Sentenza n. 39/2000

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SENTENZA N. 39

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

- Dott. Franco BILE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell’articolo 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, numero 1, della richiesta di referendum popolare per l’abrogazione del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, recante "Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59", limitatamente a: articolo 10, comma 3: "I soggetti di cui al comma 2 debbono avere quale oggetto sociale esclusivo l’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro."; comma 7, limitatamente alle parole: "devono: a) disporre di uffici idonei nonché di operatori con competenze professionali idonee allo svolgimento dell’attività di selezione di manodopera; l’idoneità delle competenze professionali è comprovata da esperienze lavorative relative, anche in via alternativa, alla gestione, all’orientamento, alla selezione e alla formazione del personale almeno biennale; b) avere amministratori, direttori generali,

dirigenti muniti di rappresentanza e soci accomandatari, in possesso di titoli di studio adeguati ovvero di comprovata esperienza nel campo della gestione, selezione e formazione del personale della durata di almeno tre anni. Tali soggetti"; comma 10: "Nei confronti dei prestatori di lavoro l’attività di mediazione deve essere esercitata a titolo gratuito."; comma 12, lett. b), limitatamente alle parole: "e 10", giudizio iscritto al n. 121 del registro referendum.

Vista l’ordinanza depositata il 13 dicembre 1999 con la quale l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;

udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2000 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

uditi gli avvocati Edoardo Ghera per i presentatori Capezzone Daniele, Giustino Mariano e De Lucia Michele e l’avvocato Piergiovanni Alleva per la Federazione dei Verdi ed altri, Comitato per le libertà e i diritti sociali e Partito della Rifondazione Comunista.

Ritenuto in fatto

1. — L’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di referendum popolare – presentata l’8 marzo 1999 da quattordici cittadini italiani e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, serie generale, n. 57 del 10 marzo 1999 – sul seguente quesito: "Volete voi che sia abrogato il D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, recante "Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’articolo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59", e successive modificazioni, limitatamente a: articolo 10, comma 3: "I soggetti di cui al comma 2 debbono avere quale oggetto sociale esclusivo l’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro."; comma 7, limitatamente alle parole: "devono: a) disporre di uffici idonei nonché di operatori con competenze professionali idonee allo svolgimento dell’attività di selezione di manodopera; l’idoneità delle competenze professionali è comprovata da esperienze lavorative relative, anche in via alternativa, alla gestione, all’orientamento, alla selezione e alla formazione del personale almeno biennale; b) avere amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di rappresentanza e soci accomandatari, in possesso di titoli di studio adeguati ovvero di comprovata esperienza nel campo della gestione, selezione e formazione del personale della durata di almeno tre anni. Tali soggetti"; comma 10: "Nei confronti dei prestatori di lavoro l’attività di mediazione deve essere esercitata a titolo gratuito."; comma 12, lett. b), limitatamente alle parole: "e 10"?".

2. — Con ordinanza depositata in data 13 dicembre 1999, l’Ufficio centrale per il referendum ha rilevato che nel quesito in questione non sono specificate le "successive modificazioni" dei testi delle norme indicate e che esse non risultano essere intervenute.

La richiesta di referendum è stata, quindi, dichiarata legittima sul seguente quesito, così riformulato:

"Volete voi che sia abrogato il D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, recante "Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’articolo 1 della l. 15 marzo 1997, n. 59", limitatamente a: art. 10, comma 3: "I soggetti di cui al comma 2 debbono avere quale oggetto sociale esclusivo l’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro."; comma 7, limitatamente alle parole: "devono: a) disporre di uffici idonei nonché di operatori con competenze professionali idonee allo svolgimento dell’attività di selezione di manodopera; l’idoneità delle competenze professionali è comprovata da esperienze lavorative relative, anche in via alternativa, alla gestione, all’orientamento, alla selezione e alla formazione del personale almeno biennale; b) avere amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di rappresentanza e soci accomandatari, in possesso di titoli di studio adeguati ovvero di comprovata esperienza nel campo della gestione, selezione e formazione del personale della durata di almeno tre anni. Tali soggetti"; comma 10: "Nei confronti dei prestatori di lavoro l’attività di mediazione deve essere esercitata a titolo gratuito."; comma 12, lett. b), limitatamente alle parole: "e 10"?".

L’Ufficio centrale ha infine stabilito che la denominazione del referendum in questione sia: "Collocamento al lavoro: liberalizzazione".

3. — Ricevuta comunicazione dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum, il Presidente ha convocato questa Corte in camera di consiglio per il 13 gennaio 2000, dandone comunicazione ai presentatori della richiesta referendaria ed al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 33, secondo comma, della legge n. 352 del 1970.

I presentatori, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 33, terzo comma, della citata legge, hanno depositato in data 7 gennaio 2000 una memoria per ribadire l’ammissibilità della richiesta.

Essi sostengono innanzitutto che le disposizioni oggetto della richiesta di abrogazione verterebbero su materie del tutto diverse da quelle per le quali l’art. 75, secondo comma, della Costituzione esclude la possibilità di ricorso al referendum. In particolare, per ciò che attiene al profilo della gratuità dell’attività di mediazione nei confronti dei prestatori di lavoro, la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 88 del 9 luglio 1948, ratificata dall’Italia a seguito della legge 30 luglio 1952, n. 1089 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione n. 88, concernente l’organizzazione del servizio d’impiego, adottata a San Francisco dalla Conferenza generale della Organizzazione internazionale del lavoro, il 9 luglio 1948), riguarderebbe il solo servizio pubblico di collocamento e solo in riferimento a questo prevederebbe la gratuità dell’attività svolta a favore dei lavoratori, mentre la richiesta di referendum in questione avrebbe ad oggetto la disciplina del collocamento privato, del quale non sarebbe affatto vietato l’esercizio a titolo oneroso.

Né un ostacolo all’ammissibilità del referendum, sempre per il profilo della gratuità dell’attività di mediazione per i prestatori di lavoro, potrebbe desumersi, ad avviso dei promotori, dalla Convenzione OIL n. 181 del 19 giugno 1997, in tema di Agenzie private di collocamento, poiché la stessa non sarebbe stata ancora ratificata dall’Italia, riconoscerebbe, in ogni caso, il ruolo decisivo delle agenzie private nel funzionamento del mercato del lavoro, e non escluderebbe, pur ribadendo il principio della gratuità, all’art. 7, comma 2, eventuali costi della mediazione a carico dei lavoratori, a differenza di quanto avrebbe fatto il legislatore italiano ponendo il divieto senza eccezioni oggetto del quesito referendario.

Quanto ai criteri di ammissibilità elaborati dalla giurisprudenza costituzionale, i presentatori rilevano che il quesito stesso avrebbe natura meramente abrogativa, in quanto investirebbe specifiche disposizioni e sarebbe formulato senza far ricorso a tecniche manipolative, ed ancora che la disciplina di cui si chiede l’abrogazione non avrebbe carattere costituzionalmente vincolato, dal momento che la regolamentazione del collocamento non sarebbe prevista in Costituzione e sarebbe rimessa alla discrezionalità del legislatore.

Il quesito, infine, risponderebbe anche ai criteri di omogeneità, chiarezza ed univocità, essendo evidenti la finalità intrinseca della richiesta referendaria, di abrogare determinati vincoli posti a carico delle agenzie private di collocamento, l’intima connessione delle disposizioni da abrogare, tutte volte a porre limitazioni, e l’effetto dell’eventuale accoglimento della richiesta, abrogativo di tali limitazioni.

4. — Hanno depositato memorie e chiesto di poterle illustrare, per sostenere l’inammissibilità del quesito, il Comitato per le libertà e i diritti sociali, il Partito della Rifondazione comunista, la Federazione dei Verdi, l’Associazione nazionale per la sinistra, e Alfiero Grandi nella sua qualità di Responsabile lavoro dei D.S. (Democratici di sinistra).

5. — Nella camera di consiglio del 13 gennaio 2000 sono stati ascoltati l’avv. Edoardo Ghera per i promotori e l’avv. Piergiovanni Alleva per i soggetti indicati al precedente punto 4.

Considerato in diritto

1. — Questa Corte, sciogliendo la riserva formulata nella camera di consiglio del 13 gennaio 2000, dichiara rituali, per le ragioni esposte nella sentenza n. 31 del 2000, anche le memorie depositate e illustrate oralmente da soggetti diversi dai presentatori.

2. — La richiesta di referendum abrogativo, sulla cui ammissibilità la Corte è chiamata a pronunciarsi, investe l’articolo 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, che regola l’attività privata di mediazione tra domanda e offerta di lavoro. Il quesito referendario propone l’abrogazione di alcune disposizioni: il comma 3, a mente del quale i soggetti privati che svolgono attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro devono avere tale attività quale oggetto sociale esclusivo; il comma 7, lettera a), il quale stabilisce che essi devono disporre di uffici idonei nonché di operatori con competenze professionali idonee allo svolgimento dell’attività di selezione di manodopera, soggiungendo che l’idoneità di tali competenze professionali è comprovata da esperienze lavorative relative, anche in via alternativa, alla gestione, all’orientamento, alla selezione e alla formazione almeno biennale; il comma 7, lettera b), limitatamente alla parte che prescrive che i predetti soggetti debbono avere amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di rappresentanza e soci accomandatari in possesso di titoli di studio adeguati, ovvero di comprovata esperienza nel campo della gestione, selezione e formazione del personale della durata di almeno tre anni; il comma 10, che prevede che l’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro debba essere esercitata a titolo gratuito nei confronti dei prestatori di lavoro; infine, il comma 12, lettera b), nella parte in cui, mediante rinvio al comma 10, prevede la revoca, anche su richiesta delle Regioni, dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di mediazione nell’ipotesi di violazione del dovere di gratuità nei confronti dei lavoratori.

3. — Il quesito referendario è inammissibile, poiché con esso si chiede l’abrogazione di più disposizioni non omogenee tra loro, nei confronti delle quali l’elettore deve essere lasciato libero di esprimere valutazioni autonome e anche potenzialmente divergenti.

I commi 3 e 7 dell’art. 10 del d.lgs. n. 469 del 1997 hanno infatti riguardo ai requisiti soggettivi dell’imprenditore o degli amministratori (esclusività dell’oggetto sociale; professionalità degli amministratori, dei dirigenti e degli operatori), ovvero a caratteristiche oggettive dell’azienda (disponibilità di uffici idonei). Il comma 10 non concerne requisiti soggettivi o aziendali ma pone un limite all’attività negoziale dell’impresa (gratuità della mediazione nei confronti dei prestatori di lavoro).

Non vale sostenere che le disposizioni inserite nel quesito siano unificate tra loro dal fine di liberalizzare ulteriormente il mercato del lavoro, rimuovendo ogni limite potenzialmente incidente sulla libertà dell’impresa. Ciascuno dei limiti ai quali le singole disposizioni interessate dalla richiesta abrogativa mettono capo risponde a una diversa istanza legislativa. L’esclusività riguarda la purezza dell’oggetto dell’impresa che la legge vuole indenne da qualsiasi contaminazione, anche la più lieve, al punto di precludere in questo settore l’assunzione della qualità di imprenditore alla persona fisica per l’altrimenti inevitabile commistione con altre attività negoziali del soggetto. I requisiti di professionalità specifica attengono ancora all’impresa nella sua globalità e non all’uno o all’altro dei suoi rapporti contrattuali e mirano alla salvaguardia della qualità del servizio offerto. Con il vincolo di gratuità dell’attività nei confronti dei lavoratori, il legislatore si propone di proteggere una soltanto delle parti dell’istituendo rapporto di lavoro, quella parte che anche in un contesto di liberalizzazione del collocamento è valutata come la più debole, sia rispetto al datore di lavoro che all’agente intermediario. Unificare questi eterogenei ordini di limiti sotto l’indistinta rubrica "liberalizzazione" significa appunto precludere agli elettori l’opportunità di modulare la propria risposta sulla diversità dei valori legislativi sottesi alle singole disposizioni che formano oggetto del quesito.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe, dell’articolo 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, recante "Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59", richiesta dichiarata legittima, con ordinanza depositata in data 13 dicembre 1999, dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 febbraio 2000.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 7 febbraio 2000.