Ordinanza n. 86/2000

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ORDINANZA N.86

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 13 della legge della Regione Emilia-Romagna 8 marzo 1984, n. 11 (Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali in applicazione dell’accordo relativo al contratto nazionale di lavoro per il personale delle Regioni a statuto ordinario e degli enti pubblici non economici da esse dipendenti, per il periodo 1983-1985. Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 25/1973, 26/1973, 12/1979, 34/1979, 9/1981 e successive modificazioni); dell’art. 29 della legge della Regione Emilia-Romagna 12 dicembre 1985, n. 27 (Norme per l’accesso agli impieghi della Regione Emilia-Romagna e per il conferimento di incarichi regionali); dell’art. 32 della legge della Regione Emilia-Romagna 20 luglio 1973, n. 26 (Primo inquadramento del personale della Regione Emilia-Romagna) e dell’art. 47 della legge della Regione Emilia-Romagna 23 aprile 1979, n. 12 (Organizzazione dei servizi regionali), promossi con 2 ordinanze emesse il 21 dicembre 1995 dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia- Romagna sui ricorsi riuniti proposti da Accarisi Serena ed altri e da Bedeschi Paola ed altri contro la Regione Emilia-Romagna, iscritte ai nn. 787 e 788 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 1998.

 Udito nella camera di consiglio dell’8 marzo 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

 Ritenuto che, nel corso di due giudizi amministrativi - promossi da dipendenti regionali per sentir accertare il loro diritto "di ottenere, a far tempo dalla data di inquadramento nel ruolo unico regionale o, in subordine, dal 31 dicembre 1985, il riconoscimento di un’anzianità pari al cento per cento di quella relativa al servizio dagli stessi svolto, anche non di ruolo e per periodi anche non continuativi, presso altre pubbliche amministrazioni, pur se diverse da quella di provenienza" - il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, con due ordinanze di identico contenuto, emesse entrambe il 21 dicembre 1995 (ma pervenute alla Corte costituzionale il 7 ottobre 1998), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 13 della legge regionale Emilia-Romagna 8 marzo 1984, n. 11; dell'art. 29 della legge regionale Emilia-Romagna 12 dicembre 1985, n. 27; dell'art. 32 della legge regionale Emilia-Romagna 20 luglio 1973, n. 26; nonché dell'art. 47 della legge regionale Emilia-Romagna 23 aprile 1979, n. 12;

 che, secondo il giudice a quo, correttamente l’Amministrazione convenuta ha applicato nei confronti dei ricorrenti (tutti immessi giuridicamente in ruolo, a seguito di concorso, in arco di tempo compreso tra il 31 dicembre 1982 e il 31 dicembre 1985) l’art. 98 della legge regionale Emilia-Romagna 20 luglio 1973, n. 25, come sostituito dal denunciato art. 32 della legge regionale n. 26 1973, ed ha conseguentemente riconosciuto agli interessati, ai fini della determinazione del trattamento retributivo, un’anzianità pari al cinquanta per cento di quella risultante dal servizio effettivo prestato presso l'Amministrazione di provenienza con mansioni corrispondenti o propedeutiche rispetto a quelle previste per la qualifica regionale nella quale sono stati immessi;

 che, tuttavia, sempre secondo il rimettente, gli artt. 2 e 13 della legge regionale n. 11 del 1984 e l’art. 29 della legge regionale n. 27 del 1985 sono da considerare costituzionalmente illegittimi, "nella parte in cui limitano al solo personale assunto nei ruoli regionali, rispettivamente, fino a 31 dicembre 1982 e dal 31 dicembre 1985, la valutazione ai fini economici dell’intera anzianità di servizio pregressa posseduta dai detti dipendenti e la conservazione agli stessi del trattamento economico già acquisito, escludendo dal loro àmbito di applicazione il personale assunto per pubblico concorso tra il 31 dicembre 1982 ed il 31 dicembre 1985", siccome in contrasto: a) con l’art. 3 Cost., poiché la disparità di trattamento connessa alla diversa data di assunzione dei dipendenti regionali appare ingiustificata trattandosi pur sempre di servizi pregressi omogenei prestati, da dipendenti poi assunti in ruolo con accesso per pubblico concorso, nei medesimi periodi temporali; b) con gli artt. 36 e 97 Cost., considerato che nei confronti di detto personale, in ragione del limitato riconoscimento de quo, non appare nemmeno garantita la conservazione del trattamento economico acquisito presso l’amministrazione di provenienza;

 che parimenti sospetto di illegittimità costituzionale sarebbe l’art. 32 della legge regionale n. 26 del 1973, per violazione dell'art. 117 Cost., trattandosi di norma che non garantisce nemmeno la conservazione del così detto "maturato economico" e quindi infrange il divieto della reformatio in pejus del trattamento economico acquisito dai pubblici dipendenti, sancito dall'art. 227 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, che il rimettente definisce come principio fondamentale delle leggi dello Stato;

 che tale vulnus, a maggior ragione si verificherebbe nel caso specifico di quei ricorrenti che provengono da precedente incarico, ex art. 61 dello Statuto regionale, prestato alle dipendenze della medesima regione Emilia-Romagna, e relativamente ai quali il rimettente coinvolge nel sospetto di incostituzionalità, per le stesse ragioni, anche l'art. 47 della legge regionale n. 12 del 1979, che estende l'applicabilità del predetto art. 32 della legge regionale n. 26 del 1973 agli incaricati nominati in ruolo.

 Considerato che, trattandosi di ordinanze di contenuto identico, i relativi giudizi vanno riuniti per essere congiuntamente decisi;

 che l’art. 31 della legge regionale 12 dicembre 1985, n. 27, ha abrogato l’art. 47 della legge regionale 23 aprile 1979, n. 12, e l’art. 53 della legge regionale 4 agosto 1994, n. 31, ha abrogato (fatta eccezione per quanto disposto nei successivi commi 3 e 4) le leggi regionali n. 12 del 1979, n. 26 del 1973 e n. 11 del 1984;

 che il rimettente - tralasciando di formulare qualsiasi valutazione in merito all’influenza che potrebbero avere sulla definizione dei giudizi principali queste ultime disposizioni, espressamente abrogatrici della maggior parte delle norme oggetto di scrutinio - non ha assolto all’obbligo di dare congrua ed esauriente motivazione, sulla base del complessivo quadro normativo vigente in materia, della rilevanza delle prospettate questioni;

 che tale carente ponderazione, non colmabile attraverso un riscontro interpretativo da parte di questa Corte, rende le questioni stesse manifestamente inammissibili (v. ordinanza n. 289 del 1999);

 che ulteriore ragione di manifesta inammissibilità è ravvisabile nell’insufficiente descrizione della specifica natura giuridica delle attività effettivamente svolte dai singoli ricorrenti, prima del loro inquadramento nel ruolo unico regionale a sèguito di pubblico concorso: attività che il rimettente descrive come servizi resi "anche non di ruolo e per periodi anche non continuativi, presso altre pubbliche amministrazioni, pur se diverse da quelle di provenienza";

 che infatti tale assai generica motivazione, oltre a rendere ancora più incongrua la motivazione sulla rilevanza delle sollevate questioni (v. ordinanza n. 367 del 1999), neppure consente di operare il domandato scrutinio di costituzionalità della denunciata normativa, in particolare con riferimento alla dedotta violazione del principio di uguaglianza.

 Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 riuniti i giudizi,

 dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 13 della legge regionale Emilia-Romagna 8 marzo 1984, n. 11 (Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali in applicazione dell’accordo relativo al contratto nazionale di lavoro per il personale delle Regioni a statuto ordinario e degli enti pubblici non economici da esse dipendenti, per il periodo 1983-1985. Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 25/1973, 26/1973, 12/1979, 34/1979, 9/1981 e successive modificazioni), dell'art. 29 della legge regionale Emilia-Romagna 12 dicembre 1985, n. 27 (Norme per l’accesso agli impieghi della Regione Emilia-Romagna e per il conferimento di incarichi regionali), dell'art. 32 della legge regionale Emilia-Romagna 20 luglio 1973, n. 26 (Primo inquadramento del personale della Regione Emilia-Romagna) e dell'art. 47 della legge regionale Emilia-Romagna 23 aprile 1979, n. 12 (Organizzazione dei servizi regionali), sollevate - in riferimento agli artt. 3, 36, 97 e 117 della Costituzione - dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 28 marzo 2000.