Ordinanza n. 327 del 2005

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ORDINANZA N. 327

 

ANNO 2005

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

    - Piero Alberto          CAPOTOSTI             Presidente

 

    - Fernanda                CONTRI                      Giudice

 

    - Guido                     NEPPI MODONA                "

 

    - Annibale                 MARINI                                "

 

    - Franco                    BILE                                      "

 

    - Giovanni Maria      FLICK                                   "

 

    - Francesco               AMIRANTE                          "

 

    - Ugo                        DE SIERVO                          "

 

    - Romano                  VACCARELLA                   "

 

    - Paolo                      MADDALENA                     "

 

    - Alfio                       FINOCCHIARO                   "

 

    - Alfonso                  QUARANTA                        "

 

    - Franco                    GALLO                                 "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 15 ottobre 2003, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell'art. 68 della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Marcello Dell'Utri nei confronti del dott. Pierluigi Onorato, promosso con ricorso della Corte d'Appello di Milano, quinta sezione penale, notificato il 13 gennaio 2005, depositato in cancelleria il 5 febbraio 2005 ed iscritto al n. 7 del registro conflitti 2005.

 

    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica, nonché l'atto di intervento di Onorato Pierluigi;

 

    udito nella camera di consiglio del 4 maggio 2005 il Giudice relatore Fernanda Contri.

 

    Ritenuto che la Corte d'appello di Milano, quinta sezione penale, con ricorso in data 12 luglio 2004, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica, in relazione alla deliberazione adottata nella seduta del 15 ottobre 2003, con la quale ha ritenuto che i fatti oggetto del procedimento penale a carico del senatore Marcello Dell'Utri, per il reato di diffamazione a mezzo stampa ai danni del dott. Pierluigi Onorato, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;

 

    che la ricorrente premette che l'originario procedimento penale a carico di Dell'Utri per i reati di diffamazione aggravata a mezzo stampa nei confronti di Pierluigi Onorato era stato oggetto, quanto ad alcuni capi di imputazione, di rinvio a giudizio dinnanzi al Tribunale di Milano, mentre, per altri capi di imputazione – precisamente, per il reato di diffamazione aggravata commesso mediante dichiarazioni contenute nell'articolo pubblicato sul “Corriere delle sera” il 6 marzo 2002 e mediante una lettera, a firma dello stesso parlamentare, pubblicata sul medesimo quotidiano in data 15 marzo 2002 – il Giudice per le indagini preliminari, all'esito dell'udienza preliminare, aveva pronunciato sentenza di proscioglimento, impugnata dal Pubblico ministero, con conseguente radicamento del relativo giudizio in capo ad essa ricorrente;

 

    che la Corte d'appello di Milano richiama e allega il ricorso con il quale il Tribunale di Milano – nel procedimento di sua competenza - ha sollevato conflitto di attribuzione in relazione alla medesima deliberazione del Senato della Repubblica, dichiarando di condividerne la motivazione e senza esporre ulteriori argomentazioni;

 

    che nel ricorso del Tribunale si afferma che il Senato avrebbe accolto un'interpretazione estensiva dell'art. 68, primo comma, Cost., ritenendo estranee alla sfera di sindacabilità del giudice ordinario tutte quelle attività extraparlamentari che siano espressione di attività in senso lato politica, benché non ricollegabili ad un atto tipico;

 

    che la giurisprudenza costituzionale ha costantemente affermato la natura eccezionale dell'istituto in esame, riconducendo nell'ambito della nozione di insindacabilità tutti gli atti tipici della funzione parlamentare e riaffermando, quanto all'attività extraparlamentare, la necessità di un'interpretazione restrittiva della norma costituzionale, per evitare una compressione ingiustificata e indifferenziata di altri diritti costituzionalmente garantiti;

 

    che secondo la ricorrente rimarrebbe esclusa dalla garanzia dell'insindacabilità la mera attività politica del parlamentare, svolta al di fuori della sua sede propria, poiché, ai fini della sussistenza del nesso con le funzioni parlamentari, è necessario l'accertamento di una effettiva e sostanziale corrispondenza di significati tra le dichiarazioni rese al di fuori dell'esercizio delle attività parlamentari tipiche svolte in Parlamento e le opinioni già espresse nell'ambito di queste ultime;

 

    che, sempre nel ricorso del Tribunale di Milano richiamato dalla Corte di appello, si afferma che il Senato, con la delibera di insindacabilità del 15 ottobre 2003, avrebbe esorbitato dalla sfera di attribuzioni ad esso spettante, menomando la sfera del potere giudiziario, in quanto le dichiarazioni rese dal parlamentare non sarebbero funzionalmente collegate con un precedente atto parlamentare c.d. tipico né risulta che esse siano state rese nel contesto di iniziative parlamentari tipiche o siano ricollegabili all'esercizio di funzioni parlamentari;

 

    che la Corte d'appello di Milano solleva quindi conflitto di attribuzione in ordine al corretto uso del potere di decidere sulla sussistenza dei presupposti di applicabilità dell'art. 68 Cost., chiedendo l'annullamento della deliberazione adottata dal Senato della Repubblica in data 15 ottobre 2003;

 

    che il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 444 del 2004;

 

    che la predetta ordinanza è stata notificata al Senato della Repubblica, unitamente al ricorso introduttivo, in data 13 gennaio 2005 e, ai fini del prescritto deposito, gli atti sono stati inviati a mezzo del servizio postale in data 4 febbraio 2005, pervenendo nella cancelleria di questa Corte il giorno successivo;

 

    che con atto depositato il 1° febbraio 2005, si è costituito in giudizio il Senato della Repubblica, che ha concluso, in via preliminare, per la inammissibilità del ricorso, sostenendo che esso è assolutamente generico in quanto privo dell'indicazione del petitum, della causa petendi e delle ragioni del conflitto, non riporta le specifiche dichiarazioni contestate ed è irritualmente motivato per relationem con rinvio ad un provvedimento giurisdizionale relativo a capi d'imputazione diversi;

 

    che nel merito la difesa del Senato contesta i motivi su cui è basato il ricorso del Tribunale di Milano, al quale la ricorrente Corte d'appello fa rinvio, consistenti nell'assenza di nesso funzionale e nell'usurpazione della funzione di bilanciamento tra beni contrapposti, riservata al giudice;

 

    che dopo aver sottolineato che i dubbi di legittimità costituzionale della legge n. 140 del 2003 non possano trovare ingresso nel giudizio per conflitto, il cui oggetto è rappresentato esclusivamente dalla «perimetrazione della funzione del parlamentare, in quanto titolo dell'immunità per tutte le opinioni espresse e quindi anche per quelle lesive dell'altrui onore e dignità», la difesa del Senato afferma che l'immunità per le opinioni espresse extra moenia non può essere circoscritta al mero commento di atti parlamentari, poiché il limite esterno delle manifestazioni del pensiero dei singoli dovrebbe essere rappresentato dal nesso con tutte le funzioni del parlamentare e non solo con quelle camerali;

 

    che nella specie, poiché le opinioni espresse dal senatore Dell'Utri devono essere riferite all'esigenza di difendere il proprio ufficio di parlamentare, il nesso funzionale sarebbe certamente sussistente, dovendosi inoltre attribuire rilievo anche alla circostanza che il fatto oggetto delle dichiarazioni in esame è stato “parlamentarizzato”, poiché la Camera di appartenenza del parlamentare è stata investita della esecuzione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, contenuta nella sentenza della Cassazione, ed ha conferito il compito di formulare le relative proposte alla Giunta delle elezioni, la quale, a sua volta, ha affidato l'istruttoria al Comitato per le ineleggibilità e le incompatibilità con il mandato parlamentare;

 

    che pertanto, nel caso in questione, il nesso con l'attività della Camera si sarebbe realizzato attraverso atti tipici quali il sindacato della Giunta per le elezioni, non essendo a ciò di ostacolo il riferimento delle opinioni all'attività di una Camera diversa da quella di appartenenza del parlamentare al momento dell'applicazione dell'immunità, ma di cui il parlamentare faceva parte all'epoca dei fatti;

 

    che è intervenuto nel giudizio il dott. Pierluigi Onorato, parte offesa del procedimento che ha dato origine al conflitto, affermando di essere titolare di un interesse giuridicamente qualificato e differenziato all'esito della controversia;

 

    che a sostegno dell'ammissibilità dell'intervento la parte privata richiama precedenti pronunce della Corte, nelle quali si è dichiarato ammissibile l'intervento di privati nel giudizio per conflitto di attribuzione, e l'art. 26, comma 4, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, nel testo modificato con delibera del 10 giugno 2004, che estende l'applicabilità della disciplina dell'intervento ai conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato;

 

    che nel merito, l'intervenuto insiste per l'accoglimento del ricorso, sottolineando l'assenza di indagine sull'esistenza del nesso funzionale da parte del Senato, il cui giudizio risulta basato solo sull'asserita natura di critica politica delle dichiarazioni del parlamentare.

 

    Considerato che il ricorso introduttivo è stato notificato al Senato della Repubblica, unitamente all'ordinanza che lo ha dichiarato ammissibile, in data 13 gennaio 2005 e, ai fini del prescritto deposito, gli atti sono stati inviati a mezzo del servizio postale in data 4 febbraio 2005, pervenendo nella cancelleria di questa Corte il giorno successivo, ossia oltre il termine di venti giorni di cui all'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

 

    che, in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte (v., tra le molte, la sentenza n. 247 del 2004 e le ordinanze n. 249, n. 250 e n. 278 del 2004), tale deposito deve considerarsi tardivo, essendo detto termine da ritenere perentorio;

 

    che pertanto il giudizio deve essere dichiarato improcedibile.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

    dichiara improcedibile il giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dalla Corte di appello di Milano nei confronti del Senato della Repubblica con l'atto indicato in epigrafe.

 

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il  13 luglio 2005.

 

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

 

Fernanda CONTRI, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2005.