Ordinanza n. 452/2000

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ORDINANZA N. 452

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Lazio 5 luglio 1994, n. 30 (Disciplina delle sanzioni amministrative di competenza regionale), promosso con ordinanza emessa il 12 ottobre 1998 dal Pretore di Latina, sezione distaccata di Minturno, nel procedimento vertente tra Treglia Giovanni e il Comune di Minturno, iscritta al n. 876 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Udito nella camera di consiglio del 27 settembre 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che il Pretore di Latina, sezione distaccata di Minturno, con ordinanza del 12 ottobre 1998 (r.o. n. 876 del 1998), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Lazio 5 luglio 1994, n. 30 (Disciplina delle sanzioni amministrative di competenza regionale), "laddove, in ipotesi di violazione amministrativa sanzionata nel solo massimo edittale, non consente all’interessato di accedere all’oblazione corrispondendo, secondo la previsione di cui all’art. 16 legge n. 689 del 1981, anche il doppio del minimo edittale, ricavato, secondo il diritto vivente, alla stregua del disposto di cui all’art. 26 cod. pen.";

che l'ordinanza è stata emessa nel corso di un giudizio di opposizione avverso due ordinanze-ingiunzioni del Sindaco di Minturno (n. 999 del 1996 e n. 1000 del 1996), recanti "la sanzione amministrativa per la violazione, rispettivamente, dell’art. 2, comma 1, della legge 29 marzo 1928, n. 858 (Disposizioni per la lotta contro le mosche), e dell’art. 42, secondo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283" (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande);

che il rimettente ¾ richiamando l'interpretazione data dalla Cassazione all'art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nel senso che, in caso di sanzioni amministrative depenalizzate, l'importo minimo per il pagamento in misura ridotta può essere desunto, in via generale, dall’art. 26 del codice penale, che indica, per l’ammenda, la somma minima di lire quattromila ¾ censura il mancato rispetto dei "principi generali" dettati dalla menzionata disposizione della legge n. 689 del 1981, da ritenere idonei a vincolare il legislatore regionale, secondo quanto risulta anche dalle sentenze con le quali questa Corte ha già avuto modo di dichiarare l’illegittimità costituzionale di disposizioni legislative di altre Regioni analoghe a quella ora in esame (sentenze n. 187 del 1996 e n. 152 del 1995).

Considerato che il quadro di riferimento normativo in cui si colloca la questione che l'ordinanza intende prospettare risulta tutt'altro che chiaro e puntuale, a causa di inesattezze nei riferimenti alle norme la cui violazione avrebbe dato, nella specie, luogo all'applicazione, da parte dell'autorità amministrativa, del censurato art. 4 della legge regionale n. 30 del 1994;

che, in particolare, l'art. 2, comma 1, della legge 29 marzo 1928, n. 858, non ha il contenuto prescrittivo e sanzionatorio che il rimettente mostra di attribuirgli;

che del pari erroneo si appalesa il richiamo, operato dal rimettente, ad un inesistente art. 42 della legge 30 aprile 1962, n. 283;

che, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare, ogni questione di legittimità costituzionale deve, a pena di inammissibilità, essere definita nei suoi termini precisi, al fine di rendere possibile l'inequivoca determinazione dell'oggetto e la verifica del requisito della rilevanza (sentenza n. 317 del 1992);

che, a parte ciò, il rimettente non ha considerato che l'art. 16 della legge n. 689 del 1981, è stato successivamente modificato dall'art. 52 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213 (Disposizioni per l'introduzione dell'Euro nell'ordinamento nazionale, a norma dell'art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 1997, n. 433);

che, pertanto, il rimettente stesso ¾ tralasciando di formulare qualsiasi valutazione in merito all'influenza che potrebbe avere sulla definizione del giudizio principale questa ultima disposizione ¾ non ha assolto, nemmeno sotto questo profilo, all'obbligo di dare congrua ed esauriente motivazione, sulla base del complessivo quadro normativo vigente in materia, in ordine alla rilevanza della prospettata questione;

che tale carente ponderazione, non colmabile attraverso un riscontro interpretativo da parte di questa Corte, costituisce, dunque, un ulteriore motivo di manifesta inammissibilità della questione stessa (v. ordinanza n. 86 del 2000).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Lazio 5 luglio 1994, n. 30 (Disciplina delle sanzioni amministrative di competenza regionale), sollevata dal Pretore di Latina, sezione distaccata di Minturno, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 31 ottobre 2000.