Ordinanza n. 331/99

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ORDINANZA N. 331

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, e 4 del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5 (Autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all’esecuzione di giudicati, nonchè perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre Forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216, promossi con tre ordinanze emesse il 12 giugno 1996 dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana rispettivamente iscritte ai nn. 200, 201, e 202 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Visti gli atti di costituzione di Serino Lorenzo ed altro, Varone Egidio ed altri, Cangini Gian Franco ed altro, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 27 aprile 1999 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

uditi l'avvocato Giusto Puccini per Serino Lorenzo ed altro, Varone Egidio ed altri, Cangini Gian Franco ed altro e l'Avvocato dello Stato Luigi Mazzella per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso di separati giudizi proposti da numerosi sottufficiali dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, inquadrati nei gradi di vice brigadiere, brigadiere, maresciallo ordinario e maresciallo capo (VI livello retributivo), tendenti ad ottenere l’estensione, in loro favore, del trattamento economico riconosciuto al personale della polizia di Stato avente la qualifica di sovrintendente capo, con l’attribuzione del corrispondente livello retributivo (VII) e della relativa indennità pensionabile, con decorrenza 1° gennaio 1987, l’adito Tribunale amministrativo regionale della Toscana, con ordinanze del 12 giugno 1996 (r.o. nn. 200, 201, 202), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 4 del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5 (Autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all’esecuzione di giudicati, nonchè perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre Forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216, per contrasto con gli artt. 3, 36, 97 e 136 della Costituzione;

che il collegio remittente, nella considerazione che il legislatore abbia inteso perseguire, sin dalla legge 1° aprile 1981, n. 121, l’obiettivo della parificazione, anche sotto il profilo economico, tra tutte le forze d’ordine pubblico e di sicurezza, finalizzato ad una maggiore armonizzazione dei vari Corpi di polizia in base al criterio funzionale, come dimostrerebbe anche la sopravvenuta normativa e le varie pronunzie sulla legittimità costituzionale di alcune disposizioni di questa (sentenze n. 277 del 1991; n. 455 del 1993), sottolinea come, con gli artt. 3 e 4 del decreto-legge n. 5 del 1992, verrebbe sostanzialmente frustrata, nel periodo intercorrente fino all’entrata in vigore del citato decreto-legge, l'equiparazione economica tra i livelli retributivi dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza ed i corrispondenti livelli retributivi delle forze di polizia, in contraddizione con le finalità perseguite dalla legge delega n. 216 del 1992;

che, ad avviso del giudice a quo, la diversità di posizioni introdotta dalla disciplina transitoria violerebbe l’art. 3 della Costituzione, a causa della disparità di trattamento tra personale adibito a funzioni equivalenti e, conseguentemente, gli artt. 36, 97 e 136 della Costituzione;

che nei giudizi innanzi alla Corte si sono costituite alcune parti private, che hanno condiviso e sostenuto le ragioni dedotte dal giudice a quo nelle ordinanze di rimessione;

che nei giudizi introdotti con le citate ordinanze é, altresì, intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza delle questioni, in particolare osservando che la censura di incostituzionalità sarebbe rivolta avverso una normativa transitoria e che, in relazione alla presunta violazione dell’art. 3 della Costituzione, gli ordinamenti raffrontati presenterebbero peculiarità proprie, giacchè l’uno (Forze di polizia di Stato) é ad ordinamento civile; l’altro (Arma dei carabinieri e Guardia di finanza) é ad ordinamento militare, con la conseguenza che, ancorchè il criterio direttivo della delega sia stato quello di perseguire una tendenziale omogeneità tra i diversi ordinamenti, tuttavia non sarebbe possibile rendere identiche situazioni tra loro geneticamente diverse e che, comunque, il criterio suddetto non potrebbe spiegare effetti su una normativa transitoria che, per sua natura, ha un contenuto tendenziale e non definitivo;

che, sempre ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, il profilo del dedotto contrasto con gli artt. 36 e 97 della Costituzione, sarebbe inammissibile, atteso che il giudice a quo non avrebbe indicato la specifica rilevanza e fondatezza in relazione alla fattispecie all’esame, mentre, con riferimento alla pretesa violazione dell’art. 136 della Costituzione, vi sarebbe stata la piena ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991 e nel contempo non sussisterebbe un principio costituzionale relativo alla intangibilità della carriera del pubblico dipendente ad opera del legislatore, il quale può, invece, attuare i necessari interventi di riassetto, pur nell’ambito del rispetto dei principi costituzionali di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione;

che, nell’imminenza della data stabilita per l’udienza, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria, con la quale insiste affinchè la questione sia dichiarata inammissibile ed infondata, in particolare, ricostruisce la vicenda che ha dato luogo alle tre ordinanze di rimessione, e sottolinea che nè la sentenza n. 277 del 1991 della Corte, nè le sentenze rese dai giudici amministrativi si sarebbero pronunciate in ordine alla omogeneizzazione retributiva tra le varie forze di polizia, ma si sarebbero limitate, l’una, a disporre l’equiparazione tra i gradi dei sottufficiali dei carabinieri e le qualifiche del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato e, le altre, ad incidere sulla comparazione tra le qualifiche e le funzioni previste dal nuovo ordinamento della Polizia di Stato e le funzioni conferite ai vari gradi dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri;

che la censura di incostituzionalità delle norme in esame per contrasto con gli artt. 36 e 97 della Costituzione sarebbe - sempre ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato - inammissibile, atteso che il giudice remittente non ne avrebbe indicato la specifica rilevanza ed i profili di violazione nell’ambito della concreta fattispecie all’esame;

che anche le parti private costituite, nell’imminenza della data stabilita per la pubblica udienza, hanno depositato memorie, nelle quali ribadiscono le proprie ragioni.

Considerato che le tre ordinanze sollevano questioni identiche, sicchè i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;

che questa Corte ha avuto occasione di precisare che il d.l. 7 gennaio 1992, n. 5, convertito, con modificazioni, in legge 6 marzo 1992, n. 216, é una tipica misura di perequazione del trattamento economico (oltre del connesso regime ordinamentale), che rientra nella discrezionalità legislativa - fermo per ogni intervento legislativo il limite generale della ragionevolezza come svolgimento dell’art. 3 della Costituzione - (sentenza n. 63 del 1998; ordinanza n. 151 del 1999), e che esso é andato oltre il semplice adeguamento alla statuizione di incostituzionalità contenuta nella sentenza n. 277 del 1991, per la parte relativa alla mancata comparazione tra ispettori e sottufficiali dei carabinieri nella tabella "C" allegata alla legge n. 121 del 1981 (sentenze n. 63 del 1998 e n. 465 del 1997; ordinanza n. 151 del 1999);

che il legislatore con una scelta precisa ha intenzionalmente voluto non solo colmare il vuoto di comparazione ed equiparazione per i sottufficiali dei carabinieri, ma anche procedere ulteriormente alla unificazione (completa a decorrere dal 1° gennaio 1992) del trattamento economico (allineandolo sui livelli VI, VI-bis e VII) di tutti i sottufficiali (e qualifiche corrispondenti) di polizia, sia ad ordinamento militare che civile compresi quelli mantenuti al di fuori dell’oggetto della citata pronuncia della Corte n. 277 del 1991, e delle conseguenti decisioni dei giudici amministrativi (sentenza n. 63 del 1998; ordinanza n. 151 del 1999);

che, con riferimento agli interventi legislativi nella materia di cui si tratta, deve essere distinto un primo periodo (transitorio), caratterizzato dai riflessi sostanziali derivanti dalle diverse forme di progressione nelle qualifiche e nei gradi, pur nella tendenza alla omogeneizzazione economica (disposta in linea di principio con la legge n. 121 del 1981 attraverso il meccanismo della estensione automatica e del rinvio al trattamento della Polizia di Stato, ma destinata ad affinarsi nel tempo), dal sistema definitivo attuato con l’esercizio della duplice delega legislativa contenuta nella legge n. 216 del 1992, avente lo scopo di conseguire una omogeneità delle procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego e un completo equilibrio della disciplina degli ordinamenti del personale con una sostanziale equiordinazione dei compiti e dei connessi trattamenti economici (sentenze nn. 65 e 465 del 1997, n. 63 del 1998; ordinanza n. 151 del 1999);

che la pretesa avanzata dai sottufficiali dei carabinieri e della guardia di finanza relativa all’anzidetto periodo transitorio urta contro la finalità del primo intervento di adeguamento diretto a ridurre le discrasie e le differenze, che stavano verificandosi nei confronti dei vice sovrintendenti e sovrintendenti rispetto alle altre forze di polizia, sottolineate dalla sentenza n. 63 del 1998 e dall’ordinanza n. 151 del 1999;

che la tendenziale omogeneità dei trattamenti non comporta, si noti, nel periodo transitorio, una continua identità di posizioni economiche, attese le residue differenze di compiti e di ordinamenti e quindi di livelli funzionali, essendo nettamente distinta la posizione del VII livello e dei sovrintendenti capo della Polizia rispetto a quella dei sottufficiali dei carabinieri e della Guardia di finanza collocati nel VI livello;

che, infine, solo dopo la revisione dei ruoli dei gradi e delle qualifiche, da attuarsi con la richiamata delega legislativa, doveva operare in pieno il principio di equiordinazione dei trattamenti economici, in adempimento dei criteri direttivi della delega stessa;

che le censure proposte con l’ordinanza di rimessione si riferiscono ad un periodo anteriore all’attuazione della delega legislativa e non destinato ad essere disciplinato dalla stessa, per cui non possono essere invocati i principi e i criteri direttivi fissati per l’esercizio della funzione legislativa ai sensi dell’art. 76 della Costituzione, destinati ad operare rispetto ai decreti delegati;

che anche i profili relativi agli artt. 36 e 97 della Costituzione, come genericamente indicati, sono manifestamente privi di fondamento in quanto non sussiste un contrasto con dette disposizioni, attesi i livelli retributivi e la richiamata situazione transitoria organizzativa e funzionale dei ruoli dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza;

che pertanto deve essere dichiarata la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sotto ogni profilo denunciato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 4 del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5 (Autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all’esecuzione di giudicati, nonchè perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre Forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36, 97 e 136 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 20 luglio 1999.