Ordinanza n. 36

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ORDINANZA N. 36

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), promossi con ordinanze emesse il 19 e il 15 dicembre 1997 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Luca Morini ed altri e da Filippo Spiezia ed altri contro l’Università del Studi di Milano ed altri e contro il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica ed altri, iscritte ai nn. 583 e 675 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 43 e 46, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, nel corso di giudizi cautelari, ha sollevato, con due ordinanze di identico contenuto del 15 dicembre 1997 (r.o. 675/2000) e del 19 dicembre 1997 (r.o. 583/2000), in riferimento agli artt. 33 e 34 della Costituzione e per violazione del "principio costituzionale della riserva di legge", questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), che ha attribuito al Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di determinare la limitazione degli accessi a taluni corsi universitari;

che il rimettente ritiene la questione rilevante, anche nella fase cautelare, trattandosi di ricorsi promossi da studenti non ammessi alla immatricolazione al primo anno (1997-98) dei corsi, per i quali l’amministrazione ha dettato il decreto ministeriale 21 luglio 1997, n. 245 (Regolamento recante norme in materia di accessi all’istruzione universitaria e di connesse attività di orientamento) e le università hanno stabilito un numero massimo di iscrizioni;

che, secondo le ordinanze di rimessione, in base agli artt. 33 e 34 della Costituzione sussisterebbe una riserva relativa di legge in materia di diritto allo studio, anche universitario; riserva che, pur non precludendo al legislatore ordinario di demandare ad altre fonti la disciplina della materia stessa, tuttavia consentirebbe ciò soltanto previa determinazione, da parte del legislatore medesimo, di una serie di precetti idonei a vincolare e indirizzare la normazione secondaria, o, comunque, previa individuazione delle linee essenziali della disciplina;

che - osserva il giudice a quo - la disposizione censurata, al contrario, conferisce al Ministro dell’università il potere di determinare la limitazione degli accessi all’istruzione universitaria, senza alcuna previa fissazione dei principi generali della disciplina e anzi attribuendo al Ministro stesso il compito di definire, con l’ausilio di altro organo della pubblica amministrazione (il Consiglio universitario nazionale), i criteri generali per la regolamentazione dell’accesso: ciò che sarebbe in contrasto con il principio della riserva di legge e comporterebbe altresì la violazione del principio della tutela del diritto allo studio, di cui agli artt. 33 e 34 della Costituzione;

che nei giudizi così promossi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha rilevato che i dubbi di costituzionalità sollevati sono già stati superati, nel merito, dalla decisione di infondatezza n. 383 del 1998, e ha osservato inoltre che, recependo l’invito formulato in quella decisione, il legislatore ha introdotto una nuova normativa in materia di accessi all’università con la legge 2 agosto 1999, n. 264, il cui art. 5, in particolare, stabilisce una sanatoria delle posizioni di studenti iscritti con riserva ai corsi per effetto di provvedimenti giurisdizionali cautelari, concludendo pertanto per un riesame della rilevanza della questione da parte del giudice rimettente, stante la disciplina sopravvenuta, e comunque per l’inammissibilità o l’infondatezza della questione.

Considerato che le ordinanze di rimessione prospettano una stessa questione, concernente la medesima disposizione, e che pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica pronuncia;

che successivamente alle ordinanze di rimessione (emesse entrambe nell’anno 1997, ma pervenute alla Corte costituzionale nel 2000) é sopravvenuta la legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari), che disciplina (artt. 1 e 2) la programmazione a livello nazionale e di singole università degli accessi ai corsi di laurea e di diploma universitario che richiedono una limitazione nel numero degli studenti per esigenze formative, dettando (art. 3) principi e criteri ai quali le università devono attenersi per la determinazione del numero dei posti relativi ai medesimi corsi, e che in particolare (art. 5) dispone, con disciplina transitoria, la sanatoria delle posizioni degli studenti iscritti ai corsi negli anni accademici precedenti in virtù di ordinanze cautelari emesse dai giudici amministrativi anteriormente alla data di entrata in vigore della medesima legge, o che siano comunque stati ammessi dagli atenei entro il 31 marzo 1999;

che, essendo così mutato il quadro normativo, delle nuove disposizioni deve essere valutata l’incidenza nei giudizi che hanno dato origine alla presente questione di costituzionalità (v., analogamente, le ordinanze di questa Corte nn. 548, 486, 269 e 142 del 2000; 411 e 408 del 1999);

che pertanto gli atti devono essere restituiti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza della questione medesima.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 9 febbraio 2001.