Ordinanza n. 296/2001

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ORDINANZA N. 296

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9 e delle norme tecniche in calce alla tabella A della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), nonchè degli articoli 28, comma 3, e 50, e delle norme dell'allegato 5 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), promosso con ordinanza emessa l’11 maggio 2000 dal Tribunale di Vicenza, iscritta al n. 644 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 giugno 2001 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con ordinanza emessa l’11 maggio 2000, pervenuta a questa Corte il 25 settembre 2000, il Tribunale di Vicenza in composizione monocratica ha sollevato, nel corso di un procedimento penale a carico di un imputato del reato di cui all'art. 21, quarto comma, della legge n. 319 del 1976 (scarico idrico con superamento dei limiti di accettabilità stabiliti per parametri di natura tossica persistente e bioaccumulabile), questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 9 e delle norme tecniche in calce alla tabella A della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), nonchè degli articoli 28, comma 3, e 50, e delle norme dell'allegato 5 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), "nella parte in cui dette norme di legge non prevedono la facoltà di chiedere analisi di revisione nelle ipotesi in cui l'analisi eseguita ad iniziativa della pubblica amministrazione accerti superamenti tabellari di parametri relativi a sostanze non degradabili e ci si trovi pertanto in presenza di campioni di reflui non deteriorabili";

che il remittente premette che é stato contestato all'imputato il superamento dei parametri cadmio, rame e zinco, metalli non degradabili e determinabili nei campioni di reflui in ogni tempo nella medesima concentrazione riscontrabile nel campione immediatamente analizzato ad iniziativa della pubblica amministrazione; che l'attività di campionamento e analisi dei reflui, finalizzata all'accertamento dell'osservanza della normativa in materia di tutela delle acque, é attività amministrativa di natura extra-processuale, regolata dall'art. 15 della legge 24 novembre 1981, n. 689, che prevederebbe come principio generale la facoltà dell'interessato di chiedere la revisione delle analisi; e che ai sensi dell'art. 223 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, fanno parte del fascicolo per il dibattimento, e possono essere direttamente utilizzati dal giudice, sia i verbali di revisione di analisi che i verbali di analisi non ripetibili;

che, secondo il giudice a quo, andrebbero ritenute non ripetibili le analisi di campioni per le quali le leggi relative non prevedano la revisione, con implicito rinvio alla normativa specifica sui casi di ripetibilità o non ripetibilità delle analisi sotto il profilo tecnico-scientifico; e che pertanto, per una piena attuazione del diritto di difesa e per la presenza del principio generale dettato dall'art. 15 della legge n. 689 del 1981, la normativa specifica dovrebbe prevedere o meno la revisione delle analisi a seconda che si tratti di campione non deteriorabile o di campione deteriorabile;

che, osserva l’autorità remittente, la normativa specifica in tema di tutela delle acque dall'inquinamento non prevede la revisione delle analisi, anche quando i risultati siano tali da doversi ipotizzare il superamento di parametri costituiti da metalli pesanti, e si tratti pertanto di un campione di refluo non deteriorabile: mentre altre normative specifiche, come quelle in tema di emissioni in atmosfera ed in materia alimentare, prevedono la revisione delle analisi;

che pertanto, secondo il giudice a quo, sarebbe ipotizzabile una ingiustificata disparità di trattamento sotto il profilo della tutela processuale, con violazione degli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata "inammissibile e irrilevante e comunque infondata";

che l'eccepita inammissibilità discenderebbe dalla mancanza di una più precisa individuazione delle disposizioni sub judice; mentre, in punto di rilevanza, non apparirebbe sufficiente l'affermazione basata sulla non degradabilità dei metalli;

che, comunque, secondo l’interveniente, non sussisterebbe alcuna violazione dei precetti costituzionali indicati dal remittente.

Considerato che la denuncia del giudice a quo, pur mettendo in evidenza margini di incertezza nella individuazione delle norme specificamente applicabili alla fattispecie, data la successione di esse verificatasi nel tempo, investe univocamente l'asserita lacuna normativa derivante dalla mancata previsione, nella disciplina relativa ai controlli sugli scarichi idrici, della possibilità di chiedere in sede amministrativa analisi di revisione, quando il superamento dei limiti di accettabilità prescritti riguardi, come nella specie, sostanze presenti in campioni non deteriorabili, per le quali esisterebbe, secondo il remittente, la possibilità tecnica di ripetere le analisi: onde non merita accoglimento l'eccezione di inammissibilità avanzata dalla difesa del Presidente del Consiglio;

che peraltro il giudice a quo non lamenta l'avvenuta violazione, nella specie, delle garanzie procedimentali necessarie ai fini dell'esecuzione delle analisi dei reflui, secondo quanto stabilito nella sentenza n. 248 del 1983 di questa Corte, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 15, settimo comma, della legge n. 319 del 1976 nella parte in cui non prevedeva che sia dato avviso al titolare dello scarico, affinchè egli possa presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione delle analisi stesse (cfr. anche, fra le altre, le sentenze n. 149 del 1969 e n. 330 del 1990);

che, una volta assicurate le garanzie di difesa nei riguardi della esecuzione delle analisi, la previsione di una revisione delle stesse in via amministrativa non risponde ad un vincolo costituzionale, anche indipendentemente dalla possibilità tecnica di una siffatta revisione in relazione al carattere deteriorabile o meno dei campioni prelevati; mentre solo se l'analisi di campioni fosse effettuata senza contraddittorio, il mancato riconoscimento del diritto alla revisione violerebbe il diritto di difesa (cfr. sentenza n. 15 del 1986);

che l’utilizzabilità nel processo degli accertamenti effettuati in via amministrativa, sia quando é prevista la possibilità della revisione, sia quando tale possibilità non é prevista, é regolata dall'art. 223 delle norme di coordinamento del codice di procedura penale, in ogni caso condizionando l'inserimento dei verbali nel fascicolo per il dibattimento all'osservanza delle garanzie procedimentali prescritte (comma 3): norma che il remittente evoca, senza peraltro farla oggetto di alcuna censura;

che pertanto non sono violati nè il principio di eguaglianza, nè il diritto di difesa, onde la questione si palesa come manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 e delle norme tecniche dettate in calce alla tabella A della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), nonchè degli articoli 28, comma 3, e 50, e delle norme dell'allegato 5 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Vicenza con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2001.