Sentenza n. 30 del 2002

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SENTENZA N. 30

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Massimo VARI, Presidente

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 22 ottobre 1997, relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Cesare Previti nei confronti di David M. Sassoli, promosso con ricorso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma - ufficio VII - notificato il 21 febbraio 2000, depositato in cancelleria il 29 successivo ed iscritto al n. 11 del registro conflitti 2000.

Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2001 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

udito l'avv. Sergio Panunzio per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

1. ― Il Giudice per le indagini preliminari (infra, Gip) del Tribunale di Roma, ufficio VII, ha proposto - con ordinanza in data 7 luglio 1999, depositata nella cancelleria della Corte il 16 luglio 1999, nel corso di un processo nei confronti del deputato Cesare Previti, per il reato previsto e punito dagli artt. 595, primo e terzo comma, cod. pen, e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 - conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione adottata dall’Assemblea nella seduta del 22 ottobre 1997 (documento IV-ter, n. 63/A), con la quale é stata dichiarata l’insindacabilità delle dichiarazioni rese dal parlamentare.

2. ― Il ricorrente premette che si procede nei confronti del deputato Cesare Previti per il reato di diffamazione aggravata in danno di un giornalista, da lui indicato come "capace di mistificare anche fatti notori per scarsa professionalità o per opportunità di disinformazione strumentalizzata ad impegno in campagne politiche", e che egli, con ordinanza del 16 febbraio 1998, aveva proposto conflitto di attribuzione in relazione alla deliberazione con la quale la Camera dei deputati, nella seduta del 22 ottobre 1997, aveva dichiarato che i fatti per i quali era in corso il procedimento penale concernevano opinioni espresse dal parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni.

La Corte, dopo avere dichiarato ammissibile il conflitto con ordinanza n. 261 del 1998, successivamente, con la sentenza n. 35 del 1999, lo ha dichiarato improcedibile, in quanto il ricorso e l’ordinanza che lo avevano dichiarato ammissibile, benchè notificati alla Camera dei deputati, non erano stati depositati nella cancelleria della Corte entro i termini stabiliti dall’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Il ricorrente espone, quindi, le argomentazioni che, a suo avviso, indurrebbero a ritenere che "la dichiarazione di improcedibilità conseguente ad un vizio meramente formale non preclude la possibilità di investire la Corte costituzionale della medesima questione" e propone nuovamente conflitto in relazione alla predetta deliberazione.

Secondo il Gip, la funzione parlamentare, benchè possa svolgersi in forma libera, non comprenderebbe l’intera attività politica del parlamentare, sicchè, nel caso in esame, il fatto contestato al deputato non potrebbe essere qualificato come opinione espressa nell’esercizio di dette funzioni. Infatti, "tra la funzione svolta dall’on. Previti e la circostanza strettamente personale" da cui sono scaturite le dichiarazioni rese all’agenzia Ansa, non sarebbe ravvisabile alcuna connessione, neppure in base agli atti parlamentari, nei quali si accenna ad una "polemica essenzialmente e squisitamente politica" originata da "una certa malizia" del giornalista.

Il ricorrente conclude, infine, chiedendo che la Corte dichiari che "non spetta alla Camera dei deputati deliberare l’insindacabilità del fatto ascritto all’on. Previti – oggetto dell’imputazione – poichè esso non ricade nell’ipotesi prevista dall’art. 68, primo comma, della Costituzione".

3. ― Nel giudizio preliminare di delibazione in camera di consiglio, il ricorso ι stato dichiarato ammissibile da questa Corte con ordinanza n. 62

 del 9 febbraio 2000, notificata – unitamente al ricorso - alla Camera dei deputati il 21 febbraio 2000, depositata in cancelleria il 29 febbraio 2000.

4. ― La Camera dei deputati si é ritualmente costituita in giudizio e, nell’atto di costituzione e nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque infondato.

Preliminarmente, la resistente, dopo avere premesso che spetterebbe esclusivamente alla Camera di appartenenza del parlamentare al momento dei fatti stabilire se questi ultimi siano insindacabili ex art. 68, primo comma, della Costituzione, eccepisce l’inammissibilità del conflitto, dato che, all’epoca dei fatti per i quali é in corso il processo penale, il deputato Cesare Previti era membro del Senato della Repubblica.

In linea gradata, la Camera dei deputati deduce che il ricorso sarebbe comunque inammissibile, in quanto é stato già dichiarato improcedibile e non potrebbe essere riproposto, poichè il ricorrente avrebbe consumato il relativo potere. A suo avviso, nonostante le norme regolatrici del giudizio non prevedano alcun termine per la proposizione del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, il conflitto si determina e definisce giuridicamente allorchè la Corte lo dichiara ammissibile, con provvedimento emanato nell’esercizio di un’attività conformativa, in virtù della quale "il contrasto tra poteri – fino a quel momento potenziale e latente in una dimensione puramente politica – emerge nella sfera giuridico-costituzionale".

Inoltre, secondo la Camera dei deputati, il conflitto sarebbe altresì inammissibile sia in quanto é stato proposto con ordinanza, anzichè con ricorso, sia in quanto difetterebbe dei requisiti stabiliti dall’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, poichè non sarebbero state indicate le specifiche attribuzioni dell’autorità giudiziaria che si assumono lese e neppure sarebbe stato chiesto l’annullamento della delibera di insindacabilità.

Nel merito, ad avviso della Camera dei deputati, il conflitto sarebbe infondato, dato che le opinioni espresse dal parlamentare si inserirebbero in una più complessa vicenda all’interno della quale egli ha difeso la propria figura politica mediante l’esercizio del diritto di critica nei confronti del giornalista asseritamente diffamato. D’altronde, le dichiarazioni oggetto del procedimento sarebbero state rese all’interno di un "contesto politico-parlamentare", anche in quanto riguarderebbero un giudizio penale all’esito del quale il deputato era stato assolto e che era stato oggetto di interrogazioni parlamentari. Pertanto, poichè il nesso tra l’opinione e la funzione parlamentare non dipenderebbe "da criteri formali propri dell’atto nel quale l’opinione si manifesta", ma dovrebbe essere valutato in riferimento al "complessivo contesto parlamentare" all’interno del quale é stata resa l’opinione, la deliberazione di insindacabilità sarebbe immune dai vizi denunciati dal ricorrente.

5. ― All’udienza pubblica il difensore della Camera dei deputati ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1. ― Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato θ stato sollevato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma -ufficio VII- nei confronti della Camera dei deputati in riferimento alla deliberazione assunta nella seduta del 22 ottobre 1997 (documento IV-ter, n. 63/A), con la quale si é stabilito che i fatti contestati al membro del Parlamento Cesare Previti nel procedimento penale in corso innanzi al predetto giudice concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e sono pertanto insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.

2. ― Il conflitto θ inammissibile.

La difesa della Camera dei deputati ha depositato, in sede di costituzione in giudizio, apposita documentazione dalla quale risulta che, all'epoca dei fatti per i quali é in corso il processo penale, Cesare Previti non era deputato, bensì membro del Senato, cioé di una Camera diversa da quella che ha adottato la delibera di insindacabilità in oggetto.

Si pone dunque, preliminarmente ad ogni altra questione, il problema se, in caso di mutamento della Camera di appartenenza del parlamentare, la delibera di insindacabilità debba essere adottata dalla Camera cui apparteneva il parlamentare al momento del fatto, o invece dalla Camera, di cui fa parte il parlamentare, quando essa é chiamata a deliberare.

A questo proposito la Corte costituzionale, in una vicenda identica, ha affermato che é "alla Camera cui il parlamentare appartiene al momento del fatto, e ad essa sola, che competono (...) i poteri connessi alla prerogativa dell'insindacabilità" (sentenza n. 252 del 1999). Da un lato, infatti, la prerogativa prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione tende a garantire, in via primaria, non già la persona del parlamentare, ma piuttosto l'indipendenza e l'autonomia delle Camere; dall'altro lato, la riconducibilità delle opinioni espresse all'esercizio delle funzioni parlamentari non può non spettare all'organo, di cui fa parte il membro del Parlamento quando esprime le opinioni in questione.

Nel caso in esame, quindi, poichè le dichiarazioni del parlamentare Cesare Previti, per le quali é in corso il processo penale, sono state rese quando egli era membro del Senato, evidentemente é questa l'unica Camera competente a pronunciarsi sulla insindacabilità. L'inesistenza, pertanto, nella specie, di una delibera della Camera competente fa venir meno, sotto il profilo soggettivo, la materia del conflitto, comportando così la dichiarazione di inammissibilità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, proposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma -ufficio VII- nei confronti della Camera dei deputati con l'atto indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 febbraio 2002.

Massimo VARI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2002.