Ordinanza n. 258/99

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ORDINANZA N. 258

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1 dei decreti-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale), 27 maggio 1996, n. 295 (Norme in materia previdenziale) e 24 settembre 1996, n. 499 (Norme in materia previdenziale); degli artt. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento della riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione e della previdenza sociale), come modificato dalla sentenza della Corte n. 495 del 1993, e 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), come modificata dalla sentenza della Corte n. 240 del 1994, promossi con ordinanze emesse il 30 aprile (n. 14 ordinanze), il 7 maggio, il 10 maggio (n. 8 ordinanze), il 16 maggio, il 3 giugno (n. 4 ordinanze), il 14 ottobre 1996 (n. 3 ordinanze) dal Pretore di Brescia e l'8 gennaio 1997 dal Pretore di Chieti, rispettivamente iscritte ai nn. da 1151 a 1173, 1201, 1237, 1238, 1239, 1240, 1305, 1306, 1307 del registro ordinanze 1996 e al n. 431 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 43, 45, 46 e 50, prima serie speciale, dell'anno 1996 e n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Visti gli atti di costituzione dell'INPS nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che, nel corso di venti giudizi instaurati per ottenere la ricostruzione dei relativi trattamenti pensionistici in base alla sentenza n. 495 del 1993 di questa Corte, il Pretore di Brescia, con altrettante ordinanze di identico contenuto emesse il 30 aprile, il 7 ed il 10 maggio 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale);

  che, secondo il rimettente, la norma censurata - sopravvenuta nelle more dei giudizi e contenente una serie di disposizioni dirette a risolvere il problema del rimborso delle somme maturate dagli aventi diritto in applicazione della citata sentenza di illegittimità costituzionale e della successiva sentenza n. 240 del 1994 - si pone in contrasto con l’art. 81, quarto comma, Cost., per violazione dell’obbligo di copertura finanziaria relativamente agli anni 1999, 2000 e 2001;

  che, secondo il rimettente, il denunciato vulnus non é rimasto eliminato dalla previsione del meccanismo di estinzione del debito mediante l’assegnazione di titoli di Stato;

  che, nel corso di analoghi giudizi, il Pretore di Brescia, con quattro ordinanze emesse il 10 ed il 16 maggio 1996, oltre a proporre identica questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge n. 166 del 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento della riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione e della previdenza sociale) e dell'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) - come rispettivamente modificati dalle sentenze n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994 di questa Corte, in senso estensivo del diritto di integrazione al minimo - per violazione dell'art. 81 Cost., non sottraendosi all'obbligo della copertura finanziaria neppure le norme "virtuali" create dalle suddette pronunce di incostituzionalità;

  che, nel corso di analoghi giudizi, il Pretore di Brescia - con sette ordinanze emesse il 3 giugno ed il 14 ottobre 1996 - ha sollevato altra questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 27 maggio 1996, n. 295 (Norme in materia previdenziale) e dell'art. 1 del decreto-legge 24 settembre 1996, n. 499 (Norme in materia previdenziale);

  che, a giudizio del rimettente, le censurate norme, emanate nel contesto della reiterazione di diversi decreti-legge aventi identico contenuto dispositivo, si pongono in contrasto, nella loro intera formulazione, con l'art. 77, ultimo comma, Cost., nonchè con gli artt. 1, secondo comma, 70, 72, 77, primo e secondo comma, e 136, secondo comma, Cost., mancando l'imprescindibile requisito dell'esistenza di un caso straordinario, richiedente un necessario intervento governativo, di tale urgenza da escludere i tempi del normale iter parlamentare, ed attesa di conseguenza l'usurpazione da parte del potere esecutivo delle attribuzioni sovrane del Parlamento, promananti dal popolo, in assenza di delega;

  che, nel corso di un analogo procedimento, il Pretore di Chieti, con ordinanza emessa l'8 gennaio 1997, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 166 del 1996, per contrasto con gli artt. 3, 24, 29 e 38 Cost., nella parte in cui esclude gli eredi non inabili dal diritto di ottenere l'integrazione al trattamento minimo di reversibilità goduta dal de cuius ed a questi non attribuita; b) dello stesso art. 1, comma 3, per contrasto con gli artt. 3, 24, 38, 101 e 104 Cost., nella parte in cui viene prevista la compensazione delle spese tra le parti e non si prevede che il giudice possa pronunciare la condanna della parte virtualmente soccombente;

  che, nei giudizi promossi con R.O. nn. 1151, 1201 e 1237 del 1996, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o per l’infondatezza della sollevata questione;

  che, nei giudizi promossi con R.O. nn. 1151, 1171, 1201, 1237 del 1996 e n. 431 del 1997, si é costituito l’INPS concludendo anch'esso per la declaratoria d'inammissibilità o d'infondatezza delle sollevate questioni.

  Considerato che per l'analogia delle sollevate questioni i giudizi possono essere riuniti e congiuntamente decisi;

  che il contenuto dei censurati decreti-legge n. 166 e n. 295 del 1996, non convertiti, é stato reiterato con i decreti-legge 26 luglio 1996, n. 396 e 24 settembre 1996, n. 499 (anch'esso censurato), recanti le stesse disposizioni denunciate ed entrambi decaduti;

  che gli effetti di tali decreti-legge sono stati fatti salvi dall’art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, e che la successiva legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 1, commi 181, 182 e 183) ha il medesimo contenuto della censurata normativa decretale;

  che, medio tempore, il decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140, é intervenuto sul denunciato meccanismo di rimborso dei relativi crediti mediante emissione dei titoli di Stato, prevedendone viceversa il pagamento in contanti, pur se con le medesime cadenze temporali;

  che, ancora successivamente, la legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha altresì previsto l'erogazione di una somma pari al 5% a titolo d'interessi sugli arretrati maturati alla data del 31 dicembre 1995 (art. 36, comma 1) e l'inclusione, tra gli aventi diritto al pagamento degli arretrati, degli eredi dell'interessato anche allorchè il decesso di questi sia avvenuto anteriormente al 30 marzo 1996 (art. 36, comma 2);

  che, inoltre, l'art. 73, comma 4, della stessa legge ha precisato la portata applicativa della c.d. clausola di salvezza contenuta nell'art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, interpretandola nel senso che tra gli effetti fatti salvi da questa norma va inclusa l'inefficacia dei provvedimenti giudiziali emessi in materia;

  che peraltro nelle fattispecie riveste preliminare rilievo (v. sentenza n. 103 del 1995 e ordinanza n. 76 del 1999) la considerazione che tanto nella censurata normativa decretale quanto in quella di legge (art. 1, comma 183, della legge n. 662 del 1996 ed art. 36, comma 5, della legge n. 448 del 1998) viene sancito che i giudizi pendenti siano dichiarati estinti d’ufficio;

  che la mancata censura di tale previsione, la quale trova immediata applicazione anche nei processi principali, rende irrilevanti tutte le sollevate questioni, le quali pertanto risultano manifestamente inammissibili (v. ordinanze nn. 368, 370 del 1997, 15 e 45 del 1998).

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale:

  a) dell'art. 1 del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale), sollevate - in riferimento all’art. 81, quarto comma, della Costituzione - dal Pretore di Brescia con le ordinanze indicate in epigrafe;

  b) dell'art. 1 del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale), nonchè dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento della riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione e della previdenza sociale) e dell'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) - come rispettivamente modificati dalle sentenze n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994 della Corte costituzionale - sollevate, in riferimento all’art. 81 della Costituzione, dal Pretore di Brescia, con le ordinanze indicate in epigrafe;

  c) dell'art. 1 del decreto-legge 27 maggio 1996, n. 295 (Norme in materia previdenziale) e dell'art. 1 del decreto-legge 24 settembre 1996, n. 499 (Norme in materia previdenziale), sollevate - in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 70, 72, 77 e 136, secondo comma, della Costituzione - dal Pretore di Brescia con le ordinanze indicate in epigrafe;

  d) dell'art. 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale), sollevata - in riferimento agli artt. 3, 24, 29, 38, 101 e 104 della Costituzione - dal Pretore di Chieti con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 giugno 1999.