Ordinanza n. 360 del 2004

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.360

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Valerio      ONIDA                                                     Presidente  

-  Carlo         MEZZANOTTE                                            Giudice  

-  Fernanda   CONTRI                                                            ”

-  Guido        NEPPI MODONA                                             ”

-  Piero Alberto      CAPOTOSTI                                            ”

-  Annibale    MARINI                                                            ”

-  Franco       BILE                                                                  ”

-  Giovanni Maria   FLICK                                                      ”

-  Francesco  AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo           DE SIERVO                                                      ”

-  Romano     VACCARELLA                                                ”

-  Paolo         MADDALENA                                                 ”

-  Alfio          FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso     QUARANTA                                                     ”

-  Franco       GALLO                                                              ”

ha pronunciato la seguente                                                

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 9 luglio 2003, relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’onorevole Silvio Berlusconi nei confronti degli onorevoli Walter Veltroni e Pietro Folena, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, promosso dalla Corte d’Appello di Roma, I sezione civile, con ricorso depositato il 30 gennaio 2004 ed iscritto al n. 261 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 13 ottobre 2004 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che, con ordinanza del 26 gennaio 2004, depositata nella cancelleria della Corte costituzionale il successivo 30 gennaio, la Corte d’appello di Roma - I sezione civile ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, per l’annullamento della deliberazione da quest’ultima adottata «nella seduta dell’8 ottobre del 2003» (recte: del 9 luglio del 2003);

che la ricorrente autorità giudiziaria premette di essere investita del gravame proposto dall’on. Silvio Berlusconi avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale civile di Roma in data 27 febbraio 2001, con la quale l’appellante veniva condannato a risarcire, ai deputati Walter Veltroni e Pietro Folena, i danni (da liquidarsi in separata sede giudiziale) conseguenti ad una asserita condotta diffamatoria, posta in essere nel corso della trasmissione radiofonica “Radio anch’io” del 30 novembre 1999;

che assume, inoltre, la ricorrente che, nelle more del giudizio d’appello, la Camera dei deputati adottava la predetta deliberazione assembleare, con cui stabiliva – «confermando la relativa proposta della Giunta per le autorizzazioni della stessa Camera» – che i fatti contestati all’on. Berlusconi «concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni» e, pertanto, «negava l’autorizzazione a procedere» nei confronti dello stesso, «dovendo ricondursi le dichiarazioni in questione al disposto di cui all’art. 68 Cost.»;

che secondo la Corte d’appello di Roma la deliberazione sopra meglio identificata – là dove ritiene che «l’attacco agli on. Veltroni e Folena» non sia «avvenuto “uti singuli”, ma come esponenti di spicco dell’Ulivo, attenendo in ogni caso ad opinioni espresse da un parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni ex art. 68 Cost.» – sarebbe, invece, «lesiva delle attribuzioni del potere giudiziario», in quanto le frasi oggetto della controversia civile devoluta all’esame della ricorrente «non possono ritenersi collegate alla funzione parlamentare, costituendo apprezzamenti personali, con attribuzione di fatti e comportamenti specifici, estremamente gravi e negativi, nonché potenzialmente diffamatori, resi peraltro in una trasmissione radiofonica di notevole diffusione»;

che la ricorrente – richiamati i principî enunciati dalla «costante giurisprudenza della stessa Corte costituzionale», alla stregua dei quali la Corte è tenuta ad accertare «la non arbitrarietà della delibera parlamentare» (sentenza n. 1150 del 1988), verificando «se vi sia stato un uso distorto ed arbitrario del potere parlamentare, tale da vulnerare le attribuzioni degli organi della giurisdizione o da interferire nel loro esercizio» (sentenza n. 443 del 1993; nello stesso senso anche sentenza n. 289 del 1998), riconoscendo, pertanto, «che l’immunità copre il membro del Parlamento soltanto se con le dichiarazioni concorre il contesto funzionale» (sentenza n. 11 del 2000) – reputa che, nel caso di specie, sussistano le «condizioni tutte» (e cioè «arbitrarietà, illegittima interferenza nelle attribuzioni di organi giurisdizionali e lesione dei loro poteri», nonché «mancanza di collegamento con la funzione parlamentare»), idonee a giustificare l’accoglimento della domanda di annullamento della deliberazione parlamentare;

che in senso contrario, secondo la Corte d’appello di Roma, non poterebbe addursi la previsione dell’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), giacché essa – pur estendendo la garanzia dell’insindacabilità alle «espressioni di critica e di denuncia politica, espletate “anche al di fuori del Parlamento”» – richiede, in ogni caso, che le stesse siano «connesse all’attività parlamentare», di talché, osserva la ricorrente, la disposizione legislativa de qua non avrebbe «innovato la normativa in relazione alla fattispecie in esame»;

che su tali basi, quindi, la ricorrente – non senza, peraltro, osservare che, «con due sentenze del 30 gennaio 2003», la Corte europea per i diritti dell’uomo ha riconosciuto l’illegittimità del «rifiuto dell’autorità giudiziaria italiana di pronunciarsi sull’azione intentata contro parlamentari che avevano espresso opinioni o tenuto comportamenti fuori delle aule parlamentari che l’attore riteneva lesivi della sua dignità e reputazione» – ha concluso affinché questa Corte affermi che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Berlusconi «secondo quanto deliberato dalla stessa nella seduta dell’8 ottobre 2003» (recte: del 9 luglio 2003), e quindi «annulli la relativa delibera».

Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esista «la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», fermo restando il potere della Corte, a seguito del giudizio, di pronunciarsi su ogni aspetto del conflitto, ivi compresa la sua ammissibilità;

che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, vi è materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla sua competenza, sussistendo i requisiti soggettivi e oggettivi di cui all’art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, quando, come nel caso di specie, un giudice – chiamato a pronunciarsi nell’ambito di un giudizio concernente la responsabilità di un membro del Parlamento in relazione a dichiarazioni da lui rese – lamenti la lesione delle proprie attribuzioni giurisdizionali derivanti dal cattivo uso del potere, riconosciuto alle Camere parlamentari, di affermare la insindacabilità, a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, di dichiarazioni rese dai propri membri, ritenute espressione dell’esercizio delle funzioni parlamentari;

che pertanto il conflitto promosso col presente ricorso deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell’art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservato ogni definitivo giudizio,

dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Corte d’appello di Roma - I sezione civile, nei confronti della Camera dei deputati con l’atto indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione alla ricorrente della presente ordinanza;

b) che, a cura della ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui sub a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni fissato dall’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2004.