Ordinanza n. 434 del 2004

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ORDINANZA N. 434

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-         Valerio                          ONIDA                                  Presidente

-         Carlo                             MEZZANOTTE                    Giudice

-         Guido                           NEPPI MODONA                     "

-         Piero Alberto                CAPOTOSTI                              "

-         Annibale                       MARINI                                     "

-         Franco                           BILE                                           "

-         Giovanni Maria             FLICK                                        "

-         Francesco                      AMIRANTE                               "

-         Ugo                               DE SIERVO                               "

-         Romano                        VACCARELLA                        "

-         Paolo                             MADDALENA                          "

-         Alfio                             FINOCCHIARO                        "

-         Alfonso                         QUARANTA                             "

-         Franco                           GALLO                                      "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati), e dell’art. 23 legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza), promosso con ordinanza del 14 gennaio 2003 dal Giudice di pace di Roma nel procedimento civile vertente tra Rita Venturini e Francesca Paoletti ed altra, iscritta al n. 245 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visti l’atto di costituzione della Fata – Fondo Assicurativo tra Agricoltori s.p.a., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 16 novembre 2004 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

uditi l’avvocato Alessandro Pace per la Fata – Fondo Assicurativo tra Agricoltori s.p.a. e l’avvocato dello Stato Gian Paolo Polizzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Giudice di pace di Roma – nel corso della causa civile promossa da Venturini Rita nei confronti di Paoletti Francesca e della Fata Assicurazioni s.p.a., per il risarcimento dei danni materiali subiti in un incidente stradale avvenuto il 7 aprile 2001, ed in cui la Paoletti, costituendosi, ha spiegato domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni, materiali e fisici con esiti invalidanti permanenti, subiti a causa della condotta colposa del conducente l’autoveicolo di proprietà dell’attrice, ed ha chiesto l’autorizzazione alla chiamata in causa della Ras Assicurazioni s.p.a., quale compagnia assicuratrice per la r.c.a. della Venturini – ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati), per violazione degli artt. 2, 3, 32 Cost., e dell’art. 23 della legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza), per violazione dell’art. 3 Cost.;

che il giudice rimettente ha rilevato che, tenendo conto della data di accadimento del sinistro, successivo al 4 aprile 2001, data di entrata in vigore della legge n. 57 del 2001, la prima norma è applicabile in giudizio, quanto ai danni fisici lamentati, mentre la seconda disposizione è applicabile relativamente ai danni materiali;

che lo stesso giudice ha osservato di aver già dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge n. 57 del 2001 con ordinanza del 14 gennaio 2002, «la cui parte motiva doveva intendersi integralmente riportata e trascritta»;

che con la precedente ordinanza di rimessione si era dichiarata la rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità dell’art. 5, relativamente alle varie disposizioni in esso contenute, cioè:

– al comma 1, che impone al danneggiato la comunicazione all’assicuratore dei suoi dati reddituali, notoriamente ininfluenti ai fini della valutazione del danno biologico, e concede all’assicuratore un ulteriore termine di novanta giorni per proporre offerta risarcitoria in aggiunta ai sessanta giorni previsti quale presupposto processuale;

– al comma 2, lettera a), in cui, fissando in lire 1.200.000 il valore economico per il primo punto di invalidità permanente, non consente di realizzare il risarcimento integrale del danno alla salute per le lesioni di lieve entità, introducendo ingiustificatamente un principio indennitario che non rende effettiva la tutela del bene pregiudicato;

– al comma 2, lettera a), che introduce un metodo di liquidazione caratterizzato esclusivamente da uniformità ed irrisorietà della misura economica, escludendo qualsiasi valutazione giudiziaria dei casi concreti con liquidazione equitativa e specificazione degli elementi valorizzati;

– al comma 2, lettera b), che predetermina un importo irrisorio e rigido per ogni giorno di inabilità assoluta, indipendentemente dalla tipologia e gravità delle lesioni e dalle caratteristiche personali del danneggiato;

– al comma 3, che definisce il danno biologico e ne determina un criterio di accertamento e risarcimento destinato a creare disparità di trattamento in relazione al danno da fatto illecito o da sinistro conseguente alla circolazione di veicoli a motore e di natanti, all’azione giudiziaria intrapresa, nonché alla natura dell’attività del danneggiante;

– al comma 4, che stabilisce che “il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato”, senza determinare caratteristiche e contenuti delle circostanze soggettive, e senza stabilirne i criteri né attribuirli a valutazioni equitative;

che lo stesso giudice ha confermato la “palese violazione” dei parametri costituzionali violati, non potendo l’eziologia di un infortunio, comunque derivante da un fatto illecito, costituire fattore discriminante per la quantificazione del danno relativo;

che, nel frattempo, l’art. 23 della legge n. 273 del 2002 ha sostituito il quarto comma dell’art. 5 della legge n. 57 del 2001, la cui ratio appariva incomprensibile, eliminando l’«ulteriore risarcimento», introducendo un correttivo all’ammontare del danno biologico rimesso all’esclusiva valutazione equitativa del giudice, e contenuto in misura irrisoria sganciata dalle effettive condizioni soggettive del danneggiato;

che la disparità di trattamento era altresì ravvisabile: tra danneggiati da circolazione stradale, a seconda se attori in giudizio ex art. 2043 cod. civ. o ex legge 24 dicembre 1969, n. 990; tra danneggiati da circolazione stradale o da ipotesi diverse di illecito; tra danneggiati da circolazione stradale per sinistri dopo il 4 aprile 2001, già definiti, e danneggiati con gli stessi presupposti di diritto e di periodo di accadimento, ma non ancora definiti;

che, per questi ultimi, inoltre, si ravviserebbe la costrizione dei cittadini riportanti danni fisici dalla circolazione ed esercitanti azione ex legge n. 990 del 1969, ad intraprendere l’azione giudiziaria, essendo l’applicazione della norma introdotta dalla legge n. 273 del 2002 riservata al giudice, con aggravio del contenzioso giudiziario e incremento dei costi assicurativi;

che, peraltro, la limitazione “in misura non superiore ad un quinto”, introdotta dalla legge n. 273 del 2002, non consentirebbe di tenere nel debito conto le peculiarità del caso concreto, adeguando la somma base individuata dalle tabelle all’effettiva incidenza della menomazione biologica, in violazione della necessità di personalizzazione del danno biologico, avvalorata dalla giurisprudenza costituzionale, dalla giurisprudenza di legittimità, e dalla risoluzione 7/75 del Consiglio d’Europa;

che norme analoghe a quelle contenute nelle leggi n. 57 del 2001 e n. 273 del 2002, sono state dichiarate incostituzionali dalla Corte costituzionale spagnola con sentenza 29 giugno 2000;

che, in conclusione, essendo l’integrità della persona un diritto fondamentale costituzionalmente garantito, appare illegittima la regolamentazione legislativa del risarcimento, attraverso una valutazione sociale irrisoria, tramite disposizioni ispirate da costi economici e profitti d’impresa che stravolgono il valore dell’umana sofferenza, tariffandola, prevaricandola e riducendo il risarcimento ad indennizzo;

che la normativa della legge n. 273 del 2002 viola anche l’art. 41, primo e secondo comma, Cost.;

che la norma indicata risulta applicabile in giudizio, avendo la convenuta, attrice in riconvenzionale, depositato preventivo di spesa;

che la disciplina indicata costringe il danneggiato a riparare comunque l’autovettura, senza possibilità di provvedervi con intervento di manodopera personale, restando allora incomprensibile la parificazione della fattura all’attestato di demolizione, posto che in quest’ultima ipotesi il danneggiato non utilizza proprio l’equivalente economico conseguito;

che in detta disciplina è evidente la disparità di trattamento ed il contrasto con i consolidati principî in tema di risarcimento del danno e transazione dei diritti;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha chiesto dichiararsi l’infondatezza della questione;

che nel giudizio si è costituita la Fata s.p.a., che eccepisce profili di manifesta inammissibilità e comunque di infondatezza della questione sollevata dal Giudice di pace di Roma, reiterando tali osservazioni nella memoria depositata prima dell’udienza.

Considerato che il giudice rimettente, malgrado si fosse riservato di decidere, non ha provveduto a chiamare in causa la Ras s.p.a., compagnia assicuratrice della Venturini, attrice convenuta in riconvenzione dalla Paoletti, per il risarcimento dei danni materiali e fisici subiti;

che il primo comma dell’art. 5 della legge n. 57 del 2001 e il secondo comma dell’art. 23 della legge n. 273 del 2002 riguardano il solo rapporto tra il danneggiato, alla persona o alle cose, e la compagnia di assicurazione contro cui lo stesso agisce e sono rilevanti solo per la domanda riconvenzionale spiegata dalla Paoletti, sia perché solo quest’ultima ha lamentato danni alla persona, sia perché, con riferimento al secondo comma dell’art. 23, il rimettente afferma che è rilevante riguardo alla parte convenuta, motivando la rilevanza solo con riguardo a quest’ultima;

che l’art. 5, commi secondo, lettere a) e b), terzo e quarto, impugnato nella parte in cui disciplina la liquidazione delle micropermanenti, è applicabile soltanto all’ipotesi dell’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore e non anche nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, che è indipendente dal contratto assicurativo (analogamente, in tema di criteri di liquidazione del lucro cessante, di cui all’art. 4 del d.l. n. 857 del 1976: Cass. 11 febbraio 1999, n. 1166; Cass. 11 giugno 1990, n. 5672);

che le questioni sollevate sono manifestamente inammissibili per essere state prematuramente proposte, dal momento che, in difetto della costituzione del rapporto giuridico processuale nei confronti della Ras assicurazioni s.p.a., hanno ad oggetto disposizioni che concernono una ipotetica fase processuale ulteriore, venendo così a riguardare una futura eventualità (ordinanze n. 130 e n. 85 del 1998 e n. 566 del 1990);

che, comunque, allo stato attuale della controversia e cioè senza la presenza in giudizio della compagnia assicuratrice della Paoletti, le questioni proposte sono manifestamente inammissibili anche per mancanza di motivazione sull’eventuale applicabilità dell’art. 5 della della legge n. 57 del 2001 nel rapporto tra danneggiata e danneggiante.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5 della della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati), in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, e dell’art. 23 della della legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza), in riferimento all’art. 3 della Costituzione, sollevate dal Giudice di pace di Roma con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2004.