Ordinanza n. 449 del 1994

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ORDINANZA N. 449

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9, 11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), promosso con ordinanza emessa l'11 febbraio 1994 dalla Corte di cassazione su ricorso proposto da Cosimo Cannarile, iscritta al n. 263 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1994 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che la Corte di cassazione - investita del ricorso proposto da Cosimo Cannarile avverso la sentenza del Pretore di Taranto che lo aveva condannato per non avere fatto richiesta di assunzione al competente Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione di venti lavoratori appartenenti alle categorie protette, pur essendovi tenuto in ragione del numero di dipendenti in servizio nella propria azienda - con ordinanza emessa l'11 febbraio 1994 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 38 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 9, 11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private);

che le aziende private con più di 35 dipendenti sono tenute, in base alla legge n.482 del 1968, ad assumere lavoratori appartenenti alle categorie protette nella misura del 15 per cento del personale in servizio (art. 11), secondo la ripartizione tra le varie categorie di riservatari fissata dall'art. 9, venendo penalmente sanzionata l'omessa richiesta di assunzione di invalidi o di altri aventi diritto (art. 23);

che il giudice rimettente, sulla base dell'interpretazione letterale delle disposizioni denunciate, ritiene automatico l'obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette al solo raggiungimento del numero minimo di trentasei dipendenti in servizio, senza che si possa in alcun modo tener conto della possibilità per l'azienda di fare fronte al carico di ulteriori assunzioni, rese obbligatorie;

che, ad avviso del giudice rimettente, sarebbe irragionevole porre sullo stesso piano soggetti diversi quanto a capacità di assorbimento di nuove unità di lavoratori, come pure sarebbe irragionevole differenziare la disciplina delle aziende private rispetto a quella degli enti pubblici, per i quali l'obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette è subordinato al verificarsi di vacanze nell'organico;

che, ad avviso dello stesso giudice, sarebbe anche lesa la libertà di organizzazione e di gestione dell'impresa secondo criteri di economicità, aspetto compreso nella libertà di iniziativa economica privata;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione, affermando che è stata nuovamente proposta una questione già esaminata e dichiarata infondata dalla Corte (sentenze n. 38 del 1960 e n. 279 del 1983; ordinanza n. 173 del 1985).

Considerato che l'ordinanza di rimessione prospetta in termini non univoci il dubbio di legittimità costituzionale, che sembra riferito a due situazioni diverse.

Difatti non è chiaro se la questione riguardi l'obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti a categorie protette in sè considerato, riproponendosi così un dubbio già ritenuto non fondato dalla Corte in rapporto agli stessi parametri dedotti (sentenza n. 279 del 1983; ordinanza n. 173 del 1985), o se invece la questione sia proposta per l'ipotesi, peraltro non ricorrente nel giudizio principale, del datore di lavoro che raggiunga il numero minimo di dipendenti previsto dalla legge, perchè scatti l'obbligo di immediata assunzione di lavoratori appartenenti a categorie protette in numero proporzionale ai dipendenti in servizio, venendo così aumentato il numero del personale da assumere indipendentemente dalla necessità dell'azienda di ampliare ulteriormente le unità dei lavoratori addetti;

che, non essendo il quesito precisato in modo tale da individuare quale delle questioni prospettate sia sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale, ne deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 9, 11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), sollevata, in riferimento agli artt.3, 38 e 41 della Costituzione, dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 23/12/94.