Ordinanza n. 375 del 2004

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ORDINANZA N. 375

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Valerio            ONIDA                  Presidente

- Carlo              MEZZANOTTE        Giudice

- Fernanda         CONTRI                      "

- Piero Alberto   CAPOTOSTI                "

- Annibale         MARINI                      "

- Franco            BILE                            "

- Giovanni MariaFLICK                         "

- Francesco        AMIRANTE                 "

- Ugo                DE SIERVO                 "

- Romano          VACCARELLA            "

- Paolo              MADDALENA             "

- Alfio               FINOCCHIARO           "

- Alfonso           QUARANTA                "

- Franco            GALLO                        "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso con ordinanza del 3 luglio 2002 dalla Commissione tributaria provinciale di Foggia sul ricorso proposto da Fontana Antonietta contro l’Agenzia delle entrate di Foggia, iscritta al n. 1141 del registro delle ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 2004 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 3 luglio 2002, la Commissione tributaria provinciale di Foggia, nel corso di un giudizio avente ad oggetto la impugnazione di un avviso di rettifica in materia di imposta sul valore aggiunto, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), «nella parte in cui esclude la prova testimoniale nel processo tributario»;

che il giudice rimettente osserva, quanto alla rilevanza della questione, che l’atto impugnato si fonda su di un processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, a sua volta basato su «dichiarazioni di terzi estranei, acquisite in modo assai sommario dai verbalizzanti e senza alcun riscontro contabile», sicché la veridicità delle dette dichiarazioni potrebbe essere accertata tramite «l’eventuale audizione» in sede giudiziale di quanti le hanno rilasciate;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, la Commissione tributaria provinciale di Foggia assume, con riferimento ai parametri di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione, che debba essere riconsiderato il giudizio di non fondatezza della questione, espresso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 18 del 2000, a seguito dell’ampliamento dell’ambito della giurisdizione tributaria, operato dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002);

che tale ultima norma ha, infatti, devoluto al giudice tributario controversie precedentemente spettanti al giudice ordinario, nelle quali era già riconosciuta – anche per effetto della sentenza n. 114 del 2000 – la possibilità di utilizzare mezzi di prova diversi dalla prova documentale, possibilità ora di fatto vanificata dal divieto di prova testimoniale nel processo tributario;

che, quanto al parametro di cui all’art. 111, secondo comma, della Costituzione, il divieto di prova testimoniale sancito dalla norma impugnata non garantirebbe al contribuente un «giusto processo», ove si consideri che l’amministrazione ha la possibilità di avvalersi delle dichiarazioni di terzi assunte dalla Guardia di finanza e non confermate in giudizio nel contraddittorio fra le parti;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o, comunque, di non fondatezza della questione;

che la questione, non risultando alcuna richiesta di prova testimoniale né potendo tale prova essere disposta ex officio, sarebbe – ad avviso dell’Avvocatura – irrilevante nel giudizio a quo;

che, nel merito, con riferimento al parametro di cui al nuovo art. 111, secondo comma, della Costituzione, nell’ordinanza di rimessione non si terrebbe adeguato conto  delle «logiche implicazioni» che la giurisprudenza, anche di legittimità, ha tratto dalla novella costituzionale ed in base alle quali «va riconosciuto anche al contribuente lo stesso potere d’introdurre dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale», avendo queste il medesimo valore indiziario attribuibile alle dichiarazioni raccolte in sede di verifica fiscale;

che non sussisterebbe, d’altro canto, violazione dell’art. 24 della Costituzione, posto che l’eventuale esistenza di limiti probatori non determinerebbe di per sé né l’impossibilità né l’estrema gravosità dell’esercizio del diritto di difesa;  

che, infine, la circostanza che il medesimo giudice debba applicare regole probatorie diverse in controversie di differente natura non comporterebbe alcuna lesione del principio di eguaglianza.

Considerato che dal tenore dell’ordinanza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Foggia ha censurato l’art. 7, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), «nella parte in cui esclude la prova testimoniale nel processo tributario», non risulta che nel corso del giudizio sia stata richiesta l’ammissione di tale prova, avendo il giudice a quo solo rilevato che la parte ricorrente ha eccepito la incostituzionalità della norma in questione;

che, in linea generale, deve escludersi la possibilità di disporre la prova testimoniale in assenza di richiesta di parte;

che, pertanto, la questione, come prospettata dal giudice rimettente, si appalesa manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza nel giudizio a quo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,  e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Foggia, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 novembre 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 2 dicembre 2004.