Ordinanza n. 62/2003

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 62

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Ugo DE SIERVO     

- Romano VACCARELLA    

- Paolo MADDALENA          

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), promosso con ordinanza del 5 aprile 2001 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Giochi Preziosi s.p.a. e l’amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 731 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di costituzione della Giochi Preziosi s.p.a., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 28 gennaio 2003 il Giudice relatore Franco Bile;

uditi l’avvocato Aldo Bozzi per la Giochi Preziosi s.p.a. e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Roma ha sollevato - in riferimento agli articoli 3, 24, 25, 53, 101 e 104 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo);

che – secondo quanto riferisce l’ordinanza - la questione è stata proposta nel corso di un giudizio introdotto nel 1994 dalla s.p.a. Giochi Preziosi contro l’amministrazione delle finanze dello Stato per ottenerne la condanna al rimborso delle somme indebitamente versate negli anni 1989, 1990, 1991 e 1992, in forza del disposto dell’art. 3, commi 18 e 19, del decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853 (Disposizioni in materia di imposte sul valore aggiunto e di imposte sul reddito e disposizioni relative all’Amministrazione finanziaria), convertito nella legge 17 febbraio 1985, n. 17, con gli interessi di cui alla legge 26 gennaio 1961, n. 29 (Norme per la disciplina della riscossione dei carichi in materia di tasse e di imposte indirette sugli affari);

che nel giudizio il Ministero delle finanze si è costituito, chiedendo il rigetto della domanda;

che il rimettente riferisce come la società attrice abbia chiesto in particolare: a) la sottoposizione alla Corte di giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell’art. 177 del Trattato istitutivo della CE, delle questioni interpretative pregiudiziali sulla compatibilità con gli articoli 5 e 189 del Trattato e con la normativa comunitaria derivata (articoli 10 e 12, n. 1, lettera e), della Direttiva 69/335/CEE, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia 20 aprile 1993, resa nelle cause riunite C-71/91 e C-178/91), dell’art. 11 della legge n. 448 del 1998, in quanto avrebbe istituito retroattivamente per gli anni dal 1985 al 1992 una nuova tassa annuale per l’iscrizione nel registro delle imprese di atti sociali diversi da quello costitutivo, indipendentemente dalla loro concreta iscrizione; e sulla compatibilità con l’art. 5 del Trattato CE e con i principi della certezza del diritto e della tutela dei singoli, del legittimo affidamento e di non discriminazione dei diritti nascenti dal diritto comunitario, rispetto agli analoghi obblighi di diritto interno, nonché al principio di proporzionalità, del comma terzo della medesima norma di diritto interno, in quanto applica retroattivamente il nuovo tasso legale del 2,5% in vigore dal 1° gennaio 1999 agli interessi già maturati sulle somme dovute a titolo di rimborso delle somme di cui si chiede la restituzione; b) in alternativa, la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del citato art. 11, commi 1 e 2, per contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione;

che il rimettente ritiene che, <<pur apparendo sufficientemente motivate e meritevoli di positiva delibazione le richieste di rimessione alla Corte di Giustizia sollevate dall’attrice, esse debbano al momento essere accantonate, rivestendo carattere pregiudizievole rispetto alle medesime le decisioni che saranno assunte dalla Corte Costituzionale che, investita in questo stesso giudizio di eccezioni che attengono alla legittimità della medesima normativa, dovrebbe dare a quella domestica un assetto definitivo sul quale soltanto potrebbero incidere i principi comunitari a questo momento intempestivamente invocati>>;

che, su tale premessa, il rimettente ritiene la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, della legge n. 448 del 1998 rilevante e non manifestamente infondata, in quanto la norma impugnata avrebbe, sotto la veste dell’interpretazione autentica, introdotto irragionevolmente una disciplina modificatrice della previgente normativa, in violazione dell’art. 3 della Costituzione; avrebbe inciso sui processi in corso, in violazione degli articoli 24, 25, 101 e 104 della Costituzione; ed avrebbe assunto <<a presupposto dell’obbligazione tributaria un fatto passato, lontano nel tempo, non più esistente al momento della entrata in vigore dello ius superveniens con efficacia retroattiva>>, così alterando <<il rapporto che necessariamente deve esistere tra imposizione e capacità contributiva>>, in violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito l’inammissibilità della questione per irrilevanza, e comunque la sua infondatezza;

che la parte privata del giudizio a quo si è costituita, depositando una memoria, in cui afferma la rilevanza e la fondatezza della questione;

che, alla pubblica udienza del 23 aprile 2002, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo, su richiesta concorde delle parti, essendo imminente la decisione della Corte di giustizia nelle cause C-216/99 e C-222/99, concernenti appunto la compatibilità della norma censurata con il diritto comunitario;

che, nell’imminenza della nuova pubblica udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria illustrativa, nella quale - preso atto della sopravvenienza della sentenza della Corte di giustizia del 10 settembre 2002 - ha ribadito l’eccezione di inammissibilità, chiedendo in subordine la <<rimessione degli atti al giudice a quo, affinché riesamini la questione alla luce della citata sentenza>>;

che anche la parte privata ha depositato una memoria illustrativa, nella quale ha esaminato le possibili implicazioni sul presente giudizio della citata decisione, ribadendo le argomentazioni a favore della rilevanza e fondatezza della questione di legittimità costituzionale.

Considerato che, nelle more della nuova fissazione a ruolo della causa, è sopravvenuta la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 10 settembre 2002 nelle cause riunite C-216/99 e C-222/99, la quale ha, fra l’altro, esaminato e risolto la questione della conformità all’ordinamento comunitario della norma statale di cui il rimettente denuncia l’illegittimità costituzionale, anche sotto il profilo dal medesimo censurato;

che i principi enunciati nella decisione dalla Corte di giustizia si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno, con il valore di jus superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quella norma conserva efficacia e deve essere applicata anche da parte del giudice nazionale (ordinanza di questa Corte n. 255 del 1999);

che, pertanto, si impone la restituzione degli atti al rimettente, perché valuti l’incidenza della pronuncia della Corte di giustizia sulla decisione del giudizio sottoposto al suo esame e sulla persistente rilevanza della questione di legittimità costituzionale, considerando anche che sul punto la Corte comunitaria ha espresso un giudizio articolato in ragione della varietà delle fattispecie in concreto verificatesi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Roma.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2003.