Ordinanza n. 106 del 1995

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ORDINANZA N. 106

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 12 bis e 12 ter, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, nel testo introdotto dall'art. 8 del decreto- legge 14 giugno 1993, n. 187 (Nuove misure in materia di trattamento penitenziario, nonchè sull'espulsione dei cittadini stranieri), convertito nella legge 12 agosto 1993, n. 296, promossi con due ordinanze emesse il 17 maggio e il 22 giugno 1994 dalla Corte d'appello di Milano sulle istanze proposte da Ben Amor Lassad e da Youssef Ahmed Ahmed Anwar, iscritte ai nn. 532 e 665 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 39 e 47, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 1995 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.

RITENUTO che la Corte d'appello di Milano, nel pronunciarsi sull'istanza di espulsione presentata - ai sensi dell'art. 7, commi 12 bis e 12 ter del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, così come aggiunti dall'art. 8, primo comma, del decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187 (Nuove misure in materia di trattamento penitenziario, nonchè sull'espulsione dei cittadini stranieri), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1993, n. 296 - nell'interesse del detenuto Ben Amor Lassad, condannato, con sentenza non ancora irrevocabile, alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione e lire 40 milioni di multa per il reato punito dall'art. 73, primo comma, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, dopo che la Corte di cassazione aveva annullato il precedente provvedimento di rigetto della medesima istanza di espulsione, emesso dalla stessa Corte d'appello, sul presupposto che la misura della pena (inferiore a tre anni), costituirebbe condizione anche per l'espulsione dello straniero detenuto in stato di custodia cautelare, ha sollevato, con ordinanza emessa il 17 maggio 1994, questione di legittimità costituzionale del citato art. 7, commi 12 bis e 12 ter, in riferimento agli artt. 3, 10, 27, 79 e 81 della Costituzione; che ad avviso della Corte d'appello rimettente, l'impugnato art. 7, commi 12 bis e 12 ter, contrasterebbe: a) con l'art. 3 della Costituzione, per la ingiustificata disparità di trattamento realizzata, non soltanto tra cittadini e stranieri, ma anche, all'interno della categoria degli stranieri, tra quanti abbiano riportato una condanna definitiva e quanti siano detenuti in stato di custodia cautelare, perchè, rispetto a questi ultimi, il limite ostativo della pena inflitta (inferiore a tre anni) non opererebbe, così come per i primi, con la sola preclusione dei reati indicati dall'art. 275, terzo comma, c.p.p.; b) con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo del principio di ragionevolezza, in quanto i reati contemplati nell'art. 275, terzo comma, c.p.p., sarebbero puniti con pene edittali più basse di quelle previste dall'art. 73, primo comma, del d.P.R. n. 309 del 1990, che non essendo ricompreso in questo elenco non sarebbe ostativo all'espulsione dell'imputato straniero sottoposto a misura cautelare detentiva; c) con l'art. 27 della Costituzione, in quanto pregiudicherebbe la realizzazione della funzione rieducativa della pena; d) con l'art. 10 della Costituzione, in quanto non prevederebbe idonee garanzie di ordine internazionale a tutela degli stranieri espulsi nei paesi di origine o di provenienza nei quali sia prevista la pena di morte nei confronti di autori di reati in materia di stupefacenti; e) con l'art. 79 della Costituzione, perchè si risolverebbe in un provvedimento generalizzato di clemenza, adottato senza il rispetto delle procedure previste dalla Costituzione; f) con l'art. 81 della Costituzione, perchè, senza prevederne la copertura finanziaria, addosserebbe allo Stato le maggiori spese derivanti dai costi della procedura di espulsione e dalla mancata ripetizione delle spese processuali; che, con ordinanza di contenuto analogo emessa il 22 giugno 1994, la Corte d'appello di Milano, dovendosi pronunciare, nella medesima situazione processuale sopraindicata - ossia dopo l'annullamento da parte della Corte di cassazione, del precedente provvedimento di rigetto -, sull'istanza di espulsione di Youssef Ahmed Ahmed Anwar, condannato, con sentenza non ancora irrevocabile, alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione e lire 120 milioni di multa, per il reato previsto dall'art. 73, primo comma, del d.P.R. n. 309 del 1990, ha sollevato identica questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 7, commi 12 bis e 12 ter, in riferimento agli artt. 3, 10, 27, 79 e 81 della Costituzione; che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, è intervenuto in questo secondo giudizio, osservando che la questione di legittimità costituzionale in oggetto sarebbe identica a quella decisa dalla sentenza n. 62 del 1994, in parte nel senso dell'inammissibilità e in parte nel senso della non fondatezza.

CONSIDERATO che i giudizi, avendo ad oggetto le medesime questioni, vanno riuniti per essere decisi congiuntamente; che la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dell'art. 7, commi 12 bis e 12 ter del decreto-legge n. 416 del 1989, convertito nella legge n. 39 del 1990, nel testo introdotto dall'art. 8 del decreto-legge n. 187 del 1993, convertito nella legge n. 296 del 1993, è già stata dichiarata non fondata da questa Corte, con le sentenze nn. 62 e 283 del 1994, e manifestamente infondata con l'ordinanza n. 401 del 1994; che, in particolare, nel giudicare dei presupposti normativi richiesti per l'espulsione dello straniero sottoposto a custodia cautelare questa Corte ha affermato che la scelta del legislatore di escludere i reati indicati dall'art. 275, terzo comma, c.p.p., non può ritenersi "arbitraria e non sorretta da criteri logici e razionali", poichè, consentendosi l'espulsione soltanto nelle "ipotesi di reato diverse da quelle per le quali la custodia cautelare in carcere è la sola misura cautelare applicabile", queste formano oggetto di un giudizio presuntivo di minore gravità, analogo a quello espresso dalla stessa norma, con riferimento alla situazione dello straniero condannato con sentenza irrevocabile, rispetto al quale "l'adozione dell'ordinanza di espulsione è, invece, subordinata alla circostanza che la pena da espiare, anche se residua di una maggior pena, non sia superiore a tre anni" (v. sentenza n. 62 del 1994); che questa Corte ha altresì affermato che la finalità rieducativa della pena non può "venire in questione quando tale trattamento (penitenziario) è interrotto ovvero, come nel caso dell'espulsione esaminata, quando è sospeso" (v. sentenza n. 283 del 1994); che le censure ulteriori addotte dalle ordinanze introduttive del presente giudizio non sono idonee a modificare le conclusioni raggiunte da questa Corte nelle citate pronunzie aventi ad oggetto le norme impugnate (v. sentenze nn. 62 e 283 del 1994 e ordinanza n. 401 del 1994); che, in particolare, dall'invocato art. 10 della Costituzione non si desumono limiti per l'espulsione basati sulla considerazione degli ordinamenti penali vigenti nei paesi di origine o di provenienza dello straniero, laddove, in ogni caso, la norma impugnata impone al giudice, cui sia stato chiesto da parte dello stesso interessato di provvedere all'espulsione, di valutare la sussistenza "di gravi pericoli per la sicurezza e l'incolumità in conseguenza di eventi bellici o epidemie"; che il richiamo all'art. 79 della Costituzione non giova nel caso in esame, atteso che la misura disposta dalla norma impugnata non si configura, al pari dell'amnistia, come una causa di estinzione (del reato o della pena), bensì si configura come "un'ipotesi di sospensione della custodia cautelare in carcere (così come l'espulsione dello straniero condannato con sentenza passata in giudicato costituisce una causa di sospensione della esecuzione della pena detentiva)" (v. sentenza n. 62 del 1994); che non risulta, altresì, utilmente invocato il parametro dell'art. 81 della Costituzione, dal momento che le disposizioni in esame ben difficilmente possono connotarsi come comportanti maggiori spese, in considerazione del fatto che la misura dell'espulsione ivi prevista risulta "giustificata essenzialmente dall'interesse pubblico di ridurre l'enorme affollamento carcerario" e che, pertanto, da tale fine direttamente perseguito deriva anche prevedibilmente una riduzione della spesa, da cui non si può prescindere nella valutazione dei costi diretti o indiretti derivanti dal provvedimento di espulsione in esame; che, per quanto esposto, la questione di legittimità costituzionale oggetto del presente giudizio deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 12 bis e 12 ter, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, nel testo introdotto dall'art. 8 del decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187 (Nuove misure in materia di trattamento penitenziario, nonchè sull'espulsione dei cittadini stranieri), convertito con modificazioni nella legge 12 agosto 1993, n. 296, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 10, 27, 79 e 81 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Milano, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/03/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Antonio BALDASSARRE, Redattore

Depositata in cancelleria il 31/03/95.