Ordinanza n. 413/2000

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ORDINANZA N. 413

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI   

- Massimo VARI         

- Cesare RUPERTO    

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 444, comma 1, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 1° febbraio 2000 dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Torre Annunziata, iscritta al n. 183 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2000.

  Udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2000 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 1° febbraio 2000, pervenuta a questa Corte il 31 marzo 2000, il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Torre Annunziata ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 27, secondo comma (recte: terzo comma), e 31, secondo comma, della Costituzione, dell’art. 444, comma 1, del codice di procedura penale (Applicazione della pena su richiesta), "nella parte in cui non prevede che il ‘tetto’ della pena detentiva da applicare all’imputato di età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno sia di anni due e mesi sei di reclusione (anzichè di anni due)";

che il giudice a quo osserva che l’art. 163 del codice penale – con quella che egli qualifica come una tipica manifestazione di "lodevole sensibilità legislativa verso i giovani" – gradua l’entità della pena detentiva massima suscettibile di essere sospesa condizionalmente, fissandola in due anni per le persone oltre il ventunesimo anno di età, in due anni e sei mesi per i giovani di età compresa fra i diciotto e i ventuno anni, e in tre anni per i minori degli anni diciotto;

che, ad avviso del remittente, il legislatore, prevedendo che l’applicazione della pena su richiesta possa essere subordinata alla concessione della sospensione condizionale (art. 444, comma 3, cod. proc. pen.), ma poi prevedendo anche per i maggiorenni infraventunenni lo stesso limite di pena applicabile su richiesta – due anni di reclusione – stabilito per gli adulti ultraventunenni, non avrebbe tenuto alcun conto, con scelta irragionevole, del diverso "tetto" di pena suscettibile di essere sospesa per i giovani adulti infraventunenni: tale scelta, oltre ad essere irragionevole, sarebbe di dubbia costituzionalità in riferimento ai principi stabiliti dai citati articoli della Costituzione;

che eguali profili di incostituzionalità non sussisterebbero invece, secondo il remittente, rispetto all’art. 175 del codice penale (Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale), perchè detta norma non contempla distinzioni di trattamento in ragione dell’età degli imputati;

che il giudice a quo ritiene la questione rilevante nel processo perchè l’imputato ha subordinato la richiesta di applicazione della pena di anni due e giorni sei di reclusione alla concessione della sospensione condizionale;

che non vi é stata costituzione di parti nè intervento del Presidente del Consiglio.

Considerato che gli istituti del cosiddetto patteggiamento e della sospensione condizionale della pena, ancorchè in concreto suscettibili di applicazione congiunta, sono diversi per origine, ratio, presupposti di applicazione e disciplina, consistendo il primo nella possibilità che la determinazione della pena in concreto sia oggetto di un accordo fra le parti, sottoposto al controllo del giudice, il secondo nel potere conferito al giudice di sospendere, anche d’ufficio, l’esecuzione della pena allorquando presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati (cfr. ordinanza n. 400 del 1997);

che anche i limiti qualitativi e quantitativi della pena concretamente irrogabile in base a richiesta delle parti, e rispettivamente di quella suscettibile di essere sospesa condizionalmente, sono stabiliti dal legislatore con criteri diversi, tenendosi conto nel primo caso dell’entità della sola pena detentiva, irrogata da sola o congiuntamente a quella pecuniaria, nel secondo caso della pena detentiva e di quella pecuniaria eventualmente irrogata, da sola o congiuntamente alla pena detentiva, e ragguagliata a quest’ultima a norma dell’articolo 135 cod. pen. (cfr. ordinanza n. 222 del 1996);

che la diversità tra i due istituti non consente di ritenere manifestamente irragionevole la differente scelta operata dal legislatore quanto all’entità massima della pena rispettivamente applicabile e suscettibile di essere sospesa, anche nel caso dell’imputato maggiorenne ma di età inferiore a ventuno anni;

che non vi é alcun principio costituzionale – desumibile dalle norme indicate come parametro della presente questione di legittimità costituzionale – da cui possa ricavarsi la necessità di una coincidenza dei presupposti di applicazione dei due istituti quanto ad entità massima delle pene irrogabili;

che non é conferente il richiamo ai principi costituzionali di rieducatività della pena e di protezione della gioventù, al fine di invocare una speciale disciplina dei presupposti del patteggiamento per i giovani maggiorenni infraventunenni, rispondendo la speciale disciplina dettata nei confronti di costoro in tema di sospensione condizionale della pena non già ad una necessità costituzionale, bensì ad una discrezionale scelta del legislatore, non estensibile necessariamente, per le ragioni ora dette, al patteggiamento: tenuto anche conto che tale ultimo istituto non é applicabile ai minori, per scelta legislativa giudicata non irragionevole da questa Corte (sentenze n. 135 del 1995 e n. 272 del 2000);

che pertanto la questione risulta, sotto ogni profilo, manifestamente infondata.                                               

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 444, comma 1, del codice di procedura penale (Applicazione della pena su richiesta), sollevata, in riferimento agli articoli 3, secondo comma, 27, terzo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Torre Annunziata con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in cancelleria il 31 luglio 2000.