Sentenza n. 243 del 1996

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SENTENZA N. 243

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Molise, riapprovata il 31 ottobre 1995 concernente: "Servizio nazionale di guardia medica ed emergenza territoriale. D.P.R. 41/91 - Integrazione criteri attuativi - Abrogazione di norma", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 17 novembre 1995, depositato in Cancelleria il 24 successivo ed iscritto al n. 51 del registro ricorsi 1995.

Visto l'atto di costituzione della Regione Molise;

udito nell'udienza pubblica del 16 aprile 1996 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

udito l'Avvocato dello Stato Raffaele Tamiozzo per il ricorrente.

Ritenuto in fatto

1.-- Il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto notificato il 17 novembre 1995, ha impugnato la legge della Regione Molise (Servizio nazionale di guardia medica ed emergenza territoriale. D.P.R. 41/91 - Integrazione criteri attuativi - Abrogazione di norma), riapprovata a maggioranza assoluta, con modificazioni, dal Consiglio regionale il 31 ottobre 1995.

La legge impugnata mira ad estendere, per gli anni 1994 e 1995 (efficacia temporale così delimitata in sede di riesame, a seguito del rinvio governativo), l'efficacia delle norme dettate dalla legge della Regione Molise 7 aprile 1993, n. 10 (Servizio nazionale di guardia medica ed emergenza territoriale - d.P.R. 25 gennaio 1991, n. 41 - Integrazione dei criteri attuativi), che stabiliva, per gli anni 1992 e 1993, l'attribuzione di 5 punti, nella graduatoria di guardia medica, ai medici che, nella località per la quale concorrevano, avessero la residenza da almeno due anni, in deroga alla disciplina dettata dall'art. 4 del d.P.R. 25 gennaio 1991, n. 41 (Accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici addetti al servizio di guardia medica ed emergenza territoriale, ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833).

Secondo il ricorrente, la legge impugnata violerebbe l'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario nazionale) che, in armonia col riparto di competenze statuito dall'art. 117 della Costituzione, riserva allo Stato e ad accordi collettivi nazionali la disciplina dei rapporti tra Servizio sanitario nazionale e medici convenzionati e si porrebbe in contrasto con il principio di imparzialità contenuto nell'art. 97 della Costituzione.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, infatti, sottolinea che la legge regionale impugnata, anche se per soli due anni, interferirebbe indebitamente in una materia che sarebbe riservata esclusivamente alla contrattazione collettiva al fine di realizzare il principio dell'unifor-mità del trattamento economico e normativo del personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.

Né la stessa legge potrebbe essere giustificata dalla esigenza di dare attuazione sollecita alle disposizioni del decreto-legge 3 agosto 1995, n. 320 (Norme in materia di istituti e personale appartenenti al Servizio sanitario nazionale), che affiderebbe alle Regioni il compito della definitiva copertura delle zone carenti, in relazione alle peculiarità orografiche, climatiche ed ambientali, poiché queste ultime avrebbero dovuto essere segnalate nella fase preparatoria dell'accordo collettivo, ad opera dei rappresentanti delle Regioni e delle Comunità montane.

La legge, infine, sarebbe costituzionalmente illegittima, in quanto dalla attribuzione di un punteggio aggiuntivo ai soli medici residenti da almeno due anni nella Regione, deriverebbero posizioni di privilegio incompatibili con il principio di imparzialità, sancito dall'art. 97 della Costituzione.

2.-- Si è costituita la Regione Molise, concludendo per l'infondatezza del ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri.

La legge impugnata si sarebbe, infatti, uniformata all'indirizzo assunto in precedenza dallo Stato, in relazione alla legge regionale n. 10 del 1993, a suo tempo non censurata. La stessa legge si conformerebbe, poi, ai principî contenuti nel d.l. n. 320 del 1995, che, come detto, imporrebbe alle Regioni di aver riguardo alle particolari condizioni di ambiente e di territorio.

La difesa della Regione Molise assume, infine, che la legge impugnata, anziché introdurle, tenderebbe ad evitare disparità di trattamento ed individuerebbe procedure più celeri di conferimento degli incarichi di guardia medica, come previsto dal d.P.R. n. 41 del 1991.

Considerato in diritto

1.-- Questa Corte è chiamata a decidere se la legge della Regione Molise, riapprovata dal Consiglio regionale il 31 ottobre 1995, intitolata "Servizio nazionale di guardia medica ed emergenza territoriale. D.P.R. 41/91 - Integrazione criteri attuativi - Abrogazione di norma", violi l'art. 97 Cost. e l'art. 117 Cost., in relazione alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, nella parte in cui prevede, ai fini del conferimento di incarichi nell'ambito dei servizi di guardia medica, l'attribuzione di un punteggio aggiuntivo -- non previsto dall'art. 4 del d.P.R. n. 41 del 1991 -- per i soli medici residenti da almeno due anni nella località per la quale concorrano, così introducendo, per gli anni 1994 e 1995, un beneficio in precedenza accordato ai medici residenti, per gli anni 1992 e 1993, dalla legge regionale 7 aprile 1993, n. 10.

2.-- Va in primo luogo dichiarata inammissibile la censura con la quale l'Avvocatura generale dello Stato assume che la legge impugnata, attribuendo cinque punti in graduatoria ai medici residenti, sia tesa "a creare posizioni di privilegio in violazione dei principî di imparzialità e correttezza, sanciti dall'art. 97 della Costituzione".

Tale censura non figurava nell'atto di rinvio, nel quale l'addebito mosso alla legge regionale era di avere introdotto criteri di valutazione aggiuntivi, non contemplati dall'art. 4 del d.P.R. 25 gennaio 1991, n. 41 -- regolante la materia in attuazione dell'art. 48 della legge n. 833 del 1978 -- e pertanto eccedenti i limiti stabiliti nell'art. 117 della Costituzione. Ne risulta che il principio di corrispondenza tra motivi di rinvio e motivi di impugnazione -- la cui inosservanza può essere rilevata da questa Corte anche d'ufficio (sentenza n. 233 del 1994) -- non è stato nella specie rispettato, non potendosi desumere dall'atto di rinvio alcun richiamo, neppure implicito, all'imparzialità della pubblica amministrazione.

3.-- La questione va invece esaminata nel merito in relazione alla censura -- sostanzialmente corrispondente al contenuto dell'atto governativo di rinvio -- con la quale il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia la violazione dell'art. 4 del d.P.R. 25 gennaio 1991, n. 41, che ha reso esecutivo l'accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici addetti al servizio di guardia medica, sottoscritto ai sensi dell'art. 48 della legge n. 833 del 1978.

Ad avviso del ricorrente, la legge regionale impugnata, anche nel testo risultante dalla delibera riapprovativa che ha limitato ai soli anni 1994 e 1995 l'attribuzione di un punteggio integrativo ai medici residenti nella località per la quale concorrono, lede il principio di uniformità di trattamento economico e normativo del personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale e supera la competenza legislativa regionale, stabilita nell'art. 117 Cost., in una materia riservata alla contrattazione collettiva.

La questione è fondata.

Che si versi in materia riservata alla contrattazione collettiva e sottratta alla competenza legislativa regionale (sentenza n. 245 del 1984) è confermato dalla disciplina, in parte nuova, introdotta dall'art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), a mente del quale il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale, conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica) con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative; dove è chiaro che il previsto ambito nazionale di operatività dell'accordo risponde a quella medesima esigenza di uniformità di trattamento economico e normativo, che nell'art. 48 della legge n. 833 del 1978 era positivamente enunciata e garantita con la sanzione di nullità di qualsiasi atto integrativo, individuale o collettivo.

E' vero che, proprio in relazione alla guardia medica, il principio di uniformità è destinato a subire una qualche attenuazione: lo stesso art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, nel predeterminare il contenuto necessario degli accordi collettivi nazionali, stabilisce -- alla lettera e) -- che in questi dovranno essere tra l'altro definiti, con la partecipazione delle organizzazioni sindacali delle categorie di guardia medica (e di medicina dei servizi), "gli ambiti rimessi ad accordi di livello regionale". Ciò non significa, tuttavia, che, nel nuovo contesto cui ha dato luogo il riordino della disciplina in materia sanitaria, si delinei un riparto di attribuzioni tra Stato e Regioni, in base al quale queste ultime siano legittimate a introdurre, ai fini del convenzionamento, sia pure in via transitoria, criteri integrativi di reclutamento e di selezione dei medici per il servizio di guardia medica. Al contrario: per l'utilizzazione di questi ultimi, il comma 1-bis dell'art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, con richiamo esplicito, rende operanti le convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 48 della legge n. 833 del 1978, e, di conseguenza, il d.P.R. n. 41 del 1991, contenente l'accordo collettivo nazionale per la guardia medica, che non contempla alcun punteggio aggiuntivo a favore dei medici residenti.

Neppure dall'art. 1 del decreto-legge 3 giugno 1996, n. 299 (che ha, da ultimo, reiterato nel medesimo testo, l'art. 5 del d.l. 3 agosto 1995, n. 320), è desumibile un allargamento "transitorio" della potestà legislativa regionale nel senso sostenuto dalla difesa della Regione Molise. E' previsto, in questa disposizione, che per i servizi di guardia medica, di emergenza e territoriali, l'utilizzazione di medici convenzionati "ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833" si protragga "fino al completamento sul territorio nazionale dei servizi di emergenza" (di cui al d.P.R. 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 76 del 31 marzo 1992, recante "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza"), ed alla definizione "di nuovi modelli organizzativi della medicina generale".

Il principio di uniformità di trattamento, in questa fase transitoria, non subisce alcuna deroga, ed anzi risulta, se possibile, rafforzato per la particolare pregnanza che viene ad assumere la ratio che lo ispira: evitare che, nelle more della riorganizzazione dei servizi e della definizione dei nuovi modelli organizzativi, una politica eccessivamente localistica delle Regioni interessate, volta a precostituire ingiustificate posizioni di vantaggio, venga a ostacolare o compromettere l'azione riformatrice in corso.

E' questa la ragione per la quale l'art. 8, comma 1-bis, del d.lgs. n. 502 del 1992 prevedeva l'utilizzazione delle graduatorie ad esaurimento; ed è anche questa la ragione che deve indurre a ritenere che, là dove il decreto-legge ora ricordato consente alle Regioni di utilizzare, per il servizio di guardia medica "altri sostituti resi necessari dalle carenze in particolari ambiti territoriali", ciò debba avvenire solo sulla base di graduatorie redatte in conformità ai criteri stabiliti dal d.P.R. n. 41 del 1991, restando esclusa ogni potestà derogatoria delle singole Regioni.

D'altronde, la legge impugnata non intende rendere operante il previsto beneficio del punteggio aggiuntivo per i residenti ai soli fini della copertura delle zone carenti; tale beneficio, peraltro disposto retroattivamente (deliberato il 31 ottobre 1995, e dichiarato applicabile per gli anni 1994 e 1995), riguarda tutti "gli incarichi nell'ambito dei servizi di guardia medica" e, quindi, anche quelli il conferimento dei quali sarebbe possibile in base alle graduatorie già esistenti. E' la prova che nella specie non vi è stata soltanto una rottura, di per sé censurabile, del principio di uniformità, ma si è avuta una vera e propria alterazione delle graduatorie già formate e l'imposizione di criteri per il conferimento degli incarichi diversi da quelli stabiliti dalla convenzione e valevoli per il territorio nazionale.

4.-- Le argomentazioni difensive della Regione ruotano tutte attorno alla tesi secondo la quale la legge impugnata sarebbe stata adottata in applicazione di un indirizzo risalente al Governo, per avere questo omesso di rinviare la legge regionale 7 aprile 1993, n. 10, di analogo contenuto.

Tale tesi non può essere accolta, poiché il mancato esercizio dei poteri governativi di controllo non può concretare attività di indirizzo politico nei confronti delle Regioni, né può significare, in casi quali quello in esame, acquiescenza preventiva all'adozione di leggi aventi contenuto analogo a quello di precedenti leggi non impugnate (sentenze n. 49 del 1987, n. 114 del 1985, n. 76 del 1963).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Molise, riapprovata dal Consiglio regionale il 31 ottobre 1995 (Servizio nazionale di guardia medica ed emergenza territoriale. D.P.R. 41/91 - Integrazione criteri attuativi - Abrogazione di norma).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 luglio 1996.