Ordinanza n. 256/2000

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ORDINANZA N. 256

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 36, commi 1, lettera g), e 3, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 18 dicembre 1998 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Forlì nel procedimento penale a carico di L. G. ed altri, iscritta al n. 508 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1999.

 Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 7 giugno 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari della Pretura di Forlì ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 36, commi 1, lettera g), e 3, del codice di procedura penale, in quanto, in caso di dichiarazione di astensione, «consente la valutazione discrezionale del Presidente del Tribunale, della Corte di appello o della Cassazione anche ai [rectius: nei] casi di incompatibilità ex art. 34 c.p.p. di natura oggettiva che non discenda, anche solo parzialmente, da valutazioni discrezionali del contenuto degli atti emanati»;

 che il rimettente premette:

- di avere rigettato la richiesta di archiviazione del pubblico ministero nei confronti degli imputati e di avere disposto la formulazione dell'imputazione a norma dell'art. 554 cod. proc. pen., ai fini dell'esercizio dell'azione penale;

- di essere stato quindi richiesto dal pubblico ministero di emettere decreto penale di condanna nei confronti dei medesimi imputati;

- di avere presentato al Presidente del Tribunale dichiarazione di astensione a norma del combinato disposto degli artt. 36, comma 1, lettera g), e 34 cod. proc. pen., ravvisando la situazione di incompatibilità affermata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 346 del 1997;

- che il Presidente del Tribunale aveva respinto la dichiarazione di astensione, rilevando che «l'incompatibilità si determinerà in caso di opposizione»;

 che, ad avviso del giudice a quo, la disciplina che consente una valutazione discrezionale sulla dichiarazione di astensione anche quando l'incompatibilità deriva da ragioni obiettive, quali il compimento di atti del procedimento, si pone in contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto è palesemente irragionevole che all'organo chiamato a decidere sulla astensione venga attribuito il potere di disapplicare una norma di legge (nella specie, l'art. 34 cod. proc. pen.);

 che sarebbero, inoltre, violati l'art. 25 Cost., perché subordinare anche in tali casi la decisione sulla dichiarazione di astensione a valutazioni discrezionali, senza che siano previsti mezzi di impugnazione avverso il decreto emesso ex art. 36, comma 3, cod. proc. pen., crea un meccanismo che può distogliere l'imputato dal suo giudice naturale, nonché l'art. 24 Cost., non avendo l'imputato alcuna possibilità di fare rilevare la causa di incompatibilità prima dell'emissione del decreto penale di condanna;

 che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che si è riportato integralmente all'atto di intervento relativo al giudizio promosso con ordinanza iscritta al n. 253 del r.o. del 1998, ritenuta analoga alla presente.

 Considerato che, successivamente alla sentenza di questa Corte n. 346 del 1997, che aveva già ritenuto essere causa di incompatibilità la specifica identica situazione che ha indotto il giudice a quo a presentare dichiarazione di astensione, l'art. 171 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) - divenuto efficace ai sensi dell'art. 247 (sostituito in parte qua dall'art. 1 della legge 16 giugno 1998, n. 188) a decorrere dal 2 giugno 1999, cioè in data successiva all'ordinanza di rimessione - ha inserito nell'art. 34 cod. proc. pen. il comma 2-bis, ove si prevede in via generale che non può emettere decreto penale di condanna, né tenere l'udienza preliminare, il giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari;

 che, inoltre, l'art. 6 del medesimo decreto - anch'esso efficace a far data dal 2 giugno 1999 - ha sostituito il secondo periodo del primo comma dell'art. 7-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12 (Ordinamento giudiziario), introducendo l'espressa previsione che, con riferimento ai criteri tabellari per l'assegnazione degli affari penali, il Consiglio superiore della magistratura stabilisca la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare;

 che pertanto occorre restituire gli atti al rimettente perché valuti se le sopravvenute modifiche legislative siano idonee a sorreggere una nuova dichiarazione di astensione e se, di conseguenza, la questione sia tuttora rilevante.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 ordina la restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari della Pretura di Forlì.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 6 luglio 2000.