Ordinanza n. 3 del 2001

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ORDINANZA N. 3

 

ANNO 2001

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

 

- Massimo VARI

 

- Riccardo CHIEPPA

 

- Gustavo ZAGREBELSKY

 

- Valerio ONIDA

 

- Carlo MEZZANOTTE

 

- Guido NEPPI MODONA

 

- Piero Alberto CAPOTOSTI

 

- Annibale MARINI

 

- Franco BILE

 

- Giovanni Maria FLICK

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, lettera a-bis), e comma 2 (recte: 2-bis) del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, promosso, con ordinanza emessa il 28 marzo 2000, dalla Commissione tributaria regionale di Bari sul ricorso proposto da Rea Rocco contro la Direzione regionale per le entrate per la Puglia, sezione di Foggia, iscritta al n. 596 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2000.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 30 novembre 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

 

Ritenuto che la Commissione tributaria regionale di Bari, con ordinanza del 28 marzo 2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lettera a-bis), e comma 2 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438;

 

che, come si evince dalla stessa ordinanza, il caso all’esame del rimettente concerne la richiesta, avanzata da un contribuente, del rimborso delle somme versate per effetto degli artt. 8, comma 1, lettera a-bis), e comma 2-bis, del menzionato decreto-legge n. 384 del 1992, convertito, con modificazioni, nella legge n. 438 del 1992, disposizioni le quali prevedono, per l’anno 1992, un’imposizione straordinaria a carico delle persone fisiche che possiedono motocicli di potenza fiscale superiore a 6 cavalli, nella misura di un quintuplo delle tasse automobilistiche erariali, regionali e relativa addizionale;

 

che, ad avviso del giudice a quo, le denunciate disposizioni determinerebbero, anzitutto, "una manifesta disparità di trattamento" in danno dei possessori di motocicli di potenza fiscale superiore a 6 cavalli rispetto ai possessori di altre categorie di beni, "sicuramente qualificabili "elitari"" (e cioé, le autovetture di potenza fiscale inferiore a 20 cavalli e le imbarcazioni da diporto a motore di lunghezza superiore a 10 metri: escluse totalmente dall’imposizione; nonchè, le autovetture di potenza fiscale superiore a 20 cavalli e le imbarcazioni da diporto a motore di lunghezza compresa tra i 12 ed i 15 metri: "gravate dall’imposta straordinaria solo in misura pari a tre volte l’importo ¾ rispettivamente ¾ della tassa automobilistica e della tassa di stazionamento");

 

che, per le medesime ragioni appena evidenziate, l’ordinanza assume esservi, altresì, un vulnus dell’art. 53, primo comma, della Costituzione, giacchè la censurata normativa risulta "affetta da evidente arbitrarietà e ingiustificata sperequazione";

 

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che "la questione sia dichiarata inammissibile per manifesta infondatezza".

 

Considerato, in via preliminare, che l’erronea indicazione nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione del comma 2 dell’art. 8 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, può essere corretta in quella del comma 2-bis del medesimo art. 8, atteso che, come emerge dalla motivazione dello stesso atto di promovimento del giudizio di costituzionalità, la censura del rimettente investe chiaramente tale ultima disposizione;

 

che la questione é stata già dichiarata manifestamente infondata da questa Corte, in quanto la determinazione degli indici di capacità contributiva e della conseguente entità dell’onere tributario é riservata alla discrezionalità del legislatore, salvo il controllo sotto il profilo della palese arbitrarietà ed irrazionalità che, nel caso di specie, non possono ravvisarsi, attesa la eterogeneità delle situazioni poste a raffronto (vedi ordinanze n. 475 del 1994, n. 355 del 1995 e n. 471 del 1997);

 

che il giudice a quo non adduce profili od argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati in precedenza o, comunque, tali da indurre a diverso avviso, sicchè la questione va dichiarata manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lettera a-bis), e comma 2-bis, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale di Bari, con l’ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.

 

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

 

Massimo VARI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 4 gennaio 2001.