Sentenza n. 436/97

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SENTENZA N.436

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162), come modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale) e dall'art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale), promossi con ordinanze emesse il 16 gennaio ed il 18 marzo 1997 dal Tribunale di Palermo nei procedimenti civili vertenti tra Maimone Concetta e Amoroso Letteria ed altre contro il Commissario pro-tempore per la prima formazione dell'albo degli assistenti sociali della Regione siciliana ed altro iscritte ai nn. 109 e 538 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 12 e 37, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di costituzione di Amoroso Letteria ed altre;

udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1997 il Giudice relatore Fernanda Contri;

udito l'avvocato Vincenzo Sigillò per Amoroso Letteria ed altre.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio promosso da Concetta Maimone contro il Commissario pro-tempore per la prima formazione dell'albo degli assistenti sociali della Regione Siciliana ed il Ministero di grazia e giustizia, il Tribunale di Palermo, con ordinanza emessa il 16 gennaio 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162), modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale), "nella parte in cui fissa alle scuole dirette a fini speciali universitarie per assistenti sociali un termine perentorio per la valutazione dei titoli degli aspiranti all'abilitazione professionale".

Alla parte privata il Commissario convenuto aveva negato l'iscrizione all'albo degli assistenti sociali adducendo che la convalida dei titoli necessari da parte della competente scuola diretta a fini speciali era intervenuta dopo la scadenza del termine all'uopo (indirettamente) fissato dall'art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale), che rinvia al d.P.R. n. 14 del 1987, come modificato dal d.P.R. n. 280 del 1989.

Il rimettente ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione sollevata dall'attrice nel procedimento civile a quo per censurare una disciplina che subordina l'abilitazione professionale e la possibilità di iscrizione all'albo ad un termine massimo di completamento delle operazioni di convalida dei titoli necessari da parte della scuola, anzichè ad un termine ultimo di presentazione delle domande. L'art. 5 del d.P.R. n. 14 del 1987 - che assegna alle scuole dirette a fini speciali universitarie per assistenti sociali il compito di convalidare, previo esame ed entro il termine di tre anni dalla sua entrata in vigore, i titoli rilasciati nel precedente ordinamento in esito ai corsi per assistenti sociali da enti e istituzioni pubbliche e private - appare al Tribunale di Palermo in contrasto con i princìpi di eguaglianza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, giacchè comporta che situazioni identiche (é il caso di soggetti in possesso dei medesimi titoli che abbiano presentato contemporanea e tempestiva domanda) siano trattate in modo differente "in funzione esclusiva dei tempi con i quali le scuole universitarie esaminano la domanda degli interessati provvedendo alla fissazione delle sessioni di esame ed alla valutazione dei titoli".

Il giudice rimettente aggiunge che in ipotesi analoghe - come quella contemplata dall'art. 35 della legge 18 febbraio 1989, n. 56 (Ordinamento della professione di psicologo) - il legislatore ha adottato criteri opposti, ricollegando la possibilità di ottenere il riconoscimento di specifiche competenze ed esperienze professionali non già ai tempi dell'attività valutativa rimessa agli organi destinatari dell'istanza, bensì al tempo di presentazione della domanda da parte degli aspiranti in possesso, ad una certa data, di determinati requisiti.

Nell'ordinanza di rimessione si esclude la possibilità di considerare meramente ordinatorio il termine triennale di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 14 del 1987, sia in considerazione della natura transitoria della disciplina censurata, sia in considerazione della ritenuta necessità di ricorrere ad un successivo d.P.R. (n. 280 del 1989) per prorogare di un anno il termine medesimo, la cui perentorietà é stata confermata dal Consiglio di Stato con il parere, richiamato nell'ordinanza, reso dalla Seconda sezione il 28 agosto 1991.

2. - Nel corso di un secondo giudizio promosso da Letteria Amoroso ed altri contro il Commissario pro-tempore per la prima formazione dell'albo degli assistenti sociali della Regione Siciliana ed il Ministero di grazia e giustizia, il Tribunale di Palermo, con ordinanza emessa il 18 marzo 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale), che rinvia all'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162), modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale), "nella parte in cui fissa alle scuole dirette a fini speciali universitarie per assistenti sociali, ai fini dell'iscrizione agli albi professionali degli assistenti sociali, un termine perentorio per la valutazione dei titoli degli aspiranti all'abilitazione professionale".

Anche in questo caso la rilevanza della questione sollevata si connette alla circostanza che il Commissario convenuto aveva negato alle parti attrici nel giudizio a quo l'iscrizione all'albo degli assistenti sociali, adducendo che la convalida dei titoli necessari da parte della competente scuola diretta a fini speciali era intervenuta dopo la scadenza del termine fissato dall'art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84, che rinvia al d.P.R. n. 14 del 1987, come modificato dal d.P.R. n. 280 del 1989.

Si tratta di questione analoga ma non identica a quella sollevata con la precedente ordinanza, giacchè in questo caso il giudice rimettente impugna esplicitamente anche l'art. 5 della legge n. 84 del 1993, che rinvia ai citati d.P.R. L'argomentazione della non manifesta infondatezza della questione é affidata alle considerazioni già proposte con la precedente ordinanza.

3. - Nel giudizio davanti a questa Corte si sono costituite le parti attrici nel secondo giudizio a quo per contrastare, innnanzi tutto, l'assunto interpretativo in base al quale si qualifica come perentorio il termine previsto dall'art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 14 del 1987, e per svolgere, in via subordinata, deduzioni a sostegno delle argomentazioni proposte nell'ordinanza di rimessione, aggiungendo che la lesione del principio di eguaglianza si configurerebbe anche in relazione all'art. 1 della legge 11 ottobre 1986, n. 697, che riconosce la validità dei diplomi rilasciati da scuole per interpreti senza prevedere un obbligo di convalida.

In prossimità della data fissata per l'udienza, ma fuori termine, alcune delle parti private costituite hanno presentato una ulteriore memoria illustrativa.

Considerato in diritto

1. - Con una prima ordinanza (r.o. n. 109 del 1997), il Tribunale di Palermo dubita, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162), modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale), nella parte in cui impone alle scuole dirette a fini speciali universitarie per assistenti sociali, per la convalida dei titoli degli aspiranti all'abilitazione professionale non in possesso del diploma rilasciato dalle medesime scuole, un termine perentorio (di tre anni, successivamente prorogato di un anno) la cui inosservanza precluderebbe, agli assistenti sociali in possesso di titoli convalidati oltre il termine, l'iscrizione nell'albo professionale. Ad avviso del rimettente, la disciplina censurata comporta che situazioni identiche (soggetti in possesso dei medesimi titoli, che abbiano presentato contemporanea e tempestiva domanda) siano trattate in modo differente "in funzione esclusiva dei tempi con i quali le scuole universitarie esaminano la domanda degli interessati provvedendo alla fissazione delle sessioni di esame ed alla valutazione dei titoli". La disciplina impugnata provocherebbe altresì una disparità di trattamento in relazione all'art. 35 della legge 18 febbraio 1989, n. 56 (Ordinamento della professione di psicologo), che non subordina il riconoscimento di specifiche competenze ed esperienze professionali all'esaurimento dell'attività valutativa degli ordini professionali, competenti a stabilire la validità della certificazione presentata dall'interessato.

Con la seconda delle due ordinanze indicate in epigrafe (r.o. n. 538 del 1997), il rimettente prospetta una questione identica quanto ai profili, ma differente quanto all'oggetto, giacchè impugna l'art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale), che implicitamente rinvierebbe all'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162), modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale).

2. - I giudizi introdotti con le due ordinanze, emesse dallo stesso giudice rimettente, presentano una sostanziale connessione di oggetto, concernendo entrambi la disciplina della convalida di cui all'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14. Essi, pertanto, possono essere riuniti e decisi con un'unica pronuncia.

3. - La questione sollevata con la prima ordinanza é manifestamente inammissibile.

Le censure del giudice a quo investono infatti l'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162) - modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale) - che, come questa Corte ha già avuto occasione di constatare (sentenza n. 114 del 1993), ha natura regolamentare, e pertanto non può costituire oggetto del controllo da parte del giudice della legittimità costituzionale delle leggi.

4. - La questione sollevata con la seconda ordinanza é inammissibile.

In questo caso, il giudice rimettente ha formalmente denunciato l'art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale), che, a suo avviso, implicitamente, rinvierebbe all'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280. Nondimeno, il vizio denunciato non é imputabile alla disposizione legislativa impugnata, non essendo il generico rinvio ai due d.P.R. incluso nell'art. 5 della legge n. 84 del 1993 idoneo a fare proprio, con efficacia novatrice della fonte, il contenuto normativo di ogni singola disposizione dei richiamati decreti, con conseguente sottrazione dell'intera disciplina regolamentare dei titoli abilitanti in questione al controllo di legittimità dei giudici ordinari ed amministrativi.

Nel disporre in via transitoria che l'iscrizione all'albo professionale "é consentita a coloro che abbiano conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione ai sensi del citato d.P.R. n. 14 del 1987, come da ultimo modificato dal d.P.R. n. 280 del 1989", l'impugnato art. 5 della legge n. 84 del 1993 non opera un rinvio recettizio all'art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 14 del 1987, come modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. n. 280 del 1989. Alla disposizione legislativa impugnata non si possono pertanto imputare le distorsioni derivanti dalla disciplina del procedimento di convalida contenuta nelle menzionate disposizioni regolamentari, le quali, beninteso, rimangono soggette al controllo di legittimità del giudice comune - ordinario o amministrativo - chiamato a sindacare la conformità della norma secondaria sia alla legge sia alla Costituzione, attraverso gli strumenti - disapplicazione o annullamento - a sua disposizione.

Poichè la disciplina denunciata come ingiustificatamente discriminatrice non deriva dalla legge nè da atti aventi forza di legge, essa non può - secondo quanto ripetutamente affermato da questa Corte in casi analoghi a quello in esame (v., ex plurimis, sentenza n. 199 del 1993; ordinanze nn. 484 e 311 del 1993, 121 del 1988) - formare oggetto di sindacato da parte del giudice della legittimità costituzionale delle leggi, ciò che comporta l'inammissibilità della questione sollevata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162), modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Palermo con l'ordinanza in epigrafe (r.o. n. 109 del 1997);

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale), che rinvia all'art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162), modificato dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Palermo con l'ordinanza in epigrafe (r.o. n. 538 del 1997).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernanda CONTRI

Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1997.