Ordinanza n. 338/2001

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ORDINANZA N.338

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO                      Presidente

- Fernando                    SANTOSUOSSO            Giudice

- Massimo                     VARI                                      "

- Riccardo                     CHIEPPA                              "

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                  "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                    CONTRI                                "

- Guido                         NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Giovanni Maria          FLICK                                    "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 149 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1999 dalla Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, nel procedimento civile su ricorso proposto dal Consiglio notarile dei distretti riuniti di Napoli, Torre Annunziata e Nola contro Alessandra Del Balzo ed altro, iscritta al n. 194 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2000.

  Visto l’atto di costituzione di Alessandra Del Balzo;

  udito nell’udienza pubblica del 5 giugno 2001 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto che, investita del giudizio su ricorso proposto dal Consiglio notarile locale avverso una sentenza del Tribunale di Napoli che aveva annullato il provvedimento del medesimo Consiglio con il quale era stata applicata a un notaio, all’esito del correlativo procedimento, la sanzione disciplinare della censura, la Corte di cassazione, Sezioni Unite civili - sull’eccezione del difetto di legittimazione a ricorrere del Consiglio notarile, formulata dal notaio resistente nel medesimo giudizio -, ha sollevato, con ordinanza del 5 novembre 1999, questione di legittimità costituzionale dell’art. 149 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

che, secondo quanto premette il giudice rimettente, il procedimento di applicazione delle "pene disciplinari" notarili é diversificato in ragione delle sanzioni, in quanto l’applicazione di quelle minori (l’avvertimento e la censura) é devoluta al Consiglio notarile e la relativa decisione, appellabile dinanzi al Tribunale del luogo, é poi ricorribile in Cassazione a norma dell’art. 111 della Costituzione (artt. 148 e 149 della legge n. 89 del 1913), mentre l’applicazione di quelle più gravi (l’ammenda, la sospensione e la destituzione) spetta al Tribunale civile, la cui pronuncia é soggetta a impugnazione davanti alla Corte d’appello e poi a ricorso in Cassazione, per incompetenza, violazione o falsa applicazione della legge (artt. 151-155 della legge n. 89 del 1913); restando a parte l’ipotesi della sanzione minore applicabile nei confronti di un membro del Consiglio notarile, che é disposta dal Presidente del Tribunale con decreto soggetto a reclamo davanti allo stesso Tribunale e, quindi, a ricorso per Cassazione (art. 150 della citata legge n. 89);

che, relativamente alla fase giurisdizionale di tali procedimenti, conseguente ai provvedimenti del Consiglio notarile, é insorto un contrasto, nell’ambito della giurisprudenza di legittimità, circa la qualità di parte necessaria rivestita dal Consiglio notarile locale, avendolo ammesso alcune decisioni e negato altre; ciò che ha appunto determinato l’assegnazione del ricorso in questione alle Sezioni Unite della Corte rimettente;

che, secondo il giudice a quo, il Consiglio notarile locale, pur essendo un organo amministrativo, non potrebbe, alla stregua della legislazione vigente, essere considerato parte necessaria del giudizio di impugnazione, giacchè gli artt. 148 e seguenti della legge notarile del 1913 individuano quali soggetti legittimati all’impugnativa solo il pubblico ministero e il notaio incolpato, con ciò implicitamente escludendo il Consiglio; e a tale conclusione si perverrebbe anche sulla base dell’art. 158, quinto comma, della stessa legge, che, per il Ministero della giustizia e per il Consiglio notarile, impone solo la "comunicazione" del provvedimento giurisdizionale in materia disciplinare, cioé una semplice informativa, non una notificazione, quale é invece stabilita in favore delle parti del rapporto processuale;

che tale disciplina troverebbe fondamento e ratio nella particolare natura giuridica della figura del notaio, considerata dall’ordinamento per un verso assimilabile a quella del libero professionista e per un altro equivalente a quella del pubblico ufficiale; ciò che darebbe ragione altresì del ruolo svolto in questa materia dal pubblico ministero, il quale fungerebbe (art. 152) da titolare esclusivo dell’azione disciplinare diretta all’applicazione delle sanzioni più gravi;

che l’opposto indirizzo interpretativo, secondo cui dovrebbe essere riconosciuta al Consiglio notarile, organo amministrativo, la possibilità d’impugnare i provvedimenti in materia disciplinare, non potrebbe del resto essere seguito, mancando nella legge professionale relativa ai notai una disposizione sulla cui base si possa giustificare l’attribuzione allo stesso Consiglio della veste di parte, sul tipo dell’art. 54 del d.P.R. 5 aprile 1950, n. 221 (Approvazione del regolamento per la esecuzione del decreto legislativo 13 settembre 1946, n. 233, sulla ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse), o dell’art. 7 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato); norme, queste, che dispongono la notifica del ricorso anche alle autorità che hanno emanato il provvedimento impugnato;

che proprio la previsione da ultimo citata sarebbe espressione di un principio di necessaria partecipazione dell’organo amministrativo al giudizio di impugnazione relativo al provvedimento da esso adottato; un principio, ribadito da diverse leggi in materia di giurisdizione amministrativa (art. 36, secondo comma, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054; art. 21, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034), che, in forza di espresse disposizioni o in via interpretativa, varrebbe in tutto l’ambito della "giurisdizione professionale", a cominciare da quello dell’avvocatura (ordinanza della Corte costituzionale n. 183 del 1999), ma che non potrebbe tuttavia essere esteso all’ordinamento notarile, sia per l’argomento letterale ostativo sopra esposto sia per la disomogeneità delle discipline poste a confronto;

che, pertanto, il giudice rimettente solleva la questione di legittimità costituzionale relativamente all’art. 149 della legge notarile, là dove questa disposizione non prevede che anche il Consiglio notarile sia parte del rapporto processuale in materia disciplinare, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, ritenendo violati i "canoni della ragionevolezza e dell’effettivo esercizio del diritto di difesa"; un dubbio, si aggiunge nell’ordinanza di rimessione, che potrebbe investire in via conseguenziale anche gli artt. 150, 152, 154, 155 e 156 della legge notarile del 1913, relativi agli altri due tipi di procedimento giurisdizionale riguardanti l’applicazione delle sanzioni disciplinari notarili, anch’essi caratterizzati dalla non completezza del rapporto processuale, in ragione dell’assenza del Consiglio notarile locale;

che la questione sarebbe rilevante nel giudizio principale, poichè solo in conseguenza del suo accoglimento il ricorso del Consiglio notarile potrebbe essere dichiarato ammissibile ed esaminato nel merito;

che nel giudizio così promosso é intervenuta la parte privata, osservando (a) che il ruolo istituzionale svolto nel procedimento disciplinare dal pubblico ministero, parte primaria e necessaria del rapporto processuale, offrirebbe le massime garanzie sul rispetto dei doveri (pubblicistici) relativi alla funzione notarile e giustificherebbe la legittima differenziazione della sua posizione rispetto agli altri soggetti del procedimento, (b) che comunque il Consiglio notarile non sarebbe del tutto estromesso dal giudizio, potendo intervenire ad adiuvandum, e (c) che, in ogni caso, una diversa articolazione del procedimento giurisdizionale sanzionatorio sarebbe compito devoluto alla discrezionalità legislativa, sottratta al sindacato della Corte costituzionale, concludendo pertanto per l’infondatezza della questione sollevata.

Considerato che la Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 149 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), nella parte in cui non prevede che il Consiglio notarile locale sia parte del rapporto processuale che s’instaura a seguito di "appello" promosso innanzi al Tribunale dal notaio o dal Procuratore della Repubblica, contro i provvedimenti d’applicazione delle "pene disciplinari" dell’avvertimento e della censura presi nei confronti del notaio da parte del Consiglio notarile da cui questi dipende;

che, in particolare, il giudice rimettente, assumendo la natura amministrativa sia di tali provvedimenti che dell’organo abilitato a prenderli e ritenendo che il legislatore, con la norma impugnata – la quale indica, quali parti del giudizio davanti al Tribunale, soltanto il notaio e il Procuratore della Repubblica -, abbia escluso l’intervento in giudizio del Consiglio notarile, ritiene che tale esclusione contraddica il principio generale del diritto secondo il quale l’autorità della pubblica amministrazione la quale ha emesso un provvedimento impugnato davanti al giudice sia soggetto controinteressato che, come tale, deve poter partecipare al giudizio, e che da tale contraddizione derivi una lesione dell’art. 24 della Costituzione - per non poter il Consiglio notarile difendere il suo atto davanti al giudice – e dell’art. 3 della Costituzione – in quanto la giurisprudenza sarebbe ormai costante nel riconoscere, in altri ordinamenti professionali, la qualità di parte nel giudizio del collegio professionale che ha emesso il provvedimento impugnato -;

che, come riferisce la stessa ordinanza che ha sollevato la questione, la giurisprudenza, anche di legittimità, ha oscillato tra la soluzione favorevole e quella contraria al riconoscimento – in base all’interpretazione delle norme legislative vigenti - al Consiglio notarile della qualità di parte nel procedimento giurisdizionale (dalla quale oscillazione, l’assegnazione del problema alle Sezioni Unite della Corte di cassazione) e che la soluzione interpretativa favorevole é stata sostenuta sulla base di argomenti analoghi a quelli che hanno indotto il giudice rimettente a proporre la presente questione di legittimità costituzionale;

che, come risulta dall’ordinanza di rimessione, il giudice rimettente ha interpretato la disposizione censurata alla stregua di alcune norme particolari della legge concernente l’ordinamento del notariato (segnatamente le norme che omettono di nominare il Consiglio notarile tra le parti del giudizio, menzionandolo come destinatario di semplici informative), ma non ha saggiato la tenuta dell’interpretazione cui é giunto alla luce sistematica dei principi costituzionali che lo stesso giudice rimettente ritiene reggere la materia e che ha invocato ai fini della proposizione della questione di costituzionalità;

che, in relazione al principio di unità dell’ordinamento giuridico, alle norme e ai principi costituzionali si deve ricorrere per giustificare la proposizione della questione di legittimità costituzionale solo dopo che le stesse norme e gli stessi principi siano stati considerati al fine di interpretare in loro conformità la disposizione che il giudice deve applicare e dopo che tale interpretazione conforme sia risultata impossibile;

che, sotto questo profilo, la sollevata questione di legittimità costituzionale risulta carente per un difetto di interpretazione della norma censurata, difetto tanto più evidente in quanto, secondo ciò che si é dianzi ricordato, altra giurisprudenza é potuta giungere a un risultato interpretativo che avrebbe reso superflua, nello stesso ordine di idee del giudice rimettente, la questione di costituzionalità proposta;

che pertanto – indipendentemente da ogni considerazione in merito al risultato cui la richiesta interpretazione sistematica, Costituzione inclusa, potrebbe condurre – la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (tra molte, ordinanze n. 592 e n. 177 del 2000).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 149 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2001.