quale, all’art. 1, comma 1, lettera b), dispone che «i soggetti che a decorrere dall'8 luglio 2002 hanno conseguito l'assenso dell'Agenzia delle entrate relativamente alla istanza presentata ai sensi del citato articolo 8 della legge n. 388 del 2000, come modificato dal decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, effettuano la comunicazione di cui alla lettera a) e sospendono l'effettuazione degli ulteriori utilizzi del contributo a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e la riprendono a decorrere dal 31 marzo 2003. La ripresa della utilizzazione dei contributi è consentita fino a concorrenza del 35 per cento del suo ammontare complessivo nell'anno 2003 e, rispettivamente, del 70 per cento e del 100 per cento nei due anni successivi.»;

che il decreto-legge in parola, deliberato dal Consiglio dei ministri l’11 novembre 2002, emanato dal Presidente della Repubblica il 12 novembre 2002, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 13 novembre 2002 ed entrato in vigore lo stesso giorno, non è stato convertito in legge ed è quindi decaduto;

che, prima della sua decadenza, l’art. 62, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), ne aveva abrogato gli artt. 1 e 2, disponendo, altresì, che «restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base delle predette disposizioni.»;

che, peraltro, il contenuto delle disposizioni abrogate è stato riprodotto, sia pure con lievi modifiche, nello stesso art. 62 della legge n. 289 del 2002;

che l’Agenzia delle entrate, resistente nel giudizio a quo, stante l’avvenuta decadenza del contribuente dal beneficio fiscale a far data dal 13 novembre 2002, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 253 del 2002, ha inoltrato allo stesso un avviso di recupero delle somme indebitamente utilizzate, nonché degli interessi e delle sanzioni;

che avverso l’avviso di recupero il contribuente ha promosso ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cagliari, sostenendo l’impossibilità di conoscere il decreto-legge nella mattinata del giorno 13 novembre 2002, in quanto lo stesso sarebbe stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 13 novembre 2002, n. 266, solamente la sera del medesimo giorno in cui ha utilizzato il credito d’imposta (circostanza, questa, priva di alcun riscontro, secondo quanto riportato dal rimettente), prima che il testo legislativo «fosse materialmente disponibile a chiunque»;

che, secondo quanto riferito dal rimettente, la resistente Agenzia delle entrate osserva che la data di decorrenza del periodo di sospensione dell’utilizzo di siffatto credito è quella dell’entrata in vigore del decreto-legge e che «è prassi consolidata che l’efficacia di un provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale decorre dall’inizio dell’ora solare», con la conseguenza della decadenza dal beneficio fiscale e dell’indebito utilizzo del credito;

che la Commissione tributaria, investita del ricorso, ritiene che non sia provata la possibilità per il ricorrente di conoscere il contenuto del decreto prima dell’avvenuto utilizzo del credito d’imposta e, pertanto, reputa che, sulla base del principio ad impossibilia nemo tenetur, la norma del decreto che stabilisce la sua immediata entrata in vigore sia foriera di «ingiuste sanzioni»;

che, a detta del giudice a quo, il Governo avrebbe potuto, in virtù dell’art. 73, terzo comma, Cost., fissare «una decorrenza spostata in avanti di qualche giorno, di quel tanto da far presumere, o almeno legalmente presumere, la conoscenza del decreto-legge da parte dei destinatari»;

che, per le ragioni suesposte, la Commissione rimettente ritiene la norma impugnata in contrasto con gli artt. 24 e 53 Cost., in quanto, con particolare riferimento a quest’ultimo parametro, la capacità contributiva sarebbe «artificialmente “aumentata” da ingiuste sanzioni»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità della questione, sia perché avente ad oggetto una norma di un decreto-legge non convertito, anziché la norma che ne ha sanato gli effetti, sia perché sarebbe rivolta ad ottenere, tramite l’annullamento della norma che stabilisce l’entrata in vigore del decreto-legge, «una non consentita individuazione di una diversa data di entrata in vigore», non potendo applicarsi, in caso di decreto-legge, la regola generale di cui all’art. 73, terzo comma, Cost.;

che la questione sarebbe, inoltre, inammissibile perché la violazione dell’art. 24 Cost. non sarebbe in alcun modo motivata;

che, sempre secondo il Presidente del Consiglio, l’inammissibilità e, comunque, la manifesta infondatezza della questione deriverebbero dal fatto che il giudizio a quo avrebbe avuto ad oggetto solo la legittimità di un avviso di recupero dell’imposta corrispondente al credito d’imposta indebitamente utilizzato e non, invece, l’irrogazione di sanzioni (come asserito dal rimettente). Alla luce di queste considerazioni e premessa la non pertinenza del richiamo all’art. 53 Cost. in materia di sanzioni tributarie, il principio della capacità contributiva non sarebbe violato da una disposizione che si limita a fissare la data a decorrere dalla quale la agevolazione in parola viene sospesa; lo stato soggettivo del contribuente potrebbe, semmai, rilevare solo a proposito della responsabilità sanzionatoria (qui non in discussione), ex art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662), del soggetto che, avendone indebitamente fruito, non abbia provveduto al pagamento delle imposte dovute.

Considerato che con l’ordinanza in epigrafe la Commissione tributaria provinciale di Cagliari ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 12 novembre 2002 n. 253 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), nella parte in cui stabilisce che «il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana»;

che la disposizione censurata era contenuta nel citato decreto-legge n. 253 del 2002, successivamente decaduto per mancata conversione in legge nel termine costituzionale di sessanta giorni;

che gli artt. 1 e 2 del detto decreto-legge erano stati abrogati, prima della scadenza del termine di conversione, dall’art. 62, comma 7, della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), contenente la clausola «restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base delle predette disposizioni»;

che, per effetto della decadenza del decreto-legge, la norma censurata dal giudice rimettente (art. 4 del decreto-legge n. 253 del 2002) non era più applicabile in quanto tale nel giudizio a quo;

che, pur essendo stati fatti salvi gli effetti delle disposizioni abrogate (ivi compresa l’immediata entrata in vigore delle stesse disposta dall’art. 4 sopra citato, successivamente decaduto per mancata conversione del decreto-legge che lo conteneva) per opera della legge n. 289 del 2002, l’art. 62, comma 7, di quest’ultima non è oggetto di specifica censura da parte del giudice rimettente, che si limita a sollevare la questione di legittimità costituzionale del solo art. 4 del decreto-legge n. 253 del 2002, pur mostrando di conoscere l’esistenza della norma abrogatrice e di quella di sanatoria;

che, per giurisprudenza costante di questa Corte, la legge di sanatoria non può essere considerata “idoneo equipollente” della conversione e non può farsi luogo pertanto a trasferimento sulle norme di quest’ultima di una questione di legittimità costituzionale di norme contenute in un decreto-legge decaduto per mancata conversione (ex plurimis, sentenze n. 84 del 1996, n. 244 e n. 430 del 1997 e n. 405 del 2000);

che, nel caso di specie, l’eterogeneità della disposizione di sanatoria rispetto alle norme di riferimento è resa ancor più manifesta dalla circostanza che quest’ultima è intervenuta prima della decadenza del decreto-legge e non presuppone quindi l’inutile decorso del termine costituzionale per la conversione in legge, ma l’abrogazione di alcune norme dello stesso;

che, in conclusione, la mancata specifica censura della disposizione di sanatoria, a prescindere da ogni valutazione giuridica su di essa, determina la manifesta inammissibilità della questione, poiché l’unica norma oggetto della stessa era già venuta meno in data anteriore a quella dell’ordinanza di rimessione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 12 novembre 2002, n. 253 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Cagliari con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 novembre 2005.

Annibale MARINI, Presidente

Gaetano SILVESTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 9 dicembre 2005.