Ordinanza n. 86 del 1996

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ORDINANZA N.86

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 9, 10, 11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), promossi con ordinanze emesse il 13 gennaio 1995 dal Pretore di Taranto, sezione distaccata di San Giorgio Jonico, il 23 gennaio 1995 (n. 2 ordinanze) ed il 13 marzo 1995 dal Pretore di Taranto, il 27 febbraio 1995 dalla Corte di cassazione, rispettivamente iscritte ai nn. 147, 204, 205, 359 e 381 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 12, 16, 25 e 26, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 gennaio 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

RITENUTO che, nel corso di un giudizio di opposizione a decreto penale di condanna, il vice Pretore della Pretura circondariale di Taranto, sezione distaccata di San Giorgio Jonico, con ordinanza emessa il 13 gennaio 1995 (reg. ord. n. 147 del 1995) ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 38 e 41 della Costituzione, dell'art. 11 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), il quale prevede che i privati datori di lavoro, i quali abbiano più di 35 dipendenti, sono tenuti ad assumere lavoratori appartenenti alle categorie protette per una aliquota complessiva del 15 per cento del personale in servizio;

che il giudice rimettente ritiene che l'obbligo di assunzione scatti automaticamente nel momento in cui il numero dei lavoratori alle dipendenze dell'azienda superi le 35 unità, senza che rilevino le decisioni dell'imprenditore sulle dimensioni della sua azienda e le disponibilità economiche per effettuare l'assunzione. Questa disciplina sarebbe irragionevole, ponendo il datore di lavoro privato sullo stesso piano di quello pubblico, e violerebbe il principio costituzionale di libertà di iniziativa economica privata, che investe l'organizzazione e la gestione dell'impresa;

che con tre ordinanze di identico contenuto, emesse le prime due il 23 gennaio 1995 (reg. ord. nn. 204 e 205 del 1995), la terza il 13 marzo 1995 (reg. ord. n. 359 del 1995), il Pretore di Taranto, nel corso di altrettanti procedimenti penali, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 38 e 41 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale, oltre che dell'art. 11 della legge 2 aprile 1968, n. 482, anche dell'art. 9, che stabilisce le aliquote spettanti alle singole categorie cui è riservata l'assunzione obbligatoria, dell'art. 10, che applica agli assunti obbligatoriamente il normale trattamento economico, giuridico e normativo, e dell'art. 23 della stessa legge, che stabilisce le sanzioni in caso di inosservanza delle prescrizioni della legge. Il giudice rimettente, rilevato che nei tre giudizi sottoposti al suo esame i datori di lavoro hanno più di 35 dipendenti e non hanno assunto invalidi nella proporzione richiesta dalla legge, ritiene che le norme denunciate violino: l'art. 3 della Costituzione, per l'ingiustificata disparità di trattamento dell'imprenditore privato rispetto a quello pubblico, soltanto per il primo l'obbligo discendendo dal mero fatto di avere un certo numero di dipendenti anziché dall'esigenza di coprire vacanze nell'organico; l'art. 41 della Costituzione, per avere posto a carico dell'imprenditore, in contrasto con le regole di mercato, la realizzazione di fini estranei all'impresa e potenzialmente incompatibili con la sua sopravvivenza; l'art. 38 della Costituzione, che enuncerebbe il principio in base al quale all'assolvimento del compito di assicurare agli invalidi il diritto all'avviamento professionale deve provvedere lo Stato e non gli imprenditori che hanno un determinato numero di lavoratori alle proprie dipendenze;

che la Corte di cassazione, con ordinanza emessa il 27 febbraio 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 38 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 9, 11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482;

che la Corte di cassazione, intendendo riproporre e precisare una questione già sollevata e dichiarata manifestamente inammissibile (ordinanza n. 449 del 1994), premette di doversi pronunciare in ordine alla contravvenzione dell'art. 23 della legge n. 482 del 1968 per violazione dell'art. 11 della stessa legge, norma quest'ultima che renderebbe automatico l'obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette al solo raggiungimento del numero minimo di trentasei dipendenti in servizio, senza che si possa tener conto della possibilità per l'azienda di fare fronte al carico di ulteriori assunzioni, rese obbligatorie. Sarebbero, in tal modo, posti irragionevolmente sullo stesso piano soggetti diversi, quanto a capacità di assorbimento di nuove unità di lavoratori, e verrebbe ingiustificatamente differenziata la disciplina delle aziende private rispetto a quella degli enti pubblici. Ad avviso del giudice rimettente sarebbero anche lesi la libertà di organizzazione e di gestione dell'impresa secondo criteri di economicità, aspetto compreso nella libertà di iniziativa economica privata, e l'art. 38 della Costituzione, che porrebbe l'assistenza e la previdenza a carico della collettività e non di singoli cittadini;

che in tutti i giudizi (tranne in quello promosso dal Pretore di Taranto con l'ordinanza emessa il 13 marzo 1995) è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta inammissibilità e comunque per la manifesta infondatezza o per la non fondatezza delle questioni, in particolare richiamando le ordinanze n. 173 del 1985 e n. 449 del 1994.

CONSIDERATO che i giudizi, avendo ad oggetto le medesime disposizioni e proponendo questioni analoghe, possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;

che le ordinanze di rimessione non chiariscono se le questioni sollevate riguardino l'obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette in sé considerato, riferendosi alla situazione, a regime, dell'impresa che, in ragione del numero complessivo del personale occupato, deve riservare una quota delle nuove assunzioni agli appartenenti a tali categorie, riproponendosi in tal caso un dubbio già ritenuto non fondato dalla Corte con riferimento agli stessi parametri dedotti (sentenza n. 279 del 1983; ordinanza n. 173 del 1985); oppure se le questioni siano proposte per la diversa ipotesi dell'impresa che, attingendo al livello occupazionale minimo di trentasei dipendenti, dal quale scatta l'obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette in numero proporzionale ai dipendenti in servizio, debba dare corso all'immediata assunzione di lavoratori invalidi per coprire la complessiva quota d'obbligo;

che le ordinanze di rimessione neppure precisano in quale delle due diverse ipotesi si trovassero in concreto i privati datori di lavoro nei cui confronti si svolgeva il giudizio;

che, non essendo possibile individuare le questioni sottoposte all'esame della Corte, le stesse devono essere dichiarate manifestamente inammissibili (ordinanza n. 449 del 1994).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

                                                                                                       PER QUESTI MOTIVI    

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, 10, 11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 38 e 41 della Costituzione, dal vice Pretore della Pretura circondariale di Taranto, sezione distaccata di San Giorgio Jonico, dal Pretore di Taranto e dalla Corte di cassazione con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 marzo 1996.