Ordinanza n. 45

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ORDINANZA N. 45

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 4 maggio 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia - sezione staccata di Lecce - sul ricorso proposto da Gravina Giuseppe contro il Comune di Taranto, iscritta al n. 432 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che, in sede di esame di istanza cautelare, nel corso di un procedimento di impugnazione di un atto con cui il Comune di Taranto aveva respinto un'istanza di concessione edilizia in sanatoria, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia - sezione staccata di Lecce - ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui non consente la sanatoria degli ampliamenti superiori al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria, anche se inferiori al limite di 750 metri cubi;

che il giudice rimettente, dopo aver richiamato la sentenza interpretativa di questa Corte n. 302 del 1996, tuttavia ha ritenuto di riproporre la questione, considerando palesemente irragionevole un impianto normativo che non consenta la sanatoria degli ampliamenti superiori al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria, anche se inferiori al limite di 750 metri cubi, mentre permette la condonabilità di una nuova costruzione abusiva sino al limite di 750 metri cubi;

che, quanto alla rilevanza, il giudice a quo osserva, con una motivazione plausibile, che solo l'accoglimento della questione proposta eviterebbe al ricorrente di subire le conseguenze della reiezione della domanda di condono;

che nel giudizio introdotto con l'ordinanza di cui sopra é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità della questione, nonchè per la infondatezza della stessa;

che, con successiva memoria, la difesa erariale ha insistito per la infondatezza, ponendo l'accento sulla distinzione dei due limiti previsti dalla norma denunciata.

Considerato che l’art. 39, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n.724 é stato già sottoposto al giudizio di questa Corte (sentenza n. 302 del 1996; ordinanza n. 395 del 1996), che ha privilegiato una interpretazione "di sistema" delle disposizioni in esame, sottolineando la natura di limite assoluto ed inderogabile propria della previsione massima di cubatura di 750 mc., che funge altresì come norma di chiusura, in aggiunta al limite di incremento volumetrico del 30 per cento, nella ipotesi di ampliamento di fabbricati preesistenti;

che i profili di illegittimità costituzionale di detta disposizione sono stati ritenuti non fondati "nei sensi di cui in motivazione", proprio alla luce del "sistema del nuovo condono edilizio" del 1994, delineato come del tutto contingente ed eccezionale e non ulteriormente reiterabile (sentenze nn. 416 e 427 del 1995; ordinanza n. 395 del 1996), accompagnato da nuovi obblighi e restrizioni soggettive ed oggettive, che valgono a circoscrivere l’ambito della definizione agevolata o a riequilibrare situazioni di eccessivo vantaggio, nella valutazione del legislatore di preminenti interessi pubblici, come l’esclusione di abusi maggiori;

che il predetto sistema del nuovo condono é caratterizzato non da sole ragioni di natura finanziaria, ma anche da esigenze di recupero dell’assetto del territorio attraverso una serie di limiti, preclusioni e prescrizioni di parere favorevole dell’amministrazione preposta alla tutela dei vincoli (sentenza n. 427 del 1995; ordinanza n. 395 del 1996), diretti tutti a restringere l’ampiezza della riapertura dei termini;

che i limiti di volumetria ammessa per la sanatoria discendono da esigenze dirette a circoscrivere la definizione agevolata, e inderogabili per una interpretazione conforme a Costituzione, di modo che il limite di 750 mc. funzioni, senza distinzione per tutte le sanatorie ammissibili, come norma di chiusura, che per gli ampliamenti di fabbricati preesistenti si aggiunge (come limite ulteriore) al limite di incremento volumetrico del 30 per cento rispetto alla volumetria della costruzione originaria;

che detta norma, invece, per le "nuove costruzioni" (che, come tali, per la differenza di situazione oggettiva, non possono avere un parametro di preesistente riferimento non essendovi costruzione originaria) costituisce limite unico (riferito alla nuova costruzione, complessivamente considerata con carattere unitario a prescindere dalle unità immobiliari ai fini catastali) ed assoluto, con un derogatorio temperamento (di stretta interpretazione) riferibile esclusivamente alle ipotesi eccezionali in cui é ammessa la scissione delle domande di sanatoria per effetto di suddivisione in autonome costruzioni o di limitazioni quantitative del titolo in base al quale si chiede il condono-sanatoria (v. sentenza n. 302 del 1996);

che giova sottolineare - anche ai fini della non assoluta irragionevolezza della distinzione adottata dal legislatore tra ampliamenti rispetto a costruzione originaria e nuove costruzioni - che l’ipotesi di ampliamento suscettibile di condono comprende anche le opere abusive di ampliamento compiute in un successivo momento su fabbricato originariamente abusivo ed oggetto di precedente condono in base alla legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ipotesi che qui ricorre), oltre gli ampliamenti effettuati in corso di opera rispetto a volumetria assentita in base a regolare concessione;

che il limite del 30 per cento si riferisce, nella espressa scelta del legislatore, ai soli ampliamenti di fabbricati esistenti e non alle nuove costruzioni con carattere di autonomia, per cui rientra nell'attribuzione del giudice a quo e dell'amministrazione la valutazione della concreta "novità" della costruzione del "deposito" (staccato ed autonomo rispetto all'abitazione) ai fini dell'applicabilità del diverso limite di 750 mc. per le nuove costruzioni; oltre l'esame della possibilità di ridurre la condonabilità del fabbricato ad abitazione nei limiti del 30 per cento di ampliamento ammesso, con la demolizione della restante volumetria eccedente;

che il legislatore, con una scelta discrezionale non viziata da irragionevolezza, ha voluto che gli ampliamenti ricompresi nel nuovo condono non eccedessero dal duplice coesistente limite (non superiore al 30% della volumetria iniziale originaria o assentita; ovvero a 750 mc. in assoluto) sempre con riferimento alla volumetria costituente ampliamento, risultando, così, che il limite di chiusura di 750 mc. applicabile agli ampliamenti veniva a scattare, impedendo il condono, quando il fabbricato "originario o assentito" aveva una volumetria superiore a 2500 mc. ( 30% di 2500 mc. = 750 mc.);

che, pertanto, risulta evidente che non sussiste una palese irragionevolezza della disposizione denunciata, per cui la sollevata questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 3 della Costituzione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia - sezione staccata di Lecce - con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 6 marzo 2001.