Sentenza n. 407 del 1995

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SENTENZA N.407

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione Siciliana approvata dall'Assemblea regionale H 22 dicembre 1994 (integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27, e all'articolo 2 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25, in materia di formazione professionale), e dell'art. 9 della legge della Regione Siciliana approvata dall'Assemblea regionale del 7 aprile 1995 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 e agli articoli 2 e 5 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25), promossi con ricorsi del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificati il 2 gennaio e il 15 aprile 1995, depositati in cancelleria il 9 gennaio e il 22 aprile 1995 ed iscritti, rispettivamente, ai nn. 1 e 31 del registro ricorsi 1995.

Visti gli atti di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1995 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi l'avvocato dello Stato Oscar Fiumara, per il ricorrente, e gli avv. Giovanni Lo Bue e Laura Ingargiola per la Regione.

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ricorso notificato il 2 gennaio 1995 (Reg. ric. n. 1 del 1995), il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge regionale della Sicilia approvata il 22 dicembre 1994 (Integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27, e all'articolo 2 della legge regionale 1°' settembre 1993, n. 25, in materia di formazione professionale), in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, nonché all'art. 17, lettera dello Statuto speciale.

Secondo il ricorrente, la norma impugnata, nell'autorizzare l'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione ad utilizzare presso enti pubblici, tramite convenzioni, il personale del settore della formazione professionale rimasto senza incarico, costituirebbe una riproposizione delle norme già dichiarate incostituzionali dalla Corte con sentenza n. 437 del 1994, incorrendo, perciò, in analoghe censure.

In particolare, la norma contrasterebbe con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto non specifica i criteri cui l'Assessore si deve attenere nella stipula delle convenzioni, sia in riferimento alle effettive esigenze degli enti presso i quali il personale sarebbe utilizzato, sia ai requisiti professionali del personale medesimo, che riguardano un settore, quello dell'attività formativa, diverso da quello in cui il personale in questione potrebbe essere riutilizzato.

Inoltre, la norma stessa fa ricadere l'onere finanziario sul capitolo del bilancio della Regione n. 34109, destinato alla gestione dei corsi di formazione professionale, che viene ad essere ridotto in favore di una ristretta cerchia di lavoratori, a vantaggio dei quali non può sostenersi di "diritto soggettivo" alla continuità della attività lavorativa e al conseguente trattamento economico, basato sull'art.2, comma 1, della legge regionale n.25 del 1993( che, se così interpretato, violerebbe l'art.17, lettera f), dello Statuto speciale, creando un ingiustificato privilegio).

La disposizione - che non ha, oltretutto, efficacia limitata nel tempo - perseguirebbe una finalità assistenziale, esorbitante dalla competenza del legislatore siciliano in materia di assistenza sociale in quanto volta ad introdurre un "ammortizzatore sociale" difforme dai corrispondenti istituti previsti dalla vigente legislazione nazionale.

2.- Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale si è costituita la Regione Siciliana, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. Secondo la difesa della Regione, la disposizione impugnata costituisce attuazione dell'art. 2 della legge regionale n. 25 del 1993, che ha previsto la garanzia della continuità lavorativa per gli operatori della formazione professionale iscritti all'apposito albo, in base a quanto già stabilito dal contratto nazionale di categoria.

Quanto alle specifiche censure avanzate nel ricorso, sì assume che:

- non si è di fronte alla sostanziale riproposizione di norme già dichiarate illegittime, in quanto la norma prevede la effettiva utilizzazione del personale in mobilità, facendo con ciò venir meno l'aspetto assistenzialistico;

- quanto alla presunta genericità nella individuazione degli enti e alla utilizzazione dei lavoratori per finalità proprie degli enti medesimi, si tratta della riproduzione, in forma legislativa, di clausole contenute nel contratto collettivo nazionale di categoria;

- la norma è ispirata ad un contratto collettivo applicato anche in tutte le regioni ordinarie in conseguenza dell'art. 9, quarto comma, della legge-quadro n. 845 del 1978, per cui si può ritenere sussistere nella legislazione statale, una norma di riferimento;

- i criteri ai quali l'assessore si deve attenere nella stipula delle convenzioni sono previsti dettagliatamente nell'art. 27 del contratto collettivo nazionale di lavoro;

- quanto all'onere finanziario derivante dalla legge, che ricadrebbe sullo stanziamento per la formazione professionale, il legislatore regionale aveva l'obbligo di dare attuazione alla disposizione contenuta nell'art. 2 della precedente legge regionale n. 25 del 1993 e alle clausole contrattuali contenute nell'art. 27 del contratto collettivo nazionale, anche al fine di evitare una disparità dì trattamento rispetto al personale che si trova in analoga situazione in tutto il territorio nazionale.

D'altro canto, l'art. 9, sesto comma, lettera e), della legge regionale n.24 del 1976, ha riguardo anche alla retribuzione e agli oneri sociali e contrattuali per il personale della formazione professionale ed autorizza l'Assessore a coprire le relative spese.

3.- Con ricorso notificato il 15 aprile 1995 (Reg. ric. n. 31 del 1995) il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge regionale della Sicilia approvata il 7 aprile 1995 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 e agli articoli 2 e 5 della legge regionale l' settembre 1993, n. 25), in riferimento agli artt. 3, 81, quarto comma, e 97 della Costituzione, nonché all'art. 17, lettera dello Statuto speciale.

Secondo il ricorrente, la norma impugnata - la quale autorizza l'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza, la formazione professionale e l'emigrazione ad attuare i processi di mobilità previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro degli operatori della formazione professionale, ed in particolare dall'art. 27 di quest'ultimo - non sfuggirebbe alle censure già prospettate in passato avverso disposizioni analoghe, apparendo altresì incongrua rispetto al fine che si intende raggiungere.

Al tempo stesso, si rileva la totale mancanza della quantificazione della spesa derivante dalla disposizione e, correlativamente, di ogni previsione di copertura.

4.- Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale si è costituita la Regione Siciliana, la difesa della quale, richiamate le deduzioni presentate in relazione all'altro ricorso, "che si intendono qui riprodotte con i relativi allegati", chiede che le questioni sollevate vengano dichiarate non fondate.

5.- In prossimità dell'udienza, il Commissario dello Stato ha depositato una memoria relativa ad entrambi i ricorsi, nella quale, ricostruita la successione delle norme intervenute in materia di personale della formazione professionale in Sicilia, a partire dalla legge regionale n. 24 del 1976, fino ad arrivare alle norme impugnate, si fa rilevare, quanto al secondo ricorso (Reg. ric. n. 31 del 1995), che, in data 16 maggio 1995, l'Assemblea regionale siciliana ha approvato una legge (d.d.l. n. 1017) che abroga la disposizione censurata la quale, peraltro, è stata immediatamente riproposta in un disegno di legge approvato nella stessa seduta (d.d.l. n. 1018).

L'abrogazione della norma impugnata dovrebbe determinare la cessazione della materia del contendere; in caso contrario la norma dovrebbe essere dichiarata costituzionalmente illegittima.

Quanto al primo ricorso (Reg. ric. n. 1 del 1995) si rileva che la legge impugnata è stata approvata precedentemente alla pubblicazione della sentenza della Corte n. 437 del 1994, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 2 della legge approvata il 4 marzo 1994, norma che sembra costituire il presupposto di quella in esame. Pertanto, in seguito a tale pronuncia, la norma oggi censurata, se si ritiene che presupponga quella dichiarata incostituzionale, sarebbe da considerare anch'essa illegittima, per "illegittimità derivata"; se si ritiene dotata di forza propria, secondo quanto sostenuto dalla difesa della Regione, presenterebbe gli stessi vizi della precedente norma.

Considerato in diritto

 

1.- Con i ricorsi in epigrafe, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana solleva questioni di legittimità costituzionale avverso due disposizioni contenute in leggi della Regione Siciliana in materia di personale della formazione professionale. i giudizi, concernendo questioni connesse, possono essere riuniti per venir decisi con un'unica sentenza.

2.- Con il primo dei ricorsi (Reg. ric. n. i del 1995), il Commissario dello Stato solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 22 dicembre 1994 (Integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27, e all'articolo 2 della legge regionale I' settembre 1993, n.25, in materia di formazione professionale).

La disposizione denunciata prevede che l'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione è autorizzato, per le finalità dell'art. 2, comma 1, della legge regionale n. 25 del 1993, ad utilizzare, tramite convenzioni, il personale iscritto al relativo albo, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato rimasto totalmente senza incarico a seguito della contrazione delle attività corsuali, presso enti pubblici, per finalità proprie di questi ultimi e per mansioni corrispondenti per livello a quelle svolte negli enti di appartenenza, mantenendo il trattamento giuridico ed economico già acquisito nel settore della formazione.

Stabilisce, poi, il comma 2 della medesima disposizione che, per le finalità testé accennate, l'Assessore è autorizzato ad avvalersi di parte delle disponibilità del capitolo 34109 del bilancio della Regione.

3.- La Corte viene chiamata a stabilire se tale disposizione violi gli artt. 3 e 97 della Costituzione, nonché l'art. 17, lettera f ), dello Statuto speciale, in quanto:

- non sarebbero specificati, in contrasto con il principio di buon andamento, i criteri cui l'Assessore stesso si deve attenere, sia in riferimento alle effettive esigenze degli enti presso i quali il personale verrebbe utilizzato, sia ai requisiti professionali del personale medesimo che attengono ad un settore, quello dell'attività formativa, diverso da quello in cui il personale in questione potrebbe essere riutilizzato;

- viene fatto ricadere l'onere finanziario sul capitolo del bilancio della Regione destinato alla gestione dei corsi di formazione professionale;

- risulta perseguita, con una norma che oltretutto non ha efficacia limitata nel tempo, una finalità assistenziale esorbitante dalla competenze del legislatore siciliano.

4. - La questione è fondata.

La disposizione denunciata, così come del resto anche quella oggetto dei secondo ricorso, si colloca nell'ambito della normativa regionale sulla formazione professionale, materia che in Sicilia è regolata dalla legge regionale n. 24 del 1976, che, all'art. 4, prevede che l'Assessore regionale competente attua i corsi e le altre iniziative formative avvalendosi degli enti locali e di altri enti specificati dalla norma stessa che hanno per fine la formazione professionale. La medesima legge dispone (art. 13) che il trattamento del personale è disciplinato dagli enti addetti alla formazione, nel rispetto delle norme stabilite dai contratti di categoria, prevedendo nel contempo (art. 14) un albo al quale va iscritto il personale medesimo.

Tra gli interventi legislativi successivi a tale generale disciplina della materia, va menzionato, anzitutto, l'art. 2, comma l. della legge regionale n. 25 del 1993, il quale stabilisce, in via di principio, che al personale iscritto nel citato albo, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è garantita la continuità lavorativa e il trattamento economico stabilito dal contratto collettivo nazionale di categoria.

Ed è proprio a tale ultima disposizione che, come la Regione ha avuto occasione di specificare nella sua difesa, si ricollega la norma censurata, che, nel conferire i poteri di cui si è fatta menzione all'Assessore, richiama per l'appunto le finalità del comma 1 dell'art. 2.

5.- Senonché, in tema di rapporti di pubblico impiego, come la giurisprudenza della Corte ha ripetutamente affermato, il legislatore, pur godendo di discrezionalità nello scegliere le procedure per la costituzione del rapporto, incontra il limite dell'art. 97 della Costituzione, dal quale discende la necessità che le norme siano tali da garantire il buon andamento della pubblica amministrazione; il che, per quanto attiene al momento della costituzione del rapporto, consiste nel far sì che, nell'amministrazione stessa, siano immessi soggetti i quali dimostrino conveniente attitudine a svolgere le funzioni che vengono ad essi affidate (sentenza n.81 del 1983).

La disposizione censurata conferisce, per contro, all'Assessore regionale un potere discrezionale, con un'attribuzione di competenza operata in modo del tutto indiscriminato, affinché il personale di cui trattasi venga inserito presso enti pubblici, senza specificare se, dal punto di vista della posizione giuridica, ciò avvenga a titolo definitivo ovvero solo in via precaria, né sulla scorta di quali criteri di accertamento dei necessari requisiti professionali, né in relazione a quali esigenze degli enti di destinazione.

Il fatto che esista una norma di contratto collettivo, richiamata dalla Regione resistente nelle sue difese, che prevede la mobilità del personale di cui trattasi, nulla toglie alla rilevata genericità ed indeterminatezza della disposizione impugnata, non potendosi minimamente condividere, a tacer d'altro, l'assunto di una implicita determinazione del contenuto della disposizione stessa per rinvio al contenuto della norma del contratto collettivo.

D'altro canto non sono nemmeno chiari, nella ratio della disposizione impugnata, i presupposti ed i fini della prevista autorizzazione ad utilizzare i fondi dei capitolo 34109 del bilancio regionale, attinenti alla formazione professionale.

Le stesse caratteristiche di genericità ed indeterminatezza della disposizione censurata confermano che la stessa, così come del resto altre precedenti (v. in particolare la sentenza n. 437 del 1994), si ispira nel suo complesso ad una visione assistenziale che, oltre ad urtare contro il principio di buon andamento, non trova fondamento nella competenza meramente concorrente che spetta alla Regione stessa in materia di assistenza sociale (art. 17, lettera f, della Statuto speciale).

6.- Con il secondo ricorso (Reg. ric. n. 31 del 1995), lo stesso Commissario ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge regionale della Sicilia approvata il 7 aprile 1995 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 e agli articoli 2 e 5 della legge regionale I' settembre 1993, n. 25), il quale, aggiungendo al predetto art. 2 della legge regionale n. 25 del 1993 il comma 2-bis, prevede che l'Assessore di cui sopra è autorizzato ad attuare per il personale già ricordato "i processi di mobilità previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro degli operatori della formazione professionale".

7. - Va considerato che, ancorché la delibera legislativa, nella quale è ricompresa la disposizione denunciata, sia stata promulgata come legge 25 maggio 1995, n. 47, con altra legge nella stessa data (legge 25 maggio 1995, n. 48) la disposizione impugnata è stata abrogata, sicché, in ordine al giudizio di cui trattasi, va dichiarata cessata la materia del contendere.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 22 dicembre 1994 (Integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 e all'articolo 2 della legge regionale I' settembre 1993, n. 25, in materia di formazione professionale);

2) dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso promosso dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana relativamente all'art. 9 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 7 aprile 1995 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27, e agli articoli 2 e 5 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 luglio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 luglio 1995.