ordinanza n. 143/2001

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ORDINANZA N. 143

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

  Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 77, secondo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle disposizioni in materia di pensioni di guerra) e 3, terzo comma, n. 2, del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30 (Norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali ed assistenziali), convertito in legge 16 aprile 1974, n. 114, promosso con ordinanza emessa il 24 marzo 1999 dal Pretore di Trani nel procedimento civile vertente tra Carmela De Sario e l'Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS), iscritta al n. 622 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visti l'atto di costituzione dell'INPS, nonchè l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 2001 il Giudice relatore Franco Bile;

uditi l'avvocato Carlo De Angelis per l'INPS e l'avvocato dello Stato Sergio Sabelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che con ordinanza del 24 marzo 1999 il Pretore di Trani, nel corso del giudizio civile tra Carmela De Sario e l'Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS) avente ad oggetto la domanda della prima di accertamento del suo diritto alla pensione sociale, ha proposto questione di legittimità costituzionale dell'art. 77, secondo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle disposizioni in materia di pensioni di guerra), in combinato disposto con l'art. 3, terzo comma, numero 2, del decreto-legge 2 marzo 1974, n.30 (Norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali ed assistenziali), convertito in legge 16 aprile 1974, n. 114, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione;

che, secondo il giudice rimettente, in ragione dell'espressa previsione contenuta nell'art. 3 del d.l. n. 30 del 1974, convertito in legge n. 114 del 1974, il reddito derivante dalla pensione di guerra, seppur relativo ad un trattamento di carattere risarcitorio, era non di meno computabile al fine di determinare la soglia reddituale richiesta per beneficiare della pensione sociale, atteso che l'art. 5 della legge 8 agosto 1991, n. 261 - nel sostituire il primo comma dell'art. 77 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, e nel prevedere in generale la non computabilità delle pensioni di guerra nel calcolo del reddito a fini fiscali, previdenziali ed assistenziali - aveva però lasciato in vigore il secondo comma dello stesso art. 77 del d.P.R. n. 915 del 1978, che, richiamando il citato art. 3 del d.l. n. 30 del 1974, convertito nella legge n. 114 del 1974, perpetuava la computabilità del trattamento pensionistico di guerra al fine del riscontro del requisito reddituale rilevante per ottenere la pensione sociale;

che - a suo avviso - tale residuale computabilità delle pensioni di guerra nel calcolo del reddito al fine della spettanza della pensione sociale contrasterebbe con la loro natura risarcitoria ed ostacolerebbe la funzione che svolge la pensione sociale con conseguente violazione dell'art. 38, nonchè dell'art. 3 Cost.;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione;

che si é costituito l'INPS, chiedendo anch'esso che la questione sia dichiarata infondata.

Considerato che già questa Corte ha ritenuto dapprima infondata (sentenza n. 157 del 1980) e poi manifestamente infondata (ordinanza n. 174 del 1985) la questione di costituzionalità dell’art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e dell’art. 3 del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito in legge 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in cui escludevano dal diritto alla pensione sociale coloro che percepivano pensioni di guerra e stabilivano che, qualora quest'ultima fosse inferiore alla prima, si avesse diritto a percepire soltanto la differenza tra l'una e l'altra;

che l'art. 77 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, nel riordinare la disciplina delle pensioni di guerra, ha contemplato in generale (al primo comma) l'irrilevanza dei redditi pensionistici (oltre che ai fini fiscali, anche) ai fini previdenziali ed assistenziali, lasciando però ferme le disposizioni, già scrutinate da questa Corte, e segnatamente l'art. 3 del d.l. n.30 del 1974, convertito in legge n.114 del 1974, citato, sicchè ha confermato la computabilità delle pensioni di guerra al fine dell'integrazione del requisito reddituale della pensione sociale;

che, successivamente, l'art. 5 della legge 8 agosto 1991, n.261, nel modificare i trattamenti pensionistici di guerra, ha sostituito il solo primo comma del citato art. 77 del d.P.R. n.915 del 1978 (ribadendo la natura risarcitoria di tali trattamenti e ampliando, anche ai fini sanitari, la portata della regola generale della loro non computabilità, laddove sia prescritto un requisito reddituale per trattamenti pensionistici e per la concessione di esoneri, ovvero benefici economici ed assistenziali), ma non ha modificato il secondo comma dello stesso art. 77, confermando quindi ulteriormente la computabilità delle pensioni di guerra al fine dell'integrazione del requisito reddituale della pensione sociale;

che questa scelta discrezionale del legislatore non é stata revocata neppure allorchè l'art. 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, nel contesto della riforma pensionistica, ha sostituito (a partire dal 1° gennaio 1996) alla pensione sociale l'assegno sociale;

che l'intervento assistenziale della collettività, espresso nella pensione sociale prima di tale riforma, persegue il fine di soccorrere coloro che, sprovvisti di mezzi necessari per vivere, versano in uno stato di bisogno, necessariamente da emendare in adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale della collettività, sanciti dagli artt. 2 e 38 Cost.;

che rientra nella discrezionalità del legislatore individuare la soglia reddituale al di sotto della quale sussiste siffatta situazione di bisogno;

che, a tale limitato fine, possono rilevare anche i trattamenti pensionistici di guerra, i quali, pur avendo natura dichiaratamente risarcitoria, rappresentano pur sempre un'attribuzione patrimoniale valida a differenziare non irragionevolmente la posizione di chi ne sia titolare rispetto a quella di chi, non beneficiandone, risulti maggiormente bisognevole, se indigente ed a parità di altre condizioni, dell'intervento assistenziale dello Stato;

che, quindi, anche il trattamento pensionistico di guerra, nello specifico contesto normativo della pensione sociale, può concorrere nella valutazione della soglia reddituale rilevante quale presupposto per il diritto alla pensione stessa, senza che siano violati i principi di eguaglianza (art. 3 Cost.) e di necessaria protezione sociale (art. 38 Cost.);

che, in conclusione, la proposta questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 77, secondo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle disposizioni in materia di pensioni di guerra), in combinato disposto con l'art. 3, terzo comma, numero 2, del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30 (Norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali ed assistenziali), convertito in legge 16 aprile 1974, n.114, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Trani, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2001.